• Non ci sono risultati.

L’APOGEO DEL VALIMIENTO DI LERMA II.1 – IL PRIMO DEI VALIDOS

II. 3 – ARBITRIOS, LETTERE E MEMORIAL

All’inizio del regno di Filippo III, le critiche e il risentimento verso il governo rigido, austero e forse fin troppo lungo del vecchio sovrano si accompagnavano alle speranze legate al nuovo re che, ci si augurava, sapesse comportarsi in modo diverso dal padre affrontando i

83 Un lungo elenco di tutti i criados e alleati che crebbero in potere e influenza all’ombra di Lerma è riportato in

Williams, The great favourite, cit., pp. 106-111.

84

P.M. Lamet, Yo te absuelvo, Majestad: confesores de reyes y reinas de España, Madrid 1991; L. Martínez Peñas, El

confesor del Rey en el Antiguo Régimen, Madrid 2007; A. González Polvillo, El gobierno de los otros. Confesión y control de la conciencia en la España Moderna, Sevilla 2010. Prima di Gaspar de Córdoba, era stato fray Antonio de

Cáceres a fare da confessore all’allora principe Filippo (Martínez Peñas, pp. 365-366).

85 Benigno, L’ombra del re, cit., pp. 18-27. 86 Williams, Philip III and the Restoration, cit.

problemi che attanagliavano la Monarchia. La disastrosa situazione finanziaria ereditata da Filippo II era uno dei temi più dibattutti nei testi e nei memoriali inviati al re appena salito al trono, una situazione figlia soprattutto dell’intensa attività militare voluta dal Rey Prudente e che non tutti i suoi sudditi avevano visto di buon’occhio. Rispetto al suo predecessore, inoltre, il nuovo re avrebbe dovuto mostrarsi più pronto ad accettare i consigli, più propenso a premiare i sudditi meritevoli, più vicino ad un ideale di sovrano clemente e liberale.87 Per indicare al giovane monarca la strada di volta in volta migliore per raggiungere gli obiettivi legati al buon governo e alla riforma della Monarchia, Filippo III ricevette lungo il suo regno diversi arbitrios, intendendo con essi sia memoriali direttamente inviatigli, sia opere edite a stampa.88

Il primo degli arbitristas a rivolgersi al nuovo re fu il letrado Martín González de Cellorigo, il cui Memorial de la política necesaria y útil restauración a la república de España fu pubblicato per la prima volta a Valladolid nel 1600. In questo testo, l’autore svolge un importante ruolo di modello per molti altri pensatori dei decenni successivi,89 individuando le cause della crisi economica che la penisola iberica sta vivendo, a partire dallo spopolamento della Castiglia, dovuto alle troppe guerre e alle epidemie di peste. L’oziosità dei sudditi, la predilezione per le attività tipiche della nobiltà e l’abbandono di settori più umili ma che generano più ricchezza, come l’agricoltura, denotano inoltre una crisi di valori che per l’autore è forse anche più dannosa dell’effetto deleterio, sull’economia spagnola, prodotto dall’arrivo in massa del metallo americano. Dando la colpa solo ai governanti e senza assumersi le proprie responsabilità, il popolo non si accorge che la strada da percorrere è quella del ritorno alle attività veramente produttive, evitando i danni procurati dal proliferare di censos e

mayorazgos. La mancanza di un gruppo sociale sufficientemente forte, composto da mercanti,

artigiani e contadini benestanti, fa sì che la distanza tra i ricchi e i poveri si faccia sempre più larga, impedendo le possibilità di ripresa dell’economia. Più volte ribadita è la necessità del

desempeño delle finanze reali, un obiettivo che attraversò tutto il regno di Filippo III e al cui

87 Cfr. Feros, El Duque de Lerma, cit., pp. 111-126. Sulla situazione generale della Monarchia all’ascesa di Filippo III,

si veda C. Pérez Bustamante, La España de Felipe III: la política interior y los problemas internacionales, in Historia

de España, a cura di R. Menéndez Pidal e J.M. Jover Zamora, t. XXIV, Madrid 1983; C. Seco Serrano, Aproximación al reinado de Felipe III: una época de crisis, in Historia de España: la España de Felipe III, t. XXIV, Madrid 1988.

88

Sul fenomeno dell’arbitrismo, iniziato già nella seconda metà del regno di Filippo II e poi sempre più vigoroso durante i regni dei primi due Austrias menores, si veda il classico studio di M. Colmeiro, Discurso sobre los políticos y

arbitristas de los siglos XVI y XVII y su influencia en la gobernación del Estado, Madrid 1857; poi, J. Vilar Berrogaín, Literatura y Economía. La figura satírica del arbitrista en el Siglo de Oro, Madrid 1973; J.I. Gutiérrez Nieto, El pensamiento económico, político y social de los Arbitristas, in Historia de España a cura di J.M. Jover Zamora, t.

XXVI, vol. I, El Siglo del Quijote (1580-1680). Religión, Filosofía, Ciencia, pp. 235-354. Recentemente, e nello specifico del regno di Filippo III, cfr. anche A. Dubet, G. Sabatini, Arbitristas: acción política y propuesta económica, in La corte de Felipe III, cit., III vol., pp. 867-935.

89 Secondo Colmeiro, Vilar e Pérez de Ayala, González de Cellorigo fu un economista ante litteram, le cui osservazioni

perseguimento devono contribuire, secondo González de Cellorigo, tutti i ceti, compreso il clero. Tra tante considerazioni di natura economica, l’autore riesce anche a porre alcune raccomandazioni di natura più propriamente politica, rivolgendosi principalmente al sovrano. I temi sono gli stessi già incontrati in altre opere del periodo, primo fra tutti l’importanza per il re di avere consiglieri saggi e avveduti, poichè nulla è più pregiudiziale alla Monarchia di un cattivo consiglio, magari mosso dall’interesse particolare o dall’odio segreto. Il consiglio al sovrano deve essere sempre claro y limpio, que muchas veces (los Reyes) no ven, ni oyen, ni

entienden sino por los ojos, por las orejas y por la relación de otros.90 Il secondo tema che sta a cuore all’autore è quello della distribuzione delle mercedes, argomento senz’altro di grande interesse vista la maestria con la quale il duca di Lerma, in quegli anni, ne stava dirottando una grande quantità verso se stesso e i propri familiari e alleati. González de Cellorigo non vede di buon’occhio questa enorme liberalità, causa anche dell’eccessivo numero di persone che, invece di rimanere nelle terre d’origine a produrre ricchezza, giungono e stazionano oziosamente a corte, nella speranza di ricevere anche loro qualche dono. La corretta distribuzione dei premi, rivolti solo ai veramente meritevoli e non a coloro che continuamente li reclamano, è anche una mossa necessaria per non aumentare ulteriormente il già pesante debito della Monarchia.91 La richiesta ossessiva di mercedes da parte di quanti arrivano a corte costituisce, secondo l’autore, una enfermedad incurable de que no se puede salir si no es

mudando muy de costumbre.92

Nei primi mesi di regno, Filippo III ricevette un gran numero di memoriali che affrontavano analoghi argomenti, individuando i principali problemi della Monarchia e suggerendo le vie ideali per risolverli. Un anonimo suddito, ad esempio, scriveva al re nell’ottobre 1599 ansioso di dare il proprio contributo, dopo che, a suo dire, i suoi papeles erano stati ripetutamente ignorati dal precedente sovrano.93 Non serve puntare il dito contro i passati ministri, come invece si stava facendo a corte, ma bensì riorganizzare la Monarchia affinchè gli uomini, naturalmente portati ad anteporre il proprio interesse a quello pubblico, non abbiano possibilità di peggiorare la situazione. Per arginare una crisi che, anche secondo l’autore di questo memoriale, fu accelerata dall’ingresso in Spagna dell’argento americano, occorrerebbe dunque istituire specifiche visitas per ogni Consejo, e dare vita a una junta di

90 M. González de Cellorigo, Memorial de la política necesaria y útil restauración a la república de España, ediz. a

cura di J.L. Pérez de Ayala, Madrid 1991, p. 104.

91

L’accusa di aver danneggiato l’Hacienda Real in un momento di estrema crisi, distribuendo in misura eccessiva premi e onori a sé e ai propri criados, fu una delle principali critiche mosse al duca di Lerma negli ultimi anni della sua vita.

92

González de Cellorigo, Memorial, cit., p. 188.

93 BNE, Mss 8526, Discurso sobre el govierno que ha de tener S.M. en su Monarquía para conservarla, ff. 18r-19v. Lo

persone desinteressadas y desocupadas, prese fra cavalieri, teologi, letrados e politici, capace di riformare la Monarchia. L’aspetto che desta più preoccupazione è senz’altro quello relativo alle disastrate finanze reali, un problema dal quale si può uscire solo raccomandandosi a Dio e alla protezione che in più occasioni ha mostrato di accordare alla Spagna. Dall’elenco delle dieci principali questioni aperte che il re deve risolvere,94 emerge la denuncia di una generazione di ministri e consejeros che non compie a pieno il proprio dovere, che mal amministra la Hacienda Real, che permette che regni l’indisciplina nell’esercito.

Un altro anonimo autore,95 dal canto suo, sottolinea anch’egli la difficile situazione della Monarchia, per risolvere la quale raccomanda di convocare nuove cortes, di alimentare il commercio in crisi, di riformare il Consejo de Hacienda ponendovi persone esperte e dalla provata moralità. Il sistema dei Consejos deve essere reso più efficiente e più rapido, così come deve essere potenziata la flotta e in particolare la Armada che scorta il preziosissimo argento americano fino alle coste iberiche. Ciò senza dimenticare che l’obiettivo principale del re di Spagna deve comunque rimanere la difesa della Chiesa e della fede cattolica, di modo che Dio possa ricambiare il servizio reso aiutando il sovrano a risollevare una complicata situazione.

Le responsabilità di Filippo II e delle sue scelte, in particolare in politica estera, vengono spesso citate, pur cercando generalmente di giustificare il sovrano con le limitazioni dovute all’età, alla salute precaria, alla stanchezza dopo tanti anni di regno. Tali attenuanti, tuttavia, non impediscono in alcuni memoriali di puntare il dito contro il Rey Prudente, soprattutto per lo stile di governo da lui adottato negli ultimi anni di regno:

La mayor y mas justa quexa que estos Reynos tenian de su Mag.d era haverse estos ultimos años entregado tanto a un privado que solo a disposicion suya estavan todas las cosas del govierno general y todas las mercedes y pretensiones particulares y no tenian los vassallos remedio para alcançar merced de su Rey que lisonja y sumission a un ministro y depender de su voluntad todas y todo, de aqui nacieron los disgustos, los desatrimientos, las embidias, las repugnancias y todo lo demas que en estos años se ha visto.96

Nonostante le critiche a Filippo II e alla fiducia da lui riposta in un unico privado, facilmente identificabile con Cristóbal de Moura, l’autore aggiunge che l’esperienza aveva dato all’anziano sovrano una tale maestria nel maneggio degli affari di Stato da risultare praticamente impossibile che questi si facesse ingannare o governare da un solo uomo, per

94

BNE, Mss 8526, En este papel van espicificados los diez puntos, a los cuales se reduzen los males principales, que

son causa de que las cosas de la Monarquía de S.M. no vayan como conviene, ff. 20r-33r.

95 BNE, Mss 2346, Consideraciones para que comenzase a reynar con felicidad Phelipe 3°, ff. 23r-30r. Nello stesso

manoscritto, un altro testo sulle medesime argomentazioni: Arbitrios dados al rey Phelipe 3° para remedio de su

monarquía, ff. 63r-159r.

96 BNE, Mss 10450, Advertimiento que se dió a Su Mag.d sobre los ministros y privado no nombrándose el auctor, ff.

19v-23v, ff. 20r-v. Una copia di questo testo, in IVDJ, E29, C42, 16, ff. 45r-46v, riporta come autore il conte di Portalegre e come titolo Copia de carta del conde de Portalegre a S.M., aconsejando al nuevo rey la manera en que ha

de conducirse en el ejercicio de su soberanía, disponiendo corran las materias distributivamente entre sus ministros y evitando el dominio de los privados.

quanto da lui favorito. Tale rischio è invece ben presente nel caso di un giovane re desideroso di porre rimedio agli errori paterni ma pronto a cadere nei medesimi vizi:

V.M.d comiença en esto por donde su padre acabo y no es principio que prometa prospero fin, como es possible que trate las materias de Indias, de la Hazienda del Estado de Justicia de Gracia y las demas de los Reynos diferentes y gobernados por diferentes usos y leyes como Aragon, Italia y Portugal sola una persona y esta sin noticia de las mas destas cosas? El Privado que V.M.d elegio es persona benemerita de mucho favor y honrra y digna de que V.M.d la ponga en todos los lugares y honrras que le pone. Mas esto no es bien que sea acosta de los vassallos y de su consciencia de V.M.d? Entre privado y ministro ay grande diferencia porque privado siempre es uno solo y no es necessario que sean muchos, Ministro no puede ser singular y es total destruycion que lo sea […]97

La scelta del giovane sovrano, di cui pure l’autore apprezza la politica di rinnovamento all’interno dei Consejos de Estado e de Guerra, non è dunque quella corretta, anche se l’uomo scelto come privado risulta essere assolutamente meritevole. Se il re non può che essere uno, egli tuttavia ha bisogno di più ministri che lo consiglino e lo aiutino ad essere amato dai suoi sudditi e temuto dai suoi nemici. Il privado potrebbe favorire i suoi deudos rispetto ai meritevoli, ma soprattutto non può governare da solo una monarchia tanto grande e complessa come quella spagnola. Ne consegue la necessità da parte del re di prendere parte personalmente al governo, coordinando l’azione dei Consejos e lasciando per sé le decisioni più importanti. Nulla vieta che il sovrano manifesti il suo favore ad alcuni sudditi più che ad altri, ma in nessun caso i suoi favoriti devono assumere anche incarichi di governo: l’esempio del principe di Éboli dovrebbe essere in questo paradigmatico per il giovane re tanto quanto lo è in negativo il potere accordato nella vecchiaia di Filippo II all’ultimo dei suoi privados. Nel finale del testo, i riferimenti all’allora marchese di Denia, che peraltro non viene mai apertamente nominato, si fanno comunque espliciti. Sotto accusa, in particolare, la scandalosa distribuzione delle mercedes tra familiari e criados del favorito:

V.M.d ha elegido para la Camara hijo y yerno para primer cavallerizo hermano, para Napoles cuñado para el consejo de Estado dos consangres y un tio, para Mayordomo de V.M.d otro cuñado para Mayordomo de la Reyna N.S. dos cuñados, esto escandaleza no porque las personas lo desmerezcan sino porque no havemos visto que se aya hecho lo mismo con otros. V.M.d puede quanto quiere mas no es bien que quiera quanto puede. Assista V.M.d a los negocios y al govierno, que no es bien que sepa el Turco, el Moro y el Ingles que heredado de seis meses no atienda a mas que a hazer mercedes a una familia y andar a caça, por amor de Dios que se remedi y que no se dexe V.M.d llevar desto y que se avierte que es un Rey poderoso y que le ofende quien le anda incitando contra los desvalidos usando deste medio para su conservacion propia, no valga con V.M.d sino quien V.M.d quiziere pero no se heche de ver que es cruel de animo y que gusta de hacer tiros y que tiene passion particular que no es descencia de un Rey.98

97 Ivi, ff. 20v-21r. Una copia di questo testo, anche se non perfettamente coincidente, è anche in BNE, Mss. 17887, con

il titolo Advertimientos que se dió a Su Mag.d sobre los ministros y privados no nombrándose a su autor. La data è Ottobre 1598.

Il re deve tenere sotto controllo i propri vizi e distribuire gli incarichi tra più ministri e le

mercedes tra i sudditi più meritevoli, di modo che il privado non accumuli troppo potere e sia

egli stesso visto sotto una luce migliore, senza attirare l’inimicizia degli esclusi e senza essere vittima degli onnipresenti adulatori. Tali concetti ritornano in molti altri testi risalenti ai primi anni di regno di Filippo III, anche se, come si è visto, il nome del marchese di Denia e duca di Lerma non viene mai enunciato. Così, ad esempio, nelle riflessioni di Luis Labanza torna il richiamo ad un ruolo più centrale dei Consejos, ad una giusta distribuzione secondo il merito delle mercedes, alla pace come obiettivo primario della Monarchia, alla fiducia incondizionata nella prudenza divina.99 Anche se spesso los Principes se quieren mas servidos que

aconsejados, la necessità di veri consiglieri e non di semplici adulatori rimane comunque

intatta e anzi più viva che mai. Simili considerazioni compaiono pure nelle Máximas y

observaciones de gobierno attribuite ad Antonio Pérez e datate 10 maggio 1600.100 Il re deve partecipare attivamente al governo e prendere parte alle riunioni dei Consejos, e anche se l’esistenza di privados non è negata o sconsigliata, tuttavia sarebbe necessaria la contemporanea presenza di un juez de Amparo y Suplica al quale i sudditi possano rivolgersi per le loro lamentele e che conceda loro facile e rapida udienza. Per selezionare le persone più adatte agli incarichi pubblici dovrebbero essere posti degli osservatori in ogni città, che segnalino los buenos sujetos in grado di garantire il governo di una monarchia in cui il potere del re è sì vigoroso, ma anche moderado y prudente.

Oltre che dai propri sudditi, Filippo III ricevette naturalmente memoriali e messaggi di saluto da parte degli altri sovrani europei e dai rappresentanti delle potenze straniere a Madrid. Tra di essi, un ambasciatore molto particolare, quale era il nunzio pontificio Camillo Caetani, scrisse una lettera al giovane re, a questi recapitata dal confessore Gaspar de Córdoba. Nella lettera, Caetani esprime le sue felicitazioni al sovrano per l’ascesa al trono e gli raccomanda in particolare la difesa delle fede e della Chiesa cattolica.101 Il nunzio, che scrive nel settembre 1598, spezza inoltre una lancia a favore dei vecchi consiglieri di Filippo II, augurandosi, proprio come il vecchio re, che Filippo III possa continuare ad avvalersi di loro. Il contemporaneo invito a scegliere con cura i propri ministri non appare certo casuale da parte di un personaggio che sa bene, come qualsiasi altro a corte, quanto sia forte la presa del Sandoval sul giovane sovrano. La velocità nel disbrigo degli affari di Stato da imprimere ai Consejos, la necessaria riforma della Hacienda Real e il recupero della reputación spagnola in Europa

99 BNE, Mss 18721/63, L. Labanza, Espejo de príncipes y avisos para toda humana criatura. 100 BNE, Mss 17479/2, Máximas y observaciones de gobierno.

101

La lettera è in ASV, Fondo Borghese, serie III, vol. 74, BC, ff. 555r-562v. Il testo è stato riportato e commentato anche da L. Lopetegui, Consejos del nuncio Monsignor Camillo Caetano a Felipe III el día que ciñó la corona de

costituiscono altrettanti primari obiettivi che il sovrano non può raggiungere da solo, bensì con il necessario aiuto di valenti ed esperti consiglieri.

A rivolgersi direttamente al nuovo sovrano fu inoltre un autore che già aveva espresso le sue posizioni, tanto nella Suma de preceptos justos, necesarios y provechosos en consejo de

Estado al rey Felipe III siendo príncipe, quanto negli Aforismos sacados de la historia de Publio Cornelio Tacito, in merito al governo della Monarchia e al ruolo che in esso dovevano

svolgere consejeros e privados. Sia il Discurso político al Rey Felipe III al comienzo de su

reinado (1598), che il Norte de príncipes (1601) costituiscono un’ideale continuazione delle

riflessioni precedenti di Baltasar Álamos de Barrientos.102 Partendo sempre da Tacito come modello di storico e di interprete della moderna scienza politica, il Discurso político sottolinea sin da subito il ruolo del consigliere del re in quanto uomo que sepa, que quiera y que ose,103 nel senso che abbia le conoscenze, la volontà e il coraggio di dire sempre al proprio sovrano ciò che è giusto e vantaggioso per il regno. In seguito, si passano in rassegna tutti i regni che compongono la Monarchia asburgica e le principali potenze straniere, indicandone le caratteristiche e la natura delle relazioni che intrattengono con Madrid. Quando il discorso si concentra sul governo interno della Spagna, Álamos ribadisce alcuni concetti chiave che di certo acquisiscono un valore ancora maggiore dinanzi al nuovo sistema di governo che Filippo