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L’APOGEO DEL VALIMIENTO DI LERMA II.1 – IL PRIMO DEI VALIDOS

II. 4 – LE RISPOSTE AI PROBLEMI DELLA MONARCHIA

I problemi messi in luce da tutta la vasta produzione di memoriali, trattati o semplici lettere, inviata al sovrano e al suo favorito nei primi anni di regno del nuovo re, rappresentavano una realtà nota negli ambienti di corte sin dagli ultimi anni del Rey Prudente, in particolare per quanto riguarda la crisi finanziaria e la necessità di rivedere le dispendiosa e aggressiva politica estera asburgica. La risoluzione di tali problemi, unita al soddisfacimento, per quanto possibile, di molte richieste che trovavano ampio consenso nel dibattito coevo, occupò una parte decisiva dell’azione politica di Lerma e di Filippo III.129

Il desiderio espresso da molti di vedere i Consejos, soprattutto quelli di Stato e di Guerra, riformati e riportati in una posizione centrale all’interno della macchina governativa trovò pronta soddisfazione nei grandi cambiamenti, soprattutto nella composizione dei rispettivi membri, cui essi furono sottoposti sin dai primi giorni del nuovo regno.130 Il primo ad essere riformato fu il Consejo de Guerra, già nel 1598, con l’introduzione di una schiera di ex generali, soldati e ammiragli, tutti appartenenti alla grande nobiltà,131 incaricati di esaminare lo stato di salute della Monarchia e vagliare la possibilità di quelle imprese militari che il giovane re, almeno nei primi anni di regno, sognava di poter compiere.132 Il turno del Consejo de

Estado arrivò nel 1600, ed il risultato fu una sorta di selezione dei migliori esponenti che

l’aristocrazia e il governo del regno poteva vantare in quel momento, da Juan de Idiáquez al

129 Smentendo la tesi che aveva dominato per secoli, la storiografia degli ultimi vent’anni ha cercato di restituire

un’immagine di Filippo III più veritiera e meno negativa rispetto a quella tradizionale, negando cioè che si trattasse di un sovrano scansafatiche, dedito poco o nulla all’attività di governo. L’attività di lavoro, sempre svolta con l’ausilio del duca di Lerma, occupava invece varie ore della giornata del Rey Piadoso. Si veda ad esempio García García, La pax

hispanica, cit., p. 12; Williams, The great favourite, cit. Sporadici tentativi di difesa di Filippo III e della sua voglia di

lavorare si erano peraltro visti già in precedenza: cfr. C. de Castro, Felipe III: Idea de un príncipe cristiano, Madrid 1944.

130 In Philip III and the Restoration of the Spanish government, cit., Patrick Williams distingue due fasi nel regno di

Filippo III: una, relativamente breve (1598-1603), contraddistinta da un’azione riformatrice voluta dal sovrano e rivolta soprattutto verso i Consejos, l’altra, ben più lunga (1603-1621), caratterizzata da un re che si rifugia nel lusso e nei piaceri dei suoi palazzi, dando vita ad una frattura tra la corte, ovvero lo stesso re, Lerma e i loro servitori più vicini, e l’effettivo governo della Monarchia, affidato al personale burocratico. Tale tesi risulta comunque minoritaria nell’attuale storiografia, che sottolinea, al contrario, come sotto Filippo III i Consejos non recuperarono affatto potere, ma furono anzi sempre più spesso scavalcati dalle juntas e dagli uomini di fiducia del valido. Cfr. Benigno, L’ombra del

re, cit., pp. 23-25; Feros, El duque de Lerma, cit., pp. 143-144.

131 Tra i suoi membri, durante tutto il regno di Filippo III: i duchi di Frías, Infantado e Alburquerque, i marchesi di San

Germán, Pobar, Spinola e Bedmar, i conti di Alba de Liste, Salazar, Puñoenrostro e Gondomar. Cfr. Domínguez Nafría,

El Real y Supremo Consejo de Guerra, cit., pp. 101-118.

132 Filippo III, passato alla storia come re pacifico e amante del compromesso, cercò invece nei primi anni di regno di

ottenere una grande vittoria militare che potesse rilanciare l’immagine della Monarchia spagnola. Vari fattori, primo fra tutti la mancanza di fondi per finanziare nuovi conflitti, lo fecero desistere dall’intento: cfr. García García, La pax

hispanica, cit., pp. 27-81; P. Allen, Philip III and the Pax Hispanica, 1598-1621: the Failure of Grand Strategy, New

Condestable de Castilla, dal duca del Infantado al conte di Olivares: una sfilata di grandi nomi che molti coevi applaudirono come il ritorno di un grande Consejo de Estado. Il terzo consiglio a conoscere importanti cambiamenti fu il Consejo de Hacienda che, sotto la presidenza del marchese di Poza, era stato oggetto di ripetute visitas sin dagli ultimi anni di Filippo II.133 La

visita condotta da Juan de Acuña, altro noto lermista, portò alla rimozione dall’incarico di Poza

e alla nomina dello stesso Acuña come nuovo presidente, nel 1602. La composizione del consiglio vide inoltre importanti novità, come l’ingresso di due uomini vicini al valido quali Juan Pascual e Alonso Ramírez de Prado.134

Nonostante questa enorme mole di cambiamenti, molti elementi fanno pensare che in realtà i Consejos furono ben lontani dal recuperare il potere perduto. Riempiti e spesso guidati da uomini vicini a Lerma, essi poterono assai raramente mostrarsi indipendenti o addirittura in contrasto con le linee di governo scelte dal favorito del re, che da parte sua partecipò raramente alle riunioni dei consigli di cui era membro, confermandone così, anche se indirettamente, lo scarso potere d’influenza e quanto quegli stessi consigli fossero già presidiati da uomini di sua fiducia. Il controllo su queste istituzioni era garantito inoltre dall’azione dei diversi segretari, soprattutto dei segretari di Stato, anch’essi vicini a Lerma.135

Già nel 1599 i titolari delle due segreterie di Stato, Francisco e Martín de Idiáquez, vennero sostituiti da Andrés de Prada per gli affari concernenti il Nord Europa, e da Pedro Franqueza nella gestione delle questioni legate ai domini italiani.136 Prada seguì il classico iter nella carriera dei segretari, passando dal consiglio di Guerra al più importante dei consigli della Monarchia asburgica, ovvero il consiglio di Stato. In quest’ultimo, la coppia Prada-Franqueza restò in carica con le rispettive mansioni fino al 1610, garantendo al valido l’attenta supervisione di tutti i dibattiti e le decisioni che venivano discusse tra i consejeros.

Ulteriore e ancor più decisivo elemento contrario al recupero dell’antico potere dei consigli fu inoltre la continua creazione di specifiche juntas, capaci di affrontare le varie problematiche di volta in volta all’attenzione del governo in maniera più rapida ed evitando qualsiasi potenziale opposizione o rallentamento nei Consejos. Come si è visto, da questo punto di vista Lerma non seguì affatto le indicazioni che molti autori e politici gli avevano

133 Cfr. Carlos Morales, El Consejo de Hacienda de Castilla, cit.; C. Espejo de Hinojosa, El Consejo de Hacienda

durante la presidencia del Marqués de Poza, Madrid 1924.

134 I nuovi membri che entrarono a far parte dei Consejos de Estado, de Guerra e de Hacienda ricoprirono in molti casi

il loro incarico per tutta la durata del regno di Filippo III, arrivando alcuni ad essere confermati anche da Filippo IV: Williams, Philip III and the restoration of the Spanish government, cit.

135

Escudero, Los secretarios, cit., pp. 223-241. Pur evidenziando le manovre di Lerma per ottenere il controllo delle segreterie e quindi del consiglio di Stato, Escudero non tralascia di sottolineare come l’indebolimento del ruolo dei segretari, senz’altro marcato durante il regno di Filippo III, era comunque già iniziato nella fase finale del regno di Filippo II. Per una panoramica su tutte le segreterie dei vari Consejos gestite da uomini vicini a Lerma, cfr. Williams,

The great favourite, cit., p. 114.

fornito circa la limitazione del numero di questi organismi, la cui esistenza, anzi, divenne sinonimo di valimiento, sia nel regno di Filippo III che in quello successivo. L’abolizione della

Junta de Gobierno attiva negli ultimi anni di Filippo II non comportò infatti una rinuncia

generale all’uso delle juntas, che anzi sorsero praticamente in tutti i settori della Monarchia, composte dai collaboratori più stretti di Lerma. Quasi onnipresente Pedro Franqueza, che compare nelle fila della predominante Junta de Estado (1600-1606) assieme allo stesso Lerma, Miranda, Idiáquez e Gaspar de Córdoba, e in molte altre incentrate su varie questioni specifiche.137 Oltre che nella famosa Junta de Tres, nata come un autentico consiglio privato del valido e formata anche dai soliti Miranda e Idiáquez, l’operato di Franqueza, vero e proprio rappresentante di Lerma in questi anni, si vide soprattutto nelle numerose juntas de Hacienda create per risolvere quei gravi problemi finanziari che attanagliavano le varie parti della Monarchia.138 Nonostante la bancarotta dichiarata da Filippo II nel 1596, due anni dopo, al momento della successione al trono, i debiti da estinguere per la Corona erano nuovamente enormi. Se la quasi totalità delle entrate fisse, derivanti dalle miniere d’Oltreoceano ma anche delle varie rendite e imposte, erano destinate al sanamento di tali debiti, in particolare di quelli contratti con gli hombres de negocios, le spese diventavano nettamente superiori alle entrate, generando un circolo vizioso nel quale, per coprire i debiti pregressi, era necessario farne degli altri.139 La conversione degli asientos, prestiti a breve termine e ad alto tasso d’interesse, in

juros, titoli di debito consolidato, risultò pertanto insufficiente, obbligando Filippo III e Lerma

a seguire una politica fatta di tagli alle spese, o almeno ad alcune di esse, e di ricerca di nuove entrate.

Le spese tagliate furono soprattutto quelle legate alla politica estera, seguendo in questo un’idea già avviata da Filippo II. Dopo la pace di Vervins con la Francia (1598), la Monarchia spagnola proseguì la sua politica di pacificación y quietud140 sottoscrivendo, in seguito alla morte di Elisabetta I, la pace con l’Inghilterra (1604). Al di là delle estemporanee imprese tentate o anche solo sognate nel Nord Africa o a sostegno dei cattolici irlandesi, i due principali campi di battaglia nei primi anni di regno di Filippo III furono il Nord Italia e le Fiandre.141 La guerra per il controllo del marchesato di Saluzzo, iniziata nell’agosto 1600 e conclusasi

137 Franqueza, in veste di segretario, fu parte, ad esempio, di diverse juntas create per discutere del trasferimento della

corte a Valladolid. Per una sintesi sulle juntas create durante il regno di Filippo III, si veda Baltar Rodríguez, Las Juntas

de Gobierno, cit., pp. 56-66.

138

Ivi, pp. 261-266.

139 I. Pulido Bueno, La Real Hacienda de Felipe III, Huelva 1996, pp. 11-32; J. Gelabert, La bolsa del Rey. Rey, reino y

fisco en Castilla (1598-1648), Barcelona 1997, pp. 29-60.

140 García García, La pax hispanica, cit., pp. 25-103. 141

Per un’idea sulla politica estera di Filippo III, oltre ai testi già citati di García García e Allen, si vedano anche le riflessioni di R.A. Stradling, Europe and the decline of Spain: a study of the spanish system, 1580-1720, London 1981; Id., Spain’s Struggle for Europe 1598-1668, London 1994. Sul fronte di guerra nel Mediterraneo, M.L. Plaisant, Aspetti

all’inizio dell’anno seguente con la pace di Lione, vide contrapposti il ducato di Savoia governato dal cognato di Filippo III, Carlo Emanuele,142 e la Francia di Enrico IV, con la Spagna, spettatrice interessata per preservare il suo dominio nella penisola, che dapprima si oppose al conflitto salvo poi appoggiare militarmente il Savoia da Milano.143 Tuttavia, la guerra con le Fiandre, iniziata nell’ormai lontano 1568, rimaneva la più costosa fonte di spesa per la Monarchia, soprattutto per il mantenimento di un esercito permanente sovvenzionato quasi esclusivamente con i prestiti degli hombres de negocios. Nonostante la politica degli arciduchi Alberto e Isabel, cui formalmente era stata ceduta già da Filippo II la sovranità sui Paesi Bassi, fosse in realtà strettamente dipendente da Madrid e dalle indicazioni del re e di Lerma,144 il conflitto fu sempre più visto come una guerra contro un nemico esterno che come una rivolta di sudditi da debellare.145 Nei memoriali a Filippo III la richiesta di porre fine allo sforzo bellico si fece insistente, e neanche i successi del nuovo generale dell’esercito Ambrogio Spinola,146 su tutti la presa di Ostenda nel 1604, riuscirono a ridare entusiasmo ai sudditi del Re Cattolico.147 D’altra parte, le voci contrarie di quanti vedevano nelle paci di Vervins e di Londra un grave insulto alla reputación internazionale della Monarchia si fecero man mano più frequenti, raggiungendo il loro culmine nella seconda parte del regno di Filippo III.148

Ciò che viceversa non solo non venne ridotto, ma bensì fortemente aumentato, furono le spese di corte, intendendo con queste non solo i costi per il mantenimento delle Case Reali e di tutto il personale stipendiato, ma anche e soprattutto i costi di tutte quelle pensioni, mercedes e

142

Carlo Emanuele aveva sposato l’infanta Catalina, figlia di Filippo II e di Isabella di Valois.

143 Il marchesato di Saluzzo, occupato da Carlo Emanuele nel 1588, era reclamato dalla Francia che ne vedeva una

possibile testa di ponte per poter intervenire negli affari italiani. La pace di Vervins, d’altra parte, non aveva fissato con chiarezza il futuro del territorio conteso. Su questo conflitto, si vedano in particolare i contributi di J.L. Cano de Guardoquí, La cuestión de Saluzzo en las comunicaciones del Imperio Español (1588-1601), Valladolid 1962; Saboya

en la política del Duque de Lerma, 1601-1602, in «Hispania», t. XXVI, 101 (1966) pp. 41-60.

144 Sugli arciduchi e il governo delle Fiandre si veda W. Thomas, L. Duerloo (a cura di), Albert and Isabella 1598-1621,

Bruxelles 1998. Per un’idea sulle comunicazioni costanti che Alberto inviava a Lerma in merito alla situazione nelle Fiandre, cfr. Correspondencia del Archiduque Alberto con don Francisco de Sandoval y Rojas, Marqués de Denia

(1598-1611), in CODOIN, vol. 42, pp. 276-572, vol. 43, pp. 5-221; J. Lefèvre, L’Intervention du Duc de Lerme dans les affaires des Pays-Bas (1598-1618), in «Revue Belge de Philosophie et d’Histoire», XVIII (1939), pp. 463-485.

145 Cfr. Feros, El duque de Lerma, cit., pp. 270-274. Lerma condivideva a pieno questo sentimento, e con lui anche

Álamos de Barrientos, che alle Fiandre dedica specifiche riflessioni sia nel Discurso político che nel Norte de príncipes.

146 Su Ambrogio Spinola: A. Rodríguez Villa, Ambrosio Spinola, primer Marqués de los Balbases. Ensayo biográfico,

Madrid 1904; L. Just, Ambrogio Spinola, Düsseldorf 1937; J. Lefèvre, Spinola et la Belgique 1601-1627, Bruxelles 1947.

147

In realtà, ci furono anche personaggi che tentarono di convincere Filippo III a continuare la guerra con i “ribelli” olandesi. È il caso, ad esempio, dell’arbitrista Luis Valle de la Cerda, autore degli Avisos en materia de estado y

guerra, para oprimir rebeliones y hazer pazes con enemigos armados o tratar con súbditos rebeldes, 1599. Nell’opera,

l’autore spinge il sovrano all’uso della forza e a non cedere alle tentazioni di tregua. Sull’andamento del conflitto nelle Fiandre, cfr. G. Parker, The Army of Flanders and the Spanish Road, 1567-1659, Cambridge 1972; Id., The Dutch

revolt, London 1985; J. Israel, The Dutch Republic and the Hispanic World 1606-61, Oxford 1982.

148

J.H. Elliott, A Question of Reputation? Spanish Foreign Policy in the Seventeenth Century, in «Journal of Modern History», 55 (1983), pp. 475-483.

rendite sulla cui distribuzione il duca di Lerma aveva costruito il suo stesso sistema di potere.149

La principale fonte di entrata per le casse reali di Filippo III fu invece costituita dal

servicio de Millones, una forma di tassazione già introdotta sotto Filippo II come imposta

diretta proporzionale alla ricchezza e in seguito convertita in un’imposta indiretta sui consumi che doveva essere approvata dai rappresentanti delle città riuniti nelle cortes.150 L’azione di Lerma e dei suoi uomini fu notevole anche in questo ambito, dato che lo stesso duca partecipò a più di una convocazione delle cortes in veste di rappresentante di città presso le quali ricopriva incarichi pubblici, e con lui altri lermistas come Juan de Acuña o il figlio di Ramírez de Prado, Lorenzo.151 Il servicio approvato nel 1601, il primo dei tre registrati durante il regno di Filippo III, prevedeva l’ingresso nelle casse reali di una somma pari a 18 milioni di ducati ripartita in sei anni, un contributo importante che le cortes concessero in cambio del soddisfacimento di specifiche richieste relative alla gestione del denaro versato e alle future fonti di entrata della Corona.152 Sotto accusa, in particolare, l’eccessivo ricorso agli asientos degli hombres de negocios, una comunità sempre più potente in Spagna e nella quale ebbero un quasi totale monopolio nei primi vent’anni del XVII secolo i banchieri di origine genovese,153

primo fra tutti quell’Ottavio Centurione principale finanziatore del regno di Filippo III e autore dell’Asiento Grande del 1602, un prestito record pari a quasi 9 milioni di ducati.154

149 Le accuse ad un re che spendeva più a corte che nei campi di battaglia europei, e dunque simbolo dell’ozio lussuoso

e della decadenza prima di tutto morale della Spagna, hanno riecheggiato per secoli. Si veda, ad esempio, in Pérez Bustamante, Felipe III, cit. Sul regno di Filippo III come inizio della decadenza militare della Spagna, cfr. V. Palacio Atard, Derrota, agotamiento, decadencia en la España del siglo XVII, Madrid 1956. Palacio Atard indica proprio la pace di Vervins come primo fatto storico rilevante verso la crisi della potenza militare spagnola.

150

Sul servicio de Millones e sulle cortes si vedano in particolare gli studi di J.I. Fortea Pérez, Reyno y Cortes: el

servicio de Millones y la reestructuración del espacio fiscal en la Corona de Castilla (1601-1621), in J.I. Fortea Pérez,

C. Cremades Griñán (a cura di), Política y Hacienda en el Antiguo Régimen. II Reunión Científica de la A.E.H.M., Murcia 1993, pp. 53-82; Id., Las cortes de Castilla y León bajo los Austrias: una interpretación, Valladolid 2008. Sulle

cortes vi sono anche gli studi importanti di C. J. Jago, Habsburg Absolutism and the Cortes of Castile, in «American

Historical Review», 96 (1981), pp. 307-326; L. González Antón, Las Cortes en la España del Antiguo Régimen, Madrid-Zaragoza 1989; I.A.A. Thompson, Crown and Cortes. Government, Institutions and Representation in Early

Modern Castile, Aldershot 1993; J.I. Andrés Ucendo, La fiscalidad en Castilla en el siglo XVII: los servicios de millones, 1601-1700, Bilbao 1999.

151 Feros, El duque de Lerma, cit., p. 286. 152

F. Ruiz Martín, La Hacienda y los grupos de presión en el siglo XVII, in B. Bennassar (a cura di), Estado, Hacienda

y Sociedad en la Historia de España, Valladolid 1989, pp. 95-122; Pulido Bueno, La Real Hacienda, cit., pp. 49-54.

Nella ricostruzione di Pulido Bueno, le città della Castiglia, nonostante le difficoltà nel versare i 3 milioni di ducati annuali pattuiti, finirono col fornire alla Corona una somma superiore a quella dei 18 milioni iniziali. La città più tartassata dal servicio del 1601 risultò essere Siviglia.

153

Sulla ricchezza e il potere raggiunti dai banchieri genovesi, cfr. A Tenenti, Las rentas de los genoveses en España a

comienzos del siglo XVII, in Dinero y Crédito (Siglos XVI al XIX). Actas del I Coloquio Internacional de Historia Económica, Madrid 1978, pp. 207-219; A. Pacini, I presupposti politici del “secolo dei genovesi”, Genova 1990. Per un

esempio di una grande famiglia di banchieri genovesi, si veda lo studio di E. Grendi, I Balbi: una famiglia genovese tra

Spagna e Impero, Genova 1997.

154 I. Pulido Bueno, La familia genovesa Centurión, mercaderes diplomáticos y hombres de armas al servicio de

Se tuttavia le cortes mostrarono chiaramente la loro preferenza per gli juros come strumento di credito, le varie juntas de Hacienda sorte per volere di Lerma in quegli anni finirono molto spesso col fare affari con i banchieri, genovesi e non solo. Pedro Franqueza e Alonso Ramírez de Prado, in particolare, comparvero con continuità in tutte le juntas sorte per risollevare la delicata situazione finanziaria e il problema, ad essa direttamente collegato, del reperimento dei fondi necessari per finanziare le pur ridotte campagne militari. Da una specifica junta nata per negoziare i contratti con gli hombres de negocios,155 fino alla Junta de Hacienda de Portugal156 e alla Junta de Fábricas y Armadas,157 il duo Franqueza-Ramírez de Prado era presente e dominante, arrivando spesso ad estromettere, di fatto, gli altri membri e dando vita a più di un conflitto di competenze con i Consejos cui formalmente sarebbe toccata la risoluzione delle singole questioni. Tuttavia, più di ogni altra fu la Junta del Desempeño