• Non ci sono risultati.

L’APOGEO DEL VALIMIENTO DI LERMA II.1 – IL PRIMO DEI VALIDOS

II. 5 – PRO O CONTRO IL VALIDO?

Il potere conseguito dal valido di Filippo III sul re e sull’intera Monarchia non lasciò indifferente il mondo degli intellettuali, dell’arte e della cultura. Se Lerma si impose anche come il più importante mecenate del suo tempo nei confronti di pittori e letterati, che lo ripagarono dedicandogli ritratti e opere, a lui in quanto effettivo detentore del potere di governo si rivolsero in molti, tramite memoriali o tramite libelli e trattati, suggerendo possibili vie d’uscita dalla crisi che colpiva la Monarchia. Ma Lerma fu anche il protagonista, camuffato sotto altri nomi e collocato in ambientazioni lontane nel tempo, di una breve ma significativa stagione del teatro spagnolo, in cui alcuni autori usarono le figure dei grandi favoriti del XV secolo, in particolare Álvaro de Luna, per mettere in scena la situazione che la Spagna di due secoli dopo vedeva quotidianamente rappresentata a corte: il dominio di un cortigiano sul legittimo re.

Opere teatrali con protagonista il favorito del sovrano si erano già viste nel corso del XVI secolo in Inghilterra. Si pensi, ad esempio, all’Edward II di Cristopher Marlowe, tragedia rappresentata per la prima volta nel 1592 e incentrata sul declino e la caduta, con morte violenta nel finale, del sovrano inglese e del suo favorito Gavestone. All’inizio del XVII secolo si registrano altre due opere significative sull’argomento, il Sejanus His Fall di Ben Johnson (1605), incentrato sul prefetto del pretorio vicino all’imperatore Tiberio, e l’Henry VIII di William Shakespeare (1612-1613), che rappresenta, all’ombra del padre di Elisabetta I, le macchinazioni del cardinale e ministro Thomas Wolsey. In queste opere, i favoriti vengono costantemente raffigurati come personaggi assetati di potere, cinici, dissimulatori e privi di scrupoli, personaggi con i quali è difficile simpatizzare e che giustamente finiscono con l’essere sconfitti. Se l’opera di Ben Johnson porta una novità, ovvero la presenza di un unico favorito al fianco del sovrano di turno e senza potenziali antagonisti con cui competere, tutte comunque contengono un giudizio sul buono e sul cattivo governo, indicando nel secondo l’eccessivo potere dei favoriti.159

In Spagna, invece, la figura del favorito era stata al centro dell’attenzione in alcune opere letterarie a cavallo tra XV e XVI secolo e nella tradizione delle ballate popolari, salvo poi perdersi per tutto il corso del Cinquecento. Con il sorgere del secolo successivo, e soprattutto in non casuale coincidenza con l’imporsi del valimiento del duca di Lerma, personaggi quali Álvaro de Luna e Ruy López de Ávalos tornarono di moda, protagonisti di una serie di opere realizzate nel periodo che va dal 1600, quando Damián Salucio del Poyo cominciò a scrivere le

159 Sul teatro inglese incentrato sulle figure di potenti e machiavellici favoriti, spesso accostati a sovrani troppo deboli

tre opere incentrate sui favoriti di Juan II, a circa vent’anni dopo, con i contributi sul tema di Antonio Mira de Amescua. Rispetto alle tragedie sulla privanza del teatro inglese, quelle spagnole si distinguono perché puntano maggiormente l’attenzione sugli aspetti personali ed emozionali legati all’ascesa e alla caduta dei favoriti, verso i quali lo spettatore è portato a simpatizzare e a riflettere dinanzi alla mutevolezza della Fortuna, tema sempre caro alla cultura barocca.160 Le opere di Salucio del Poyo sulla privanza, tutte scritte nel periodo 1600-1604,161 cioè negli anni di maggior fulgore del potere di Lerma, costituirono un modello in Spagna, soprattutto per la strutturazione del racconto, basato sull’alternanza della adversa e della

próspera fortuna che colpisce i favoriti.162 Dai testi di Salucio del Poyo emerge comunque una condanna verso la figura del privado che tuttavia rimane implicita, non potendo in alcun modo, anche per motivi di sicurezza personale, rendere evidente il legame tra la storia raccontata e la realtà contemporanea all’autore e al suo pubblico. Il sovrano, chiamato a governare in prima persona il regno, non può cedere il suo potere a una persona cui pure è legato affettivamente: la

amistad, l’amicizia tra re e favorito, è il collante che unisce i due personaggi. Nelle

ambientazioni create da Salucio del Poyo, il privado si vede spesso contrapposta la parte della nobiltà che non gli è favorevole, perché da lui non beneficiata, e l’essere continuamente oggetto di critiche lo rende un parafulmine nei confronti del re, che difende da qualsiasi tipo di contestazione. Nella trilogia dell’autore, Ruy López rappresenta un ideale di buon privado, che a talune condizioni può essere una figura positiva per la Monarchia, mentre nella Privanza y

caída de Don Álvaro de Luna, che è anche la prima vera tragedia sulla privanza,163 il protagonista muore ignominiosamente, portando con sé l’inevitabile condanna dell’esperienza del favorito. I temi della mutevolezza della Fortuna, di uomini potenti necessariamente destinati, prima o poi, a cadere nella polvere, torneranno prepotentemente vent’anni dopo Salucio del Poyo, quando la caduta di Lerma e l’ascesa di un nuovo valido verranno rappresentate dal teatro di Mira de Amescua.164

160

Sulle differenze tra teatro inglese e spagnolo sull’argomento della privanza, cfr. L. Bradner, The Theme of Privanza

in Spanish and English Drama, 1590-1625, in D. Kossoff, J. Amor y Vázquez (a cura di), Homenaje a William L. Fichter, Madrid 1971, pp. 97-106.

161 L. Caparrós Esperante, Entre validos y letrados. La obra dramática de Damián Salucio del Poyo, Salamanca 1987. 162 Salucio del Poyo scrisse due opere incentrate sulla figura di Ruy López de Ávalos, favorito di Enrico III di Castiglia

e poi del successore Juan II: La próspera fortuna del famoso Ruy López de Ávalos e La adversa fortuna del muy noble

Caballero Ruy López de Ávalos. La terza opera dell’autore ha invece come protagonista Álvaro de Luna: Privanza y caída de Don Álvaro de Luna.

163

Raymond MacCurdy la definisce in tal modo poiché è la prima pièce che si conclude con la condanna e la morte del

privado: The Tragic Fall, cit., pp. 109-121.

164 Mira de Amescua riprese la strutturazione già introdotta da Salucio del Poyo in La próspera fortuna de Don Álvaro

de Luna y adversa de Ruy López Dávalos, datata attorno al 1624, cui seguì La adversa fortuna de don Álvaro de Luna.

Sullo stesso tema anche due opere basate sulla próspera e sulla adversa fortuna di Bernardo de Cabrera, favorito di Pedro IV d’Aragona. L’attribuzione è tuttavia incerta: per alcuni studiosi l’autore fu lo stesso Mira de Amescua, altri propendono per Lope de Vega. Cfr. Bradner, The Theme of Privanza, cit., pp. 105-106.

Al favorito di Filippo III continuarono a rivolgersi e a dedicare i rispettivi scritti anche molti autori di trattati e avisos di natura politica. A Lerma e al confessore Gaspar de Córdoba è dedicato, ad esempio, il Veriloquium en reglas de Estado di Tomás Cerdán de Tallada, testo pubblicato a Valencia, di cui l’autore era originario, nel 1604. Anch’esso fa propria la richiesta, molto diffusa in quegli anni, di un rilancio del sistema dei Consejos, elencandone i pregi e le funzionalità e sottolineando in particolare la centralità di quel Consejo de Estado che, come viene riconosciuto a Lerma, fu fortemente rilanciato in quegli anni, almeno in quanto al blasone dei suoi membri. Nel corso dei suoi 23 capitoli, il Veriloquium tuttavia affronta anche altre questioni già oggetto di dibattito, come la titolarità della dignità reale assegnata al legittimo sovrano, la necessità di combattere in difesa della religione e della Chiesa cattolica e allo stesso tempo l’esigenza di contenere i costi per salvaguardare il patrimonio reale, o ancora l’opportunità di una riforma giudiziaria che ponga un limite all’eccessivo numero di leggi e di processi che ingolfano il funzionamento della giustizia. La predilezione per la ricetta tipica degli arbitristas, basata sul mantenimento all’interno dell’economia spagnola dell’argento proveniente dalle Americhe (solitamente destinato invece al pagamento dei debiti contratti con gli hombres de negocios stranieri), convive in Cerdán de Tallada con la raccomandazione di non rendere troppo ricca e potente la nobiltà titolata, seguendo in questo l’esempio dell’imperatore Carlo V, e di non porre nuovi tributi sulla popolazione se non per specifici e importanti motivi.

Il Veriloquium, comunque, pare lontano da qualsiasi intento di polemica nei confronti del governo di Lerma, una predisposizione che invece non era condivisa dal toledano Eugenio de Narbona, la cui Doctrina política civil, scritta nel 1604, venne pubblicata solo nel 1621, per problemi con la censura.165 Composta da diversi aforismi raggruppati in nuclei tematici e tratti da un elenco di autori che comprende letterati, storici e scrittori politici, l’opera espone molte argomentazioni presenti in altri scritti coevi, come l’obbligo per il sovrano di premiare e punire secondo il merito e mai con esagerazione,166 o la necessità che egli sia coadiuvato da

165 Lo stesso Narbona, nel Prologo dell’opera, spiega il motivo della lunga attesa per la pubblicazione, rallegrandosi

comunque che le sue riflessioni possano essere di uguale giovamento per il nuovo re nel frattempo salito al trono: Diez

y siete años ha que se imprimió este libro, y los mesmos que se impidió el uso de él. Dios lo dispuso por fines superiores, que reverencio justos, y que experimenté utiles en mi enseñanza. O admirable y digno de advertir efecto de providencia! Murió, señor, quando nació V.M. y restituyese al mundo ahora que con plauso universal de los vassallos de esta Monarquía, si bien con miedo de los enemigos de ella, recibe el gobierno de dos mundos, que le reconocen dueño y señor […] reciba le suplico este libro, que, como digo, parece reservó la providencia para V.M. que ahora sale mirado a mejor luz, y corregido con mas acertada censura; quiera Dios por este camino libre de calumnia: E. de

Narbona, Doctrina política civil escrita en aphorismos, Madrid 1779 (ediz. originale 1621), pp. 6-8.

166 Narbona suggerisce particolare attenzione soprattutto con i titoli onorifici, un tipo di merced molto ricorrente durante

il valimiento di Lerma: aforisma CXI, Premios, cuyo valor consiste en honra y estimación sola, délos el Príncipe con

más advertencia que los de hacienda y provecho: que si se hacen comunes, pierden todo lo que valen, y el Príncipe el erario de mayor importancia (ivi, p. 98).

consiglieri saggi e non da semplici adulatori. In aggiunta a ciò, Narbona mostra in più punti la sua opposizione alla presenza di un favorito dotato di eccessivo potere, ad esempio nell’aforisma CX:

No se muestre el Príncipe liberal enriqueciendo a uno solo, pues de todos es Rey: en todos lluevan sus mercedes, y de todos tengan los soldados la mayor parte, pues lo fueron, o para adquirir, o lo son para conservar el reyno.167

È naturale che il principe abbia presso di sé dei favoriti, ma egli deve evitare di concedere loro un potere eccessivo, aforisma CLXIX:

Tener privados los Príncipes, lo juzgo casi por natural y necessario: pero procure el Príncipe no dexalle al privado todo el gobierno, aunque muy confidente, que hacer uno muy poderoso siempre fue de peligro en los estados, y deslucimiento a su grandeza. Lo primero se prueba con tantos Príncipes, que en todas edades han tenido privados; y el mismo Christo Nuestro Señor, Rey de reyes, tuvo a S. Juan Evangelista, a quien amaba con particular demonstración […]168

Sulla stessa scia anche l’aforisma CLXX:

Honre el Príncipe, engrandezca, enriquezca al privado, quedandose Rey. Luzcasele a la nube en su resplandor la vecindad del sol, y al árbol en lo fértil criarse junto a las aguas: y pague estos oficios el privado sirviendo sin codicia de más utilidad que acertar a servir, atento a la conservación del estado y reputación del dueño.169

Il re può ammettere al suo fianco ministri che lo aiutino, ma mai deve esistere il dubbio su chi sia il vero detentore del potere, aforisma CLXXIII:

Ministros que ayuden al gobierno admítolos, y la razón y la necessidad los admite: pero el Príncipe muestre y dé a entender que las órdenes y resoluciones son suyas solas, y como en el nombre, sea en el mandar Rey.170

I sudditi inoltre non accettano di prendere ordini da chi non sia investito della legittima autorità, aforisma CLXXIV:

Los vassallos más obedecen a su Rey por el instincto natural que los lleva a hacerlo, que por otra razón, y como esto falta en el que no es Rey, de mala gana obedecen a los que gobiernan como tales, y por esto el Príncipe no ha de apartarse de los negocios que son proprios de su officio. Los alborotos que en Castilla huvo en tiempo del Rey don Juan el Segundo, tuvieron principio y se fundaron en esta razón.171

Narbona si rivolge anche al favorito del sovrano, invitandolo a lavorare senza sosta per mantenere la grazia del re172 e a lasciare gli eventuali meriti delle sue azioni al sovrano,173 ma 167 Ivi, p. 97. 168 Ivi, pp. 129-130. 169 Ivi, pp. 130-131. 170 Ivi, pp. 132-133. 171 Ivi, p. 133.

172 Ivi, aforisma CLXVII, pp. 128-129. 173 Ivi, aforisma CLXVIII, p. 129.

ancor più interessanti sono singoli aforismi incentrati su questioni assai dibattute nel primo decennio di regno di Filippo III: la meritata e immediata punizione verso coloro, anche ministri, che non si comportano in modo corretto,174 l’utilizzo del denaro riscosso attraverso i tributi sul popolo per la difesa del regno e non per dádivas e gastos superfluos,175 l’affidamento dell’amministrazione delle rendite reali a persone confidentes y honradas.176

Curiosi invece gli

aforismi CXIV e CXV, forse scritti da Narbona guardando all’indubbia influenza esercitata dalla regina Margherita su Filippo III: il sovrano ascolti i consigli della sua consorte, ma non si lasci governare da lei.177

Le critiche all’eccessivo potere del favorito e al re che si lascia completamente governare non sono invece ingredienti della Doctrina de príncipes enseñada por el santo Job di Juan de Horozco y Covarrubias, già autore degli Emblemas morales. Attraverso le parole del santo, arricchite con citazioni tratte dalle Sacre Scritture e dai testi classici, l’autore concorda nel definire normale che un sovrano scelga una o più persone con cui stringere un rapporto più stretto rispetto agli altri sudditi, l’importante è che i prescelti si mostrino meritevoli di tanto onore:

Y por el consiguiente es necesario que los criados y ministros que tan de cerca han de servir a su Rey, sean de todas maneras nobles, para que acierten a su ministerio, y se emplee bien en ellos la merced que se le hiziere. Y no es possible menos de que a vezes se inclinen los Principes mas a unos que a otros, para honrarlos y fiarle dellos, en quanto se ofreciere: y la suerte es, que sean tales, que se emplee bien el favor en ellos. La Escritura santa nos enseña la privança grande de Ioseph, a quien su proprio Rey acordava hiziesse por los suyos: que mereciendo por si, es justo sean aventajados. De Salomon cuenta la Sagrada Escritura los oficiales de su casa, quando començo a reynar: y entre ellos nombra en particular a Sabud hijo de Natan, a quien dize, amigo del Rey: y seria por la voluntad que le tenia, y por la lealtad y amor con que el le avia servido siempre.178

Se anche Horozco y Covarrubias non può non ricordare al sovrano il suo dovere di governare, di concedere regolari udienze, di fuggire dai falsi e dagli adulatori e di premiare e punire i sudditi secondo il merito mostrandosi a un tempo liberale e clemente, tuttavia, il diritto naturale e quasi necessario di avere accanto persone di fiducia a lui legate da un vincolo di

amistad non può essere negato, nemmeno al re più potente della Cristianità.

174

Ivi, aforisma LXIV, p. 70.

175 Ivi, aforisma CCXXXIX, p. 172; aforisma CCL, p. 178. 176 Ivi, aforisma CCXLVII, p. 176.

177

Ivi, pp. 100-101. Sull’influenza della regina Margherita su Filippo III, Sánchez, The Empress, the Queen and the

Nun, cit.