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IV CAPITOLO IL LENTO DECLINO

IV.3- UN VALIDO SOTTO ASSEDIO

La crisi economica che avvolgeva i regni degli Asburgo di Spagna si impose ancor di più come il principale problema da affrontare per Lerma dopo il fallimento della Junta del

Desempeño general e degli uomini che la dirigevano. Nel 1607, l’annuncio della sospensione

dei pagamenti ai creditori della Corona, giunta undici anni dopo l’ultima bancarotta dichiarata da Filippo II, si impose come una scelta obbligata, data l’impossibilità di far fronte a tutti i debiti accumulati, soprattutto con gli hombres de negocios. Un accordo con questi ultimi fu raggiunto l’anno seguente con la sottoscrizione del Medio General, un contratto che prevedeva un rimborso di 12 milioni di ducati per i banchieri a fronte di una loro maggiore partecipazione nel processo di risanamento della finanza reale.84 Il Medio General rappresentò inoltre una cesura nella storia della comunità genovese a Madrid, testimoniata dal fatto che i maggiori finanziatori della Corona nel primo decennio di regno di Filippo III, e che non a caso furono i rappresentanti della comunità durante le trattative precedenti l’accordo,85

lasciarono spazio, dopo il 1608, ad una nuova generazione di hombres de negocios.86 Colui che era stato il dominatore del mondo della finanza spagnola fino alla bancarotta del 1607, Ottavio Centurione, fu sottoposto, a partire dal 1609, ad un processo che si presentava come uno strascico delle visitas a quei Ramírez de Prado e Franqueza con cui l’imputato aveva stretto tanti affari. Il ritardo di due anni fra gli arresti dei due criados di Lerma e quello di Centurione può essere spiegato sia con la necessità di raggiungere preventivamente l’accordo del Medio

General, sia con la tregua nel frattempo firmata con i Paesi Bassi, che non rendeva più

indispensabile il denaro di don Ottavio.87 Giudicato da un tribunale composto dal Presidente

del Consejo de Hacienda Fernando Carrillo, già pubblica accusa nelle sopra citate visitas, e dai contadores della Contaduría Mayor de Cuentas, Centurione dovette rispondere a nove gruppi

84 Per conoscere i numerosi termini dell’accordo, raggiunto il 14 maggio 1608 e rimasto in vigore per i dieci anni

successivi, cfr. Pulido Bueno, La Real Hacienda, cit., pp. 252-260.

85

La Diputación del Medio General, organo istituito proprio in funzione dell’accordo del 1608, era composto dai quatto banchieri genovesi che più si erano esposti economicamente nei confronti della Corona e che dunque vantavano maggiori somme da riscuotere: Ottavio Centurione, Giambattista Giustiniani, Battista Serra e Nicolò Balbi. Giustiniani, deceduto durante le trattative, venne sostituito dal socio Sinibaldo Fieschi.

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Esponenti di spicco di questa nuova generazione erano Giambattista e Vincenzo Squarciafico, Carlo Strata, Giacomo e Agostino Giustiniani. Nel periodo compreso tra il 1614 e il 1619 si registrò un netto aumento delle quantità di denaro concesse in asiento, con gli Squarciafico a farla da padrona con oltre sei milioni di ducati investiti: Pulido Bueno, La

Real Hacienda, cit., pp. 180-188.

87 Un’ampia sintesi del procedimento contro Ottavio Centurione è in Pulido Bueno, La familia genovesa Centurión, cit.,

di accuse, denominati dudas,88 che ripercorrevano la folgorante ascesa che lo aveva reso il maggior finanziatore della Corona. Il processo alla fine non conobbe una sentenza, ma raggiunse comunque l’effetto di tagliare fuori l’imputato dalle grandi operazioni finanziarie della seconda metà del regno di Filippo III.

Come già accaduto prima del Medio General, i prestiti degli asientistas non potevano certo costituire l’unica fonte di entrata della Monarchia, nè l’unico rimedio per uscire dalla crisi economica. Dopo il primo servicio de Millones del 1601, le cortes di Castiglia ne approvarono, durante il regno di Filippo III, altri due: uno nel 1608, che prevedeva il versamento di 17,5 milioni in sette anni e che venne rinegoziato nel 1611, dilatando i tempi di riscossione a nove anni; l’altro, nel 1619, per un valore di 18 milioni versabili in nove anni.89

Tali somme di denaro, unite al gettito proveniente dal servicio ordinario y extraordinario e dagli altri gruppi di imposte, non garantivano tuttavia la copertura delle spese annualmente sostenute dalla Corona. La ricetta preparata da Juan de Mariana nel Tratado y discurso sobre la

moneda de vellón chiedeva tagli delle spese delle Case Reali, riduzione del numero di mercedes económicas e chiusura di fronti bellici dispendiosi e poco utili. Se tuttavia le spese di

corte non solo non diminuirono, ma aumentarono costantemente durante il regno del Rey

Piadoso,90 e se il valido non potè mai rinunciare a quella gestione del patronato reale su cui si basava il suo stesso sistema di potere, in politica estera, vicecersa, si diede seguito al progetto di ridurre al minimo le spese belliche tramite paci più o meno durature con i nemici della Monarchia.

All’interno di questo discorso, il fronte di guerra nelle Fiandre era ormai da troppo tempo la più grande fonte di spesa della Corona, e già il 13 marzo 1607 gli arciduchi Alberto e Isabel, cui Filippo II aveva ceduto la sovranità sui Paesi Bassi, avevano raggiunto l’accordo per un “cessate il fuoco” con i ribelli delle Province Unite. Due anni dopo, il 9 aprile 1609, si giunse alla firma di uno storico trattato che, per la prima volta dal 1568, avrebbe garantito la non belligeranza tra i contendenti fino al 1621: la Tregua dei dodici anni.91 Essa tuttavia venne

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L’elenco delle nove dudas: Dudas sobre el dinero librado en Valencia y Aragón, Dudas sobre el dinero librado en

Valencia, Cerdeña y Mallorca, Dudas sobre las anticipaciones, Dudas sobre losveinte mill ducados, Dudas sobre los dos por ciento sobre el servicio gracioso, Duda sobre juntar con el Asiento Grande lo que hubo de proveer por la Cédula de Promesa de enero de 1604, Duda sobre el asiento de los cuatrocientos mill ducados de diciembre de 1603, Duda del asiento de mayo de 1605 de un millón cuatrocientos mill escudos y ducados, e Dudas en la cuenta del asiento de un millón doscientos mill escudos. Le carte del processo sono conservate in AGS, CyJH, leg. 489, 12/2-4. Una copia

delle argomentazioni presentate dalla difesa è in RAH, 9-1054, Por Octavio Centurión sobre las dudas de sus cuentas, ff. 134r-145v.

89

Cfr. Feros, El Duque de Lerma, cit.

90 Cfr. Pulido Bueno, La Real Hacienda, cit., pp. 217-240.

91 Per conoscere il processo di pace che portò alla Tregua dei dodici anni, cfr. García García, La Pax Hispanica, cit., pp.

48-74; Allen, Philip III and the Pax Hispanica, cit., pp 203-233. Per avere un’idea sulle reazioni, dei coevi prima e della storiografia poi, alla firma della tregua, cfr. G. da Costa, Ragionamento sopra la triegua dei Paesi Bassi, Genova 1610; A. Carnero, Historia de las guerras civiles que ha habido en los estados de Flandes desde el año 1559 hasta el de

accolta da molte critiche, specialmente da chi vedeva lesa la reputación della Monarchia e tradita la sua missione di difensore della fede cattolica contro la barbarie eretica. Di quest’ultimo avviso, ad esempio, era l’arcivescovo di Valencia Juan de Ribera, contrario alla tregua, come lo era stato alla pace con l’Inghilterra, e preoccupato in particolare per la sorte delle minoranze cattoliche nei Paesi a maggioranza protestante.92 Anche Francisco de Quevedo ebbe modo di schierarsi contro l’accordo nel trattato España defendida y los tiempos de ahora (1609), in cui ricordava che la lontana origine della caduta dell’impero romano si manifestò quando la paura dei nemici e il timore di non riuscire a sconfiggerli prese il sopravvento sulla brama di conquista. In generale, la Tregua dei dodici anni contribuì enormemente alla diffusione di quell’immagine di Lerma che conobbe larga diffusione tra i suoi contemporanei e nei secoli successivi: un valido che dietro l’anelito alla pace nascondeva sia la volontà di difendere il proprio potere in patria, sia lo scarso interesse per il prestigio internazionale della Monarchia asburgica. In realtà, dietro quella tregua vi era una scelta obbligata e pienamente condivisa dal sovrano, e cioè guadagnare un periodo di tempo in cui riorganizzare le forze e le finanze della Corona con l’intento comunque di riprendere il conflitto allo scadere dei dodici anni.93 Anche se sulla retorica della pace il valido costruì parte dei suoi tentativi di giustificare il proprio operato,94 la pace in sè non era un obiettivo prefissato della politica di Lerma.

D’altra parte, una pace totale, intesa come assenza di qualsiasi teatro di guerra aperto, rimase quasi sempre una chimera per la Monarchia di Filippo III. Nonostante l’accordo di Vervins, le tensioni con la Francia erano andate salendo con la politica sempre più aggressiva di Enrico IV.95 La morte di quest’ultimo nel 1610 e il doppio matrimonio del principe Filippo e dell’infanta Anna, rispettivamente, con la principessa Isabel di Borbone e con il nuovo sovrano francese Luigi XIII, posero fine a tale tensione. Rispetto alla situazione francese, e anche

1609 y las causas de la rebelión en los dichos estados, Bruxelles 1625; J.M. Rubio Esteban, Los ideales hispánicos en la Tregua de 1609 y en el momento actual, Valladolid 1937. Sulla conseguenze della pace, si veda P. Brightwell, The Spanish System and the Twelve Years’ Truce, in «English Historical Review», 89 (1974), pp. 270-292. Tra i sostenitori

della tregua, le cortes di Castiglia spinsero con forza in direzione della pace: cfr. Ruiz Martín, La Hacienda y los grupos

de presión, cit.

92 Ribera inviò a tal proposito un memoriale che venne discusso in Consejo de Estado nel maggio 1608, in piena fase di

negoziazione dell’accordo. Per il patriarca di Antiochia, la pace sarebbe stata accettabile solo nel caso in cui gli eretici si fossero convertiti o se le loro forze si fossero dimostrate superiori a quelle cattoliche: entrambe condizioni lontane dal realizzarsi. Una copia del memoriale è in BNE, Mss 290, Carta de el Patriarcha, Arzobispo de Valencia Don Juan de

Rivera para el Rey nuestro señor Don Phelipe III, ff. 28v-50r.

93 Secondo Antonio Feros, la politica estera condotta da Lerma si rifaceva apertamente al modello inaugurato dal

principe di Éboli che, oltre a non presentare alcuna motivazione ideologica alla sua base, si fondava sulla convinzione che la Monarchia spagnola non potesse reggersi solo con l’uso della forza, ma anche e soprattutto su una politica di negoziazione che tenesse conto delle specificità dei vari regni che la componevano: El Duque de Lerma, cit., pp. 346- 354.

94 B.J. García García, El período de la Pax Hispanica en el reinado de Felipe III. La retórica de la paz en la imagen del

valido, in J.Alcalá-Zamora, E.Belenguer Cebriá (a cura di), Calderón de la Barca y la España del Barroco, 2 voll.,

Madrid 2001, vol. II, pp. 57-95.