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Capitolo 4 Le legislazioni attuate fino ad oggi

4.3 Il Womenomics

4.3.4 Aree che necessitano di ulteriori miglioramenti

Nonostante il Womenomics abbia portato al raggiungimento di buoni miglioramenti nel campo della parità di genere sul luogo di lavoro, restano tuttavia alcuni punti rilevanti che non hanno subito i cambiamenti sperati. Di seguito verranno presentati uno ad uno. Il primo target che non è stato rispettato è sicuramente quello della rappresentanza femminile al governo, così come in posizioni di leadership nel settore privato. Il target iniziale del Womenomics era di raggiungere il 30% dei posti nel governo e delle posizioni di leadership nel settore privato occupato da donne. Comprendendo la difficoltà di raggiungere tale obiettivo, nel 2015 il governo giapponese ha deciso di ridurlo ad un target più modesto: il 10% per il settore privato e il 15% per il settore pubblico345. Guardando i dati raccolti nel 2019 dal Gender Equality Bureau, le donne costituiscono il 10,2% dei posti nella Camera dei Rappresentati e il 20,7% di quelli nella Camera dei Consiglieri346. Dunque, meno del 14% dei posti totali della Dieta sono occupati da legislatrici donne, posizionando il Giappone al 158esimo posto su 198 paesi inclusi nella

344MATSUI, Womenomics 5.0…, cit., p. 19.

345 White Paper 2019, Gender Equality Bureau, 2019,

http://www.gender.go.jp/english_contents/about_danjo/whitepaper/pdf/ewp2019.pdf, p. 18. 346MATSUI, Womenomics 5.0…, cit., pp. 20-22.

statistica dell’Unione Interparlamentare nel 2019. Come si può notare nella Figura 31, il Giappone è posizionato quasi alla fine della classifica ed è superato da paesi molto meno sviluppati come il Brasile, la Libia, l’Indonesia e così via. Inoltre, ha una rappresentanza femminile più bassa anche dei suoi vicini asiatici, come la Repubblica di Corea (17%) e la Cina (25%)347. Dunque, nonostante i tentativi di implementare le riforme previste dal Womenomics, c’è ancora molto da fare all’interno del governo di Abe affinché si ottengano i risultati necessari ad aumentare la parità di genere in questo campo.

Figura 31: il grafico in figura mostra la classifica stilata dall’Unione Interparlamentare nel 2019 in base alla percentuale di rappresentanza femminile dei governi di 198 paesi. Il Giappone, con un 14%, si posiziona tra gli ultimi al 158esimo posto, indicando la scarsa efficacia delle riforme proposte nel Womenomics a riguardo348.

Lo stesso risultato è riscontrabile nella rappresentanza delle donne in posizioni manageriali all’interno delle imprese private giapponesi. Anche in questo caso il target impostato del 30% non è stato raggiunto, né per le posizioni manageriali, né per le posizioni di leadership all’interno dei consigli di amministrazione delle aziende. Sempre secondo i dati del Gender Equality Bureau, nel 2018 le donne in posizioni manageriali erano così suddivise: 18,3% dei Capi di Sezione, 11,2% dei Direttori, 6,6% dei Manager di Dipartimento, 4,1% dei Consiglieri d’amministrazione349. Dunque, la percentuale 347MATSUI, Womenomics 5.0…, cit., p. 22.

348 ibid.

349 White Paper 2019, Gender Equality Bureau, 2019,

generale di donne in posizioni manageriali è del 13,2%, mentre quella delle donne nei consigli d’amministrazione è di 5,3%, due risultati estremamente bassi rispetto a quelli degli altri paesi dell’OECD (Figura 32).

Figura 32: il grafico in figura mostra le percentuali di rappresentanza femminile nel settore privato sia in posizioni manageriali (in blu), sia all’interno dei consigli di amministrazione (in azzurro), di diversi paesi dell’OECD nel 2018. Il Giappone, con due percentuali rispettivamente di 13,2% e 5,3%, si classifica tra gli ultimi, ossia tra quei paesi con una bassa rappresentanza femminile e di conseguenza con una maggiore disparità di genere in questo campo350.

Oltre alla scarsa rappresentanza femminile, il sistema lavorativo giapponese prevede ancora una forte differenza salariale. Ad oggi, in Giappone le donne guadagnano ancora il 25% in meno rispetto al salario maschile, il gap più grande nel G7 e il secondo più grande nei paesi dell’OECD, come vediamo in Figura 33, in cui a precedere il Giappone vi è solo la Repubblica di Corea. La ragione principale per questa permanente disparità di salario in base al genere è rappresentata dal fatto che le donne costituiscono il 70% dei lavoratori part-time, per cui possiedono un salario inferiore rispetto agli uomini, che per di più sono lavoratori regolari full-time. Tuttavia, bisogna considerare che anche il sistema lavorativo giapponese, che prevede promozioni in base al servizio continuo e aumenti di salario in base all’anzianità, rappresenta un grande ostacolo alla parità di salario, come già avevamo anticipato nei paragrafi precedenti351.

350MATSUI, Womenomics 5.0…, cit., p. 23. 351MATSUI, Womenomics 5.0…, cit., p. 24.

Figura 33: il grafico in figura mostra la classifica, realizzata nel 2016 dall’OECD, relativa alla percentuale di differenza salariale in base al genere in vari paesi. Il Giappone, con un 25% di differenza salariale, è il secondo peggior paese, preceduto solamente dalla Repubblica di Corea352.

Un elemento che ulteriormente ostacola la possibilità di raggiungere una parità salariale tra generi è la continua presenza del Dual-Track System, ossia la divisione in due percorsi lavorativi (sōgōshoku e ippanshoku) basata sul genere. Questo sistema, infatti, fa sì che anche oggi ci sia una grossa disparità tra generi dovuta al diverso tipo di carriera professionale fatta svolgere agli impiegati e alle impiegate delle grandi imprese. Secondo i dati del Japan Institute for Labour Policy and Training del 2014, le posizioni lavorative che si classificano come ippashoku sono occupate per l’82% da donne e per il solo 18% da uomini353. Come visto in precedenza, invece, la percentuale di donne in posizioni aziendali di rilevanza è circa del 13%, indicandone un’estrema carenza nel percorso

sōgōshoku. Inoltre, le attuali politiche aziendali seguono ancora il sistema di reclutamento

di gruppi di neolaureati, per cui è difficile che si venga assunti a metà della propria carriera o nella mezz’età proprio perché l’anzianità di servizio su cui è basato il sistema lavorativo giapponese verrebbe ostacolato. Perciò, molte aziende ancora non hanno apportato cambiamenti in questo senso e le donne che rientrano nella forza lavoro dopo gli anni della maternità tendono ad essere assunte in piccole o medie imprese e quasi

352 ibid.

sempre in posizioni lavorative part-time354. Tuttavia, secondo i dati del Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare, nel 2018 alcune imprese hanno mostrato di assumere impiegati a metà della loro carriera, incentivando sempre di più questa iniziativa. Nonostante si tratti ancora di numeri poco significanti, il fatto che alcune aziende giapponesi abbiano implementato questa politica in favore di coloro che ritornano al lavoro dopo un periodo di assenza rappresenta un primo passo verso la diffusione di questa pratica e la sua normalizzazione. Come vediamo in Figura 34, dal 2013 al 2018 si è verificato un buon aumento del numero di aziende che hanno attuato la pratica di assunzione a metà carriera, in particolare per le aziende con 1.000 o più impiegati355.

Figura 34: i due grafici in figura si riferiscono allo sviluppo della pratica di assunzione a metà carriera nel 2018. Nel grafico di sinistra viene mostrato l’aumento del numero di imprese giapponesi, divise per quantità di impiegati, che hanno implementato la pratica di assunzione a metà carriera dal 2013 al 2018. Nel grafico di destra, invece, vengono mostrate le tre motivazioni principale citate dalle aziende, divise nuovamente per quantità di impiegati, sul perché hanno deciso di assumere lavoratori a metà della loro carriera356.

354MATSUI, Womenomics 5.0…, cit., p. 25.

355White Paper on Labour Economy 2018, Ministry of Health, Labour and Welfare (MHLW),

https://www.mhlw.go.jp/english/wp/l-economy/2018/summary.pdf, 13-01-2020.

Inoltre, come principale motivazione per l’assunzione di lavoratori a metà carriera, tutte e tre le tipologie di imprese considerate hanno espresso l’intenzione di assumere risorse umane che possiedano competenze e capacità avanzate in settori specializzati357. Dunque, sembra che anche il concetto di deterioramento delle capacità durante il periodo di assenza abbia subito un mutamento in questi anni, dal momento che ora le imprese assumono professionisti a metà della propria carriera proprio grazie alle loro permanenti competenze e capacità in un determinato campo.

Infine, è stata controllata la presenza o meno di modifiche della legge sulla tassa matrimoniale, come era previsto nel Womenomics. Secondo quanto valutato da Matsui, sembra che il sistema di tassazione familiare sia rimasto invariato rispetto al periodo precedente al Womenomics, per cui ancora oggi rappresenta un ostacolo alla partecipazione femminile nella forza lavoro e un incentivo a partecipare unicamente come lavoratrici part-time, in modo tale da rimanere al di sotto dei 1.03 milioni di yen che permettono alle donne di essere considerate come economicamente dipendenti dal marito358. La mancata riforma di questo elemento costituisce un fallimento parziale del Womenomics, poiché non solo non è stata portata a termine la modifica della legge di tassazione matrimoniale, ma ciò può generare problematiche per la completa efficacia delle altre riforme previste dalla politica del Primo Ministro Abe.

In conclusione, si può affermare che la politica del Womenomics rappresenti un insieme di riforme assolutamente necessarie per il miglioramento della disparità di genere nei luoghi di lavoro giapponesi e per il rialzamento dell’economia del paese. Alcune delle riforme previste sono state attuate secondo programma e hanno portato dei risultati positivi, quali l’aumento della partecipazione femminile alla forza lavoro, l’aumento delle strutture di assistenza infantile, l’estensione del congedo parentale, l’elargizione a molte imprese del marchio Eruboshi come premio per il supporto alle attività volte alla parità di genere, e la riduzione generale delle ore di lavoro e delle ore di straordinario. D’altro canto, tuttavia, alcune delle riforme più rilevanti e decisive per il miglioramento della condizione lavorativa femminile e dell’economica giapponese hanno incontrato delle difficoltà nella propria realizzazione e non sono ancora soddisfacenti. La mancanza di donne in posizioni governative, in posizioni manageriali e di leadership nel settore privato, la costante presenza di una differenza salariale basata sul genere, la permanenza del

357White Paper on Labour Economy 2018, Ministry of Health, Labour and Welfare (MHLW),

https://www.mhlw.go.jp/english/wp/l-economy/2018/summary.pdf, 13-01-2020. 358MATSUI, Womenomics 5.0…, cit., pp. 25-26.

sistema a due percorsi lavorativi che continua a rendere difficile l’ingresso in posizioni di rilievo per le donne, la carenza di assunzione di lavoratori a metà della propria carriera e la mancata modifica della tassa matrimoniale sono elementi che rappresentano un fallimento del Womenomics. Dunque, nonostante qualche cambiamento in positivo ci sia stato, è necessario un impegno più evidente da parte del governo del Primo Ministro Abe affinché le sue proposte di riforma non siano solo parole vuote e prive di risultati concreti.