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Capitolo 4 Le legislazioni attuate fino ad oggi

4.1 Equal Employment Opportunity Law

4.1.4 Gli effetti e le limitazioni della EEOL

Non c’è dubbio che la Equal Employment Opportunity Law abbia apportato degli importanti cambiamenti nel sistema lavorativo giapponese e abbia avuto una certa efficacia nel rimuovere alcune delle forme di discriminazione più evidenti nei confronti delle lavoratrici. Ad esempio, il numero di imprese che escludeva a priori l’ingresso di candidate scese dal 41% nel 1986 al 17% nel 1987, mentre il numero di quelle che offrivano lavoro solo a neolaureati senza specificarne il sesso aumentò da 36% nel 1986 a 77% nel 1987270. Inoltre, secondo la ricerca di Wakisaka, il quale assegna un punteggio detto EO per specificare il livello di pari opportunità (Equal Opportunity) presente nei vari ambiti delle aziende giapponesi, si può notare che dal 1989 al 1998 ci sia un aumento generale di tale punteggio, escludendo però le aree di reclutamento, assunzione e training formativo. Nonostante ciò, la sua ricerca evidenzia un complessivo miglioramento della condizione lavorativa femminile negli anni immediatamente successivi alla prima EEOL271. Allo stesso modo, il Basic Survey on Women’s Employment del 1991 e il Survey of Female Workers Concerning Equal Employment Opportunities for Men and Women del 1995 mostrano un progresso della parità di genere in quasi tutte le aree e in particolare nella proporzione di chi vuole una promozione e di chi pensa di poterla ottenere, nella proporzione di chi ottiene il training e l’esperienza necessaria per la promozione e nella proporzione di coloro che ottengono un lavoro che non includa per forza il trasferimento272.

Oltre a ciò, in seguito alla EEOL molte imprese hanno iniziato a rimuovere alcuni di quei requisiti minimi richiesti specialmente alle donne al momento dell’assunzione, come ad esempio la disponibilità di trasferirsi per lavoro, o la necessità di vivere con i genitori

270Japan Institute of Women’s Employment (JIWE), Shiki Daigaku Sotsugyosha Saiyo Keikaku Chosa

(Survey on Recruitment Plans for University Graduates), Josei Shokugyo Zaidan, 1987.

271WAKISAKA, Changes in Human…, cit., p. 64. 272 ibid.

qualora non ancora sposate e di non necessitare di troppo tempo per raggiungere il lavoro, e così via273.

Nonostante questi effettivi cambiamenti volti a migliorare la parità di genere sul posto di lavoro, numerose furono tuttavia le critiche e le limitazioni di questa legge e delle sue successive revisioni.

Per prima cosa, uno dei risultati più evidenti della EEOL del 1985 fu la generazione del

Double-Track System, che è già stato presentato nei capitoli precedenti. Tramite questo

sistema, i datori di lavoro poterono raggirare le raccomandazioni di pari trattamento dei dipendenti, dividendoli efficacemente i due percorsi distinti in base al genere. Il primo, detto sōgōshoku, prevedeva un percorso carrieristico che includeva salari alti e in aumento in base all’anzianità, training formativo, benefici, promozioni, rotazione e trasferimenti, lunghe ore di lavoro e frequenti straordinari. Il secondo, detto ippanshoku, rappresentava, invece, quell’insieme di mansioni generali e d’ufficio che non richiedevano una particolare educazione e formazione e che non prevedevano specifici benefici, promozioni o altro. Così facendo, i datori di lavoro poterono evitare di discriminare direttamente le donne, che prima della EEOL non venivano assunte a priori dalle grandi imprese, assumendole però in posizioni inferiori rispetto a quelle dedicate agli uomini274. Si tratta di un sistema sviluppato prevalentemente nelle grandi imprese: nel 1990, il 42,3% delle aziende con minimo 5.000 impiegati aveva introdotto tale sistema, mentre solo l’11,4% delle piccole aziende con un numero di dipendenti compreso tra 300 e 900 lo aveva messo in pratica275. Nonostante le intenzioni della EEOL fossero quelle di garantire pari opportunità fin dall’ingresso al mondo del lavoro per entrambi i sessi, ciò che ne risultò fu un sistema che di fatto permise l’assunzione delle donne nelle grandi aziende, ma solamente in posizioni d’ufficio e di inferiore responsabilità rispetto agli uomini, i quali invece poterono accedere al percorso carrieristico276. Si creò un ulteriore divario tra uomini e donne a partire dal tipo di lavoro occupato, che successivamente originò problematiche anche negli altri elementi della condizione lavorativa, come esaminato nel Capitolo 3.

Le ulteriori critiche che vennero rivolte alla legislazione furono a seguito della sua finale revisione nel 2006. Alcune di queste sono:

273Alice LAM, “Equal employment opportunity for Japanese women: changing company practices”, in Janet

HUNTER (a cura di), Japanese Women Working, Londra, Routledge, 1993, pp. 197-222.

274WAKISAKA, Changes in Human…, cit., pp. 65-66.

275Ministry of Labour (MOL), Joshi Koyo Kanri Kihon Chosa (Basic Survey on Women’s Employment and

Management), Rodosho Fujinkyoku, 1990.

1. La mancata specificazione del termine di “discriminazione indiretta”, se non tramite l’introduzione di tre tipologie di discriminazione indiretta poste sotto divieto dalla revisione del 2006. Secondo molti, questa breve lista di soli tre tipi di discriminazione indiretta non rende sufficiente la misura presa, in quanto sono presenti innumerevoli modi di discriminare indirettamente un soggetto che non furono inclusi nella revisione del 2006. In effetti, al momento della revisione, furono valutati altri quattro tipi di discriminazione indiretta, che successivamente non furono però inseriti nella legge. Di conseguenza, oltre alle tre forme incluse, rimangono possibili molte altre tipologie di discriminazione indiretta che non sono punibili tramite la legge277.

2. La mancanza di misure affermative che indichino i doveri dei datori di lavoro nei confronti delle donne che decidono di utilizzare il Child Care Leave. Infatti, nella revisione del 2006 sono presenti solo delle raccomandazioni negative in relazione a ciò che il datore di lavoro non può fare nei confronti di madri in congedo parentale e non presenta nessun tipo di dovere positivo di quest’ultimo per, ad esempio, fornire supporto e facilitazioni alle donne che decidono di utilizzare il congedo di maternità per non lasciare il lavoro. Considerando che molte donne oggigiorno preferiscono lasciare il lavoro durante la maternità, poiché spesso impossibilitate a continuarlo viste le richieste dei datori di lavoro, risulta di fondamentale importanza porre degli obblighi a quest’ultimi allo scopo di facilitare le donne nel rimanere all’interno della forza lavoro del paese. La revisione del 2006 non presenta neppure un rimedio per quei datori di lavoro che non offrono ai lavoratori un bilanciamento tra la quantità di lavoro e la vita privata, né presenta una linea guida per fornire agevolazioni quali orari di lavoro flessibili nei confronti dei dipendenti aventi figli278.

3. Critiche nei confronti dello scarso cambiamento relativo alla rigidità e durezza della legge, considerata ancora troppo poco efficace nei divieti e nelle punizioni di chi vi trasgredisce. Sicuramente questa caratteristica della legislazione giapponese è in parte dovuta alla cultura del paese, che predilige l’armonia e il pacifico accordo tra le parti in disputa, piuttosto che un litigio legale o punizioni pesanti. Tuttavia, la sola mediazione tramite i consigli elargiti dal MHLW o dalla Equal Employment Opportunity Mediation Commission è considerata insufficiente per eliminare completamente le forme di discriminazione nei luoghi di lavoro. Infatti, la mediazione risulta efficace unicamente quando è presente la volontaria conformità alla legge delle

277STARICH, The 2006 Revision…, cit., pp. 565-567. 278STARICH, The 2006 Revision…, cit., pp. 568-569.

due parti. La mancanza di conformità ha come unica ritorsione la pubblicazione dei nomi di coloro che vi trasgrediscono279.

4. Le Positive Actions ebbero un effetto limitato rispetto a ciò che la revisione si era prefissata. Allo scopo di eliminare la discriminazione basata sul genere, il solo divieto di attuare varie forme di discriminazione non basta, ma è necessario che i datori di lavoro mettano in pratica volontariamente delle Positive Actions, ossia misure positive allo scopo di eliminare la discriminazione, in particolare nei casi in cui è difficile per le vittime dimostrare alla Corte l’effettiva presenza di discriminazione. Tuttavia, secondo il sondaggio svolo dalla 21st Century Job Foundation nel 2010- 2011, la percentuale di imprese che aveva effettivamente attutato delle Positive

Actions era solo il 28,1%, un risultato molto limitato. Tra le imprese comprese nel

gruppo di coloro che non avevano implementato nessuna Positive Action, il 6,4% di queste non aveva ancora programmato di implementare nessuna misura del genere, mentre il 10,6% stava pianificando l’implementazione di tali misure in futuro280. Considerando questo insieme di limitazioni tuttora presenti nella Equal Employment Opportunity Law, si può concludere che si tratti di una legislazione sicuramente innovativa e importante per l’epoca, in cui le discriminazioni nel campo lavorativo erano innumerevoli e incontrastate a causa del sistema lavorativo impostato già dal dopoguerra. Grazie alla EEOL fu possibile per la prima volta dare inizio all’opposizione alla disparità di genere e alle discriminazioni presenti nei luoghi di lavoro della maggior parte delle aziende giapponesi, garantendo maggiore tutela alle donne, così come in seguito agli uomini. Ciò, però, che rese questa legislazione poco efficace fu il fatto che si trattò più che altro di un insieme di raccomandazioni e linee guida prive di reali ritorsioni nei confronti dei datori di lavoro, e che fu volta soprattutto ad ottenere il consenso delle Nazioni Unite e a rimanere al passo degli altri stati sviluppati, più che ad eliminare con fermezza ogni forma di discriminazione presente nel paese.

279STARICH, The 2006 Revision…, cit., pp. 570-571. 280YAMADA, Equal Employment…, cit., pp. 17-18.