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Capitolo 3 La condizione del lavoro femminile nel ventunesimo secolo

3.3 Rientro nel mercato del lavoro

Nonostante molte donne lascino il lavoro durante il primo periodo di maternità, alcune di esse valutano poi di ricominciare a lavorare una volta che i figli crescono e finiscono gli studi. In genere, però, è difficile per loro riuscire a ritornare alla posizione occupata prima di lasciare l’azienda. Questo è dovuto in parte al sistema lavorativo giapponese stesso. Infatti, la pratica di assumere unicamente gruppi di giovani neolaureati (collective hiring

of new graduates) è generalmente diffusa nelle imprese giapponesi, per cui diventa

difficile che esista un processo di assunzione di persone di mezza età o a metà dei loro anni di possibile carriera (mid-career hiring)234. Si tratta di un processo poco presente nelle aziende giapponesi, che preferiscono assumere giovani alla prima esperienza di lavoro con l’intento poi di formarli tramite i corsi e la rotazione messi a disposizione dall’impresa. Inoltre, molte donne hanno difficoltà a trovare un lavoro che possa combaciarsi che le loro responsabilità familiari. Come visto precedentemente nel sondaggio presentato da Zhou, la maggior parte delle donne sostiene di non essere attualmente impiegata perché ha difficoltà a trovare un lavoro che rispetti le sue richieste di flessibilità oraria e di salario, o che vada bene per la sua età235. Nonostante i figli siano cresciuti, le madri ricoprono ancora il ruolo di principale gestore della famiglia, per cui non possono tornare ad occupare una posizione di lavoratore full-time come in precedenza. Questo però, sembra essere quello che la società e le aziende si aspettano da loro. Sempre nella ricerca di Briton e Mun, gli HR manager intervistati sostengono che

233 ibid.

234ZHOU, Career Interruption…, cit., p. 109. 235ZHOU, Career Interruption…, cit., p. 112.

desiderano che il periodo di congedo parentale o di assenza totale dal lavoro sia il più breve possibile, sia per non creare difficoltà ai colleghi che devono dividersi il lavoro della persona assente, sia perché la maternità non viene che vista come un “evento” temporaneo. Sembra quasi che non sia un “evento” che cambi la vita dei genitori per sempre, ma che, al contrario, una volta passato il primo periodo di maternità, ci si aspetti che l’impiegata ritorni naturalmente al lavoro ancora più concentrata e con la capacità di lavorare ancora più duramente di prima. Affinché, dunque, la madre possa tornare alla propria mansione precedente, non solo “l’evento” deve risolversi rapidamente, ma quest’ultima dovrà riportare l’azienda al primo posto delle sue priorità, rientrando nell’ottica di “lavoratore ideale” esposta in precedenza236. Si tratta di aspettative logicamente irrealizzabili per molte delle donne che lasciano il lavoro durante la maternità, soprattutto alla luce del fatto che la gestione dei figli sarà ancora totalmente loro responsabilità anche qualora tornassero al lavoro. Ne consegue un’impossibilità di ritornare alla mansione di lavoratore regolare full-time occupata prima, sia a causa del sistema lavorativo stesso, sia a causa delle necessità familiari della madre. Inoltre, anche qualora riuscissero ad essere riassunte nell’azienda precedente, difficilmente ricopriranno la mansione di prima, venendo inserite nel cosiddetto “percorso per mamme” (Mommy

Track), costituito da lavori che fanno scarso uso delle loro competenze e della loro

esperienza lavorativa pregressa, oltre a non includere promozioni e benefici237. Questo avviene a causa dell’idea diffusa in Giappone per cui chi si assenta per un certo periodo dal lavoro subisce un deterioramento delle proprie competenze e capacità, che rimangono inutilizzate e quindi restano indietro rispetto alle novità aziendali, per cui vengono considerate troppo datate. Ciò ha un forte impatto sulla carriera di chi lascia il lavoro per poi ritornarci dopo qualche tempo, in quanto perderà le possibilità di promozione che aveva in precedenza238. In aggiunta, si è molto parlato del fenomeno del matahara, un’abbreviazione giapponese per “Maternity Harassment”, ossia le molestie fisiche e/o mentali nei confronti delle donne che sono in maternità. Poiché quando le madri decidono di lasciare il lavoro tramite un congedo parentale o tramite il licenziamento, creano delle difficoltà all’azienda e ai colleghi che si devono dividere la mole di lavoro della persona assente, spesso una volta tornate al lavoro esse vengono discriminate e molestate dai colleghi stessi o dai datori di lavoro. Inoltre, anche il fatto di costringere a lasciare il

236BRINTON, MUN, Workplace Matters…, cit., pp. 272-273. 237ZHOU, Career Interruption…, cit., pp. 119-120.

lavoro o licenziare direttamente una donna incinta unicamente per la sua condizione di maternità viene considerato parte del matahara, che rappresenta una delle discriminazioni delle donne più gravi in Giappone239. Nella seguente Figura 13, è presente una parte del sondaggio svolto nel 2015 dal sito giapponese mataharanet.org, in cui sono state intervistate 186 donne che hanno subito il matahara. Nella domanda 8 presente in figura, si chiede alle intervistate in quale forma abbiano subito delle molestie sul luogo di lavoro. La maggior parte costituita dal 71% risponde di aver ricevuto parole crudeli (心無い言 葉, kokoronai kotoba), mentre il 38,7% delle donne dicono di essere state incoraggiate

o forzate a dimettersi (退職強要 taishokukyōyō, 退職勧奨 taishokukanshō) e il 20,4% di essere state licenziate (解雇 kaiko, 雇い止め yatoitome).

Figura 13: Il grafico riporta la domanda numero 8 del sondaggio rivolto da mataharanet.org nel 2015 a186 donne giapponesi che hanno subito il matahara. La domanda richiesta riguarda quale tipo di molestia hanno subito le donne intervistate240.

La conseguenza di questo insieme di situazioni che le donne devono affrontare nel momento in cui decidono di tornare al lavoro le porta a prediligere un tipo di impiego più facile e flessibile. Come riportato anche nel Capitolo 2, dagli anni Novanta è aumentato considerevolmente il numero di lavoratori irregolari, in particolare quelli part-time, di cui una buona parte è formata da donne di mezza età che rientrano nella forza lavoro giapponese. Il lavoro part-time, infatti, permette alle donne di avere orari più flessibili, in 239“What is Matahara?”, Mataharanet, http://www.mataharanet.org/en/what-is-matahara/, 22-12-2019. 240“Matahara White Paper 2015”, Mataharanet, http://mataharanet.org/wp-

modo tale che si possano dividere facilmente tra famiglia e lavoro. Inoltre, fa sì che il loro stipendio rimanga basso e quindi sotto la soglia dei 1.03 milioni di yen annuali, come previsto dal sistema di tassazione giapponese, per cui la loro famiglia ottiene l’esenzione dall’imposta sul reddito e ulteriori benefici fiscali241. D’altra parte, però, le condizioni di lavoro femminili subiscono un deterioramento evidente rispetto a quelle dell’impiego precedente alla maternità, poiché spesso si ritrovano prive di stabilità, con un salario molto basso e poche possibilità di benefici o promozioni. Infatti, la condizione d’impiego di coloro che scelgono di lasciare il lavoro per poi riprenderlo più avanti è visibilmente peggiore rispetto a coloro che decidono di interrompere il lavoro solo temporaneamente tramite un congedo parentale. Infine, proprio a causa delle scarse condizioni dell’impiego che possono ottenere, molte di esse decidono piuttosto di rimanere fuori dalla forza lavoro a causa del grosso gap tra le loro aspettative e la realtà242.

In conclusione, possiamo affermare che la condizione lavorativa femminile giapponese abbia un andamento molto diverso da quella maschile. Da un lato quest’ultima prevede un lavoro permanente, stabile, full-time, comprendente benefici, promozioni e un aumento del salario in base all’anzianità di servizio, tutti elementi che incentivano gli uomini a rimanere impiegati nella stessa azienda per molto tempo e a migliorare la propria condizione lavorativa. Dall’altro lato abbiamo la situazione femminile, che prevede un inizio lavorativo svantaggiato rispetto agli uomini in diverse modalità, dal tipo di mansione al salario, per poi subire un’interruzione temporanea o meno del lavoro allo scopo di occuparsi della famiglia e dei figli, ruolo affidato quasi esclusivamente alle madri, e infine si nota un peggioramento della loro condizione con il passaggio al lavoro irregolare. Nonostante siano molte le iniziative governative e aziendali che sono state effettuate negli ultimi anni e che hanno portato ad alcuni miglioramenti, la situazione lavorativa femminile è ancora influenzata dal forte gender gap del paese, e ciò si riversa anche a livello sociale ed economico su tutta la comunità. È di estrema necessità trovare soluzioni più efficaci e durature che possano portare ad un miglioramento effettivo della situazione, in modo tale che non solo le donne ma anche il paese stesso possano ristabilirsi. Nel seguente capitolo valuteremo quali sono state le leggi e le proposte politiche più importanti in questo campo negli ultimi anni e cercheremo di capire se hanno condotto a dei cambiamenti reali o meno.

241MACNAUGHTAN, From Post-war to…, cit., pp. 44-45. 242JILPT, Labor Situation…, cit., pp. 163-164.