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Capitolo 3 La condizione del lavoro femminile nel ventunesimo secolo

3.2 Matrimonio e Maternità

3.2.3 Il marito: scarso supporto nell’attività domestica

Un ulteriore fattore che incentiva molte donne a rimanere a casa dal lavoro è la scarsità di supporto del marito nelle attività domestiche. Molto spesso i mariti non si occupano di nessuna mansione legata alla gestione della casa o della famiglia, lasciando questo compito unicamente alla moglie. Ciò è in parte dovuto al concetto tradizionale di divisione dei ruoli in base al genere, come già citato in precedenza, per cui è la moglie il genitore più adatto ad occuparsi della casa e dei figli, mentre al marito spetta il compito di lavorare e supportare economicamente la famiglia211. Dall’altra parte, però, bisogna anche considerare il sistema lavorativo giapponese, il quale si basa sulla presenza di “lavoratori ideali” (ideal worker), per la maggior parte uomini, i quali devono garantire totale disponibilità e lealtà all’azienda qualora vogliano fare carriera. Il lavoro eccessivo a cui sono sottoposti lascia poco spazio per il tempo libero e per potersi dedicare alla famiglia212. Questa struttura, di conseguenza, fa sì che sia la moglie a doversi occupare di tutto ciò che riguarda la famiglia, con scarso intervento da parte del marito. Non a caso il Giappone è considerato uno dei paesi dove la partecipazione dei mariti nelle faccende domestiche è maggiormente limitata.

Come si può notare nel seguente grafico di Figura 10, la partecipazione maschile alle faccende di casa, che includono per esempio le pulizie, la lavanderia e la cucina, seppur aumentata nel corso degli anni, ancora risulta considerevolmente limitata rispetto a quella femminile. In media, infatti, nel 2005 le donne trascorrono circa 4.26 ore giornaliere nell’occuparsi delle faccende domestiche, mentre gli uomini solo 1.38 ore213. Inoltre, secondo la ricerca del JILPT del 2014, il tempo utilizzato dai mariti per le faccende domestiche generalmente rimane invariato nonostante i diversi tipi di impiego delle mogli. Quando la moglie è impiegata regolare, il marito trascorre 34 minuti al giorno per cucinare, fare la lavatrice e pulire, solo 14 minuti in più rispetto a quando la moglie è un’impiegata non regolare (lavoratrice a contratto temporaneo, lavoratrice part-time, etc.)214.

211ZHOU, Career Interruption…, cit., pp. 113-115.

212Mary C. BRINTON, Eunmi MUN, “Between the state and family: managers’ implementation and

evaluation of parental leave policies in Japan”, Socio-Economic Review, 14, 2, 2016, pp .257-281.

213ISHII-KUNTZ Masako, “Sharing of Housework and Childcare in Contemporary Japan”, Division of the Advancement of Women, Department of Economics and Social Affairs of United Nations, New York, 2008,

pp.1-10.

Figura 10: Il grafico mostra la partecipazione maschile e femminile giapponese nelle faccende domestiche in tre diverse annualità, 1995, 2000 e 2005. I dati sono stati raccolti da Ishii-Kuntz dal sondaggio di NHK sull'impiego di tempo dei Giapponesi nel 2005215.

Questo tipo di differenza in base al genere esiste anche per quanto riguarda la cura dei figli. Come mostrato anche nel grafico di Figura 11, nel 2005 in media le madri trascorrono circa 46 minuti giornalieri per occuparsi fisicamente dei figli, mentre i padri svolgono questa mansione solo per 13 minuti al giorno. In base al sondaggio internazionale sul tempo trascorso dai padri per prendersi cura dei figli svolto dal National Women’s Education Center nel 2005, gli uomini giapponesi trascorrono circa 3.08 ore giornaliere con i loro figli, mentre le madri ne trascorrono 7.57. Questo tipo di gender gap in Giappone è il più elevato rispetto a tutti gli altri paesi inclusi in questo sondaggio. Inoltre, solo il 7,6% delle coppie giapponesi intervistate riporta di dividersi le responsabilità relative al dar da mangiare ai figli, una percentuale molto bassa rispetto per esempio alla Corea (14%), alla Tailandia (19,6%), agli Stati Uniti (28,3%), alla Francia (20,4%) e così via216. Inoltre, ulteriori studi hanno mostrato che le attività stesse svolte dai padri con i figli si differenziano rispetto a quelle svolte dalle madri. Mentre i padri generalmente trascorrono il tempo con i figli in attività divertenti e di gioco, come passeggiare, giocare o mangiare (non cucinare), le madri si occupano della cura fisica vera e propria dei figli217.

215ISHII-KUNTZ, Sharing of Housework…, cit., p. 3. 216ISHII-KUNTZ, Sharing of Housework…, cit., pp. 4-5. 217ISHII-KUNTZ, Sharing of Housework…, cit., p. 5.

Figura 11: Il grafico mostra la partecipazione maschile e femminile giapponese nella cura dei figli in tre diverse annualità, 1995, 2000 e 2005. I dati sono stati raccolti da Ishii-Kuntz dal sondaggio di NHK sull'impiego di tempo dei Giapponesi nel 2005218.

Infine, seguendo l’analisi di Ishii-Kuntz, in generale si può affermare che gli uomini e le donne giapponesi siano meno propensi a dividersi il compito relativo alla cura dei figli quando: vivono in famiglie estese, con genitori e/o suoceri; la madre non lavora; il lavoro del marito include lunghi turni, straordinari e molto tempo per spostarsi da casa al lavoro; la coppia ha un’ideologia tradizionale di divisione dei ruoli in base al genere; il luogo di lavoro del marito non predispone politiche family friendly219.

In relazione a ciò, è di fondamentale importanza l’ultimo punto evidenziato nella ricerca di Ishii-Kuntz. Infatti, dal momento che il tipo di performance richiesta soprattutto ai lavoratori uomini rende difficile avere tempo a sufficienza da poter impiegare con la famiglia, diventano molto rilevanti le varie politiche aziendali che agevolino i dipendenti che hanno figli. Tra questi, la principale è il Child Care Leave Act, promulgato dal governo giapponese nel 1992 e di seguito implementato in molte aziende del paese. Si tratta di un congedo parentale di cui parleremo in maniera più dettagliata nel Capitolo 4. Per ora basti sapere che in generale con il Child Care Leave, in aggiunta alle 14 settimane di congedo per maternità che può richiedere la madre, entrambi i genitori possono richiedere un periodo di assenza dal lavoro della durata massima di un anno, con il 60% del salario garantito. Fin dalla sua implementazione è stato reso possibile anche ai padri di poter richiedere tale congedo, dando per scontato che sarebbe stato poco probabile che gli uomini lo utilizzassero effettivamente. Infatti, nel primo anno dall’attuazione, solo 14 uomini in tutto il paese sfruttarono questo congedo, divenendo

218ISHII-KUNTZ, Sharing of Housework…, cit., p. 4. 219ISHII-KUNTZ, Sharing of Housework…, cit., p. 5.

degli eroi locali sui media220. Dunque, sembra che questa opportunità di congedo sia quasi unicamente riconosciuta come supporto alle madri, mentre il tasso di padri che lo sfrutta è molto basso, meno dell’1% nel 2007, e anche qualora i padri considerino il congedo temporaneo, di solito non è mai per più di qualche giorno o di una settimana221.

Uno dei problemi relativi allo scarso tasso di utilizzo maschile del congedo è sicuramente legato alle aziende stesse. Infatti, all’interno delle imprese giapponesi risultano evidenti due tendenze principali.

La prima è relativa al fatto che il Child Care Leave sia poco proposto e pubblicizzato dalle imprese verso i propri impiegati. Sembra che le aziende implementino tali politiche

family friendly solo allo scopo di essere legittimate di fronte alle pressioni esterne del

governo giapponese, rendendo queste politiche dei gesti simbolici di rispetto delle leggi, più che un vero sforzo di indirizzarsi vero un sistema dotato di work life balance. Ne consegue che speso gli impiegati non solo non sono a conoscenza di tali politiche, ma percepiscono anche un certo scetticismo da parte dei datori di lavoro qualora vogliano utilizzarle222.

La seconda tendenza è quella per cui, anche qualora le aziende implementassero realmente tali politiche e le rendessero note e accessibili ai propri impiegati, queste vengono destinate quasi unicamente alle donne. Sicuramente da un lato è presente l’influenza del pensiero tradizionale relativo al fatto che siano le donne a doversi occupare dei figli e di conseguenza siano solo loro a dover richiedere un congedo parentale. Dall’altro però, si tratta anche di come queste politiche vengano viste e utilizzate dai manager delle risorse umane delle imprese. Secondo la ricerca di Brinton e Mun, nella quale hanno intervistato gli HR manager di 25 grandi aziende giapponesi, la maggior parte degli intervistati sostiene che queste politiche siano indirizzate principalmente alle donne nelle proprie aziende. Lo scopo iniziale è, infatti, quello di attirare più giovani donne possibili all’interno della propria impresa, utilizzando queste favorevoli politiche di congedo come metodo per far sì che scelgano la loro azienda al posto di altre. In questo modo reclutano giovani donne di talento e si impegnano a tenerle all’interno della propria azienda a lungo termine. In aggiunta a ciò, il congedo parentale viene dedicato quasi unicamente alle donne perché non viene visto come un meccanismo per dare la possibilità ai padri di dividersi le responsabilità familiari con la moglie. Al contrario, le donne 220UENO, The Declining…, cit., pp. 123-124.

221BRINTON, MUN, Between state and family…, cit., p. 263.

222Mary C. BRINTON, Eunmi MUN, “Workplace Matters: The Use of Parental Leave Policy in Japan”, Work and Occupations, 42, 3, 2015, pp. 335-369.

continuano a mantenere la completa responsabilità della famiglia, per cui non è necessario che anche gli uomini sfruttino questo congedo. Infine, i manager desiderano che gli impiegati mettano al primo posto la lealtà per l’azienda rispetto alla famiglia. Questo concetto dell’ideal worker, citato in precedenza, è ancora molto diffuso in Giappone e si identifica soprattutto nei lavoratori uomini, che spesso vengono stigmatizzati o svantaggiati qualora invece scelgano di utilizzare il congedo parentale, mettendo la famiglia al primo posto223. Di conseguenza, mentre la percentuale di utilizzo del congedo parentale da parte delle donne ha raggiunto l’83,7% nel 2010, quella per gli uomini corrisponde all’1,38% nello stesso anno224.

Come si può vedere nel grafico di Figura 12, nel 2017, tra le donne che decidono di continuare a lavorare nonostante la maternità, l’83,2% lo fa grazie all’uso del Child Care Lave. Al contrario, gli uomini che sfruttano questo congedo sono ancora pochi, nonostante un rapido aumento nel 2017, dove raggiungono il 5,14%225.

Figura 12: Il grafico rappresenta il tasso di utilizzo del Child Care Leave sia per le donne (in arancione), che per gli uomini (in blu), in un arco di tempo che va dal 2002 al 2017226.

223BRINTON, MUN, Workplace Matters…, cit., pp. 268-270. 224WAKISAKA, Changes in Human…, cit., p. 72.

225GENDER EQUALITY BUREAU, Cabinet Office, Women and Men in Japan 2019, 2019,

http://www.gender.go.jp/english_contents/pr_act/pub/pamphlet/women-and-men19/index.html, 19-12-2019.

226GENDER EQUALITY BUREAU, Cabinet Office, Women and Men in Japan 2019, 2019,

Al fine di trovare una ragione più specifica per cui gli uomini giapponesi raramente richiedano un congedo parentale ai propri datori di lavoro, Sugita e Ito hanno sottoposto un sondaggio ad alcune imprese modello nella promozione di politiche family friendly e ai loro dipendenti di entrambi i sessi. Dalla ricerca emerge che mentre la maggior parte delle impiegate sostiene che il congedo sia facile da richiedere e ottenere, più di un terzo degli impiegati ritiene invece che sia difficile. Inoltre, il 90% delle donne risponde che le possibilità di ottenere il congedo sono alte, mentre tutti gli uomini che hanno risposto alla domanda ritengono che le loro possibilità siano basse. La ricerca evidenzia che i sistemi aziendali delle imprese esaminate pongono enfasi sull’uso del Child Care Leave da parte delle donne, dando semplicemente per scontato che gli uomini non lo desiderino. Dal momento, quindi, che per gli uomini è così difficile ottenere il congedo, non ci si stupisce nel vedere un tasso di utilizzo maschile così ridotto227. È, dunque, fondamentale che le aziende stesse non solo si impegnino ad implementare in maniera efficace le politiche familiari promulgate dal governo giapponese, ma anche che si distacchino dal modello tradizionale di “marito lavoratore e moglie casalinga”, al fine di offrire pari opportunità ad entrambi i genitori di poter impiegare il proprio tempo per la cura dei figli, che sia tramite un sistema lavorativo più flessibile o tramite i congedi parentali.