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Capitolo 4 Le legislazioni attuate fino ad oggi

4.2 Il Child Care Leave Act

Nel 1990 il governo giapponese dovette affrontare il cosiddetto “1.57 shock”, ossia il primo segnale di rapido calo delle nascite del paese, che in quell’anno raggiunse appunto la quota di 1.57 figli per coppia. Dopo il baby boom avvenuto negli anni del dopoguerra, il calo delle nascite ebbe inizio dagli anni Settanta e mantenne un trend decrescente fino agli anni Novanta, quando il governo si rese conto di dover elaborare e attuare nuove politiche di supporto alle famiglie281. In realtà, già a partire dal dopoguerra si incluse nella Labor Standard Law del 1947 un articolo relativo al congedo per maternità, in base al quale le donne lavoratrici potevano richiedere un periodo di assenza dal lavoro della durata massima di 14 settimane, circa 6 prima del parto e 8 dopo il parto. Questo congedo era pagato per il 60% del salario della madre lungo tutta la durata dell’assenza dal lavoro282. Tuttavia, bisogna considerare che questa misura venne basata sul concetto ancora ampiamente diffuso di divisione dei ruoli in base al genere, per cui non solo si decise di garantire solo alle donne di poter richiedere il congedo, ma si diede per scontato il fatto che prima o poi esse avrebbero comunque lasciato il lavoro per occuparsi della famiglia. Ciò, tuttavia, cambia con il passare degli anni e con lo sviluppo sociale ed economico del paese, che vede negli anni Settanta e Ottanta un numero sempre maggiore di donne che partecipano alla forza lavoro, mettendo però a rischio il nucleo familiare. Molte di esse, per ottenere un impiego alla pari di quello dei colleghi uomini, decidono di prolungare gli studi all’università, di entrare dopo nel mondo del lavoro e poi dare priorità a quest’ultimo, spesso ritardando o saltando il passaggio del matrimonio e della creazione di una famiglia283. Lo shock nel 1990 fu un evento lampante per Giappone e portò alla luce la necessità imminente di migliorare la situazione sociale e lavorativa in cui il paese si ritrovava, onde evitare un ulteriore calo delle nascite ed una futura diminuzione della manodopera disponibile. Con questo scopo, nel 1991 venne approvato il Child Care Leave Act, entrato in vigore dal 1992. Secondo questa legge, sia le donne che gli uomini potevano richiedere fino ad un anno di congedo parentale non pagato per poter prendersi cura dei figli appena nati. Dal canto loro, i datori di lavoro furono obbligati da questa legge a concedere tale congedo qualora richiesto e non avevano più

281ATOH Makoto, AKACHI Mayuko, “Low Fertility and Family Policy in Japan: in an International

Comparative Prospective”, Journal of Population and Social Security (Population), Supplement to Volume 1, 2003, pp.1-30.

282Priscilla A. LAMBERT, “The Political Economy of Postwar Family Policy in Japan: Economic

Imperatives and Elective Incentives”, The Journal of Japanese Studies, 33, 1, 2007, pp.1-28.

la possibilità di “fare solo uno sforzo a riguardo” come nelle politiche familiari precedenti284. Questa legge ebbe, tuttavia, fin da subito delle problematiche. Infatti, non solo molte donne che avevano il diritto di ottenere il congedo di maternità ebbero difficoltà nell’utilizzarlo e preferirono invece lasciare la forza lavoro, ma anche l’utilizzo da parte degli uomini fu quasi nullo, con soli 14 lavoratori in tutto il Giappone che lo richiesero nel suo primo anno di applicazione285. In seguito, nel 1995 venne revisionata la Employment Insurance Law, permettendo così a coloro che richiedevano il Child Care Leave di ricevere il 25% del proprio stipendio tramite il programma assicurativo. Nel 1999 vennero aggiunte ulteriori agevolazioni familiari, inserendo la possibilità ai richiedenti di ottenere tre mesi di congedo per prendersi cura di altri membri della famiglia anziani o con malattie, cambiando il nome della legislazione in Child Care and Family Leave Act286. Negli anni seguenti vennero effettuate altre revisioni. In particolare, nel 2001 venne alzata la percentuale di stipendio concesso a coloro che si trovavano in congedo parentale dal 25% al 40% (esteso ulteriormente al 50% negli anni seguenti). Inoltre, sempre nello stesso anno, il congedo parentale fu reso estendibile fino a tre anni e i genitori con figli fino ai tre anni d’età poterono ottenere orari lavorativi più corti e flessibili. Infine, secondo questa revisione, ai datori di lavoro viene vietato di licenziare, trasferire o retrocedere i genitori che chiedano di poter utilizzare il Child Care Leave o Family Leave287. In base alla revisione del 2005, invece, ai genitori sono garantiti cinque giorni di assenza all’anno per prendersi cura dei figli malati e, in aggiunta a ciò, le imprese vengono incoraggiate a permettere ai genitori di assentarsi dal lavoro per ulteriori sei mesi qualora abbiano difficoltà nel trovare posto per i propri figli negli asili pubblici o privati288. Nonostante le numerose revisioni ed estensioni del Child Care Leave, uno dei principali problemi legati alla sua efficacia rimane tuttora lo scarso utilizzo di quest’ultimo. Nel 2010, circa il 68,3% delle aziende giapponesi aveva messo in pratica il sistema di Child Care Leave, con una maggioranza per le aziende di grosso taglio con almeno 500 impiegati. Il tasso di utilizzo del congedo da parte delle lavoratrici crebbe rapidamente dal 49,1% nel 1996 all’83,7% nel 2010, ma al contrario, il tasso di utilizzo da parte dei lavoratori uomini ebbe solo un lieve aumento dallo 0,12% del 1996 all’1,38% nel 2010. Inoltre, nonostante sia aumentata la proporzione delle donne che sfruttano il Child Care

284LAMBERT, The Political Economy…, cit., pp. 26-27. 285UENO, The declining birthrate…, cit., pp.123-124. 286LAMBERT, The Political Economy…, cit., p. 27.

287ATOH, AKACHI, Low Fertility…, cit., p. 7., LAMBERT, The Political Economy…, cit., p. 27. 288 ibid.

Leave per continuare a lavorare, non ci sono stati particolari cambiamenti nella proporzione di donne che continuano a lavorare dopo il matrimonio o la maternità, per cui il numero generale delle donne che partecipano alla forza lavoro giapponese rimane ridotto e mantiene il trend della curva a M mostrato nei capitoli precedenti289. Infine, il Child Care Leave viene spesso scarsamente incoraggiato e proposto dalle imprese stesse, in quanto l’assenza per alcuni periodi di coloro che utilizzano tale congedo genera problematiche all’interno del luogo di lavoro. Per esempio, una delle problematiche aziendali in relazione al congedo è il rimpiazzo della persona assente. Molto spesso non conviene alle aziende assumere una persona che temporaneamente svolga le mansioni del lavoratore in congedo, per cui il lavoro che doveva svolgere quest’ultimo viene o diviso tra i colleghi (Share Method) oppure assegnato per un certo periodo al collega che svolgeva precedentemente la mansione più simile a quella vacante (Forward Rotation

Method)290. Un ulteriore problematica nasce nei confronti della persona che ottiene il congedo e resta assente per un certo periodo dal luogo di lavoro. In questo caso si ritiene che si verifichi un deterioramento delle capacità e competenze del lavoratore, che rimane escluso dalle dinamiche e dai progressi dell’impresa per alcuni mesi e quando ritorna al lavoro si trova in difficoltà. Ciò ha anche un importante influenza sulla sua futura carriera, che spesso viene ostacolata dal periodo di assenza291. Per evitare di creare difficoltà ai colleghi, divenendo spesso oggetto di ostilità da parte di quest’ultimi, e di ridurre le proprie possibilità di avanzamento e promozione, molti uomini decidono di non utilizzare il Child Care Leave, che diviene dunque una prerogativa quasi esclusivamente femminile, rafforzando il concetto tradizionale di divisione dei ruoli, per cui la cura della casa e dei figli rimane esclusivamente nelle mani della moglie.

Allo scopo di migliorare l’utilizzo del congedo parentale da parte dei lavoratori uomini, nel 2015 il governo giapponese ha introdotto l’Act on Advancement of Measures to Support Next-generation Children, nel quale furono presentate delle linee guida per migliorare il work-life balance all’interno delle imprese e i datori di lavoro con un minimo di 101 impiegati furono obbligati a formulare dei programmi volti a raggiungere un work- family balance per i propri lavoratori. Inoltre, i datori di lavoro devono rendere note le proprie politiche aziendali all’Equal Employment Office all’interno del MHLW e renderle accessibili pubblicamente. Infine, per ottenere il marchio Kurumin, ossia il

289WAKISAKA, Changes in Human…, cit., p. 72. 290WAKISAKA, Changes in Human…, cit., p. 74-75. 291 ibid.

simbolo che premia le aziende che supportano attivamente e incentivano le politiche familiari, l’azienda dovrà avere almeno uno o più dipendenti uomini e almeno il 70% o più delle dipendenti donne che utilizzano il Child Care Leave292.

Figura 14: La figura riporta le credenziali previste per l’ottenimento del marchio Kurumin dall’Act on Advancement of Measures to Support Raising Next-Generation Children, promulgato in Giappone nel 2015 dal Ministro della Salute, del Lavoro e del Welfare (MHLW)293.

In conclusione, si può affermare che il Child Care Leave Act e il relativo sistema creatosi a seguito della legge ha avuto un impatto molto positivo sulla condizione lavorativa femminile, introducendo importanti cambiamenti e misure di supporto affinché sempre più donne giapponesi decidano di rimanere nella forza lavoro tramite un congedo temporaneo, anziché lasciare il lavoro definitivamente. Al contrario, nonostante sia applicata anche agli uomini, il governo ha ancora bisogno di mettersi all’opera per cercare di aumentare l’implementazione e l’effettivo utilizzo di questa politica familiare da parte dei lavoratori, così che aumenti di conseguenza il supporto alle mogli nella gestione della casa e dei figli.

292UMEDA Sayuri, “Japan: Support for Raising Children of Next Generation”, The Law Library of Congress, 2014, https://www.loc.gov/law/foreign-news/article/japan-support-for-raising-children-of-the-

next-generation/.

293Ministry of Health, Labor and Welfare (MHLW), Revision of the Act on Advancement of Measures to

Support Next-generation Children, https://www.mhlw.go.jp/english/policy/children/children- childrearing/dl/150407-01.pdf, 8-01-2020.