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Argomenti a favore e contro il patteggiamento

GLI INTERVENTI DEL PROCURATORE NEL PRETRIAL E NELL’EVENTUALE

3.9 Argomenti a favore e contro il patteggiamento

L’orientamento prevalente della dottrina statunitense, come si è appena visto, non ritiene necessario l’abolizione o il ridimensionamento del plea bargaining. Anzi, ad essere più precisi, considera tale istituto uno strumento fondamentale, che rafforza l’efficienza della giustizia.

Questo pensiero è condiviso anche da molti giudici, tra cui Frank H. Easterbrook, attualmente membro della corte d’appello federale del settimo circuito. In un suo articolo del 1992, intitolato Plea Bargaining

as Compromise, Esterbrook mette in luce tutti gli aspetti positivi del

patteggiamento. Una sintesi del documento può esserci utile per completare l’analisi dell’istituto.

134 Secondo Easterbrook, la prima ragione per cui bisogna privilegiare, rispetto al processo, l’accordo tra l’imputato ed il procuratore è molto semplice: è sempre meglio un compromesso che un conflitto.

È vero che, in occasione del plea bargaining, l’accusato rinuncia ai diritti processuali che l’ordinamento gli riconosce. Tuttavia, le concessioni che riceve dalla controparte sono ancora più convenienti rispetto alle stesse facoltà perdute. Se la via del dibattimento fosse obbligatoria, colui che sia sottoposto ad un procedimento penale avrebbe sì ancora la speranza di ottenere una pronuncia giudiziale di assoluzione; ma, al tempo stesso, fronteggerebbe il rischio di una pena più elevata (eventualmente anche di molto) rispetto a quella che avrebbe potuto ricevere accordandosi con la pubblica accusa. Difficilmente una persona di buon senso vuole addentrarsi in un simile “gioco d’azzardo”; preferisce, di solito, mettersi subito d’accordo per una pena meno gravosa, evitando così anche le lungaggini, le spese, nonché i turbamenti psicologici e morali tipici del trial.

Non va dimenticato, inoltre, che il compromesso costituisce un vantaggio anche per la comunità e per colui che la rappresenta nel procedimento penale, ossia il prosecutor. Quest’ultimo risparmia risorse e tempo prezioso, che senz’altro gli sono utili per il perseguimento di altri crimini, magari anche più gravi. È stato calcolato che, in media, all’interno di una data giurisdizione, le dichiarazioni di colpevolezza provenienti dall’8 % degli imputati nei procedimenti penali in corso sono sufficienti a quintuplicare il numero delle condanne che la procura, in quelle medesime cause, avrebbe ottenuto intraprendendo sempre la via dibattimentale.

La società, dal canto suo, ottiene dai patteggiamenti una più ampia fiducia verso l’amministrazione della giustizia. Di fronte ad una maggiore celerità ed efficienza della pubblica accusa ad ottenere la

135 condanna dei criminali, i cittadini si sentono più sicuri e, d’altra parte, sono anche disincentivati a commettere reati di qualunque tipo169.

Non tutti, però, la pensano come il giudice Easterbrook. C’è anche chi, come il professor Albert W. Alshuler170, critica fortemente la pratica del plea bargaining. Alshuler, in particolare, ha esposto le seguenti critiche in un suo articolo del 1983: Implementing the

Criminal Defendant’s Right to Trial: Alternatives to the Plea Bargaining System.

Alshuler ritiene che il patteggiamento faccia dipendere la sentenza di condanna non dalla condotta e dalle caratteristiche soggettive dell’offensore, ma da considerazioni del tutto irrilevanti rispetto agli obiettivi di efficienza della giustizia criminale. Di conseguenza, la responsabilità per un certo reato non è ricostruita, come invece sarebbe opportuno, al di là di ogni ragionevole dubbio. Inoltre, è vanificato ogni adeguato tentativo di riforma del sentencing e, più in generale, di piena affermazione del giusto processo.

Viene dunque contraddetto, in primis, il principio fondamentale della libertà umana, privilegiandosi il risparmio di tempo e di risorse all’interno delle procure e delle corti. Ma si tratta, in fin dei conti, di un risparmio fittizio, in vista dei pesanti costi sociali che, a causa dell’inefficienza del sistema, la comunità dovrà successivamente sopportare.

Sono poi violati i seguenti ulteriori elementi:

 il principio, insito in ogni società onesta, secondo cui bisogna dare ascolto a ciò che l’imputato possa e voglia dire in sua difesa;

169 Cfr. F. H. EASTERBROOK, Plea Bargaining as Compromise, Chicago

Unbound, 1992, p. 1975, documento web, consultato in data 10/12/2016,

http://chicagounbound.uchicago.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=2144&context=jour nal_articles.

170 Albert W. Alshuler ricopre attualmente la cattedra di criminologia presso la

136  i precetti costituzionali a tutela del giusto processo, tra cui il diritto dell’imputato ad intervenire nel dibattimento, confrontandosi con la controparte.

Il procuratore e il difensore, accordandosi, vengono meno al loro ruolo di avvocati e si comportano come fossero, a tutti gli effetti, dei giudici. Il loro intervento nelle trattative non ha nulla a che vedere con l’interesse dei rispettivi clienti (la Federazione o lo Stato, da un lato, e l’imputato, dall’altro) e trascende qualsiasi limite etico della professione legale.

Poiché l’accusato pronuncia un plea of guilty con riferimento ad un crimine meno grave rispetto a quello per cui potrebbe essere condannato dalla corte, sono poi svuotati di significato sia l’imputazione formulata inizialmente dal prosecutor, sia il compito essenziale del giudice di inquadrare giuridicamente i fatti concreti.

La stessa dichiarazione di colpevolezza è resa come fosse una merce di scambio, che permette all’imputato, in un contesto di totale corruzione, di ottenere un trattamento di favore. La Corte Suprema, invece di impedire simili “traffici commerciali”, ha legittimato l’elusione delle regole da essa precedentemente annunciate, consentendo alle parti di rinunciare al processo in molti più casi rispetto a quelli tradizionalmente ammessi dall’ordinamento giuridico. Un significativo estratto dell’articolo in analisi permette di ricavare, in sintesi, il pensiero del professor Albert W. Alshuler:

«…Plea bargaining provides extraordinary opportunities for lazy lawyers whose primary goal is to cut corners and to get on to the next case; it increases the likelihood of favoritism and personal influence; it conceals other abuses; it maximizes the dangers of representation by inexperienced attorneys who are not fully versed in an essentially secret system of justice; it promotes inequalities; it sometimes results in unwarranted leniency; it merges the tasks of adjudication, sentencing, and

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administration into a single amorphous judgment to the detriment of all three; it treats almost every legal right as a bargaining chip to be traded for a discount in sentence; and it almost certainly increases the number of innocent defendants who are convicted. In short, an effort to describe comprehensively the evils that plea bargaining has wrought requires an extensive tour of the criminal justice system…». («…Il patteggiamento offre straordinarie opportunità per gli avvocati pigri, il cui primario obiettivo è quello di tagliare gli angoli e passare al caso successivo; esso aumenta la probabilità di favoritismi e di influenza personale; nasconde altri abusi; massimizza i pericoli derivanti dall’intervento di avvocati inesperti che non sono completamente pratici in un sistema di giustizia essenzialmente segreto; promuove le disuguaglianze; a volte comporta una clemenza ingiustificata; unisce i compiti di giurisdizione, di condanna, e di amministrazione in un unico amorfo giudizio, a scapito di tutti e tre; tratta quasi tutti i diritti legali come merce di scambio per l’ottenimento di uno sconto di pena; e aumenta quasi certamente il numero di imputati innocenti che vengono condannati. In breve, uno sforzo per descrivere in maniera esaustiva i mali che il patteggiamento ha causato richiede una lunga analisi del sistema di giustizia penale…»)171.

Si conclude qui, dopo aver confrontato le opinioni divergenti del giudice Esterbrook e del professor Alshuler, l’analisi relativa al principale strumento di risoluzione dei casi penali negli Stati Uniti.

171 Cfr. A. W. ALSCHULER, Implementing the Criminal Defendant’s Right to Trial:

Alternatives to the Plea Bargaining System, Chicago Unbound, 1983, pp. 933-934,

documento web, consultato in data 10/12/2016,

http://chicagounbound.uchicago.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1987&context=jour nal_articles.

138 Di seguito si tratterà del processo, che, seppur meno frequente del

plea bargaining, è pur sempre la fase più importante per la piena

affermazione della giustizia. È in tale sede, infatti, che un modello processuale accusatorio come quello statunitense esalta al massimo i propri valori costituzionali.

3.10 Il processo

Nel caso in cui non si verifichi alcuna archiviazione del procedimento penale e l’imputato non si dichiari colpevole, né intraprenda la strada del nolo contendere, il giudice dell’arraignment fissa la prima udienza dibattimentale.

Il processo (trial) si apre in meno del 10 % dei casi penali. Tuttavia, per alcune tipologie di crimine, caratterizzate da condotte violente

contra personam, le probabilità del trial sono notevolmente più alte

rispetto alla media. Ad esempio, durante l’anno 2009, nelle città statunitensi più grandi, circa il 26 % delle condanne per omicidio fu ottenuto in sede processuale172.

Ad ogni modo, possono aver luogo, alternativamente, due tipologie fondamentali di processo: il jury trial ed il bench trial.

In caso di jury trial, una giuria (petit jury) ricostruisce i fatti sulla base delle prove presentate dalle parti e, al termine del dibattimento, emette all’unanimità un verdetto di colpevolezza o di innocenza. Là dove vi sia colpevolezza, sarà poi il giudice a pronunciare la sentenza di condanna (comprendente la qualificazione giuridica dei fatti e l’indicazione della pena), nel giorno che egli ha stabilito con gli avvocati. Prima di tale data, un funzionario della corte compila per il

172 Cfr. M. L. MILLER, R. F. WRIGHT, Criminal Procedures: Prosecution and

139 giudice una relazione relativa alle caratteristiche ed alla fedina penale dell’imputato. In pochissime giurisdizioni, eccezionalmente, la sentenza è emessa dalla giuria, tranne nelle ipotesi in cui venga comminata la pena capitale.

Il bench trial, dal canto suo, è più veloce ed economico. Non vi è alcuna giuria; spetta al giudice sia la ricostruzione dei fatti, sia l’emanazione della sentenza di condanna o di assoluzione173.

In entrambe le categorie di trial il dibattimento è una fase fondamentale, in cui le parti si confrontano e contrappongono le rispettive pretese, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Essendo vigente la presunzione di innocenza dell’imputato, la responsabilità di quest’ultimo deve essere dimostrata, al di là di ogni ragionevole dubbio, dalla pubblica accusa. Avvalendosi del privilege against self-

incrimination (privilegio contro l’auto-incriminazione) di cui al V

Emendamento della Costituzione federale, l’imputato può rifiutarsi di contribuire all’accertamento dei fatti, evitando così di assumere la veste di testimone.

Il procuratore non può utilizzare, come materiale probatorio, i risultati delle indagini. Il principio del contraddittorio, infatti, prevede che la prova debba essere acquisita durante il dibattimento, davanti al giudice e alla giuria. Le dichiarazioni rese dai testimoni alla polizia o al procuratore sono inutilizzabili: il teste deve essere sottoposto alla

cross examination, in base al right of confrontation previsto dal V

Emendamento della Costituzione federale. Il pubblico ministero può avvalersi delle prove oggettive, frutto delle perquisizioni e dei sequestri compiuti nella fase pretrial, solo se esse siano state raccolte nel rispetto del IV Emendamento, che tutela la libertà domiciliare174.

173 Cfr. C. MILLER, Bench Trial vs Jury Trial, Which is best and why, sito web,

consultato in data 26/11/2016,

http://www.il-crimlaw.com/2016/06/bench-trial-vs-jury-trial-which-is-best-and-why/.

140 La giurisprudenza tende a riconoscere il diritto dell’imputato a nominare un proprio consulente tecnico, purché egli dimostri chiaramente che l’assistenza di quest’ultimo possa incidere sull’esito del processo. La Corte Suprema federale ha ribadito tale orientamento nel 1985, con la sentenza Ake v. Oklahoma. Ha stabilito, in particolare, che l’imputato possa avvalersi di un perito, a spese dello Stato, in due occasioni: quando egli prova che l’accertamento tecnico sia rilevante; quando il prosecutor, in presenza di un’accusa che possa comportare la pena capitale, cita come testimone un proprio consulente tecnico per dimostrare la futura pericolosità dell’imputato stesso.

Soltanto una minoranza delle corti si oppone alla nomina dei periti di parte, preferendo che l’accusa e la difesa scelgano, di comune accordo e con l’assenso del giudice, un consulente tecnico neutrale. A ben vedere, tuttavia, quest’ultima figura può risultare dannosa per il rito accusatorio: quanto affermato dal perito neutrale, proprio perché frutto di indagini condotte da un esperto super partes, difficilmente verrà contraddetto dal giudice o dalla giuria, i quali perdono così i loro poteri decisori. Il difensore dell’imputato, a meno che non sia sicuro che gli accertamenti condurranno a risultati favorevoli per il suo cliente, non richiederebbe mai la nomina del perito imparziale. Altrimenti, infatti, rischierebbe di fornire al procuratore prove a carico dell’imputato175.

Per quanto riguarda la cross examination, i mezzi di comunicazione di massa hanno diffuso l’idea secondo cui tale istituto sia un’arma fondamentale per il difensore, permettendo molto spesso a quest’ultimo di “smontare” del tutto le tesi accusatorie.

In realtà, l’esame incrociato ha effetti ben diversi: il controesame della difesa nei confronti dei testimoni presentati dal procuratore risulta, il più delle volte (in 19 casi su 20) inutile o controproducente per l’imputato. Ciò deriva principalmente dai seguenti fattori:

141 a) gli avvocati, a causa dei pesanti carichi di lavoro con cui devono fare i conti quotidianamente, spesso non sono adeguatamente preparati sui fatti di causa;

b) è oggettivamente difficile sondare le conoscenze di un testimone di cui si conosce poco176.

Non bisogna dimenticare che, in un processo accusatorio come quello statunitense, la cross examination non può essere ridotta a strumento “demolitorio” degli argomenti avversari; costituisce infatti una tecnica dialogica, purché i quesiti rivolti al testimone assumano una funzione costruttiva.

«…esame diretto e controesame sono ben più che metodi di indagine posti in essere con domande formulate senza la mediazione del giudice: difensore e pubblico ministero non si limitano ad interrogare il teste per stimolarlo a rispondere, ma lo interrogano anche e soprattutto per comunicare con il giudice. Poiché l’organo giudicante è scarsamente informato sui fatti oggetto dell’imputazione e sulle rispettive posizioni delle parti, queste ultime usano le domande e il modus agendi nell’esame come veicoli di comunicazione della linea di attacco o di difesa sostenuta in giudizio»177.

A seguito della ricostruzione dei fatti avvenuta in dibattimento, l’eventuale condanna dell’imputato deve essere pronunciata dal giudice con sentenza, nell’ambito di un’apposita fase detta sentencing. Nella sentenza si qualificano giuridicamente le circostanze emerse al processo e viene indicata la pena a cui l’imputato deve essere sottoposto, per quel che attiene sia la tipologia (sanzione pecuniaria,

176 E. AMODIO, op. cit., pp. 266-267. 177 Ivi, pp. 276-277.

142 libertà vigilata, arresti domiciliari, reclusione, ecc.) che la commisurazione178.

Spesso il giudice si ritrova a dover stabilire l’ammontare della pena sulla base di una cornice edittale piuttosto ampia, prevista dalla legge. Ad esempio, in Alabama, per il reato di rapina a mano armata si prevede la reclusione dai 10 ai 99 anni. Il ruolo del giudice nel

sentencing è reso ancor più forte dal fatto che egli non è tenuto ad

assecondare le parti: può irrogare una pena più elevata o più lieve rispetto a quanto richiesto, rispettivamente, dal procuratore o dalla difesa. Inoltre, solitamente la sentenza di condanna non è revisionata in appello, purché siano stati rispettati i limiti edittali.

Dal punto di vista concreto, tuttavia, i suddetti poteri del giudice sono oggi ridimensionati, grazie ad un processo di riforme iniziato negli anni ’70. In proposito, la Federazione ed alcuni Stati hanno adottato (tramite interventi legislativi o giurisprudenziali) sentencing

guidelines, al fine di indicare al giudice, riducendone la discrezionalità,

le circostanze da tenere in considerazione per la commisurazione della pena.

Ebbene, tale fenomeno ha fatto conseguire un rafforzamento della figura del prosecutor: a seconda di come quest’ultimo sollevi un’imputazione, l’eventuale condanna potrà assumere caratteristiche del tutto peculiari. Ad esempio, là dove il procuratore specifichi, nel suo atto di accusa, che la vittima di una rapina è anziana o che il quantitativo di droga detenuto da un soggetto supera un certo ammontare, farà sì che tali elementi condizionino necessariamente la sentenza finale. D’altronde, anche in quelle giurisdizioni dove le predette linee guida sono assenti, i giudici tendono ad assecondare le pretese punitive delle procure, essendo spinti in tal senso dalle

143 numerose critiche che l’opinione pubblica rivolge nei confronti del

sentencing tradizionale179.