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Arma fraterna: le guerre civili attraverso la metafora familiare

C’est la Thébaïde, c’est-à-dire le sujet le plus tragique de l’Antiquité. Racine, Prefazione alla Thébaïde.

Che il tabù delle guerre civili penetri nella poesia epica di età flavia, orientata solo in apparenza a una restaurazione politica e spirituale dell’eredità augustea,138 è ormai comunemente riconosciuto dalla critica

come tratto essenziale della letteratura dell’epoca.139 La monarchia assoluta

contribuisce involontariamente allo sviluppo di forme poetiche oblique,

138 G. BRUGNOLI, Cultura e propaganda nella restaurazione dell’età flavia, in «AFLL», 1, 1963-

1964, pp. 5-36; rif. p. 23: “I temi ufficiali offerti dalla propaganda Flaviana sono enunciati da slogan di netta derivazione augustea. La pace e la sicurezza del regime sono esaltate con le leggende usate da Augusto: felicitas, fortuna, securitas, aequitas, fides, concordia, libertas, iustitia,

virtus, honos. I personaggi del regime vengono raffigurati in memorie pubbliche dove

ricalcano atteggiamenti di Augusto nei rilievi dell’Ara Pacis: così Domiziano fece descrivere se stesso e le sue imprese capitoline nel tempio di Giove ricostruito dopo l’incendio dell’69”. Cfr. Tac., Hist., III, 74, 1: Ac potientem rerum patre, disiecto aeditui contubernio, modicum sacellum

Iovi Conservatori aramque posuit [scil. Domitianus] casus suos in marmore expressam; mox imperium adeptus Iovi Custodi templum ingens seque in sinu dei sacravit.” Cfr. inoltre il recente

lavoro sull’argomento di F. GRELLE, La ‘correctio morum’ nella legislazione flavia, in ANRW,

II.13, 1980, pp. 340-365.

139 Cfr. E. PARATORE, La letteratura latina dell’età imperiale, Firenze, Sansoni-Accademia,

1969; F.M. AHL, Statius’ Thebaid: A Reconsideration, in ANRW, 2.32.5, 1986, pp. 2803-2912;

D.T. MCGUIRE, Acts of Silence: Civil War, Tyranny, and Suicide in the Flavian Epics, Hildesheim-

Zürich-New York, Olms-Weidmann, 1997; J. HENDERSON, Form premade. Statius’ Thebaid, in

A.J. BOYLE, a cura di, Roman Epic, New York, Routledge, 1993, pp. 162-191; E. NARDUCCI,

come la fabula,140 che rendono possibile una critica indiretta delle istanze del

potere.

Sulla scena letteraria della prima età imperiale entra la tragedia sanguinosa delle guerre civili che hanno segnato la fine della repubblica. A ogni Romano partecipe delle vicende del tempo, infatti, sono note le conseguenze funeste della rivalità fraterna scaturita dal desiderio di impadronirsi del potere, e in tutti è vivo il ricordo delle lotte politiche fratricide e delle guerre intestine tra Mario e Silla o Cesare e Pompeo. Mentre la propaganda cesariana sfrutta l’aspetto monarchico del personaggio di Romolo ai fini di autolegittimanzione, la letteratura si oppone al regime usando le sue stesse armi; il parricidium compiuto dal leggendario fondatore di Roma (e gli analoghi modelli mitico-storici di Atreo e Tieste, Eteocle e Polinice, o l’episodio delle Sabine) offre infatti un buon argomento da utilizzare contro tale propaganda.141

Per questo motivo, dunque, la storia romana è stata letta come un susseguirsi di sconvolgimenti nelle relazioni tra consanguinei: Accio mette in scena la Tebaide, Seneca le Fenicie,142 Ennio e Vario Rufo portano alla ribalta la

leggenda di Atreo e Tieste; il tema degli arma fraternae tristia militiae143 viene trattato invece da Pontico, Gracco,144 Mamerco Scauro,145 Pomponio Secondo;

140 Cfr. le Fabulae di Fedro che “racchiudono elementi satirici e di ‘commento sociale’

tutt’altro che garbati: se avesse composto vere e proprie satire, Fedro avrebbe potuto contendere con Giovenale per mordacità e asprezza”, F.R.D. GOODYEAR, Fedro, in La

letteratura latina della Cambridge University, vol. II: Da Ovidio all’epilogo (ed. or. Cambridge History of Classical Literature, vol. II: Latin literature, E.J. KENNEY, W.V. CLAUSEN, a cura di, Cambridge, Cambridge University Press, 1982), Milano, Mondadori, 1992, p. 331.

141 Cfr. G. PETRONE, Metafora e tragedia: immagini culturali e modelli tragici nel mondo romano,

Palermo, Sellerio, 1996; l’introduzione di A. BARCHIESI a Seneca, Le Fenicie (Phoenissae),

Venezia, Marsilio, 1988, pp. 20-22; W. BURKERT, Caesar und Romulus Quirinus, in «Historia»,

11, 3, 1962, pp. 356-376; H. WAGENVOORT, The Crime of Fratricide. The Figure of Romulus-

Quirinus in the Political Struggle of the first Century B.C., in ID., a cura di, Studies in Roman

Literature, Culture and Religion, Leiden, Brill, 1956, pp. 169-193.

142 E. FANTHAM, Nihil iam iura naturae valent: Incest and Fratricide in Seneca’s Phoenissae,

in A.J. BOYLE, a cura di, Seneca Tragicus. Ramus Essays on Senecan Drama, Berwick-Victoria,

Aureal, 1983, pp. 61-77. Cfr. anche A. SCHIESARO, The Passione in Play: Thyestes and the

Dynamics of Senecan Drama, Cambridge, Cambridge University Press, 2003.

143 Prop., El., I, 7, 2.

144 Ov., Pont., IV, 16, 31-32: Cum Varius Graccusque darent fera dicta tyrannis, / Callimachi

Petronio, in occasione della rissa tra Ascilto ed Encolpio, parla di fratres pugnantes;146 Apuleio descrive una contesa tra schiavi fratelli nei termini di

Eteocleas […] contentiones.147

Una tendenza di questo tipo si riscontra anche nella storiografia di età imperiale, che assimila costantemente la sovversione dei valori a una degenerazione dei rapporti di parentela: Appiano, infatti, dice che alla guerra civile concorrono ὁµοεθνεῖς
 τε
 ὄντας
 ἀλλήλοις
 καὶ
 πολίτας
 καὶ
 φυλέτας
 καὶ
 συγγενεῖς,
ἐνίους
δὲ
καὶ
ἀδελφούς;148 Tacito, Livio, Svetonio riportano numerosi

casi di conflitti tra padri e figli nell’esercito.149

La famiglia costituisce dunque un osservatorio privilegiato per la messa in scena delle capacità distruttive della discordia interna;150 il bellum civile

rappresenta una guerra innaturale, perché contrappone non nemici stranieri, ma individui che fanno parte dello stesso popolo. L’ambiente domestico riproduce, su scala ridotta, lo stato con le sue guerre intestine.151 Il tema delle

guerre civili penetra nella letteratura attraverso il linguaggio della parentela, mediante la metafora pervasiva e assillante di fratres contra fratres.152

145 Tac., Ann., VI, 35, 5: Mamercus dein Scaurus rursum postulatur, insignis nobilitate et

orandis causis, vita probrosus. Nihil hunc amicitia Seiani, sed labefecit haud minus validum ad exitia Macronis odium, qui easdem artes occultius exercebat detuleratque argumentum tragoediae a Scauro scriptae, additis versibus qui in Tiberium flecterentur. Cfr. inoltre Dion. Cass., Hist., LVIII, 24, 3-4.

146 Petr., Sat., 80, 3. Sull’analisi dell’episodio cfr. G.B. CONTE, L’autore nascosto.

Un’interpretazione del “Satyricon”, Bologna, Il Mulino, 1997, pp. 83-87; ID., Memoria dei poeti e

sistema letterario, Torino, Einaudi, 1985, p. 106;FEDELI, Petronio: il viaggio, il labirinto, in «MD»,

6, 1981, pp. 91-117; A.J. BOYLE, a cura di, Seneca Tragicus: Ramus Essays on Senecan Drama,

Berwick-Victoria, Aureal, 1983.

147 Apul., Met., 10, 14. 148 App., B.C., II, 77, 323.

149 Cfr. P. JAL, La guerre civile à Rome. Étude littéraire et morale, Paris, Presses Universitaires

de Paris, 1963, pp. 402 ss. Il paradigma mitologico della lotta fratricida era così di frequente soggetto di rappresentazioni teatrali, di aneddoti storici e narrazioni epiche, da giustificare la constatazione di Marziale: Colchida quid scribis, quid scribis, amice, Thyesten? (Mart., Ep., V, 53, 1).

150 Cfr. Arist., Poet., 1453b 19-22:
 ὅταν
 δ’
 ἐν
 ταῖς
 φιλίαις
 ἐγγένηται
 τὰ
 πάθη,
 οἷον
 ἢ
 ἀδελφὸς


ἀδελφὸν
ἢ
υἱὸς
πατέρα
ἢ
µήτηρ
υἱὸν
ἢ
υἱὸς
µητέρα
ἀποκτείνῃ
ἢ
µέλλῃ,
ἢ
τι
ἄλλο
τοιοῦτον
δρᾶν,
ταῦτα
 ζητητέον.

151 Nella cultura classica la famiglia è un’immagine ricorrente, che spesso simboleggia

l’identità collettiva dello Stato. Da Senofonte in poi la famiglia è simbolo di grande forza, nucleo base dell’appartenenza a un gruppo, a un popolo, a una nazione.

152 Cfr. già Euripide: χαλεποὶ
 πόλεµοι
 γὰρ
 ἀδελφῶν
 (Eur. fr. 975 R. KANNICHT). Sul

significato del sangue nel mondo romano cfr. G. GUASTELLA, La rete del sangue: simbologia

Il rapporto fraterno degenerato costituisce dunque una metafora efficace attraverso cui le simbologie dell’assetto politico vengono riconsiderate criticamente. Infatti, l’espressione bella […] plus quam civilia (Phars., I, 1) con la quale Lucano enuncia l’argomento del suo poema, allude immediatamente alla parentela fra le parti contendenti.153 In più occasioni il conflitto tra

Cesare e Pompeo viene definito come cognatas acies, le loro schiere sono cognata pecora o fraterna arma, il campo di battaglia è cosparso di fraterna cadavera.154 Una lettura di questo tipo può essere valida anche in relazione al

colloquio virgiliano tra Cesare e Anchise, in cui quest’ultimo dichiara all’imperatore che sarebbe stato più salutare per la repubblica se né lui né Pompeo fossero nati:

heu quantum inter se bellum, si lumina vitae attigerint, quantas acies stragemque ciebunt, aggeribus socer Alpinis atque arce Monoeci descendens, gener adversis instructus Eois!155

La rappresentazione della guerra civile mediante la metafora della tragedia familiare si estende dunque da Virgilio a Lucano e trova la sua espressione più efficace nella tragedia senecana:

fratrem expavescat frater et gnatum parens natusque patrem; liberi pereant male, peius tamen nascantur; immineat viro infesta coniunx; bella trans pontum vehant,

MENCACCI, Sanguis /cruor. Designazioni linguistiche e classificazione antropologica del sangue nella

cultura romana, in «MD», 17, 1986, pp. 25-91.

153 Sui versi iniziali del poema lucaneo cfr. G.B. CONTE, Il proemio della Pharsalia, in

«Maia», 18, 1966, pp. 42-53, ora in La “Guerra civile” di Lucano, Urbino, Quattroventi, 1988, pp. 11-23.

154 Cfr. rispettivamente Luc., Phars., I, 4; VII, 323; VII, 465; VII, 775. Una certa affinità

lessicale unisce Lucano alla definizione senecana dei fratelli duellanti per il potere: non satis

adhuc / civile bellum: frater in fratrem ruat (Sen., Phoen., 354-355) o non capit regnum duos (Sen., Thy., 444).

effusus omnis irriget terras cruor, supraque magnos gentium exultet duces libido victrix […].156

In tal modo,

tra arma fraterna e bella plus quam civilia il linguaggio trova le formulazioni idonee e fortissime, ai confini del dicibile, di un fenomeno che sconvolge l’ordine del mondo e mischia le sfere tra loro più lontane, la lotta e la parentela, e che perciò costringe la lingua stessa a rivedere le sue categorie e a ripensare se stessa.157

Nell’epica di età flavia, nel cui orizzonte il problema delle guerre intestine si fa ancora più attuale, la rappresentazione metaforica del crimine fraterno e il suo referente storico-politico passano in primo piano.

Nei Punica di Silio Italico, in cui apparentemente l’argomento e la materia poco si prestano al rovesciamento dell’idea celebrativa della grandezza di Roma, si trovano tuttavia momenti in cui l’omologia fra scontro fratricida, discordia civile e sovvertimento istituzionale sembra farsi più esplicita. Dal riferimento all’omicidio domestico durante la lotta tra i fratelli gladiatori (Pun., XVI, 527 ss.) alla vicenda tragica di Satrico e dei suoi figli, Mancino e Solimo (Pun., VIII, 65 ss.), la lotta fratricida percorre i Punica come una sottile linea rossa.158

Il cruento episodio di Satrico rappresenta un mosaico di motivi legati alla tradizione letteraria relativa alle guerre civili: per errore un figlio uccide il

156 Sen., Thy., 40-47. A proposito del passo senecano cfr. E. FANTHAM, Nihil iam iura

naturae valent: Incest and Fratricide in Seneca’s Phoenissae, cit., p. 71; R.J. TARRANT, Seneca’s Thyestes edited with Introduction and Commentary by R.J. Tarrant, Atlanta, Scholar Press, 1985,

ad loc.

157 G. PETRONE, Metafora e tragedia. Immagini culturali e modelli tragici nel mondo romano,

Palermo, Sellerio, 1996, pp. 17-18.

158 Mi riferisco in particolare ai lavori di M. FUCECCHI, La vigilia di Canne nei Punica e un

contributo allo studio dei rapporti fra Silio Italico e Lucano, in AA. VV., Interpretare Lucano. Miscellanea di studi, P. ESPOSITO, L. NICASTRI, a cura di, Napoli, Arte Tipografica, 1999, pp.

305 ss.; P. MARPICATI, Silio “delatore” di Pompeo (Pun. V, 328 ss.; X, 305 ss.), in «MD», 43, 1999,

padre, scambiandolo per un nemico, dopo che quest’ultimo ha sciaguratamente depredato delle armi il cadavere dell’altro figlio senza riconoscerlo; così facendo, il giovane uccide il padre, e per la seconda volta anche il fratello, che riconosce solo dopo. Negli episodi di Silio gli avversari sono dunque padri e fratelli, personificazioni dell’antagonismo anomalo della guerra interna.159

Nella letteratura dell’età flavia i motivi della cittadinanza come parentela, e del sangue come metonimia dei legami che danno vita a una gens si intersecano efficacemente con il motivo del cruor, emblema di ogni guerra.

Il paradigma mitico funge da modello di riferimento per l’interpretazione di vicende storiche; la metafora della parentela costituisce un trait d’union fra letteratura e realtà politica. Da Ennio, Accio, Lucano, Seneca fino ai poeti flavi si riscontra pertanto un continuo ricorso alla simbologia dell’omicidio domestico per significare lo stato politico di guerra intestina. Di certo una delle più chiare espressioni di questa relazione tra oikos e polis si trova nella riscrittura in forma di epos di miti a sfondo parricida. Tra gli autori flavi responsabili di tale riscrittura, Stazio è quello che più di tutti funzionalizza l’archetipo del crimine fraterno: mentre Valerio Flacco160 e Silio Italico161 si

limitano ad accennare al nesso famiglia-stato, Stazio (come Lucano prima di lui) usa esplicitamente il dramma domestico per alludere alla turbolenta situazione politica.

Il tema delle antiquas fratrum discordias162 risulta particolarmente adeguato

come metafora, al punto da diventare topico nella Roma di Stazio, reduce

159 C.J. B

ANNON (The Brothers of Romulus: Fraternal Pietas in Roman Law, Literature, and

Society, Princeton, Princeton University Press, 1997, p. 150): “The dramatic coloring of the

incident corresponding to the spiritual attachment between brothers as well as the intense emotions of men in war. The lack of enmity between the brothers – the fact that the soldier kills without knowing that his brother is his enemy until it is too late – lends pathos to the story: each is doing what he perceives as his duty, fighting for his side and winning, ignorant of the cost to himself. Both anecdotes of brother killing occur in narratives of civil war, and it is likely that they represent a rhetorical topos.”

160 Cfr. D.T. MC GUIRE, Acts of Silence: Civil War, Tyranny and Suicide in the Flavian Epics,

cit., pp. 64-87.

161 Cfr. P. VENINI, Silio Italico e il mito tebano, in «RIL», 103, 1969, pp. 778-783; L. LEGRAS,

Les Puniques et la Thébaïde, in «REA», 7, 1905, pp. 131-146.

dalle brutali guerre civili che hanno segnato l’anno dei quattro imperatori, e che sta vivendo il passaggio dalla dinastia giulio-claudia a quella dei Flavi. Poiché la Tebaide è stata composta nella decade immediatamente successiva, quand’era ancora viva l’impressione della guerra, Stazio si sente portato a sovrapporre storia e mito. Si veda in proposito quanto sostiene Ahl:

Statius’ decision to treat civil war through the ancient tale of the sons of Oedipus is in itself an expression of what he felt about the nature of internal struggles for power within the state and, in its own way, a powerful commentary on the wars of 68-69. As the events of the year of the four emperors were without clear ideological issues, so were the wars between Eteocles and Polynices. […] This blood was shed in vain. Polynices’ triumph over Eteocles lasts not even a day, only a matter of seconds. For those seconds countless Argives and Thebans of his and the next generation will die. The control of Oedipus’ house will pass from his heirs to Creon, and from Creon to a foreign king, Theseus. The story of the Theban brothers is the tale of civil war in all its futility, a war in which there is no victrix causa […].163

La rappresentazione negativa della monarchia, del potere e delle guerre civili sono al centro dell’attenzione critica del ventesimo secolo e l’oggetto di alcune pubblicazioni recenti. Diversi studiosi hanno dimostrato, con prove convincenti, l’imprescindibilità di un’analisi del poema incentrata sull’evidente impatto della Roma flavia sull’opera.

Burck, ad esempio, nello studio Die Schicksalauffassung des Tacitus und Statius (1953) incentrato sull’accostamento di Stazio a Tacito e sul confronto di questi due scrittori rispettivamente con Virgilio e Livio, mette a fuoco il parallelismo dell’autodistruzione della casa tebana e dell’inevitabilità della rovina dei Romani secondo Tacito.164 La rappresentazione tacitiana della

163 F.M. AHL, Statius’ Thebaid: A Reconsideration, cit., p. 2814.

164 E. BURCK, Die Schicksalauffassung des Tacitus und Statius, in Studies Presented to D.M.

Robinson, vol. 2, St. Louis, (Missouri), Washington University, 1953, pp. 693-706; rif. pp. 705

ss. Per le considerazioni di portata generale sulla Weltanschauung di Stazio cfr. inoltre L. ALFONSI, Della concezione del destino in Tacito e Stazio, in «Aevum», 28, 1954, pp. 175-177; C.

lotta dei sottomessi contro Roma, della discordia intestina; della dominatio negatrice di libertas e della pax; del furor di corruzione, della sanzione divina, l’ira deum (Hist., II, 38, 2), deum ira in rem Romanas (Ann., IV, 1, 2) corrisponde secondo Burck al gusto macabro della Tebaide, in cui non è più legge la pietas, ma il furor e l’ira, e pare incombere la maledizione di una crudeltà distruttrice, voluta da un cieco destino. Inoltre Burck afferma che il desiderio del potere e dell’autoaffermazione che stanno alle origini della contesa di Eteocle e Polinice sono le stesse qualità umane che hanno causato il declino dell’Impero Romano.165

Diversamente, Burgess crede che le sofferenze della civiltà sotto la tirannia delle forze sovrannaturali e dei monarchi, i loro agenti terresti, rappresentino la posizione del popolo romano sotto il regime del principato.166 Holland

afferma che il mito tebano è quanto mai appropriato per la descrizione della Roma dei giorni di Stazio, che ha sperimentato le guerre civili durante l’anno dei quattro imperatori:

The Thebaid of Statius was written for a Roman world racked by the turmoil within the imperial house and be recurrent civil war. His epic poem on the legendary Theban war probes various aspects of such an internecine struggle, including the underlying motives, the kind of men who respond to the call for arm, and the wretched consequences of their heroic action.167

L’epica, assieme alla tragedia e al trattato filosofico, è il genere destinato alla propaganda politica. Infatti, fin dall’incipit del poema Stazio sottolinea

CRIADO, La teología de la Tebaida Estaciana. El anti-virgilianismo de un clasicista, Hildesheim- Zürich-New York, Olms, 2000, pp. 204-230.

165 E. BURCK, Die Schicksalauffassung des Tacitus und Statius, cit., p. 703.

166 J.F. BURGESS, Man and the Supernatural in Statius’ Thebaid: A Study in Consistency of

Theme and Mood, Diss., Reading, 1978, pp. 346 ss., cfr. in part. p. 371. Si nota qui che anche

MCGUIRE analizza l’episodio del suicidio di Meone come risposta o riflessione sulla tirannia

(D.T. MCGUIRE, Textual Strategies and Political Suicide in Flavian Epic, in «Ramus», 18, 1989,

pp. 21-45; rif. pp. 21-22, 28).

167 J.E. HOLLAND, Studies of the Heroic Tradition in the “Thebaid” of Statius, Ph.D. Diss.,

una certa affinità del mito con la realtà, commentando la sua scelta del soggetto della Tebaide (I, 16-24)168:

[…] limes mihi carminis esto

Oedipodae confusa domus, quando Itala nondum signa nec Arctoos ausim spirare triumphos

bisque iugo Rhenum, bis adactum legibus Histrum et coniurato deiectos vertice Dacos

aut defensa prius vix pubescentibus annis bella Iovis. tuque, o Latiae decus addite famae quem nova maturi subeuntem exorsa parentis aeternum sibi Roma cupit […]

Infatti, la recusatio nel prologo della Tebaide rappresenta il catalogo delle imprese belliche di Domiziano, presente anche in forma abbreviata in Silv., I, 1, 79-81.169 Il regno di Domiziano era tutt’altro che un modello di pace, se

vediamo il catalogo delle battaglie enumerate in entrambe le opere staziane: la guerra del Campidoglio, spedizione contro i Catti, repressione della rivolta di Antonio Saturnio (88-89 d.C), la sottomissione dei Daci. Il catalogo della Tebaide è la testimonianza che per Stazio e i suoi lettori erano ancora vive le memorie della battaglia Capitolina dei Flavi con Vitellio e le guerre civili.

168 Contra G. ROSATI, Muse and Power in the Poetry of Statius, in E. SPENTZOU, D. FOWLER, a

cura di, Cultivating the Muse. Struggles for Power and Inspiration in Classical Literature, Oxford, Oxford University Press, 2002, pp. 229-251; rif. p. 233: “In other words, what we find here, quite unexpectedly, is a veritable recusatio-excusatio, in which the poet justifies his choice of a mythological epic and his refusal, or rather deferment, of a historical one. Unlike the kind of

recusatio common among Augustan poets, it does not serve to justify the refusal of epic

poetry in favour o flighter kind of poetry, but rather the preference for a particular kind of epic, that is to say, the mythological one.” (le sottolineature sono mie).

169 Il catalogo delle Silve che si trova all’interno del discorso di M. Curzio, l’ombra della

statua equestre di Domiziano e il custode del luogo: tu bella Iovis, tu proelia Rheni, / tu civile

A Stazio, che non si sente ancora in grado di celebrare le guerre di Domiziano contro i Daci e i Germani (quando […] ausim spirare, vv. 17-18), il conflitto fratricida di Eteocle e Polinice appare come un’efficace metafora.170

La presunta incapacità del poeta di encomiare i trionfi romani cela probabilmente, dietro la consapevole scelta di rappresentare la situazione politica attraverso un mito, un intento polemico. Le vicende dell’Oedipodae confusa domus (v. 17)171 alludono infatti al rapporto fra Domiziano e la

figlia di Tito,172 creando un parallelo tra le due case reali; la situazione

romana trapela in filigrana.

Le linee principali della tematica del regime flavio sviluppata dagli