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La Tebaide e la teoria del personaggio nel XX sec

Il modo in cui la critica dell’inizio del ventesimo secolo affronta il problema del personaggio staziano è molto simile al giudizio otto- novecentesco sulla struttura narrativa della Tebaide. La maggior parte dei sondaggi analitici del Novecento vi hanno dedicato limitata attenzione o hanno espresso opinioni scarsamente favorevoli: la caratterizzazione di Stazio è valutata “stilizzata e stereotipata”, i suoi personaggi sono stati considerati emblemi di determinate qualità o astrazioni; vizi, virtù, personificazioni di passioni116 o di qualità.117 Questa, per esempio,

l’opinione di Butler, basata su presupposti critico-letterari ormai largamente superati; lo studioso definisce i diversi personaggi della Tebaide come “featureless”, “colourless”, “uninteresting” o “too rhetorical” e infine afferma che Stazio “fails in his portrayal of life and characters”.118

Similmente, Dimsdale osserva che “characters are but shadowy. Tydeus alone is drawn in clear and vigorous lines”.119

Il tratto comune di queste valutazioni certamente riduttive è che sono basate sul nefas critico ormai universalmente stigmatizzato ma allora altrettanto universalmente diffuso. Il paradosso dell’estetica che ne sta alla base consiste nell’aver tentato un’ardua fusione fra crocianesimo-

116 Cfr. il paragrafo Motori delle dinamiche gemellari: desiderio del presente lavoro.

117 “The central characters of his poem posses what we may term a «figural significance»,

that is they are figurae or embodiments of various fundamental emotions or qualities”. (D. VESSEY, Statius and the Thebaid, cit., pp. 66-67).

118 H.E. BUTLER, Post-Augustan Poetry from Seneca to Juvenal, cit., 1909, pp. 218 s. 119 M.S. DINSDALE, A History of Latin Literature, repr. Freeport, 1915, p. 461.

soggettivismo del gusto e normatività con valore prescrittivo di ascendenza classicista. Un approccio del tipo sic/non tassonomizza in base ai generi e alle specie, non agli individui e alle opere.

Alla luce di queste precedenti conclusioni critiche altrettanto negativa risulta anche le lettura di Rijkel ten Kate. Nella dissertazione Quomodo heroes in Statii Thebaide describantur quaeritur (Groningen, 1955) interamente incentrata sull’analisi dei personaggi e sulla tecnica della caratterizzazione lo studioso olandese sostiene:

Personae principes totum per opus insignes esse omni poemati necessarium est [...] praeterea princeps persona insignis esser debet sua virtute, fortitudine, laude, gloria. Statius autem non prorsus hanc condicionem servavit: Tydeus, Capaneus, Hippomedon primas partes agunt et veri heroes sunt, sed fratres Eteocles et Polynices multo minus insignes fiunt, quamquam virtus huius nobis iucunde affulget.120

Watkiss ritiene che Stazio accentui certi tratti della personalità dei suoi personaggi per renderli un paradigma di un modo di essere, ipostasi di una forma del carattere e dell’esistenza e come tali destinati a rimanere sempre uguali a sé stessi.121

Analogamente, Vessey critica la tecnica della caratterizzazione di Stazio per la eccessiva tipizzazione e la mancanza di individualizzazione,122 ma

d’altra parte, assieme a Venini e Krumbholz rimarca la tendenza della

120 R. TEN KATE, Quomodo heroes in Statii Thebaide describantur quaeritur, Groningae, J.B.

Wolters, 1955, p. 9.

121 L. WATKISS, The Thebaid of Statius: A Reappraisal, 1966, Ph.D. diss., London, 1966. 122 D. VESSEY, Exitiale Genus: Some Notes on Statius, Thebaid I, in «Latomus», 30, 1971, p.

376; ID., Statius and the Thebaid, cit., pp. 65-66; ID., L’epica di età Flavia. Stazio, in E.J. KENNEY,

W.V. CLAUSEN, a cura di, La letteratura latina della Cambridge University, vol. II: Da Ovidio

all’epilogo (ed. or. Cambridge History of Classical Literature, vol. II: Latin Literature, Cambridge,

narrazione alla motivazione psicologica delle azioni provenienti dalla natura interiore del personaggio.123

Nell’ambito di questo dibattito, Aricò si dimostra non a torto fortemente critico circa la caratterizzazione dei personaggi che secondo lui:

[sono] compatti e duri, nel bene come nel male, vere dramatis personae stoicamente e senecanamente disegnate, essi non conoscono che rari momenti di perplessità o di conflitto interiore, né subiscono una vera e propria evoluzione, se non nel senso di una maturazione di tendenze latenti (fa eccezione Edipo, XI, 105 ss. e 601 ss. che costituisce un caso particolare di sviluppo psicologico).124

Simile è il giudizio critico di Perutelli, che nel suo saggio La poesia epica latina. Dalle origini all’età dei Flavi (2000) sembra quasi aver applicato ai personaggi della Tebaide la tipologia di Forster:

Le personalità umane tendono ad appiattirsi sulle loro qualità che restano pressoché fisse. L’eroe di Stazio non è più l’uomo che si confronta con varie esperienze e mostra reazioni proprie a seconda delle circostanze: piuttosto è una personificazione di precise qualità che lo portano in ogni circostanza ad agire sempre e costantemente con le stesse reazioni. L’empio o cattivo si comporterà da tale in ogni occasione, non mostrerà un’individualità complessa e articolata, bensì profondamente statica e sempre rispondente alle stesse caratteristiche.125

Una concezione postmoderna del personaggio traspare dal giudizio di Michael von Albrecht, filologo, tra l’altro, di impostazione rigorosamente tradizionale. La sua opinione, espressa nel volume Geschichte der römischen

123 D. VESSEY, Statius and the Thebaid, cit., p. 375; P. VENINI, Furor e psicologia nella Tebaide

di Stazio, in «Athenaeum», 42, 1964, pp. 201-213; G. KRUMBHOLZ, Der Erzählungsstil in der

Thebais des Statius, I, cit., pp. 247 ss.

124 G. ARICÒ, Stazio, in Dizionario degli scrittori greci e latini, cit., p. 2055.

125 A. PERUTELLI, La poesia epica latina. Dalle origini all’età dei Flavi, Roma, Carocci, 2000, p.

Literatur (Bern-München, 1994), tende invece a evidenziare la non-univocità, la non staticità del personaggio staziano. Von Albrecht sostiene addirittura che i personaggi della Tebaide siano ricchi di sfumature e perfino capaci di evolversi:

I caratteri si completano reciprocamente; [...] Al benevolo patrigno Adrasto fa da contraltare il duro padre Edipo, che tuttavia alla fine impara dal proprio dolore. Ai fratelli nemici Eteocle e Polinice si contrappone la coppia d’amici Polinice–Tideo. Polinice stesso non è insensibile di fronte alle suppliche di Antigone. L’orgogliosa Antigone, per proteggere suo padre da Creonte, diviene inaspettatamente dolce e conciliante. Così Stazio presta ai propri personaggi tratti che li avvicinano al lettore. Quando ciò non avviene, come nel caso del tiranno Creonte (p. es. XI, 661), subentra come corrispettivo una figura positiva: Teseo.126

Nella critica novecentesca l’ulteriore sviluppo di questo approccio si trova nel volume Speech and Rhetoric in Statius’ Thebaid (Hildesheim – Zürich - New York, 1994) di William Dominik. Dominik è, fra tutti i critici e gli studiosi che hanno affrontato il problema del personaggio staziano, quello che ha saputo unire audacia interpretativa e rigore filologico: si tratta di un rappresentante della critica ermeneutica anglosassone e metasemiologica bachtiniana.127 Nella sua indagine sulla rappresentazione

dei personaggi attraverso l’analisi del ruolo e della funzione dei discorsi nella Tebaide, lo studioso sostiene che

Most of the major and some of the minor human characters in the Thebaid are round or tridimensional, meaning they are presented in some depth. [...]

126 M. VON ALBRECHT, Storia della letteratura latina. Da Livio Andronico a Boezio (ed. or.

Geschichte der römischen Literatur. Von Andronicus bis Boetius, Bern-München, Saur, 19942), vol.

II, Torino, Einaudi, 1995, p. 949.

127 W.J. D

Statius emphasizes the dominant personality traits of these characters, but he is also careful to draw attention to other aspects of their personalities.128

A giusta ragione, la maggior parte dei personaggi umani sono, secondo Dominik (è qui che la sua opinione si discosta da quella di Vessey ed è invece molto affine a quella di von Albrecht), caratteri dinamici che subiscono uno sviluppo interiore, anche se questo sviluppo e cambiamento avvengono quando loro si trovano sotto l’influenza che esercitano gli dei o invece quando sono liberi da controlli esterni.129

Non posso accettare completamente la posizione di nessuno di questi critici, anche se a tutti va riconosciuto di aver contribuito positivamente all’analisi di questo tema. A mio parere, ed è quello che intendo dimostrare nei capitoli seguenti, Stazio, consapevole delle origini “intertestuali” della sua opera, tende a una “primitivizzazione” del suo eroe. Nella Tebaide i personaggi vengono ridotti al loro nucleo elementare: il mito di Eteocle e Polinice si presenta nell’opera staziana nell’ultima forma a cui l’avevano portato i tragici, e specialmente Euripide nelle Fenicie.130

Sembra quasi che Stazio intenda rappresentare nel suo personaggio quello che in qualche misura costituisce il momento culminante della tradizione mitica. Metaforicamente parlando, i personaggi della Tebaide assomigliano a pedine su una scacchiera, figure irrigidite nel momento del loro massimo

pathos,131 una tendenza all’ ‘eternizzazione dell’istante apicale’ del

personaggio. In quest’ottica, Edipo è colto nel momento del proprio autoaccecamento, e con gli occhi che ancora sanguinano (I, 46-48; II, 441-442);

128 W.J. DOMINIK, Speech and Rhetoric in Statius’ Thebaid, Hildesheim-Zürich, Olms-

Weidmann, 1994, p. 207.

129 W. SCHETTER giustamente nota che nessuno dei personaggi staziani raggiunge la

profondità del carattere dell’Enea virgiliano (Untersuchungen zur epischen Kunst des Statius, cit., p. 123).

130 G. DE FILIPPIS, La Tebaide di Stazio e la Tebaide di Antimaco, in «A&R», 4, 1901, pp. 125-

128; rif. p. 126: “Però il mito com’è narrato da Stazio, è precisamente quello che si legge nelle

Fenicie di Euripide ed in generale nei tragici”.

131 “It is [the Thebaid], like the Aeneid, on a static, architectonic plan; it has a vibrant and

Eteocle rimane un tiranno perfido e timoroso dal primo libro fino all’ultimo; Tideo in qualsiasi momento dell’azione è feroce; Capaneo in ogni suo atteggiamento interpreta l’essenza della superbia e dell’arroganza, superum contemptor; Partenopeo rappresenta costantemente il canone della bellezza adolescente infranta; Marte in ogni episodio che lo coinvolge è la personificazione del furore bellico; Adrasto è il re giusto, buono, amante della pace e avverso a ogni violenza: Adrasto, come il suo modello, il re Latino nell’Eneide è pacificatore dall’inizio del poema, quando interrompe la lotta di Polinice e Tideo al loro primo incontro (I, 467-481) fino alla fine. Il re di Argo ripete in continuazione i suoi tentativi di riconciliare Polinice ed Eteocle tramite l’ambasceria di Tideo (II, 364-374), il consiglio (III, 386-393), la consultazione degli dei (III, 442-459), il suo supporto all’intervento di Giocasta sul campo di battaglia prima dell’inizio dei combattimenti (VII, 537- 538) e immediatamente prima del duello (XI, 110-111; 196-197; 426-443).

Penso che per i personaggi della Tebaide sia valida l’osservazione che Vera Orgel avanza a proposito di Racine: “The tragedy of characters has begun long before the beginning of the play, which represents only the crisis”.132

Stazio è poeta manieristico e decadente, che si trova forzato a confrontarsi con opere in qualche modo accettate come articolazioni letterarie dell’ideologia ufficiale, in questo senso cariche di un prestigio per molti versi anche extra-letterario. La costruzione dei personaggi della Tebaide rispecchia l’ambizioso tentativo di raggiungere e eventualmente superare i suoi modelli:133 come altrimenti si spiegherebbe la domanda che Stazio si pone

nell’epilogo del poema: durabisne procul dominoque legere superstes, / o mihi bissenos multum vigilata per annos / Thebai? (XII, 810-812)e il fatto che il poeta

132 V. ORGEL, A New View of the Play of Racine, London, Macmillan, 1948, p. 2.

133 Cfr. a proposito A. BARCHIESI, Future Reflexive, in «HSCPh», 95, 1993, pp. 333-365; rif. p.

352: [...] in the process of alluding to predecessors, poetic texts discover a potential for self- reference. Allusions always focus on individual models but, to some extent, every allusive text makes also some broader reflexive statement: “I am poetry”, or “fiction”, or “I belong in a tradition”.

si giudica come secondo a Virgilio?134 Stazio vuole in ogni verso raggiungere

il vertice dell’intensità, ma il risultato è che i protagonisti – in questo senso non sembra incoerente un recupero in extremis della critica di ascendenza positivista – rimangono uguali a se stessi senza subire un’evoluzione: sono dei veri e propri “monoblocchi”. Questa caratteristica li accomuna da una parte ai personaggi delle tragedie senecane, dall’altra li rende più agevolmente recuperabili da Racine, che ne fa i protagonisti della sua versione della Tebaide. Anche nella Thébaïde di Racine i fratelli si odiano con una ferocia che trae origine (diversamente da come succede in Stazio) dall’incesto e dalla maledizione trasmessa da una generazione all’altra. Benché l’Eteocle e il Polinice di Racine siano consapevoli del delitto che stanno per commettere, non possono riconciliarsi e provano un immenso piacere nell’uccidersi vicendevolmente. I figli di Edipo sono nati per il fratricidio e questo è diventato lo scopo della loro vita. La stessa caratteristica dell’ ‘inevitabilità’ dei personaggi si trova in un’altra tragedia di Racine, la Phèdre, in quanto la protagonista della tragedia sa che è sbagliato amare Hippolyte, ma preferisce perdere la vita piuttosto che rinunciare al suo desiderio.135

I critici dell’Otto e Novecento si trovano in accordo nel rimproverare a Stazio la mancanza di unità. Ma credo che si possa affermare - e cercherò di argomentarlo - che la nozione di unità per Stazio consista proprio nell’omogeneità della caratterizzazione strutturale del personaggio.

134 Theb., XII, 816-820: vive, precor; nec tu divinam Aeneida tempta, / sed longe sequere et

vestigia semper adora. / Mox, tibi si quis adhuc praetendit nubila livor, / occidet, et meriti post me referentur honores.

135 J.M. OSHO, Euripides’ Phoenissae and Racine’s la Thébaïde: A Comparative Analysis, in