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3. Sviluppi teorici della fin de siècle

3.2. Struttura e composizione della Tebaide

Nel Novecento una considerevole attenzione viene dedicata al problema della composizione strutturale della Tebaide. Le controversie relative alla questione sembrano essere legate, e questo vale anche per la considerazione del personaggio staziano, ai criteri soggettivi degli studiosi, vincolati al loro tempo storico e al loro clima spirituale.

Nel 1953 la dissertazione Die Thebais des Statius. Untersuchungen zum Erzählungsstil (Göttingen, 1953) di Gert Krumbholz e i successivi articoli del 195552 hanno segnato una significativa reazione contro l’opinione

ottocentesca. Mettendo a confronto l’elaborazione poetica di Stazio con quella di altri epici come Virgilio, Ovidio, Lucano, Valerio Flacco, e analizzando alcuni tratti emblematici della Tebaide (come l’esilio di Polinice, I, 312 ss., l’aristia e la morte di Ippomedonte, IX, 195 ss., e l’intero libro III), lo studioso individua alcune tendenze distintive e peculiari dello stile narrativo di Stazio. Krumbholz si sofferma inoltre sulla tendenza della narrazione a coagularsi in scene singolarmente concluse, in episodi di spiccato rilievo, sorvolando o addirittura omettendo gli stadi intermedi.

Krumbholz sottolinea tra l’altro l’inclinazione di Stazio a conformare l’esposizione a una serie di quadri singolarmente conclusi; la narrazione, secondo Krumbholz, tende a frantumarsi in una successione di sezioni staccate, a volte senza un vero e proprio sviluppo dell’azione.53 Nello stile

delle suasoriae, lo studioso ha colto l’interesse di Stazio per la vicenda psicologica dei personaggi.

Nella moderna prospettiva, critica l’impostazione che Krumbholz dà al problema compositivo della Tebaide rappresenta un nuovo approccio allo studio della narrativa rispetto alle interpretazioni ottocentesche.

52 G. KRUMBHOLZ, Der Erzählungsstil in der Thebais des Statius, I, in «Glotta», 34, 1955, pp.

93-138; ID., Der Erzählungsstil in der Thebais des Statius, II: Die Wesenszüge des Stiles, in

«Glotta», 34, 1955, pp. 231-260.

53 G. KRUMBHOLZ, Der Erzählungsstil in der Thebais des Statius, I, cit., pp. 93 ss. Sulla

tecnica narrativa di Stazio cfr. inoltre S. VON MOISY, Untersuchungen zur Erzählweise in Statius’

Il dibattito critico su Stazio epico degli anni Sessanta è segnato dal saggio Beobachtungen zum Prooemium der Thebais di Bernhard Kytzler (1960)54 e dal

volume Untersuchungen zur epischen Kunst des Statius di Willy Schetter (1960).55

Anzitutto viene messa in dubbio l’applicabilità alla Tebaide di uno schema bipartito, secondo il quale la Tebaide, come l’Eneide, sarebbe divisibile in due parti simmetriche. In effetti, non c’è uno stacco reale tra il libro VI e VII fino al verso VII, 741, il momento in cui le truppe argive arrivano in Beozia.

Entro questa prospettiva, decisiva per l’impostazione del problema della dipendenza di Stazio da Virgilio si colloca la tesi di Kytzler. Introducendo nel 1960 un suo studio dedicato al proemio attuale del poema (vv. 17-33), Kytzler sostiene che Stazio, prima di cominciare il lavoro sulla Tebaide, ne avesse tracciato un piano completo e circostanziato, cui si attenne nella composizione rispettandone tutti i punti fondamentali. Kytzler propone, come tra l’altro aveva fatto prima Ribbeck,56 la divisione dei dodici libri del

poema in quattro triadi:57 libri I-III preparativi per la guerra; libri IV-VI la

sosta nemea; libri VII-IX la guerra; libri X-XI climax e risoluzione con la vittoria finale della pietas sulla impietas. Kytzler argomenta la sua tesi sostenendo che se il passaggio da un libro all’altro all’interno di ciascuna delle triadi è fluido, quello da una triade all’altra è indicato da una forte cesura. Le prove di Kytzler sono comunque deboli: (1) il passaggio dal libro III al IV che Kytzler, come Schetter, considera un forte punto di demarcazione è assai discutibile in quanto l’apertura del libro IV è il logico proseguimento delle parole di Adrasto nel finale del III libro; (2) l’intervento di Giove nel VII libro per accelerare la guerra senza dubbio dà una nuova direzione alla narrazione; (3) se lo stacco tra la prima triade e la seconda resta

54B. KYTZLER, Beobachtungen zum Prooemium der Thebais, in «Hermes», 88, 1960, pp. 331

ss.

55 W. SCHETTER, Untersuchungen zur epischen Kunst des Statius, Wiesbaden, Harrassowitz,

1960.

56O. R

IBBECK, Geschichte der Römischen Dichtung, cit., pp. 224-225.

57 B. KYTZLER, Statius-Studien, Beiträge zur Verständnis der Thebais, Diss., Berlin, 1955, pp.

comunque ben definito, non si può dire la stessa cosa per l’enjambement tra i libri IX e X. I primi 45 versi del X libro sono il proseguimento logico della fine del libro IX e fungono da ponte tra gli eventi del secondo giorno della battaglia – le morti di Tideo, Partenopeo e Ippomedonte e la battaglia della notte successiva; l’episodio della sortita notturna di Opleo e Dimante del X libro in realtà è strettamente legato con i libri VIII e IX in quanto il loro atto di eroismo è ispirato alle morti di Tideo e Partenopeo avvenute in precedenza; (4) i libri VII-IX culminano nelle morti di Amfiarao, Tideo, Partenopeo e Ippomedonte, come anche i libri XI e XII con le morti di Eteocle e Polinice: sono insomma tutti libri di guerra.

Riassumendo, la teoria di Kytzler della strutturazione della Tebaide, per quanto sia innovativa rispetto a quella ottocentesca, non risulta soddisfacente in quanto le cesure tra le triadi si dimostrano poco fondate e facilmente contestabili.

Per questo motivo nel 1960 Willy Schetter, in polemica con Kytzler, propone una sua divisione. Schetter individua nel poema 4 parti di varia estensione (libri I - III preparativi della guerra; libri IV, 646 -VII, 144 sosta nemea; libri VII, 628 - XI, 761 guerra; libro XII sepoltura dei cadaveri) e più due sezioni di episodi interposte fra la prima e la seconda (IV, 1-645) e fra la seconda e la terza parte (VII, 145-627).58 Secondo Schetter ogni libro

rappresenta un’unità narrativa conclusa e legata al libro successivo in modo tale da conservare lo sviluppo organico dell’opera. Tutti i libri si concludono sul punto di massimo pathos, la transizione dei libri non è inattesa.59

Il metodo di Schetter, che parte da criteri formali, rileva una particolare “organizzazione” interna basata sul gioco delle simmetrie, di corrispondenze, parallelismi, antitesi, sia nell’ambito del medesimo libro sia con i libri precedenti e quelli successivi. Inoltre, Schetter ha individuato nella

58 Lo studioso inoltre individua una “strutturazione” armonica sulla scorta del tipo di

“prodigi” e di “tentativi di impedire la guerra” che ricorrono nelle varie sezioni del poema; si avrebbe così uno schema chiastico, per cui tra due sezioni contraddistinte dal cospirare di prodigi e di interventi divini e umani (I-III e VII, 145-627) starebbero due sezioni in cui questi ultimi interventi non ricorrono (IV, 1-645 e IV, 646 -VII, 144).

Tebaide una cura estrema per l’organicità della composizione e per la strutturazione dell’opera, che parte da criteri formali intesi a movimentare gli schemi simmetrici del poema epico tradizionale e che si realizza attraverso la partizione della materia in nuclei narrativi spesso debordanti dai limiti esteriori dei singoli libri. Tale Strukturierung60 riconduce

all’armonia di schemi sapientemente prestabiliti materiali in apparenza disorganizzati e sconnessi.61

Tuttavia, anche la proposta di Schetter non è inattaccabile. I critici più attenti62 hanno individuato il punto debole della tesi di Schetter nel fatto che

due microsezioni della narrazione (IV, 1-645 – il catalogo degli Argivi, allarme e necromanzia a Tebe e VII, 145-627: il dialogo tra Bacco e Giove, τειχοσκοπία,
 il discorso di Eteocle davanti alle truppe tebane, l’inizio della battaglia)63 venissero da lui considerate sulla base del criterio cronologico

come estranee al tema principale. Infatti, se partiamo dalle premesse di Schetter che la Tebaide è un’opera estremamente organica, l’esclusione degli episodi sembra per lo meno incoerente.

L’importanza dell’acuto studio di Schetter derivante dal fatto che in esso vengono approfonditi alcuni temi centrali del poema, come il furor soprannaturale che irrompe nella coscienza dei personaggi, permeandone le azioni, empie o eroiche che siano dei procedimenti caratteristici del poema, fra cui quella tendenza antirealistica e immaginifica in virtù della quale “der Künstler ist nicht mehr deutender Nachbilder der Welt, sondern demiurgischer Schöpfer einer neuen künstlerischen Realität”. Schetter

60 Il processo di “strutturazione”, che consiste nell’accurata costruzione e disposizione

delle parti secondo principi logici e formali, si esplica altresì in un complesso di simmetrie e di corrispondenze (per analogia o per antitesi), colleganti i libri contigui, scene ed episodi vicini o lontani. La manifestazione più evidente del fenomeno concerne la costruzione delle battaglie e delle aristie nonché le “Hinderungs-und Prodigienszenen”. (W. SCHETTER,

Untersuchungen zur epischen Kunst des Statius, cit., pp. 96 ss.).

61 W. SCHETTER, Untersuchungen zur epischen Kunst des Statius, cit., pp. 77 ss., 96 ss., 118 ss. 62 E. FRANK, La composizione della Tebaide di Stazio, in «RIL», 102, 1965, pp. 309-318; P.

VENINI, A proposito di alcuni recenti studi sulla composizione della Tebaide di Stazio, in

«Athenaeum», 56, 1968, pp. 131-138; rif. pp. 134-138.

propone per la Tebaide la definizione di manieristisches Kunstwerk,64 ripresa

poi nel 1965 da Cancik che applicando alla Tebaide le famose proposizioni del Curtius sul manierismo come categoria applicabile a tutte le epoche e momenti della civiltà artistica europea,65 individua poi alcune delle

componenti fondamentali del manierismo staziano: Erinnerung, Furcht, Antizipation, Schatten.66

Sia Kytzler che Schetter si sono mossi nella giusta direzione individuando nella narrazione quattro sezioni, Hauptteile, ciascuna dominata da un particolare motivo e legate rispettivamente a quattro città.67

Nell’ambito italiano si distinguono le ricerche condotte da Paola Venini.68

Attraverso una precisa indagine testuale la studiosa riesce a fare giustizia di un fondamentale pregiudizio ottocentesco, che denunciava nella Tebaide la mancanza di un centro ispiratore unitario e il difetto delle proporzioni. Così conclude Venini il saggio Studi sulla Tebaide di Stazio. La composizione:

La minuziosa cura ch’egli [Stazio] dedica ai nessi, la gran copia di richiami con cui collega fra di loro i vari episodi e i vari libri, l’accortezza di cui dà prova nell’adattare il mito alle esigenze della composizione mostrano chiaramente quanto gli stiano a cuore l’unità e l’organicità del tutto (il corsivo è mio).69

64 Ivi, p. 122.

65 H. CANCIK, Untersuchungen zur lyrische Kunst des P. Papinius Statius, Hildesheim, Olms,

1965, p. 121.

66 Ibidem, p. 40.

67 Sullo statuo simbolico delle città nella Tebaide cfr. D. VESSEY, Statius and the Thebaid,

Cambridge, Cambridge University Press, 1973, pp. 94, 97-98, 162-163, 165, 171, 184-185, 309- 312.

68 P. VENINI, Studi sulla Tebaide di Stazio. La composizione, in «RIL», 95, 1961, pp. 55-88; P.

VENINI, Studi sulla Tebaide di Stazio. L’imitazione, in «RIL», 95, 1961, pp. 371-400; P. VENINI,

Echi senecani e lucanei nella Tebaide. Tiranni e tirannidi, in «RIL», 99, 1965, pp. 157-167.

69 P. VENINI, Studi sulla Tebaide di Stazio. La composizione, cit., p. 88. La stessa VENINI

alcuni anni dopo afferma nel commento al libro XI della Tebaide: “è, sì, innegabile nel poema, e soprattutto nei primi sei libri, una certa episodicità, sono sì, innegabili alcune sproporzioni, vistosa soprattutto quella intercorrente fra i preliminari della guerra, che estendono per un’intera esade, e la guerra stessa e alcune discordanze; ma è altrettanto innegabile che egli mirò soprattutto a “costruire” e soprattutto lavorò in vista dell’insieme”. (P. VENINI, P. Papini Stati Thebaidos liber XI, Firenze, La Nuova Italia, 1970, pp. xxii-xxiii).

Alcune modifiche proposte da Venini allo schema strutturale di Schetter sono configurabili secondo uno schema del tipo ABCBA, ove A rappresenta le morti dovute a potenze soprannaturali di Amfiarao e Capaneo, B le morti dovute a agenti umani di Tideo e Partenopeo, C la fine di Ippomedonte di cui sono causa tanto la divinità fluviale che gli uomini. Tale strutturazione permette a Venini di individuare stretti legami fra le parti e l’insieme.70

La metodologia di Venini è stata confermata dalle successive ricerche condotte da David Vessey nel periodo del rinascimento degli studi staziani in Inghilterra. La dissertazione di Vessey sulle fonti della Tebaide71 e alcuni

articoli, confluiti poi nel volume Statius and the Thebaid (Cambridge, 1973) costituiscono la prima indagine sistematica in inglese su questo tema. Secondo lo studioso:

The unity of the Thebaid does not lie in an external pattern or predetermined plan. It is to be found primarily in the complex inter- relationships and correspondences which bind individual episodes to each other and to the whole epic. Like the Metamorphoses of Ovid, the Thebaid is carmen perpetuum [...]. The Thebaid, like the Metamorphoses, appears to be episodic, but it is nonetheless a harmonious and self-consistent whole.72

Riconoscendo in seguito a Krumbholz l’importanza dell’episodio nell’economia del poema, Giuseppe Aricò invece rimarca che lo stesso tipo di unità non si verifica a livello dei singoli libri. Per lui i libri che rappresentano delle unità compiute sono solo il libro VI, contente i funerali di Ofelte e i giochi funebri in suo onore, e il libro XI, in cui la narrazione si incentra sul duello fraterno. Nel resto del poema, ossserva Aricò, l’azione travalica i limiti del singolo libro (p. es., l’episodio di Ipsipile, la descrizione delle battaglie estese dal VII al X libro, ecc.), e viceversa più episodi vengono condensati in

70 P. VENINI, Studi staziani, Pavia, Pubblicazioni dell’Università, 1971, pp. 102 ss. 71 D. V

ESSEY, The Sources of the Thebaid of Statius, Diss., Cambridge, 1969.

uno stesso libro: il I libro contiene infatti il racconto di Adrasto del mito di Lino e Corebo e l’arrivo ad Argo di Polinice e Tideo.

Aricò dunque, pur riconoscendo nella Tebaide meccanismi di strutturazione e numerosi richiami, sembra polemizzare con Kytzler e Schetter per quanto riguarda l’unità strutturale del poema. Sia nell’introduzione del 1980 all’edizione italiana della Tebaide73 sia nel saggio

che esce nel 1988 per il Dizionario degli scrittori greci e latini, egli afferma che neanche il ricorso al procedimento di Strukturierung può garantire al poema un carattere di organicità:

Ma neanche questi procedimenti [la strutturazione e il complesso di simmetrie e corrispondenze (per analogia o per antitesi)] riescono a garantire al poema un carattere di organicità. Né appare persuasiva l’identificazione di una vera e propria architettura dell’opera, secondo schemi di natura classica o ’manieristica’. […] In verità, a tutti i livelli della dimensione formale il poema rivela un travaglio non risolto, che da un canto esaspera l’ossequio alle strutture tradizionali del genere, dall’altro tende a dissolvere, dall’interno, gli schemi della norma epica, ormai insufficienti a esprimere le nuove tensioni ideologiche.74

Questa in parte non discutibile interpretazione di Aricò si applica al modello unitario dell’opera tragica, a lungo studiata da Aricò, in cui, a differenza dell’epica, l’unità dell’azione è determinata esclusivamente dai principi della coesione degli episodi nell’insieme. Aricò, tuttavia, non è il solo a schierasi per una simile interpretazione. Un simile opinione si legge ad esempio in Williams: “A basic lack of proportion pervades Statius’ whole work and renders nugatory the laborious schemes devised to show its

73 A. TRAGLIA, G. ARICÒ, a cura di, Opere di Publio Papinio Stazio, Torino, UTET, 1980, pp.

15-52.

74 G. ARICÒ, Stazio, in F. DELLA CORTE, a cura di, Dizionario degli scrittori greci e latini, vol. 3,

symmetrical structure”.75 Tuttavia negli anni Ottanta le opere di Stazio e di

molti dei suoi contemporanei e dei predecessori vengono di nuovo considerate opere disorganiche, basate su corrispondenze oscure e labili. Lucano, Valerio Flacco e Silio Italico sono comunemente valutati autori frammentari.76 Questo approccio, inteso a “giudicare” la struttura dell’opera

epica coinvolge comunque non solo il poema di Stazio, ma tutta la produzione poetica del periodo postaugusteo. Nelle indagini di La Penna, maestro di Aricò, anche il Cesare, il Pompeo e il Catone di Lucano appaiono esemplificazioni di tipi specifici (il tiranno, la vittima, il saggio), mentre i personaggi principali nel dramma senecano sembrano solo figurae monocrome.77

La condanna sommaria e riduttiva avviata dalla filologia del tardo Ottocento e presente in lavori con prospettive e metodologie diverse come quelli di Legras e Helm, permane, come si è visto, ancora nella critica novecentesca sulla Tebaide.78

75 G. WILLIAMS, Change and Decline: Roman Literature in the Early Empire, Sather Classical

Lectures, 45, Berkeley, University of California Press, 1978, p. 252.

76 Tra gli epici dell’età flavia solo Valerio Flacco è considerato diversamente per il ruolo

centrale che nelle Argonautiche viene assegnato a Giasone. Mentre Apollonio aveva fatto di Giasone un eroe problematico e chiaroscurale – quasi un antieroe, – Valerio Flacco riporta il suo protagonista a una scala di elevatezza epica.

77 Secondo LA PENNA l’ampiezza data a episodi secondari o a digressioni dimostra che

non si intende tornare all’unità virgiliana: “[...] i poeti epici del periodo flavio cercano una conciliazione eclettica, un nuovo equilibrio fra unità accentratrice e varietà ottenuta con incastri narrativi e digressioni di altro genere. La Tebaide non ha un protagonista unico; i

Punica danno un forte rilievo a Fabio Massimo e poi a Scipione, ma neppure qui poteva

esserci il protagonista unico; nelle Argonautiche Giasone ha maggior consistenza che in Apollonio e ricalca più di una volta felicemente Enea, ma, dato il tipo di poema, l’accentramento resta debole”.(La cultura letteraria a Roma, Roma-Bari, Laterza, 1986; p. 124, la sottolineatura è mia).

78 H.E. BUTLER, Post-Augustan Poetry from Seneca to Juvenal, Oxford, Clarendon Press,

1909, pp. 18 s., 213 s.; J.J. HARTMAN, De Domitiano Imperatore et de Poeta Statio, in «Mnemosyne», 44, 1916, pp. 338-372; cfr. in part. p. 354; W.C. SUMMERS, The Silver Age of

Latin Literature from Tiberius to Trajan, London, Methuen, 1920, pp. 51 s.; C.H. MOORE,

Prophecy in Ancient Epic, in «HSCPh», 32, 1921, pp. 99-175, in part. cfr. p. 108; J.W. DUFF, A

Literary History of Rome in the Silver Age from Tiberius to Hadrian, London, TF Unwin Limited,

1927, p. 472; E.P. BARKER, Poeta Fit: A Study of Statius, in «PCA», 33, 1933, pp. 26-28; rif. p.

27; A.G. MAHER, a cura di, Edition of Book Eleven of Statius’ Thebaid, London, Diss., 1950, pp.

117-120; T.M. GREENE, The Descent of Heaven: A Study of Epic Continuity, New Haven-

London, Yale University Press, 1963, p. 102; C.W. MENDELL, Latin Poetry: The Age of Rhetoric

and Satire, Connecticut, Hamden, 1967, pp. 13 s.; R.D. WILLIAMS, P. Papini Stati Thebaidos

Alla luce delle nuove prospettive individuate dalla critica secondo- novecentesca – con particolare riferimento agli approcci strutturalisti e gender – emergono i limiti che una lettura – tipo decadente come quella di Aricò comporta.

Il dibattito critico descritto sopra riguardante la strutturazione del poema illumina lo stato generale della critica staziana. Lo si può riassumere con l’acuta osservazione di Frederik Ahl nel saggio Statius’ Thebaid: A Reconsideration (1986), dove lo studioso tenta una sintesi dei principali problemi dibattute dalla critica a proposito del poema:

[...] such absurdity still dominates the criticism of Statius and many other Latin writers, and provides an excuse for neglecting, or dismissing superficially, the individualizing details of a poet’s narrative technique or character portrayal. You begin with the assumption that the poet is mannered; it follows that detail is purely decorative and meaningless.79

Non resta che concordare con William Dominik (“It [la Tebaide] does not lack intellectual strength or thematic unity”)80 in quanto per l’epica flavia

bisogna usare altre categorie rispetto a quelle di unità. Certo che non si può parlare di unità nel senso classico della parola; si tratta piuttosto di un’unità di tipo postclassico, che accanto a saldi meccanismi di coesione comporta anche frammentarietà e disuguaglianze.81

A riguardo dell’unità nella Tebaide, si può affermare che nell’arco della seconda metà del ventesimo secolo, sulle orme dello strutturalismo, la critica staziana ha prodotto notevoli sforzi ermeneutici. Recuperando o sorpassando i filoni interpretativi precedenti, essa ha messo in discussione ambiti esegetici

OGILVIE, Roman Literature and Society, London, Penguin, 1980, pp. 233-234; E. TUROLLA, La

poesia epica di Papinio Stazio, in ID., Poesia e poeti nell’antico mondo. Saggi critici, Padova, CEDAM, 1957, pp. 322-340, in part. pp. 322-324.

79 F.M. AHL, Statius’ Thebaid: A Reconsideration, in ANRW, 2.32.5, 1986, pp. 2803-2912; rif.

p. 2810.

80W.J. D

OMINIK, The Mythic Voice of Statius: Power and Politics in the Thebaid, Leiden-New

York, Brill, 1994, p. xiii.

81 P. VENINI, Sulla struttura delle Argonautiche di Valerio Flacco, in «RIL», 105, 1971, pp.

non sottoposti in passato ad analisi sistematiche e privi di dovuta compiutezza e ha tentato di riproporre una lettura unitaria del poema.