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1. Similitudini nautiche: il Doppio di Eteocle e (è) Polinice

1.5. Doppio e similitudine

Hic, quibus invisi fratres, dum vita manebat, pulsatusve parens et fraus innexa clienti.

Virgilio, Eneide, VI, 608-609.

Nell’episodio dei giochi nemei ai capi dell’esercito argivo viene associata un’altra similitudine nautica che descrive come i marinai si preparano per gradi ad affrontare e vincere tempeste in alto mare (VI, 19-24)314:

ceu primum ausurae trans alta ignota biremes,

313 L’impiego dell’immagine del marinaio in balia della tempesta e il parallelismo delle

espressioni che indicano lo stato d’animo di grande turbamento (arte relicta / ingemit et caecas

sequitur iam nescius undas, III, 29-30 – [...] in saxa ruit nec iam amplius astra / respicit et victam proiecit casibus artem, IV, 452-453) ci consente di collegare la similitudine di Eteocle appena

presa in esame all’ultimo paragone con il nocchiero riferito alla caduta di Polinice nella corsa delle bighe (VI, 451-453): lassa veluti ratione magister / in fluctus, in saxa ruit nec iam amplius

astra / respicit et victam proiecit casibus artem. La similitudine stabilisce un’ulteriore

associazione tra i due protagonisti che mette in evidenza le caratteristiche comuni ed esplicita, mediante il rinvio alle sfortune del marinaio, come la stessa ossessione del potere conduce Polinice alla rovina.

314 H.V. L

OVATT, Statius’ ekphrastic Games. Thebaid 6.531-47, in «Ramus», 31, 2002, pp. 73-

90; rif. p. 82: “Sea imagery is all-pervasive in the Thebaid. It applies particularly to Polinices and the Argive expedition as ships overcome by storm”.

seu Tyrrhenam hiemem, seu stagna Aegaea lacessant, tranquillo prius arma lacu clavumque levesque at cum experta cohors, tunc pontum irrumpere fretae explorant remos atque ipsa pericula discunt;

longius ereptasque oculis non quarere terras.

Le due similitudini si caratterizzano per il riferimento a una situazione sostanzialmente identica, l’inizio della guerra,315 distinguendosi per lo stato

d’animo dei personaggi ai quali vengono riferiti. In particolare, il marinaio Eteocle è rappresentato come un agente passivo: è trascinato dalla forza di Noto dalla poppa: fert (III, 29), sequitur (III, 30), mentre gli Argivi vengono caratterizzati tramite le costruzioni verbali attive: lacessant (VI, 20), explorant (VI, 23), discunt (VI, 23).

Inoltre, Eteocle è presentato nei panni del marinaio inesperto, smarrito, nescius (III, 30), mentre i capi argivi sono paragonati ai marinai che explorant remos (VI, 23) e pericula discunt (VI, 23). Per di più, Eteocle è paragonato al marinaio che vorrebbe tornare alla terraferma (malit terras pugnatque reverti, III, 28), mentre i marinai-alleati di Polinice non rivolgono nemmeno uno sguardo alla terraferma: ereptasque oculis non quarere terras (v. 24).

Queste due similitudini hanno tra loro un rapporto molto stretto, che va al di là della vicinanza e del contenuto simile. La loro complementarità si definisce in primo luogo su un livello stilistico, in relazione al tema che le contraddistingue, la navigazione, e allo spazio, occupato dai rispettivi referenti nel testo, i protagonisti. In secondo luogo, il collegamento tra le due similitudini finisce per amplificare ulteriormente le relazioni fra i due fratelli, mettendone a fuoco un aspetto essenziale: il successo di uno dei due implica necessariamente la sconfitta dell’altro.

L’immagine del nocchiero in balia della tempesta conclude la serie dei paragoni che accostano e oppongono i personaggi di Eteocle e Polinice: dal

315 Sulla funzione della similitudine di anticipare gli eventi e prospettare la rovina futura

cfr. p. es., D. VESSEY, The Games in Thebaid VI, in «Latomus», 29, 1970, pp. 426-441; rif. pp.

libro VII in poi essi verranno menzionati sempre insieme nelle similitudini. Interessante, da questo punto di vista, è la similitudine del libro XI rivolta alle due Furie, Megera e Tisifone, e precedente al momento del duello fra i fratelli (vv. 113-118):316

talia partitae diversum abiere sorores: ut Notus et Boreas gemino de cardine mundi, hic nive Rhipaea, Libycis hic pastus harenis, bella cient: clamant amnes, freta, nubila, silvae, iamque patent strages; plangunt sua damna coloni et tamen oppressos miserantur in aequore nautas.

Significativo è il fatto che a Megera, che assume l’incarico di spingere Polinice al combattimento contro il fratello (tibi pareat impius exsul, v. 109), e a Tisifone, che invece si occupa di Eteocle, siano assimilati gli stessi venti in contrasto (Notus et Boreas, v. 114), a cui venivano paragonati Eteocle e Polinice nel libro I. Il parallelismo lessicale fra diversum abiere (v. 113) che richiama diversa acies del v. 425 del libro VIII, impiegato per la descrizione della battaglia tra gli eserciti nemici, e il nesso diversa trahunt (I, 135) nella similitudine dei due tori rivali sotto il giogo dell’aratro, e […] hinc [...] hinc / vela trahunt (I, 193-194) nella prima similitudine dei venti, accosta quindi ancora una volta i fratelli avversari, sottolineando il rapporto delle identità sdoppiate di Eteocle e Polinice che nell’ultima riga della stessa comparazione vengono uniti mediante il paragone con i naviganti sorpresi dalla tempesta ([…] oppressos miserantur in aequore nautas, v. 118).317

316 L’aberrazione della furia omicida che nulla risparmia è stata tuttavia già anticipata da

una similitudine analoga, in cui lo scontro finale tra Eteocle e Polinice è paragonato alla lotta dei torri rivali (Theb., IV, 397-400) che comunemente abitano il mondo delle similitudini epiche, quali emblemi di eroismo e di fame feroce, ma qui in Stazio fa agire l’alta memoria virgiliana e ovidiana (Verg., Aen., XII, 715-724; Ov., Met., IX, 46-49): […] similes video

concurrere tauros; / idem ambosus honos unusque ab origine sanguis; / ardua conlatis obnixi cornua miscent / frontibus alternaque truces moriuntur in ira.

317 La presenza dei contadini spettatori che contemplano dalla riva il naufragio dei

marinai nel v. 118 sembra che richiami il modello lucreziano: Suave, mari magno turbantibus

L’opposizione tra i due fratelli culmina nella scena del duello, che viene commentato dal poeta, ancora una volta, tramite una similitudine di tipo nautico. L’immagine di navigazione si giustifica col tertium comparationis: Eteocle e Polinice che si scontrano vengono paragonati al naufragio di due navi che, nella tempesta, lottano l’una con l’altra, contro i venti e le tenebre (XI, 518-524)318:

[…] miscentur frena manusque telaque, et ad terram turbatis gressibus ambo praecipitant. ut nocte rates, quas nubilus Auster implicuit, frangunt tonsas mutantque rudentes, luctataeque diu tenebris hiemique sibique, sicut erant, imo pariter sedere profundo: haec pugnae facies.

A differenza delle similitudini precedenti, questa comparazione rappresenta l’immagine del doppio naufragio che corrisponde alla doppia caduta da cavallo di Eteocle e Polinice.319 Numerose sono le espressioni che

descrivono l’incontro e l’interconnessione dei corpi: pariter, miscentur (v. 518), implicuit (v. 521). Anche il v. 528 che descrive i duellanti durante la seconda

voluptas, / sed quibus ipse malis careas quia cernere suave est (De rer. nat., II, 1-4). In Lucrezio uno

spettatore contempla il travaglio di un naufragio. Non partecipa agli eventi, gode soltanto la visione che ha dinanzi. La sua non è una iocunda voluptas, sorta immediatamente dalle tribolazioni altrui, verso cui guarda anzi con commosso distacco. La serena gioia che lo pervade scaturisce dal confronto fra la sicurezza della sua posizione e il pericolo e la rovina degli altri. Analogamente Cicerone: cupio istorum naufragia ex terra intueri (Att., II, 7, 2). Assistere ai pericoli e guai quando si è al sicuro è un’immagine comune tra Greci e Romani.

318 Naturalmente, anche nella comparazione finale riferita ai protagonisti, la metafora

nautica torna per esprimere il significato politico. Cfr. E. FANTHAM, Comparative Studies in

Republican Latin Imagery, cit., p. 126: “The oldest analogy for the state, going back through

Plato (e.g. Rep., 488a) to Aeschylus and Pindar is that of the ship, piloted by the ruler or ruling class. Although this certainly was Greek in origin and appears in Greek oratory, it was naturalized early in Roman rhetoric, e.g., de Inventione I. 3. 4. cum ad gubernacula rei publicae temerarii atque audaces homines accesserant, maxima ac miserrima naufragia fiebant; and the analogy given in Rhet. Her. 4. 57: Uti contemnendus est qui in navigando se quam navem mavult incolumem, ita vituperandus qui in rei publicae discrimine suae plus quam communi saluti consulit. Nave enim fracta, multi incolumes evaserunt; ex naufragio

patriae salvus nemo potest enatare”.

319 S. F

RANCHETD’ESPEREY, Conflit, violence et non-violence dans la «Thébaïde» de Stace, Paris,

parte del duello che svolta a piedi, conferma l’impressione della connessione dei corpi dei fratelli: implicuit innexaeque manus.

La similitudine conclusiva con le navi riferita ai fratelli nemici definisce il nuovo incontrarsi dei fratelli non come integrazione, ma come espulsione da sé di un’essere avvertito come troppo affine, l’angoscia antropologica nei confronti dell’identico. Si potrebbe notare come la metafora nautica riferita alternativamente ad Eteocle e Polinice non sia dovuta a coincidenze casuali, ma rifletta la volontà dell’autore di costruire il rapporto tra Eteocle e Polinice come basato sul meccanismo di parallelismo-opposizione. Si tratta di un unico carattere scomposto in due personaggi, di un’unità ridotta a dualità.

La funzione della similitudine finale, dunque, è quella di confermare che Eteocle e Polinice sono indistinguibili, l’immagine speculare l’uno dell’altro, fatto che trova immediata conferma nei versi successivi: fratris uterque furens cupit adfectatque cruorem / et nescit manare suum (XI, 539-540).320 A proposito

dello scontro finale di Eteocle e Polinice si presenta pertinente l’osservazione di Philip Hardie, che parlando dei diversi tipi di sostituzione nell’epica, tra cui eidolon, umbra, imago afferma: “And in the Theban brothers the confusion and interchangeability of the two opponents naturally reaches its extreme.”321 Nati diversi, come i gemelli Castore e Polluce,322 Eteocle e

320 Cfr. a proposito F.I. ZEITLIN (Under the Sign of the Shield. Semiotics and Aeschylus’ Seven

Against Thebes, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1982, p. 26): “Two sons must «fight not so much to settle the differences between them... but instead to establish through violence a definitive difference – victor – vanquished – by means of which they can be distinguished each from each” [Finema su Girard]. But Eteokles and Polyneikes, by their mode of death, which can be termed reciprocal and reflexive, fail to establish that difference between victor and vanquished, for each is victor and vanquished, for each is victor over the other but each is also vanquished by the other. This is exactly the meaning of their conflict, unlike other conflicts between brothers in Greek myth. That is, issue from an incestuous union cannot establish any difference between its offspring, but can only produce sons who embody the principle of difference, irreconcilable except through their inevitable identical end”.

321 P. HARDIE, The Epic Successors of Virgil. A Study in the Dynamics of a Tradition,

Cambridge, Cambridge University Press, 1993, p. 44.

322 Il caso di Castore e Polluce è paradigmatico nel mostrare gemelli nati con

caratteristiche diverse in seno genetico (l’uno mortale e l’altro di stirpe divina) e in senso caratteriale, che pure tendono costantemente ad assimilarsi – in luogo di distinguersi – fino al rifiuto finale da parte di Polluce di raccogliere la propria eredità divina, rifiuto che va tutto a vantaggio di Castore con il quale il fratello ottiene di poter dividere la sorte.

Polinice giungono infine a essere uguali in tutto e per tutto, e a condividere il medesimo destino.

Sarebbe interessante un confronto tra il duello dei protagonisti staziani e il combattimento di una coppia altrettanto archetipica dei fratelli. Si tratta del combattimento di Castore e Polluce descritto da Valerio Flacco (Arg., III, 186- 189):

Accessere (nefas!) tenebris fallacibus acti Tyndaridae in sese. Castor prius ibat in ictus nescius, ast illos nova lux subitusque diremit frontis apex.

Castore e Polluce, combattendo a morte, non si riconoscono nelle tenebre della notte, ma un raggio miracoloso, riflesso nella corazza di uno di loro, li salva dal compimento del fratricidio (il gioco delle parole è basato sul nefas al v. 186 e nescius al v. 188). Si tratta di un motivo che poteva senz’altro essere colto dai lettori: la fratellanza, rapporto complesso e fragile, specialmente in un contesto come quello romano in relazione alla presa del potere politico. In particolare, sembra significativa, nel caso del brano in esame, la connessione dei Dioscuri con l’immagine della navigazione in quanto arte tesa al bilanciamento degli opposti e legata alla Fortuna: la rappresentazione del rapporto fraterno come rapporto con il doppio allude ad una serie di idee che Stazio e i suoi contemporanei potevano chiaramente riferire alla diarchia.323

In conclusione, si può affermare che le similitudini nautiche appaiono come un luogo deputato a svolgere un’indagine sulle figure dei protagonisti, un’indagine capace di mettere in evidenza “i loro risvolti d’ombra”. Proprio

323 Sulla fratellanza nel contesto romano cfr. C.J. BANNON, The Brothers of Romulus:

Fraternal Pietas in Roman Law, Literature, and Society, Princeton, Princeton University Press,

1997; cfr. in particolare il cap. V “At the Palace”, pp. 174-189, sullo sviluppo della rappresentazione dell’ideale fraterno e dei paradigmi mitologici di Castore e Polluce e dei fratelli tebani nella prima età imperiale. Cfr. inoltre P. HARDIE, Tales of Unity and Division in

Imperial Latin Epic, in J.H. MOLYNEUX, a cura di, Literary Responses to Civil Discord, vol. 1,

nelle comparazioni nautiche è possibile ravvisare infatti, indizi significativi della natura chiaroscurale di Eteocle e Polinice.

Dall’analisi qui condotta risulta che il motivo del viaggio per il mare attraversa tutta la narrazione della Tebaide, ponendosi a cardine della scena nelle similitudini riferite ai protagonisti del poema. Affine alle nozioni di mobilità, dinamismo ed esplorazione dei confini, il cronotopo della nave viene spesso associato nella strutturazione complessiva della narrativa al “passaggio” del protagonista attraverso una sorta di rito iniziatico, che porta alla maturità attraverso l’acquisizione di competenza e conoscenza.324 Nella

Tebaide tuttavia proprio le similitudini nautiche mettono a fuoco come alla fine delle lunghe peripezie i due protagonisti siano indistinguibili tra loro e uguali a se stessi. In termini di macrostruttura, tutto questo rimanda al principio fondamentale della costruzione dei personaggi, basato sulla duplice identità. La ripetizione dell’immagine della navigazione deriva dunque da un preciso intento funzionale e dà luogo a un quadro unitario.

Se lo scenario delle similitudini intese a illustrare le figure dei protagonisti non si discosta molto dai canoni tradizionali, il loro uso è però più complesso: i termini di riferimento diventano prevalentemente psicologici e tendono a infittirsi sia nell’immediato contesto sia nell’ambito più vasto dell’intero poema. La comparazione staziana è integrata il più possibile al testo e rappresenta un efficace mezzo di approfondimento dell’analisi psicologica del personaggio, espandendosi in un ventaglio di significati che tende a interessare il complesso della vicenda.

2. Il velo dell’indovino: ambiguità linguistica e aberrazione familiare nel