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1. Similitudini nautiche: il Doppio di Eteocle e (è) Polinice

1.2. I viaggi al di là della coscienza

Nunc tu mihi es germanus frater pariter animo et corpore. Terenzio, Adelphoe, 957.

Un primo passo, scelto a illustrare questo processo, si trova nel libro I, in cui il personaggio dell’ignoto tebano, l’aliquis, sfruttando l’antico motivo della nave-stato in tempesta, paragona Eteocle e Polinice ai venti in contrasto (vv. 193-196)282:

qualiter hinc gelidus Boreas, hinc nubifer Eurus vela trahunt, nutat mediae fortuna carinae, (heu dubio suspensa metu tolerandaque nullis aspera sors populis!) hic imperat, ille minatur.

La similitudine in questione è inserita in una situazione che descrive un momento cruciale nella narrazione e preannuncia una svolta nella storia dei personaggi, l’inizio della guerra fratricida. I protagonisti vivono un momento dinamico, caratterizzato dal progetto di realizzare un cambiamento significativo rispetto alla condizione precedente: l’espulsione di Polinice e il suo esilio e la presa di potere da parte di Eteocle.

La similitudine delimita quindi il campo metaforico entro cui si svolgerà la caratterizzazione dei protagonisti, l’ambiente marino. Essa definisce la relazione dei due personaggi come opposizione (identico e contrario) che

282 F. C

AVIGLIA (P. Papinio Stazio, La Tebaide. Libro I. Introduzione, testo, traduzione e note a

cura di F. Caviglia, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1973, ad vv. 193-196) nota che “si tratta di

un’immagine usuale nell’epica classica: in Hom., Iliad. XVI, 765 i due venti in contrasto sono Euro e Boreo che lottano: ἐριδαίνετο
 ἀλλήλοιιν
 οὕρεος
 ἑν
 βήσσῃς, in Enn., Ann., 443 Vahl.2 è

descritta la zuffa che si scatena sui flutti marini tra Austro e Aquilone. Borea e Euro in contrasto, come Stazio, descrive Silio Italico (Pun., 4, 322). Cfr. anche VERG., Aen. II, 315; X,

356. Come ha notato H.-A. LUIPOLD (cit., p. 27 sgg.) hanno particolare interesse per il nostro

passo Ov., Met. 1, 57 sg. e 6, 693 sgg. là dove il poeta, parlando delle origini della rivalità fra i venti, adopera rispettivamente le espressioni discordia fratrum (1, 60: i primi venti “fratelli” di cui è ricordata la discordia sono appunto Borea ed Euro) e idem ego (scil. Boreas) cum fratres

caelo sum nactus aperto ... È dunque da Ovidio che Stazio ha tratto lo spunto per assimilare la

verrà poi ampliata nelle similitudini successive. Entrambi i personaggi appaiono come l’ipostasi della dualità (Borea e Austro), dell’unità (entrambi sono venti), dell’uno e del duplice, impossibile sintesi dell’io e dell’altro, dell’identità e dell’alterità (i venti contrari).

La duplice natura dei protagonisti si manifesta dunque a un livello esteriore. Siamo tuttavia nella fase anticipatoria della manifestazione del doppio: esso è l’immagine contraria, con caratteristiche (gelidus-nubifer) e comportamenti opposti (i venti infatti trascinano la nave in due direzioni inverse: […] hinc gelidus Boreas, hinc nubifer Eurus / vela trahunt, vv. 193-194). Tale opposizione nella descrizione dei caratteri di Eteocle e Polinice, basata sulla collisione dell’identico-contrario, viene rafforzata dalla similitudine immediatamente precedente, nella quale i due fratelli sono paragonati a due tori che si ribellano al giogo (I, 131-138):

sic ubi delectos per torva armenta iuvencos agricola imposito sociare adfectat aratro, illi indignantes, quis nondum vomere multo ardua nodosos cervix descendit in armos, in diversa trahunt atque aequis vincula laxant viribus et vario confundunt limite sulcos: haud secus indomitos praeceps discordia fratres asperat.

Oltre alle corrispondenze lessicali (hinc […] hinc […] / trahunt, vv. 193-194 - diversa trahunt atque laxant, v. 135), i tratti paralleli non sono pochi: anche qui Eteocle e Polinice sono accomunati tramite il paragone con lo stesso animale (delectos […] iuvencos, v. 131) e al tempo stesso divisi da un profondo odio (indomitos […] fratres, v. 137).283

283 Alla comparazione di Eteocle e Polinice con i due tori che si ribellano sotto il giogo si

contrappone un’altra similitudine di Polinice e Tideo che li paragona ai due tori affiancati nel lavoro. Per l’analisi del passo cfr. L. SCOTTO DI CLEMENTE, Le similitudini con il toro nella

Per cogliere ancora meglio il significato della similitudine riferita ai protagonisti della Tebaide, conviene prendere rapidamente in analisi un precedente: si tratta di un brano di Omero (Il., XIII, 701-708):

Αἴας
δ’
οὐκέτι
πάµπαν,
᾿Οϊλῆος
ταχὺς
υἱός,
 
 ἵστατ’
ἀπ’
Αἴαντος
Τελαµωνίου
οὐδ’
ἠβαιόν,

 
 ἀλλ’
ὥς
τ’ἐν
νειῷ
βόε
οἴνοπε
πηκτὸν
ἄροτρον
 
 ἶσον
θυµὸν
ἔχοντε
τιταίνετον·
ἀµφὶ
δ’ἄρα
σφι
 
 πρυµνοῖσιν
κεράεσσι
πολὺς
ἀνακηκίει
ἱδρώς·
 
 τὼ
µέν
τε
ζυγὸν
οἶον
ἐΰξοον
ἀµφὶς
ἐέργει
 
 ἱεµένω
κατὰ
ὦλκα·
τέµει
δέ
τε
τέλσον
ἀρούρης·
 
 ὣς
τὼ
παρβεβαῶτε
µάλ’
ἕστασαν
ἀλλήλοιιν.



Sebbene il motivo trattato sia lo stesso, tra i due brani c’è una differenza profonda284: mentre Omero si serve della similitudine con i buoi per rendere

l’immagine della concordia che unisce i due Aiaci, in Stazio la comparazione rappresenta i due fratelli divisi dalla discordia. Infatti, l’espressione vario confundunt limite sulcos (v. 136) è opposta all’omerico τὼ
 µέν
 τε
 ζυγὸν
 οἶον
 ἐΰξοον
ἀµφὶς
ἐέργει
/ ἱεµένω
κατὰ
ὦλκα·
(vv. 706-707).

Luipold ha invece notato nel nesso illi indignantes (v. 133) la ripresa di un’espressione virgiliana in cui il nesso è adoperato a proposito dei venti che Eolo si sforza di domare: illi indignantes magno cum murmure montis / circum claustra fremunt (Verg., Aen., I, 55-56). Si tratta di un brano che, a sua volta, è servito a Stazio come modello per l’accostamento dei personaggi ai venti in contrasto.285

Il rapporto istituito dalla similitudine staziana con i suoi illustri precedenti, da una parte, e i richiami all’interno della Tebaide, dall’altra, mettono in chiaro fin dall’inizio del poema le dinamiche relazionali che

FRANCHET D’ESPEREY, Conflit, violence et non-violence dans la «Thébaïde» de Stace, Paris, Les Belles Lettres, 1999, pp. 151-154.

284 A.-M. T

AISNE (L’esthétique de Stace: la peinture des correspondances, cit., pp. 142-143) nota

che il motivo della competizione dei due tori è stato spesso utilizzato dai predecessori di Stazio per caratterizzare la rivalità politica o amorosa dei personaggi. Cfr., Soph., Tr., 517- 530; Ap. Rod., Arg., II, 88-89; Verg., Aen., XII, 103-106, 715-722; Geo., III, 215-234; Ov., Met., IX, 46-49; Luc., Phars., II, 601-607.

intercorrono fra Eteocle e Polinice: si tratta di un rapporto basato sul contrasto di uguaglianza e contrarietà, di unità e divisione.

Nonostante l’impressione che la similitudine insista sull’opposizione tra i due protagonisti, il verso 196 hic imperat, ille minatur, con il verbo minatur riferito a Polinice, funziona come prefigurazione di una sua possibile identità: nel caso che fosse egli a reggere il timone del potere, non sarebbe affatto diverso dal fratello. Superando i limiti dello spazio propriamente diegetico, la similitudine favorisce un’oscillazione nella comprensione dello statuto di Polinice, poiché preannuncia il suo atteggiamento tirannico e suggerisce per la prima volta il potenziale interscambio delle identità tra i fratelli.

La similitudine successiva è riferita a Polinice che, essendo già in esilio, si reca ad Argo e, nell’occasione, viene paragonato a un navigante sorpreso in mare da una tempesta (I, 370-377):

ac velut hiberno deprensus navita ponto,

cui neque Temo piger neque amico sidere monstrat Luna vias, medio caeli pelagique tumultu

stat rationis inops, iam iamque aut saxa malignis expectat summersa vadis aut vertice acuto spumantes scopulos erectae incurrere prorae: talis opaca legens nemorum Cadmeius heros accelerat, […].

Intercorre una stretta relazione tra la similitudine e il contesto: pochi versi prima è stato comunicato che il viaggio di Polinice si svolge nel silentium della notte: […] per nigra silentia vastum / haurit iter (vv. 368-369). Nella similitudine ci troviamo in effetti di fronte alla Luna che non illumina con la luce amica la rotta del nocchiero: […] neque amico sidere monstrat / Luna vias

(vv. 371-372).286 La rappresentazione della nave e del tempo burrascoso,

come anche la descrizione dei paesaggi deserti o invernali diventano l’allegoria immediata e stabile della disgrazia politica e dell’esilio nella poesia romana.287 La tempesta allegorica fu considerata immagine quanto

mai appropriata alla retorica dell’esilio.

Nella similitudine predomina dunque l’idea della navigazione come sofferenza, come una serie di prove per l’eroe protagonista, che resta però tutto proiettato verso il ritorno a casa. Dal punto di vista del personaggio il viaggio per il mare è un ostacolo, un elemento negativo e ritardante. Sembra opportuno ricordare l’osservazione di Hanz Blumenberg che, nel saggio Naufragio con spettatore (1979) ripercorre attraverso i secoli e le letterature le trasformazioni e le implicazioni socio-culturali della metafora della navigazione e del naufragio:

Due premesse determinano soprattutto la pregnanza della metaforica di navigazione e naufragio: il mare come confine assegnato dalla natura allo spazio delle imprese umane e, d’altro canto, la sua demonizzazione come sfera dell’imprevedibilità, dell’anarchia, del disorientamento. Fin nell’iconografia cristiana il mare è il luogo dell’epifania del male, anche con tratto gnostico di una figurazione della materia bruta che tutto inghiotte e riprende in sé. [...] Nella sua forma pura l’andar errando è un’espressione per l’arbitrio delle potenze scatenate: la ricusazione del ritorno in patria – come accade ad

286 F. CAVIGLIA (P. Papinio Stazio, La Tebaide. Libro I, cit., ad loc.) nota che la similitudine in

esame riecheggia la similitudine di Valerio Flacco (Arg., II, 43 ss.) del viandante smarrito in terra ferma. La descrizione della notte oscura in cui si svolge il viaggio di Polinice può inoltre ricordare la memoria dell’ultima notte a Roma prima dell’esilio di Ovidio: cum subit

illius tristissima noctis imago (Tr., I, III, 1).

287 Cfr., ad. es., Cic., Pro Sestio, 45-46; Fam., I, 9; Hor., Carmina, I, 14; Ov., Rimedia Amoris,

447; Tr., I, 2, 52-56; III, 10, 37. Cfr. a proposito J.M. CLAASSEN, Ovid’s Poetic Pontus, in Papers of

the Leeds International Latin Seminar, 6, 1990, pp. 65-94; R. DEGLI INNOCENTI PIERINI, Echi delle

elegie ovidiane dall’esilio nelle consolationes ad Helviam e ad Polybium di Seneca, in «SIFC», 52,

Odisseo -, il vagare senza meta ed infine il naufragio, nel quale l’affidabilità del cosmo diventa dubbia e viene anticipato il suo controvalore gnostico.288

Anche nel passo in questione, la rappresentazione del nocchiero smarrito nel mare in tempesta durante una notte d’inverno ha un carattere puramente simbolico289 e serve piuttosto a proiettare all’esterno l’inquietudine interiore

e l’incertezza del personaggio.290 In termini psicologici lo stato d’animo di

Polinice può essere spiegato come segue: l’eroe vede in suo fratello un ostacolo per la realizzazione del desiderio di regnare. La minaccia rappresentata da Eteocle causa un perturbamento della razionalità, una tempesta di dubbio e il dissolversi dei suoi punti di riferimento: stat rationis inops (v. 373)291, iam iamque aut saxa malignis / expectat […] aut vertice acuto /

spumantes scopulos erectae incurrere prorae (vv. 373-375). Qui, per la prima volta, Polinice viene presentato come vittima, ed Eteocle come persecutore, ed è tale persecuzione del fratello-doppio che fa impazzire l’eroe. Henderson, commentando lo stato d’animo di Polinice, opportunamente osserva che pulsat metus undique et undique frater (v. 369) sta per significare “total(ized) Obsession”, “the collapse of your categories, the impossibility of maintaining a direction”.292 È dunque l’immagine sfuggente, ma al tempo stesso anche

incombente, del fratello più fortunato che ossessiona Polinice, come si vedrà in seguito.

288 H. BLUMENBERG, Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora dell’esistenza (ed. or.

Schiffbruch mit Zuschauer. Paradigma einer Daseinsmetapher, Frankfurt am Mein, Suhrkamp,

1979), Bologna, Il Mulino, 1985, p. 28.

289H.-A. LUIPOLD, Die Brüder-Gleichnisse in der Thebais des Statius, cit., p. 36.

290 A.-M. TAISNE (L’esthétique de Stace. La peinture des correspondances, cit., p. 150) nota che:

”Comme Euripide, Lucain et surtout Sénèque, Stace donne un sens symbolique très puissant à ces comparaisons qui traduisent l’état d’esprit des deux princes dominés par la fatalité de leurs passions. […] Polynice affronte à la fois une tempête extérieure et intérieure sur le chemin d’Argos […]”.

291 Cfr. varios incerta per aestus / mens rapit undantem curis nella similitudine nautica riferita

all’inquietudine e perplessità di Giasone nelle Argonautiche di Valerio Flacco dopo l’approdo in Colchide e nella vigilia dell’incontro con Eeta (V, 302-303). Cfr. F. CAVIGLIA (Similitudini in

Valerio Flacco: sotto il segno di Medea, in «Aevum(ant)», n.s. 2, 2002, pp. 3-35; rif. p. 9): “La

similitudine costruisce un Giasone ‘naufrago di mente’, oggetto passivo di incontrollabili forze scatenate dalla volontà divina, proprio come un Argonauta sul mare in tempesta”.

292 J. HENDERSON, Statius’ Thebaid / Form Premade, in «PCPhS», 37, 1991, pp. 30-80; rif. p.