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I protagonisti nella tradizione: fonti e modelli letterari

3. Meccanismi e funzioni del personaggio duplicato nella Tebaide

3.1. I protagonisti nella tradizione: fonti e modelli letterari

Per capire meglio lo statuto di Eteocle e Polinice nell’ambito della generale costruzione del poema sarà utile richiamare brevemente la caratterizzazione e la genesi dei personaggi.

Fra gli antecedenti che hanno senza dubbio fatto da riferimento alla Tebaide di Stazio, hanno particolare rilievo i Sette contro Tebe di Eschilo. Nella versione eschilea dei due fratelli, Polinice, assecondando l’etimologia del nome stesso, viene presentato colpevole ed Eteocle come il sovrano legittimo.176 La teoria dell’Opfertod177 considera Eteocle addirittura difensore

176 L. GOLDEN, The Character of Eteocles and the Meaning of the Septem, in «CPh», 59, 1964,

pp. 79-89; G.M. KIRKWOOD (Eteocles Oiakostrophos, in «Phoenix», 23, 1969, pp. 9-25) insiste

della polis, per la cui salvezza egli si sacrifica affrontando con onore e statura quasi omerica il fratricidio alla settima porta di Tebe. Questa tesi, che però non trova alcun concreto supporto testuale, è stata confutata da Dawe, Ferrari e Cameron178 che hanno notato la mancanza di coesione e armonia

interne e il carattere problematico del personaggio di Eteocle.

Leggendo i Sette contro Tebe con particolare attenzione alla trama lessicale (si noti infatti che gli stessi termini chiave vengono usati sia per Eteocle sia per Polinice, o che il prefisso αὐτο-
invece di αλληλο-
designa costantemente i rapporti tra loro due, spia di una reciprocità riflessiva che è alla fine identità) si potrebbero già scorgere indizi di un terribile annullamento di differenze tra i fratelli, dilatato, a livello cosmico, in un’inquietante coincidentia oppositorum.

Così, prima del duello Eteocle stesso sottolinea che entrambi i pretendenti al trono tebano si trovano in una situazione identica: ἄρχοντί
 τ’ἄρχων
 καὶ
 κασιγνήτῳ
κάσις
/
ἐχθρὸς
σὺν
ἐχθρῷ
στήσοµαι
(vv. 674-675). I figli di Edipo che si combattono sono chiamati ὁµόσποροι, “seminati insieme”:
 [...]
 βασιλέῳν
 δ’ὁµοσπόροιν
/
Ἅνδρες
τεθνᾶσιν
ἐκ
χερῶν
αὐτοκτόνων
(v. 804). Petre osserva che l’immagine positiva dell’Eteocle eschileo, difensore della città, viene a mancare perché l’eroe accetta la sfida del duello non per difendere la Δίκη come egli sostiene (vv. 664-671), ma per la rivendicazione di sé stesso:

[...] le sage timonier du navire de la cité, le citoyen par excellence, qu’était Etéocle durant les premiers cents et quelques vers du drame devient brusquement délirant lui aussi (vv. 686-689), pareil aux guerriers impies qu’il

alla fine, nonostante la morte, il vincitore, il campione di Tebe e non porterebbe in sé nessun elemento auto-distruttivo.

177 Questa tesi che però non trova alcun concreto supporto testuale, fu avanzata per la

prima volta da O. KLOTZ, Zu Aeschylus’ thebanischer Tetralogie, in «RhM», 72, 1917-1918, pp.

616-625, ripresa da M. POHLENZ, Die griechische Tragödie, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 19542 e da G. PERROTTA, I tragici greci, Bari, Laterza, 1931, pp. 25-34, 66-76.

178 R.P. DAWE, Inconsistency of Plot and Character in Aeschylus, in «PCPhS», 9, 1963, pp. 21-

62; F. FERRARI, Eteocle tragico e il tragico dei Sette contro Tebe, in «ASNP», s. III, 2, 1972, pp.

141-171; H.D. CAMERON, Studies on the Seven against Thebes, Paris, The Hague-Mouton,

1970, p. 45. E. JACKSON (The Argument of Septem contra Thebas, in «Phoenix», 42, 1988, pp.

287-303) sottolinea gli aspetti contraddittori presenti nel ritratto del cosidetto “salvatore” di Tebe, la rottura del tabù dell’integrità famigliare.

condamnait et pareil à son frère, ὅµοιος
 τῷ
 κάκιστ’ αὐδωµένῳ (v. 679). En choisissant de combattre Polynice, il s’exclut lui-même des cadres de la cité, réalisant ainsi la malédiction qui pesait sur sa race.179

Nei tragici che seguono Eschilo, il mito va prendendo nuova forma: presso Sofocle, Polinice, in quanto maggiore di età, non può non prevalere su Eteocle (OC, v. 1294). In Euripide, e propriamente nelle Fenicie, i ruoli dei due fratelli vengono sovvertiti nella dinamica dell’azione drammatica: Eteocle si afferma nel carattere di tiranno, Polinice, esplicitamente il fratello minore (vv. 71-72), diventa l’innocente tiranneggiato. L’esule, che ama la patria (vv. 356 ss.), benchè spinto anche dal desiderio di ricchezza (vv. 440-443), Polinice resta per l’autore personaggio più attraente rispetto a Eteocle.180 Nelle Fenicie

e nelle Supplici euripidee si avverte dunque una netta contrapposizione dell’eroe positivo a quello negativo.

Una dinamica analoga della distribuzione di funzioni si trova in un altro modello della Tebaide, il Tieste di Seneca, incentrato anch’esso sul conflitto fraterno. Se si accetta la tesi della conversione stoica di Tieste e della sua radicale diversità dall’eroe negativo,181 la personalità di Atreo, ossessionato

dall’idea della vendetta, si contrappone alla figura Tieste, desideroso di pace, serenità e quiete. Atreo è una figura psicologicamente aberrante, si fa trascinare da ciò che immagina, segue le proprie efferate fantasie. Ha perso il contatto con la realtà, osserva il mondo e lo fraintende: potere e odio

179 Z. PETRE, Thèmes dominants et attitudes politiques dans the Septs Contre Thèbes d’Eschyle,

in «StudClas», 13, 1971, pp. 15-28; rif. pp. 22-23. A proposito della simmetria degli eroi di Eschilo cfr. inoltre F.I. ZEITLIN, Under the Sign of the Shield. Semiotics and Aeschylus’ Seven against Thebes, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1982, p. 37.

180 Cfr. Eur., Phoen., 257-260, 438-442, 511 ss., 690-783. La simpatia di Euripide nei

confronti di Polinice non è attestata nelle altre fonti: cfr. D.J. MASTRONARDE, Euripides.

Phoenissae, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, p. 28; P. VENINI, Studi sulla Tebaide di Stazio. L’imitazione, in «RIL», 95, 1961, pp. 371-400.

181 Cfr. R.J. TARRANT, Seneca’s Thyestes edited with Introduction and Commentary by R.J.

Tarrant, Atlanta, Scholar Press, 1985; A.J. KEULEN, Troades. L. Annaeus Seneca. Introduction,

Text, and Commentare by A.J. Keulen, Leiden, Brill, 2001; B. MARTI, Seneca’s Tragedies, A New

Interpretation, in «TAPhA», 76, 1945, pp. 216-245; J.P. POE, An Analysis of Seneca’s Thyestes,

«TAPhA», 100, 1969, pp. 355-376; E. PETTINE, Studio dei caratteri e poesia nelle tragedie di Seneca.

Le Troiane, Salerno, Kibotion, 1974, pp. 242 ss.; C. MONTELEONE, Il “Thyestes” di Seneca.

costituiscono insieme la droga che lo eccita e che lo rende cieco. Egli si costruisce l’immagine di Tieste, proiettando su di lui le sue proprie caratteristiche e il ricordo dei crimini del lontano passato, e pertanto se lo configura indomito, aggressivo e assetato di vendetta, dominato dalla libidine del potere (vetus regni furor, v. 302) e pronto a qualsiasi delitto. Di conseguenza la vendetta gli appare una necessità ineludibile per la stabilità e la sicurezza del proprio potere, mezzo necessario per prevenire l’avversario.182 Tieste invece, avendo voltato le spalle alla reggia, riesce a

trovare la serenità lontano dal trono. Mentre per Atreo il potere è una condizione galvanizzante, in quanto moltiplica insieme forza e rischi, prevaricazione e emozioni, per Tieste è soltanto occasione e sinonimo di diffidenza e di timori.183 I due personaggi si trovano quindi l’uno di fronte

all’altro in una tragica antitesi di sentimenti forti e intensi. Alla fredda perfidia e all’odio implacabile di Atreo fanno riscontro il fiducioso abbandono e l’indulgenza di Tieste.

Diversa invece l’opinione di Irene Frings sul problema della distribuzione della colpa tra i fratelli.184 La studiosa considera legittimo il diritto di Atreo

di punire il fratello criminale, ma assolutamente esecrabile il ruolo di assassino da lui assunto per vendicarli. La Frings è attenta a sottolineare come anche Tieste sia colpevole: la seduzione di Erope, la sottrazione illegittima del vello d’oro, simbolo del potere di Atreo. Frings mostra, con un’analisi ben documentata, come Tieste, pur purificato dalle sofferenze, è stoicamente indifferente al potere, di cui torna poi a subire la presenza occulta in se stesso (il che accade, per esempio, nella scena in cui Tieste incontra il fratello dopo il periodo dell’esilio, ed è pieno di furor, vv. 404- 545185). La studiosa in tal modo vede nel Tieste alcuni ingannevoli rimbalzi di

ragione e torto, di positivo e negativo tra Atreo e Tieste fino allo

182 Cfr. vv. 201-202, 314-316, 918, 1104-1109.

183 U. ALBINI, Geometria e crudeltà nel “Tieste”, in «PP», 42, 1987, pp. 321-327.

184 I. FRINGS, «Odia fraterna» als manieristisches Motiv: Betrachtungen zu Senecas Thyest and

Statius’ Thebaid, Stuttgart, Steiner, 1992, 2 (AbhMainz).

smascheramento finale dell’identità sostanziale dei due fratelli nelle parole di Tieste (stare circa Tantalum / uterque iam debuimus, vv. 1011-1012) e in quelli di Atreo (vv. 1104-1110): uno smascheramento già annunciato da indizi precedenti (vv. 193-204a; 271-272; 639-640). Secondo l’interpretazione di Frings: “Das Ende des Dramas macht deutlich, daß kein moralischer Unterschied mehr zwischen beiden besteht”.186 La studiosa dunque nota la

tendenza di entrambi gli autori a sfumare la distinzione morale tra le coppie di protagonisti (cfr. vv. 271-272: dignum est Thyeste facinus et dignum Atreo, / quod uterque faciat).

Fra i modelli letterari di Stazio vi è certamente anche il Seneca delle Fenicie, nelle quali la discordia fraterna viene rappresentata in tutto il suo orrore. La tragedia mostra Eteocle tiranno e assetato esclusivamente di potere,187 senza che Polinice si trova a condividere questa colpa. Secondo i

desideri di Eteocle, suo fratello deve appartenere alla turba degli exules (v. 653); la norma dell’agire di Eteocle è che imperia pretio quolibet constant bene (v. 665).

In tal modo, sia che ricreasse il mito, sia che lo sfrondasse di particolari, Stazio perseguiva scopi precisi e ben evidenti: modernizzare il mito medesimo, adattarlo alle sue capacità artistiche, avvicinarlo alla sensibilità dell’epoca flavia. A questi scopi s’ispira senza dubbio l’accantonamento di versioni arcaiche oramai superate, il ricorso ai modelli poetici più attuali,

186 Ivi, p. 36. Quanto alla tragedia latina, in base di una testimonianza ciceroniana (De nat.

deor., III, 68) sappiamo che già Accio, nell’Atreus - fonte di ispirazione per Seneca - doveva

precipitare i due fratelli rivali in un’identica abiezione morale, con effetti altamente patetici di negatività assoluta, se, come sembra, l’iniziativa del ritorno veniva qui attribuita allo stesso Tieste, finto supplice, per tramare insidie contro il fratello. Cfr. A. LA PENNA, Atreo e

Tieste sulle scene romane (Il tiranno e l’atteggiamento verso il tiranno), in ID., Tra teatro, poesia e

politica romana, Torino, Einaudi, 1979, pp. 127-141 (= Studi in onore di Quintino Cataudella,

Catania, Università di Catania, Facoltà di lettere e filosofia, 1972, I, pp. 357-371).

187 È sintomatico osservare come nelle ultime parole rimaste delle incompiute Fenicie

senecane Eteocle dichiari la sua teoria del potere: per il regno si può sacrificare tutto, addirittura il regno stesso: Imperia pretio quolibet constant bene (v. 664). A. BARCHIESI nel

commento nota infatti come la rappresentazione del potere diventi nelle Fenicie sempre più perversa rispetto all’Edipo, “sia per gli effetti perversi dell’incesto, sia per la crescita del furor. Temere ed essere temuti era per Edipo una tormenta necessità, ed è ora per Eteocle addirittura una legge cosmologica, un’empia teodicea.” (A. BARCHIESI, a cura di, Seneca. Le

l’eliminazione dei passaggi di più astrusa dottrina che appesantivano il discorso, a vantaggio degli effetti drammatici, retorici, descrittivi.

Dalle fonti della Tebaide che riguardano il nucleo mitico della legenda tebana, si evince, in primo luogo, che per tutti i precedenti di Stazio non si pone il problema del protagonista duplicato (nella tragedia di Eschilo il nome di Polinice non appare nemmeno nell’elenco delle dramatis personae). In secondo luogo, il modello di caratterizzazione dei personaggi resta sostanzialmente quello asimmetrico,188 cioè un protagonista forte sul primo

piano, e i numerosi personaggi minori integrati nella storia come individui subordinati. In terzo luogo, l’elemento a mio giudizio più interessante, i modelli di Stazio presentano le coppie fraterne che nell’odio reciproco sono responsabili di delitti, ma le caratterizzano come differenti a livello di colpa, con la possibile eccezione dei fratelli nei Sette contro Tebe di Eschilo e nel Tieste di Seneca.