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4. Nuovi modelli teorici del personaggio letterario

4.3. La lettura mimetica del personaggio

Lo strutturalismo non rappresenta l’unico paradigma di riflessione estetica sulla nozione di personaggio del Novecento. Il rinnovamento dello statuto dei personaggi di finzione richiede una nuova modalità di lettura e dei nuovi procedimenti di ricerca.

Attorno al 1920, nell’ambito delle esperienze narrative di Pirandello, Joyce, Kafka, Virginia Woolf, Faulkner, Sartre e Camus, vengono modificate sia la struttura del romanzo sia i ruoli dei personaggi. Il cambiamento è dovuto, ovviamente, al mutamento del rapporto fra personaggio e società. Ciò che colpisce è l’assoluta scissione fra la coscienza individuale e l’ordine dell’universo: i personaggi della narrativa moderna “emergono da

98R. B

ARTHES, S/Z, Paris, Seuil, 1970, p. 69.

99 Ivi, p. 74. 100 Ivi, p. 74.

profondità psichiche oscure e insondabili”,101 fenomeno che Salvatore

Battaglia definisce “il tramonto dell’antropocentrismo”.102 Questi personaggi

si trovano allo stato di dormiveglia: la loro situazione non è tanto irrazionale, quanto semplicemente alogica. Dal fondo della sua psiche risalgono sensazioni, immagini, ricordi, reazioni, presentimenti, locuzioni allo stato caotico, ancora immersi nel pantano della semicoscienza e dell’irresponsabilità.103 Il personaggio viene dissolto e annientato. 104

Riprendendo Stara a proposito del destino del personaggio postmoderno:

Il destino di questi nuovi personaggi sarà dunque quello di lottare per mettersi di nuovo sulla strada dell’autenticità, per aggirare l’ostacolo e ricominciare da capo; per riuscirvi, dovranno però scoprire cosa si nasconda dietro il velo delle paramnesie, delle prove che testimoniano il falso, di reperti che sembrano insignificanti ma che misteriosamente si trascinano dietro da anni, di parole o di immagini che arrivano dal passato cariche di un senso opaco che essi non sono più in grado di interpretare.105

Assieme al cambiamento dello statuto del personaggio nella narrativa moderna e postmoderna, nasce un nuovo modo di affrontare il problema del

101 S. BATTAGLIA, Mitografia del personaggio, Milano, Rizzoli, 1970, p. 471. 102 Ivi, pp. 504-505.

103 Ivi, p. 499: “Il protagonista pertanto non è l’uomo in quanto unità e organistmo

psichico, bensì un atomo di quest’inferno anarchico di cose, fatti, eventi, passioni, violenze, anomalie, assurdità. Tanto Proust quando Joyce hanno aperto al romanzo le strade misteriose, ardue, labirintiche della realtà, che suggestiona la partecipazione e la comprensione dell’uomo, per lasciare l’una e l’altra incompiute ed equivoche”.

104 La tendenza dominante nella letteratura del Novecento a dissolvere la compattezza dei

personaggi delle opere di finzione in una quantità di dettagli viene notata dal critico italiano Giacomo DEBENEDETTI sia nei suoi tentativi narrativi, sia nelle interpretazioni delle opere dei grandi scrittori della modernità. Fra le molte dichiarazioni cito una delle più stringenti, compresa nella Commemorazione provvisoria del personaggio uomo: “Il personaggio classico, omogeneo, compatto, dalla sagoma d’ingombro balzacchiana, era sostituito da un succedersi di atomi psicologici e figurativi o figurali, dotati di una straordinaria autonomia, anche se venivano imputati a quel luogo geometrico, o emblema collettivo, o comune denominatore, che sembrava conservare i diritti, le patenti, l’investitura del personaggio classico”. (In Saggi

critici, F. CONTORBIA, a cura di, Milano, Mondadori, 1982, pp. 70-71).

105 A. STARA, Ultime notizie dal Parco (personaggi senza destino), relazione tenuta al

convegno «Il personaggio: figure della dissolvenza e della permanenza», Torino, 14-16 settembre 2006, p. 17.

personaggio che, secondo la definizione di Arrigo Stara,106 chiamiamo la

‘linea dell’essere’. Questo tipo di indagine recupera la componente della mimesi platonica, l’imitazione diretta della realtà, e pone nuovamente l’accento sullo statuto ontologico e sulla dimensione antropomorfica del personaggio.

In questa direzione sembra orientarsi Edgar Morgan Forster, uno dei più autorevoli esponenti del New Criticism, il quale, ancora consapevole che i personaggi non siano altro che word-masses, conferma in Aspetti del romanzo

107: “le persone della vita quotidiana” e “le persone dei libri”, nella loro

assoluta diversità, non sono però tali da non potere essere neppure comparate. Concludendo il confronto tra l’Homo Sapiens e l’Homo Fictus, uno degli aspetti del romanzo, Forster scrive:

L’Homo Fictus è meno afferrabile del suo cugino. È prodotto dal cervello di centinaia di differenti romanzieri, che hanno metodi di gestazione contrastati, dunque sul suo conto non si deve generalizzare. Ma qualche cosa però possiamo dirne. Di solito nasce fra le quinte, ma è capace di morire in scena: ha necessità di poco cibo e di poco sonno; i rapporti umani lo occupano senza tregua. E, cosa più importante, sul suo conto possiamo saperne più che sul conto di qualsiasi altro essere umano, poiché il suo creatore e il suo biografo sono la stessa persona. Fossimo inclini all’iperbole, a questo punto niente ci tratterrebbe dall’esclamare: “Se dio potesse narrare la storia dell’Universo, l’Universo diventerebbe romanzesco”. Tale è infatti il principio sottinteso.108

Homo Fictus rappresenta dunque una specie di razza parallela all’Homo Sapiens: come l’esser umano, il personaggio conduce la propria vita e tende a volte ad acquistare una tale autonomia all’interno del testo, da essere da esso estrapolato e esistere indipendentemente.

106 A. STARA, L’avventura del personaggio, Firenze, Le Monnier, 2004, pp. 215 ss.

107 E.M. FORSTER, Aspetti del romanzo (ed. or. Aspects of Novel, Cambridge, The Provost and

Scholars of King’s College, 1927), Milano, Garzanti, 2000, pp. 55-90.

Estremizzando, Baruch Hochman nel volume Character in Literature del 1985109 scrive che “characters in literature have more in common with people

in life than contemporary discourse suggests”. Tale concezione tradizionale del personaggio risulta inadeguata non solo per l’analisi della narrativa postmoderna, ma di qualsiasi testo letterario, in quanto la rappresentazione del carattere viene percepita come processo naturale e non come un’insieme delle convenzioni del genere letterario.

Altrettanto discutibile (ma finora dominante nella critica anglo- americana110) risulta anche la classificazione forsteriana dei personaggi piatti

e i personaggi a tutto tondo. I primi sono provvisti di pochi tratti e caratteristiche e sono sempre uguali a se stessi; i secondi invece sono caratterizzati da un insieme complesso e mobile di tratti, e quindi con la possibilità di evolversi nel corso della vicenda, di costruire una propria individualità.

Riassumendo questo dibattito, si può dire che il personaggio moderno (e postmoderno)111 si affermi come fortemente mimetico. Il suo statuto è

equivoco, ibrido e ambivalente: egli viene considerato sia nella sua qualità di “être de papier” sia come “construction du texte e illusion de personne”,112

come autonomo ma al tempo stesso costituito dal testo e senza di esso non esistente: “character in itself does not exist unless it is retrieved from the text by our consciousness, together with everything else in the text.”113

109 B. HOCHMAN, Character in Literature, Ithaca, Cornell University Press, 1985, p. 7.

110 In W. BOOTH il personaggio “piatto” è diventato “vuoto” e “convenzionale” (The

Rhetoric of Fiction, Chicago, University of Chicago, 1961, p. 13); R. WELLEK e A. WARREN

sottintendono “piatto” come personaggio statico, invece personaggio “tondo” quello dinamico (cfr. Theory of Literature, Harmondsworth, Penguin, 1949, p. 219). Una tassonomia più sofisticata viene elaborata da HOCHMAN nel Character in Literature Il critico identifica otto coppie di aggettivi per distinguere il carattere piatto e il carattere tondo: Stylization / Naturalism; Coherence / Incoherence; Wholeness / Fragmentariness; Literalness / Symbolism; Complexity/ Simplicity; Transparency /Opacity; Dynamism / Staticism; Closure /Openness (Character in Literature, cit., p. 90).

111 Sul personaggio postmoderno cfr. A. FOKKEMA, Postmodern Charaters: A Study of

Characterization in British and American Fiction, Amsterdam-Atlanta, Rodolpi, 1991; cfr. inoltre

R. CESERANI, Raccontare il postmoderno, Torino, Bollati Boringhieri, 1997.

112 V. JOUVE, L’effet-personnage dans le roman, Paris, PUF, p. 11. 113 B. HOCHMAN, Character in Literature, cit., p. 32.