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Armida come Circe e Medea e Sirena. Rileggiamo l’ottava 86 del canto IV: ‘Quinci vedendo che fortuna

arriso / al gran principio di sue frodi avea, / prima che ’l suo pensier le sia preciso, / dispon di trarre al fin opra sì rea, / e far con gli atti dolci e co ’l bel viso / più che con l’arti lor Circe o Medea, / e in voce di sirena a i suoi concenti / addormentar le più svegliate menti’. Armida dunque vuole eguagliare Circe e Medea, anzi superarle, ma non tanto utilizzando i loro mezzi, e cioè le arti magiche, quanto piuttosto gli infingimenti della mimica.

Monica Bisi Cap. II, par. II: Circolarità del mondo magico nella Gerusalemme Liberata Armida-Circe

((Armida)) rappresenta l’origine dell’erranza e del disordine, diventando l’autentico e più pericoloso antagonista di Goffredo e ribadendo la relazione antitetica che sussiste, nella Gerusalemme, fra la logica che governa il mondo magico – e più in generale musulmano – e quella del mondo cristiano. L’antagonismo che appare in prima battuta, però, non è la definitiva interpretazione del rapporto fra i due mondi, come si vedrà nell’episodio di Tancredi e Clorinda.

La magia, dunque, e il suo principale effetto, la metamorfosi, appaiono caratterizzate dalla ripetizione e dalla forma circolare, come hanno dimostrato il discorso di Armida e la dinamica delle trasformazioni da lei indotte ((Anche le trasformazioni della foresta di Saron (XIII canto, come è il XIII canto dell’Inferno dantesco a presentarci una foresta animata, ma con significato ben altro) rispondono a tale schema: non solo è circolare la dinamica per cui si ripristina la forma originaria della foresta dopo l’intervento di Rinaldo convertito, ma tutto quanto accade (o semplicemente appare) nella foresta finché dura l’incantesimo presenta i tratti della circolarità e dunque della ciclicità: basti pensare alle danze circolari delle ninfe intorno a Rinaldo)).

Armida-Circe (trasformazione in pesci)

Antonio La Penna, Aspetti della presenza di Ovidio nella Gerusalemme Liberata

Presto ARMIDA aggiunge alle arti della seduttrice le arti della maga: un altro e più pericoloso gioco con forme illusorie. La nuova CIRCE dimostra il suo potere ai guerrieri cristiani da lei attirati e imprigionati trasformandoli in pesci e facendoli poi tornare alla forma umana. La vicenda della METAMORFOSI è narrata un prigioniero, poi liberato, GUGLIELMO, figlio del re d’Inghilterra; per dare un’idea del metodo e dello stile seguito dal TASSO nella rappresentazione, cito l’ottava della METAMORFOSI DEI GUERRIERI IN PESCI (G. L. X 66):

Legge la maga, ed io pensiero e voglia Sento mutar, mutar vita e albergo. (Strana virtù!) novo pensier m’invoglia: salto ne l’acqua, e mi vi tuffo e immergo. Non so come ogni gamba entro s’accoglia, come l’un braccio e l’alto entri nel tergo, m’accorcio e stringo, e su la pelle cresce squamoso il cuoio; e d’uom son fatto un pesce.

A proposito di questa ottava viene citato qualche passo del canto dantesco delle metamorfosi (il XXV dell’Inferno); ma Dante, com’è ben noto, parte da OVIDIO, e ad OVIDIO è ricorso certamente anche il TASSO. Fra le tante trasformazioni narrate dal poeta latino ve n’è anche una di uomini in pesci: si tratta di marinai etruschi che cercano di uccidere Bacco e che il Dio punisce in modo atroce: cito la minuta rappresentazione ovidiana (Met. III 670- 682 ):

158 sive timor , primusque Medon nigrescere coepit

corpore et expresso spinae curvamine flecti . Incipit huic Lycabas: “In quae miracula”, dixit, “verteris?” et lati rictus et panda loquenti naris erat squamamque cutis durata trahebat. At Lybis, obstantis dum vult obvertere remos, in spatium resilire manus breve vidit et illas iam non esse manus, iam pinnas posse vocari. Alter, ad intortos cupiens dare bracchia funes, bracchia non habuit truncoque repandus in undas corpore desiluit; falcata novissima cauda est, qualia dimidiae sinuantur cornua lunae.

La trasposizione del Tasso non è fedele, sia perché la situazione è diversa (i guerrieri cristiani non sono marinai su una barca) sia perché il suo gusto gli consigliava di porre un freno alla copia ovidiana; ma l’impronta del poeta delle Metamorfosi è evidente, ed è evidente che il Tasso ha voluto adattarne il metodo di rappresentazione: un metodo che segue il mutamento nei dettagli, nelle singole parti del corpo, quasi lo spiega e lo razionalizza, e così gli toglie tutto ciò che ha d’improvviso e di prodigioso, conservando, magari quanto ha di ripugnante. Per Ovidio il metodo è solito, e ben noto: cito, a caso, la trasformazione di Callisto in orsa (MET. II 476 – 484 ), quella di Cadmo in serpente (Met. IV 576 – 580), quella di Aracne in ragno (Met. VI 139-145: sparizione dei capelli,del naso, delle orecchie; rimpicciolimento della testa; dita invece delle gambe; cetera venter habet).

Taglio dell’episodio trasformazione in pesci

Armida: trasformazione in pesci e psicologia femminile

Ovid renewed: Colin Burrow, Metamorphoses in The Faerie Queene

(…) the Italian epic poets who had most influence on Spenser felt slightly embarrassed by the theme of metamorphosis. Ariosto kept quite tightly within the bounds of Virgilian and Homeric metamorphosis: Astolfo is changed into a tree in imitation of Polydorus; Alcina’s lovers are changed to animals and stones after dallying with her Circean charms; and Astolfo makes ships from leaves as Aeneas makes ships from nymphs. His Ovid could be Chaucer’s Ovid, the source of complaints made by deserted women and of a general symphaty towards Dido figures in his imperial romance.

Tasso is still more rigorous; he has the stock of decorous transformations, with the addition of a first person account of metamorphosis into fish which owes much to Ovidian descriptive techniques. But despite his theoretical defence of metamorphosis in his Discorsi, he cut this episode when refashioning the Gerusalemme Liberata into the Conquistata.

Spenser’s predecessors in the epic romance (and this is particularly true of Ariosto) take from Ovid an ethos of love: immediate pursuit of beautiful women and the psychological states that result from being frustrated in this pursuit make up the central actions of Orlando Furioso and the rebellious sub-plot of Armida in Gerusalemme Liberata. Ariosto and Tasso are so vastly different from Spenser partly because their poems do not contain the Ovidian landscape of nymphs fleeing from lecherous gods and consummating their flight in metamorphosis; rivers do not have their own gods, streams and stones do not have history which express their nature, and change of form is not a continuing part of the metaphysical environment of the poems. But they accept the Ovidian ethos in a way that Spenser, for all his Ovidian landscapes, very deliberately does not.

((-Ariosto è vicino maggiormente alle metamorfosi di Virgilio e Omero.

- Tasso difende le metamorfosi nei Discorsi; taglia l’episodio dei pesci nella Conquistata

-Ariosto e Tasso mutuano molto da Ovidio per quanto riguarda la psicologia delle donne, e in specie delle donne innamorate abbandonate)).

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Menzogna

Armida dissimulatrice. Il primo ritratto di Armida si ha in IV 23 3 sgg.: ‘Donna a cui di beltà le prime

lodi / concedea l’Oriente, è sua nepote: / gli accorgimenti e le più occulte frodi / ch’usi o femina o maga a lei son note’. Inizia già a disegnarsi il ritratto di Armida simulatrice e dissimulatrice, fraudolenta.

Menzogna di Armida. Le indicazioni di Idraote ad Armida ‘Vela il soverchio ardir con la vergogna, / e fa’

manto del vero a la menzogna’ (IV 25 7-8); Armida deve cioè nascondere la verità con la menzogna, anzi più propriamente deve conferire l’apparenza del vero alla menzogna, rendendo la menzogna così verosimile da farla apparire vera. La menzogna di Armida è in questo senso in perfetta antitesi con la ‘magnanima’ menzogna di Sofronia (cfr. Zatti 1996 pp. 199-120).

Si tratta di una metamorfosi in cui sono coinvolti verità e menzogna, in modo che l’una trascolora nell’altra e viceversa: ogni simulazione o dissimulazione consiste in una trasformazione dello statuto ontologico di verità.

MENZOGNA

Trascolorare del colorito del viso di Armida dal bianco al rosso. IV, 94: ‘O pur le luci vergognose e chine

/ tenendo, d’onestà s’orna e colora, / sì che viene a celar le fresche brine / sotto le rose onde il bel viso infiora, / qual ne l’ore più fresche e matutine / del primo nascer suo veggiam l’aurora; / e ’l rossor de lo sdegno insieme n’esce / con la vergogna, e si confonde e mesce’: il rossore della simulata pudicizia e dell’indignazione fa sì che le fresche brine sian metaforicamente coperte dalle rose, e il rossore, o meglio il trascolorare dal bianco al rosso, è inoltre simile a quello dell’aurora nascente. Le similitudini sono a loro modo delle metamorfosi.

Menzogna

Armida si rasserena. Si noti la metamorfosi della metamorfica e infingitrice Armida (i suoi cambiamenti

di stato emozionale non sono mai del tutto autentici) quando Eustazio le assicura la sospirata protezione: 84, 5-8: ‘Serenò allora i nubilosi rai / Armida, e sì ridente apparve fuore / ch’innamorò di sue bellezze il cielo / asciugandosi gli occhi co ’l bel velo’. Gli occhi rannuvolati come un cielo si rasserenano: non più velati di pianto, diventano luminosi come sole. Armida appare ridente, splendente nell’aspetto nel suo sorriso (ma quell’‘apparve fuore’ è spia dell’ambito in cui ci stiamo muovendo, che è quello dell’apparenza più che dell’essenza).

Dissimulazione di Armida. Armida riesce a dissimulare i suoi reali piani sotto apparenze ingannevoli, ad

esempio nel ringraziare cerimoniosamente i cavalieri cristiani dell’aiuto fornitole: IV 85 7-8: ‘e celò sotto sì mentito aspetto / il suo pensier ch’altrui non diè sospetto’. È interessante che occorra un ‘mentito aspetto’, cioè una forma falsa e perciò mutata rispetto a quella originaria ed essenziale, per nascondere il piano di dispersione dei crociati.

Problema di genere: cuore virile

Lo zio così le si rivolge (IV 24): ‘O diletta mia, che sotto biondi / capelli e fra sì tenere sembianze / canuto senno e cor virile ascondi, / e già ne l’arti mie me stesso avanze /…’. È interessante che Armida sia, in parallelo ad esempio con Clorinda, un’eroina ambigua, dal ‘cuore virile’ e dal ‘canuto senno’ nascosti sotto ‘tenere sembianze’ femminili: l’identità nascosta ed effettiva dunque è ad un tempo diversa in genere e in età da quella apparente, da quella forma apparente di cui va fiera (cfr. IV, 27, 1-2: ‘La bella Armida, di sua forma altera / e de’ doni del sesso e de l’etate’; cfr. IV 27 e 5: ‘…treccia… gonna feminile’) (Armida pare essere dunque in sé il frutto di una metamorfosi che non associa essenza e apparenza).

Problema di genere: Aracne

Altro legame con Clorinda, ed altra connessione con il tema della metamorfosi, è il riferimento alla ‘tela’ subito dopo in IV 24, 7-8: ‘Tessi la tela ch’io ti mostro ordita, / di cauto vecchio esecutrice ardita’, lì dove la

160 tela che lo zio stimola Armida a tessere, la tela che in un certo senso Armida è obbligata a tessere, può rimandare all’archetipo ovidiano di Aracne e può farci ritornare alla presentazione di Clorinda nel II canto, lì dove si diceva che Clorinda aveva sin dalla più tenera età disprezzato i lavori femminili di filatura che erano posti, lì esplicitamente, sotto il segno di Aracne.

La tela femminile che Clorinda non è disposta a filare è tessuta invece da Armida, ma è una tela di inganni, ordita da uno zio mago, molto lontana da quella tradizionalmente attribuita alla sfera del femminile.

Quindi, Clorinda e Armida in realtà sono molto simili: entrambe hanno un cuore virile ed entrambe non si dedicano alle operazioni usuali di tessitura (Armida deve tessere una tela di menzogne).

VINCENZO VIVALDI, SULLE FONTI DELLA G. L. I VOLUME