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L’arrivo dei musulmani in Europa 58

PARTE I. LO SPAZIO URBANO, L’ISLAM E L’ITALIA

CAPITOLO 2. L’ISLAM E LE MOSCHEE IN ITALIA

2.3 L’arrivo dei musulmani in Europa 58

Le modalità del percorso di costruzione di una forte presenza islamica in Europa sono strettamente legate, secondo le diverse tempistiche e modalità dei vari paesi, principalmente a due fenomeni: dapprima alle vicende della colonizzazione e poi ai processi di migrazione della seconda metà del XX secolo196. Le stesse modalità spiegano le ragioni per le quali l’Europa ha preso coscienza con molto ritardo di quello che è diventato “un elemento costante del loro paesaggio religioso”197. “Come spiegare infatti – si chiede Jocelyne Cesari – che l’islam si è imposto all’opinione pubblica come un fenomeno culturale e religioso soltanto negli ultimi tre decenni, mentre i musulmani sono presenti nei paesi europei da più di mezzo secolo?”198. A ben guardare, in un primo importante momento migratorio, che va dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni ’70, i riferimenti a una sfera di appartenenza religiosa musulmana sono ancora abbastanza residuali199. Il nesso è più che altro con la provenienza da paesi dove la religione musulmana è dominante. Si tratta di un movimento che è frutto di una pianificazione dell’immigrazione in risposta all’esigenza di manodopera nel periodo della ricostruzione postbellica. In questo periodo giocano un ruolo fondamentale le relazioni consolidate nei due secoli

196 Dassetto Felice, op. cit., p. 9 197

Cesari Jocelyne, 2005a, op. cit., p. 36

198

Ibid.

precedenti tra il mondo musulmano e l’Europa. L’immigrazione di questo periodo, infatti, ripercorre i rapporti di colonizzazione o di dominazione delle potenze europee, un aspetto che “autorizza a parlare di minoranze postcoloniali”200. Protagoniste di queste politiche sono in particolare le ex-potenze coloniali – Francia, Gran Bretagna, Germania, Paesi Bassi – che stringono accordi con i paesi che avevano colonizzato, dominato o con cui avevano stretto relazioni politiche ed economiche privilegiate nei secoli precedenti. Si tratta quindi di lavoratori, perlopiù maschi venuti senza famiglia, con il progetto di un ritorno nel paese di origine a breve termine, che vivono nell’“illusione di una provvisorietà”201 di questa permanenza. I riferimenti sociali ad altre sfere oltre a quella lavorativa sono dunque molto pochi e tutto pare confermare il carattere provvisorio di questa presenza. L’aspetto religioso, però, gioca un ruolo del tutto secondario in questo primo momento e queste popolazioni hanno una scarsa visibilità in quanto musulmani202. Infatti, secondo Cesari il rifiuto dei lavoratori

delle conseguenze sociali e religiose della loro migrazione entrava così in congiunzione con la visione dominante, da parte delle società di accoglienza e da parte dei paesi di origine, sul carattere temporaneo della migrazione.203

L’islam appare dunque ancora come un fenomeno estremamente marginale, confinato alla vita privata e legato solamente agli eventi maggiori del ciclo della vita, della morte o alle grandi festività. La visibilità nello spazio pubblico dell’islam riguarda principalmente due fatti: la sepoltura dei morti e il sacrificio del montone in occasione dell’Aid al-Kabir204. Le reazioni dei non-musulmani a quelle che venivano

percepite come “espressioni culturali delle popolazioni immigrate”205 erano perlopiù caratterizzate da uno sguardo di benevolenza e di curiosità.

200

Cesari Jocelyne, 2005a, op. cit., p. 35

201 Sayad Abdelmalek, 2008, L’immigrazione o i paradossi dell’alterità. L’illusione del provvisorio,

Ombre Corte, Verona

202 Dassetto Felice, 1996, op. cit., p. 18 203

Cesari Jocelyne, 2005a, op. cit., p. 37

204

Chiamato anche Id al-adha, è la festa del sacrificio di Abramo

Erano accompagnate da una scoperta sorpresa e divertita di questo esotismo. Erano anche gli anni in cui i paesi del Maghreb e la Turchia si aprivano al turismo – per di più a buon mercato – e queste pratiche musulmane emergevano vicino a loro. In quegli stessi anni, le classi medie e popolari nord- europee scoprivano le cucine “esotiche”: cinese, italiana, greca, spagnola, indiana e turca.206

La crisi petrolifera del 1973 segna la fine del periodo postbellico di ricostruzione e di prosperità europee. Nonostante lo sviluppo di regolamentazioni più restrittive nei confronti dei flussi di massa di lavoratori da parte della maggioranza dei paesi europei, l’immigrazione non si esaurisce, ma entra in una fase decisamente nuova, quella del ricongiungimento famigliare e della stabilizzazione nei paesi europei. Seguirà poi negli anni ’80 l’arrivo massivo di rifugiati e di richiedenti asilo. Le nuove politiche migratorie di molti paesi dell’Europa occidentale, tese a limitare gli ingressi, e lo sgretolamento dell’Unione Sovietica, con i conflitti che ne sono seguiti, soprattutto nei Balcani, sono tra le cause principali di questa nuova ondata migratoria.

Si entra quindi in una fase che segna una svolta decisiva nelle modalità di inserimento in seno alle società, e alle città, europee. La connessione locale si intensifica attraverso le relazioni sociali quotidiane207. I riferimenti, e le necessità sociali, si moltiplicano, così come i rapporti con le istituzioni. Il radicamento si legge in molteplici, ed irreversibili, segni. Alla sfera del lavoro se ne affiancano molte altre, tra cui quella religiosa che comincia a materializzarsi nelle prime sale di preghiera. Come nota Cesari, infatti, “la creazione delle sale di preghiera negli anni ’70 fu la prima manifestazione tangibile di questo cambiamento di condizioni e di mentalità”208. Le maggiori città europee vedono quindi nascere e moltiplicarsi le sale di preghiera, tanto che alla fine degli anni ’90 se ne contavano più di 6.000. Come nota Jocelyne Cesari,

gli anni ’80 sono dunque stati determinanti per la nascita dell’islam come nuova religione all’interno degli spazi urbani europei. Queste sale di preghiera saranno il luogo di sviluppo di diverse forme di socializzazione e di ritualità musulmane: matrimonio, funerale, circoncisione, insegnamento coranico,

206

Ibid.

207

Ivi, p. 16

organizzazione del pellegrinaggio e delle grandi feste religiose. Tutto comincia nella moschea o per lo meno con un contatto con la moschea”.209

E proprio la realizzazione di nuove moschee diviene oggetto di rivendicazione e di negoziazioni con le istituzioni, trovando percorsi specifici e risposte differenti da parte delle istituzioni a seconda dei contesti geografici. Laddove siano il frutto dell’iniziativa di una comunità musulmana locale, esse rappresentano molto spesso il segno di un’accresciuta capacità di organizzazione e di investimento da parte di popolazioni che hanno mobilitato un riferimento attivo all’islam.

Gli europei scoprono così che anche tra quelle popolazioni immigrate aumenta l’investimento nella sfera religiosa, che diviene per queste ultime uno dei riferimenti attraverso cui si investono nella costruzione di sé nello spazio in cui abitano e in cui si stanno radicando. La fede è mobilitata nella strutturazione della propria presenza, dà forma e identità, legami sociali ed anche modalità di utilizzo dello spazio delle città europee. D’altra parte, “queste stesse popolazioni, che spesso sembravano aver portato l’islam nelle valigie senza saperlo, si scoprono gradualmente e profondamente come musulmane”210. Ed è anzi proprio la sfera religiosa a diventare una forma di affermazione tangibile della propria presenza nel paese di accoglienza. Come sostiene Peach, si tratta di “popolazioni che fanno parte di una minoranza etnica e che talvolta si concepiscono di più rispetto alla loro religione che ad altri aspetti etnici”211.

Per meglio contestualizzare questa “avanzata” del religioso, è importante sottolineare che, come sostiene Felice Dassetto, il “ritorno alla moschea” non si limita ai contesti europei, ma è un fenomeno più generale che caratterizza l’insieme del mondo musulmano, in un “clima generalizzato di rinforzamento dei riferimenti all’islam”212. Avviene infatti in contemporanea all’affermazione dell’islam come “movimento sociale e forza politica nel mondo musulmano e sulla scena internazionale”213. Tornando all’Europa, la metà degli anni ’80 sancisce dunque una svolta verso la fase

209 Ibid.

210 Dassetto Felice, 1994, L’islam in Europa, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, p. 3 211

Peach Ceri, 2002, op. cit., p. 255 (trad. mia)

212

Dassetto Felice, 1996, op. cit., p. 30

di istituzionalizzazione della presenza musulmana. Una fase, un ingresso sulla scena pubblica europea, che corrisponde a un processo progressivo di visibilizzazione nello spazio e nelle istituzioni, attraverso alcuni avvenimenti chiave e la loro mediatizzazione”214. Un processo, è bene sottolinearlo, tutt’altro che lineare e uniforme. Negli anni ’90, la pubblicizzazione dell’islam, e la costruzione della sua immagine, passa anche attraverso la forte mediatizzazione di alcuni avvenimenti che diventano occasioni per sviluppare accesi dibattiti d’opinione sullo statuto dell’islam in Europa215. L’Islam “diviene”, ovvero è rappresentato, un problema, una minaccia216.

E infine, come si è già visto, gli avvenimenti legati al terrorismo internazionale degli anni 2000 portano al centro dell’attenzione, del sospetto e delle proteste di cittadini e politici europei, non solo l’islam politico internazionale, ma la stessa presenza di musulmani nelle città europee, di cui vengono messe in discussione possibilità, pratiche e forme di organizzazione.

Si vedrà nei prossimi capitoli come il ciclo migratorio in Italia segua tempistiche e modalità diverse, più tardive rispetto ad altri contesti europei di cui ho parlato. Tuttavia, dato l’“effetto ritardato” con cui emerge anche altrove una presenza musulmana visibile e identificabile in quanto tale, si ravviseranno molte affinità con il contesto italiano.

214 Dassetto Felice, 1996, op. cit., p. 31

215 Tra questi, il caso della pubblicazione nel 1989 dei Versi satanici di Salman Rushdie (pubblicati in

Italia da Mondadori, 1989), l’affaire del foulard e dei segni religiosi in luoghi pubblici in Francia (a cui seguono episodi anche in Belgio e in Inghilterra) e la Guerra del Golfo.

216

Perocco Fabio, 2008, “L’enjeu « islam » en Italie” in Capelle-Pogacean Antonela et al. (a cura di), Religion(s) et identité(s) en Europe, Presses de Sciences Po Académique, pp. 141-157