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PARTE I. LO SPAZIO URBANO, L’ISLAM E L’ITALIA

CAPITOLO 2. L’ISLAM E LE MOSCHEE IN ITALIA

2.1 La visibilità 51

Lo statuto del cattolicesimo nello spazio pubblico italiano è dunque pienamente legittimato, ed è anzi dominante per quel che concerne il senso religioso. Diversamente, quello dell’Islam è caratterizzato da instabilità e da una mancanza di riconoscimento. Le due religioni si collocano, rispetto al posizionamento nello spazio pubblico, in maniera molto differente. Per questo, tra le diverse dimensioni spaziali prese in considerazione in questa ricerca, quella della visibilità mi sembra particolarmente rilevante, proprio per il nesso tra (mancanza di) visibilità sociale e di visibilità spaziale e la loro stretta articolazione. Come spiega Lussault nella voce del

Dictionnaire de la géographie et de l’espace des sociétés dedicata alla “visibilità”,

[…] lo spazio costituisce un principio di realtà sociale. Attraverso la loro spazialità, nelle sue infinite varietà, le sostanze sociali divengono visibili, la loro esistenza in seno alla società si cristallizza.165

L’accesso a una dimensione visibile sembra essere un principio fondamentale nel funzionamento sociale e che tuttavia, è bene sottolinearlo, non si limita al solo piano dello spazio materiale. Come già detto, situarsi nello spazio è già di per sé un modo per oggettivare la propria realtà sociale.

La realtà sociale si costruisce secondo Berger e Luckmann attraverso sistemi di segni che

164

Cit. in Saint-Blancat Chantal, Schmidt di Friedberg Ottavia, op. cit. (trad. mia)

165

Lévy Jacques, Lussault Michel, 2003, Dictionnaire de la géographie et de l’espace des sociétés, Belin, Parigi, p. 997 (trad. mia)

“oggettivano” la realtà sociale, ordinano il mondo in motivi e oggetti e partecipano all’esteriorizzazione delle soggettività. […] La condivisione del senso (l’intersoggettività) è possibile, e con lei la condivisione sociale, grazie alla pratica degli spazi di compresenza in cui si iscrive questa oggettivazione.166

Va tuttavia sottolineato il fatto che le forme della visibilità possono essere molte: “racconti di azioni, immagini, cioè materiale iconografico utilizzato nel più piccolo dei processi di progetto spaziale”167.

Quale posta in gioco maggiore, quindi, per un gruppo religioso minoritario, come i musulmani in Italia? Iscrivere la propria presenza nello spazio significa in questo caso già di per sé acquistare in qualche modo una visibilità168. E quindi una posizione sociale riconosciuta, se il “regime di visibilità” è “essenziale per la costruzione di una legittimità”169. D’altronde, è proprio sulla questione della visibilità, nelle sue molteplici forme, che si incardinano molte delle controversie riguardanti l’islam nelle città europee170. Come detto, è quindi un obiettivo ancor più importante per chi è un attore che fatica a ricavarsi un proprio posto nello spazio e nella società e deve costruirsi parimenti una legittimità ad avere quel posto, per chi deve iscrivere un nuovo significato nello spazio.

Proprio attorno alla visibilità nello spazio pubblico si concentrano gli interventi di molti autori che hanno analizzato il dibattito e i conflitti sulle moschee, dal punto di vista di varie discipline. Ad esempio, Göle rileva chelo spazio pubblico

non è una struttura fissa, prestabilita: al contrario, si modifica, come una scena di teatro, con l’arrivo di nuovi attori che presentano nuovi modi di vivere, di comunicare e di abitarvi. L’intrusione degli attori islamici nella sfera pubblica europea trasforma il quadro.171

Ecco perché la “dirompente visibilità” islamica172 nello spazio pubblico assume grande rilievo nell’analisi di questa ricerca. Perché essa scardina una

166

Chivallon Christine, 2000, op. cit., p. 305; cfr. anche Berger Peter L., Luckmann Thomas, 1997, op. cit.

167 Lévy Jacques, Lussault Michel, op. cit., p. 997 168 Dejean Frédéric, 2009, op. cit., p. 37

169

Lussault Michel, 1996, op. cit., p. 107

170

Allievi Stefano (a cura di), 2010a, op. cit., p. 14

rappresentazione fissa e prestabilita della nazione, come mettono in evidenza i conflitti che nascono attorno alla costruzione dell’islam nello spazio pubblico. Come sottolinea Göle,

lo spazio pubblico è quindi legato a una particolare comunità nazionale, e i riferimenti nazionali e culturali sono mobilitati in modo tale da essere selezionati nella battaglia contro l’“invasione islamica”.173

Lo spazio pubblico a cui fa riferimento Göle, è bene sottolinearlo, è differente da quello definito da geografi e urbanisti. Si tratta piuttosto della “sfera pubblica”, come definita dal filosofo Habermas, e designa uno spazio, nelle società moderne, in cui la partecipazione politica si concretizza per mezzo delle discussioni. È lo spazio in cui i cittadini dibattono dei loro affari comuni, e dunque un’arena istituzionalizzata dell’interazione del discorso”174. Nella sfera pubblica, però, Fraser sostiene che agiscano dei gruppi sociali subordinati, tra cui le donne, gli operai, le persone di colore e gli omosessuali – e aggiungerei le minoranze religiose –, che hanno spesso considerato vantaggioso rappresentarsi come pubblico alternativo. Essi sono definiti da Fraser come “contropubblici subalterni, per segnalare il fatto che costituiscono delle arene discorsive parallele in cui i membri dei gruppi sociali subordinati elaborano e diffondono dei contro-discorsi, allo scopo di formulare la loro propria interpretazione delle loro identità, i loro interessi e i loro bisogni”175.

Göle spiega, però, di preferire l’uso del concetto di “spazio pubblico” a quello di “sfera pubblica” perché “soltanto un approccio che consideri lo spazio pubblico come uno spazio di azione e sperimentazione – ovvero come un processo – consente la messa in questione di una doxa prestabilita della sfera pubblica”176. E in questo concetto, perciò, rientrano più facilmente forme di comunicazione non verbale, quali gli aspetti visuali della differenza culturale e religiosa attraverso cui gli attori islamici

172

Id., 2012, “La dirompente visibilità dell’Islam nello spazio pubblico europeo. Problemi politici, questioni teoriche”, Politica & Società, n. 1, pp. 65-88

173 Ivi, p. 71

174 Fraser Nancy, 2001, “Repenser la sphère publique : une contribution à la critique de la démocratie

telle qu’elle existe réellement”, Hermès, n. 31, p. 129 (trad. mia)

175

Ibid., p. 138

si distinguono e rompono con l’ordine consensuale177. Le varie accezioni di visibilità nello spazio pubblico e nella sfera pubblica delineate vanno tenute presente nella loro caratterizzazione. Tuttavia, questa sovrapposizione di significati offre lo spunto per tornare alla definizione del ruolo dello spazio, qui geografico, come mediatore delle

relazioni sociali178, che contribuisce a definire il posizionamento dei membri di una società, quindi le relazioni e la legittimità degli attori sociali.

Tornando appunto allo spazio geografico, esso è il prodotto, e allo stesso tempo produttore e riproduttore, di una specifica storia; è inserito in un complesso di influenze che riflette la cultura e la storia nazionali. I musulmani non sono sempre stati attori del processo storico che ha portato alla formazione dello spazio europeo, o italiano, ma ora stanno richiedendo partecipazione e un trattamento eguale come cittadini. Allo stesso modo, le storie religiose nazionali ed europee hanno un impatto su come questa minoranza religiosa acquisisce una presenza pubblica, una posizione sociale179. In particolare, nei prossimi capitoli analizzerò il passaggio da una presenza visibile assai sporadica a una più stabile e articolata e con una serie di richieste che vanno esattamente nella direzione di un’affermazione sempre più evidente: verso un riconoscimento e un’istituzionalizzazione di questa presenza, per cui si può parlare di uno scarto sia qualitativo sia quantitativo. Nel caso dei musulmani di Milano, si tratta di un passaggio da un iniziale posizionamento in un unico scantinato, al riconoscimento del diritto dei morti ad avere un’adeguata sepoltura, cosa che ha permesso di costruire una piccola moschea, alla richiesta di aree per l’edificazione di edifici di culto, alla moltiplicazione dei luoghi di culto in città. Una presenza che non si limita ai soli luoghi di culto:

I recenti fenomeni di immigrazione hanno con il tempo cambiato i termini del problema. In via esemplificativa, si è passati dalle occupazioni di luoghi pubblici per occasionali cerimonie di culto alla richiesta di assegnazione di aree per l’edificazione di appositi edifici; […] dalla macellazione

177

Ivi, p. 72

178

Chivallon Christine, 2000, op. cit., p. 304.

rituale clandestina alla richiesta di approntare mense (nelle strutture pubbliche e private) atte a fornire il cibo preparato in modo conforme alle prescrizioni religiose.180

Si tratta dunque di un passaggio a un tempo del diritto alla città e del riconoscimento che non lascia invariato il campo delle scelte politiche. L’analisi deve mirare perciò a focalizzarsi anche sulle conseguenze della visibilità islamica nello spazio urbano. Gli Stati europei, e l’Italia tra questi, si trovano infatti davanti alla sfida di non poter includere i musulmani come cittadini senza aprire lo spazio pubblico al riconoscimento di altri modi di agire secondo un credo religioso181. È dunque il tempo della regolamentazione della visibilità, che, soprattutto nelle sue manifestazioni maggiori, non può più disegnarsi spontaneamente. Il momento in cui avviene una riconfigurazione di norme, discorsi e di tutto il corpus di “codici di procedure spaziali” di cui parla Lussault, che vanno a regolamentare una nuova realtà sociale, definendone i limiti e le possibilità.