PARTE II. L’ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO ISLAMICO.
CAPITOLO 2. ISLAM IN UNO SPAZIO URBANO:
2.2 Tra centro e periferia: le traiettorie variabili dell’islam a Milano 133
2.2.1 Vecchie e nuove periferie 135
Come detto, i primi centri islamici milanesi si sono insediati nella zona di via Padova, e ci interessa qui approfondirne le ragioni.
Anche dalle parole di Shaari emergono dei limiti geografici ben precisi dell’area urbana in cui i primi centri islamici potevano pensare di situarsi.
Io Il centro attuale come lo avete scelto? Perché siete venuti in questo quartiere? Per una questione di
comodità, perché avete trovato questo spazio…
Shaari Proprio per caso, poteva essere qua piuttosto che Affori… il posto era nel Nord e questo per forza, perché a Sud c’era il posto di via Anacreonte e poi c’è stato anche via Padova422
Difficilmente, davanti a una carta di Milano via Anacreonte e via Padova possono essere considerate delle vie del Sud della città (fig. 11). È più facile supporre che nella mappa mentale di Shaari i suoi Nord e Sud racchiudano una zona più limitata della città, all’epoca accessibile e in cui era possibile stabilirsi.
Questa zona fa parte delle cosiddette “vecchie periferie”423 di Milano. Si tratta ovvero di quelle aree “associate alla rivoluzione industriale del Novecento”424, urbanizzate dalla forte spinta prodotta dagli insediamenti industriali dei primi decenni del XX secolo. Sono i quartieri operai dalla forte identità, “dove casa e lavoro hanno un legame stretto, dove esiste una comunità, dove le strutture tipiche sono le case di ringhiera”425. Si tratta di periferie che mutano radicalmente con la deindustrializzazione della fine degli anni ’70, quando a Milano si avvia un processo di trasformazione in città del terziario avanzato. Le fabbriche pesanti lasciano la
422 Estratto dall’intervista a Abdel Hamid Shaari, Presidente dell’Istituto culturale islamico, da me
realizzata a Milano il 6/5/2013
423 Con la definizione “nuove periferie” ci si riferisce invece ai “quartieri-dormitorio”, frutto dei
grandi progetti pubblici degli anni del “miracolo economico” del dopoguerra, cfr. Foot John, 2004, Milano dopo il miracolo: biografia di una città, Feltrinelli, Milano; Zajczyk Francesca, 2005, Milano: quartieri periferici tra incertezza e trasformazione, Bruno Mondadori, Milano; più in generale, sulle trasformazioni delle periferie milanesi, Agustoni Alfredo, Alietti Alfredo, 2009, Società urbane e convivenza interetnica. Vita quotidiana e rappresentazioni degli immigrati in un quartiere di Milano, Franco Angeli, Milano; Agustoni Alfredo, 2003, I vicini di casa. Mutamento sociale, convivenza interetnica e percezioni urbane nei quartieri popolari di Milano, Franco Angeli, Milano
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Foot John, 2004, op. cit., p. 158
città, mentre i servizi, le attività direzionali e quelle commerciali si appropriano del centro del capoluogo della città metropolitana426. In quegli anni il quartiere attraversa una fase di profonda trasformazione e di crisi. “In tutto questo periodo la periferia era vista in termini negativi: un problema, un motivo di crisi”427.
Con il processo di trasformazione del mercato del lavoro, emerge, infatti, dai primi anni ’70 l’insediamento di stranieri in città, attratti dall’“offerta inevasa di lavoro nei settori del terziario inferiore”428. Un fenomeno nuovo che ha trovato in questi quartieri “in crisi” spazi più accessibili, pieghe in cui inserirsi. Anche un responsabile della Casa della Cultura islamica, spiegando il perché della scelta di via Padova per il Centro islamico di via Anacreonte, conferma che “i prezzi al metro quadro erano più alla portata di chi aveva pochi soldi. Quindi noi da studenti siamo riusciti ad avere un posto sia per vivere sia per incontrarci. Questa è un po’ la storia della prima immigrazione”429. Ancora oggi, i centri islamici milanesi si situano in quartieri caratterizzati in quelle vecchie periferie, caratterizzate da una forte presenza di residenti stranieri (fig. 22). Questa dinamica richiama, nei risultati, quanto descritto da Vieillard-Baron per città francesi, ovvero la frequente localizzazione degli immigrati nei vecchi quartieri operai situati all’interno delle città430. Nel caso
milanese, però, le motivazioni sono differenti, perché i tempi sono ormai quelli della deindustrializzazione e quindi le popolazioni straniere non si insediano lì per la vicinanza delle grandi industrie, bensì per l’offerta abitativa a basso costo.
Le trasformazioni, però, sono sempre in atto e il rapporto tra centro e periferia in continua mutazione. La periferia, infatti, continua a spostarsi e a spingersi in zone sempre più esterne. Oggi sarebbe, infatti, improponibile definire “periferiche” alcune aree che lo erano sicuramente fino a qualche decennio fa.
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Sancita formalmente con un decreto nel 1975, comprende 106 comuni, inclusa Milano
427 Foot John, 2004, op. cit., p. 158
428 Caputo Paolo, 1983, Il Ghetto diffuso: l'immigrazione straniera a Milano, Franco Angeli, Milano,
p. 46
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Estratto dall’intervista a un responsabile della Casa della cultura islamica, da me realizzata a Milano il 9/7/2011
A ben osservare la mappa attuale dei centri islamici (fig. 11) la loro presenza in città non è caratterizzata da una posizione marginale nel tessuto urbano né da isolamento. Al contrario, essi si situano, infatti, in una prima periferia non ancora pienamente riqualificata, ma che tuttavia lambisce alcune nuove centralità, come il quartiere Isola, i Navigli, corso Buenos Aires. Per meglio dire, dopo essersi posizionati nelle vecchie periferie di cui si è parlato, i luoghi di culto islamico si sono ritrovati ad essere relativamente centrali quando la periferia ha cominciato a spingersi più all’esterno. Non si tratta, quindi, di una presenza che si trova ai margini, bensì ben inserita nel tessuto urbano, “davanti alla gente”431.
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Estratto dall’intervista a Abdel Hamid Shaari, Presidente dell’Istituto culturale islamico, da me realizzata a Milano il 6/5/2013
Figura 22: I luoghi della preghiera islamica e i quartieri di immigrazione a Milano
Tra i centri di più vecchia data, il Centro islamico di Milano e Lombardia si trova invece in posizione più marginale, proprio sul confine tra Milano e l’adiacente comune di Segrate. Anzi, la moschea si situa a Milano e il centro islamico a Segrate. Il motivo per cui proprio il centro milanese più “anziano” sia il più decentrato sta nel fatto che il centro islamico ha seguito la moschea. La moschea del Misericordioso, infatti, è nata in funzione della porzione di cimitero di Lambrate assegnata dal Comune al Centro islamico, che aveva allora sede in via Anacreonte. E lì si è spostato in seguito l’intero centro raccogliendosi intorno al suo “successo”, nel
momento in cui ormai sfumava chiaramente l’ipotesi di un’imminente costruzione di una nuova grande moschea. La lontananza dal centro e lo scarso collegamento con trasporti pubblici, però, incidono a tal punto da costituire un elemento di selezione dei frequentatori del centro. Solo chi ha un mezzo di locomozione privato, infatti, può raggiungere comodamente, e in breve tempo, la moschea.
I centri islamici più frequentati e più centrali, invece, hanno cominciato ormai da diversi anni a sperimentare un grave problema di sovraffollamento a cui stanno tentando di porre rimedio. Spesso situati in locali di dimensioni ridotte (o di dimensioni ormai insufficienti), a ridosso di abitazioni o all’interno di un condominio, come nel caso della Casa della cultura islamica, e di attività commerciali. Una situazione che, di fronte al crescere dei flussi di fedeli, sembra essere sempre più disagevole sia per i “vicini” che per gli stessi musulmani. Shaari stesso definisce inadatte le strutture dell’Istituto della cultura islamica, e sarebbe pronto a trasferirsi se ci fosse un’altra soluzione:
Qua siamo in una zona davanti alla gente, ci sono abitanti, in un luogo piccolo, non è mai stato adatto a fare la moschea. Perciò se dobbiamo, meglio ci trasferiamo. Chiudiamo qua e andiamo. Ma finché non troviamo un’alternativa, siamo obbligati a stare qua, anche se non ti piace…432