PARTE II. L’ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO ISLAMICO.
CAPITOLO 2. ISLAM IN UNO SPAZIO URBANO:
2.3 La visibilità dell’islam nello spazio pubblico 148
2.3.2 La mancanza di segni
Analizzo ora un altro aspetto che mi è parso particolarmente rilevante, vale a dire quello della visibilità e della riconoscibilità nello spazio urbano dei luoghi di culto islamico che poc’anzi sono stati descritti. Come ho già avuto modo di sostenere nella prima parte di questo lavoro, l’iscrizione nello spazio di nuovi “significati” rappresenta un passaggio fondamentale per una minoranza che stenta ad essere riconosciuta in seno a una società. Le forme materiali di questi significati, dunque, assumono un ruolo importante in questo processo. Dimensioni, forme, riconoscibilità di un edificio, e in particolare di un edificio religioso, importanti obiettivi simbolici che mirano a includere certi elementi della cultura minoritaria nella rappresentazione collettiva di ciò che costituisce la cultura maggioritaria480. Dunque l’architettura “gioca un ruolo privilegiato nella rappresentazione dell’identità culturale che possiede una società di se stessa”481.
In questo caso, i luoghi di culto sono espressione della presenza dei musulmani, e provare a leggerne le caratteristiche attraverso alcune immagini, quelle dei centri islamici milanesi esistenti, è utile a comprendere meglio quale sia la “posizione” di quella minoranza. Si può inizialmente osservare qualche immagine dei centri islamici attualmente attivi a Milano:
480
Torrekens Corinne, op. cit., p. 210
Figura 25: L’edificio in cui ha sede la Co.Re.Is. - moschea Al-Wahid
(Fonte: Co.Re.Is.)
Figura 26: L’edificio in cui ha sede l’Associazione islamica Dar al Quran
Figura 27: L’edificio in cui ha sede l’Associazione culturale Al Nur
(Fonte: Googlemaps, , consultato nell’agosto 2013)
Figura 28: L’edificio in cui ha sede la Casa della cultura islamica
(Fonte: Googlemaps, consultato nell’agosto 2013)
A osservare queste immagini appare immediatamente evidente il fatto che la maggior parte dei luoghi di culto islamico milanesi siano poco visibili e riconoscibili in quanto tali. La maggior parte di essi è situata in luoghi di riuso, non costruiti ad hoc né ad essi riservati, come garage e scantinati. Non sono state apportate modifiche architettoniche esterne, e non sono quindi caratterizzati da elementi architettonici
particolari che li rendano riconoscibili. Non hanno ingressi diretti sulla strada e per accedervi bisogna varcare portoni o cancelli, non sempre ad uso esclusivo dei centri. I luoghi di culto islamico milanesi sono dunque ricavati all’interno di “edifici profani”482, contigui ad attività di tutt’altro genere (residenziali, commerciali, etc.). Questa è una caratteristica che li accomuna ai centri di molte altre città, italiane e non483.
La scarsa presenza di segnali che indichino la presenza di questi luoghi, invece, a Milano mi sembra particolarmente accentuata rispetto ad altri esempi italiani (fig. 29 e 30).
Figura 29: La moschea di Borgo Allegri a Firenze
(Fonte: Googlemaps, consultato nel novembre 2013)
482 Ho qui ripreso l’espressione utilizzata da Matilde Cassani, architetto e ricercatrice, per la mostra da
lei curata “Sacred Spaces in Profane Buildings”, sui luoghi sacri di e il pluralismo religioso a New York, tenutasi nel 2011 a New York. Vd. il sito web del progetto sacredspacesinprofanebuildings.com
483
Cfr. ad es. Allievi Stefano (a cura di), 2010a, op. cit.; vd. anche le immagini contenute nel sito sacredspacesinprofanebuildings.com
Figura 30: La moschea di piazza Cutelli a Catania
(Fonte: M. Pino, settembre 2013)
Anche a confrontare questo aspetto con altri contesti nazionali, emergono alcuni elementi di interesse. Prendendo ad esempio il lavoro di Torrekens, che indaga sulla visibilità delle moschee a Bruxelles, emergono alcune somiglianze con la situazione milanese. Anche in quel caso, infatti, le moschee si trovano nei quartieri di immigrazione situati nel centro della città. Questi quartieri interstiziali “sono investiti da una serie di forti marchi simbolici e da una certa visibilità di segni culturali, cultuali e più generalmente etno-islamici”484. In effetti, prosegue Torrekens, dopo una prima fase di “invisibilità e di presenza discreta nello spazio urbano, le nuove generazioni di rappresentanti di moschee hanno progressivamente fatto della visibilità dell’islam un elemento di legittimazione e di attestazione della loro presenza e della loro leadership”485. Non si tratta tanto di una visibilità architetturale forte, quanto l’utilizzo di un “certo numero di elementi grafici (mosaici, calligrafie e iscrizioni in arabo o in fonetica, pannelli, etc.) e tecnici. Nell’insieme di questi segni, l’utilizzo della calligrafia, in modo particolare, è servito come marchio visivo costantemente percepito come simbolo dell’islam”486. Anche nel caso dell’agglomerazione “Val de France” studiata da Vieillard-Baron i luoghi di culto
484
Torrekens Corinne, 2008, op. cit., p. 208 (trad. mia)
485
Ibid.
creati da migranti si iscrivono nello spazio secondo una dialettica di visibilità/invisibilità. Buona parte delle sale di preghiera musulmane è costituita da infatti, da luoghi di prossimità, generalmente discreti. “La loro scarsa visibilità - nota l’autore - riflette la precarietà in cui si trovano i fedeli al loro arrivo”487. Quella della visibilità nello spazio urbano sembra una costante tra vari casi analizzati. Una delle particolarità di Milano è, però, che questo si nota ancor più perché riguarda anche i progetti più recenti di edifici acquistati, ristrutturati e adibiti interamente alle attività di alcune comunità islamiche di Milano (fig. 34 e 35).
Come si può notare dalle immagini sopra proposte, infatti, all’esterno delle moschee non si trovano cartelli fissi che indichino chiaramente la loro presenza. In effetti, il maggior veicolo di visibilità sono le persone che frequentano questi centri, in particolare nei momenti di maggiore affluenza, ovvero le preghiere collettive. Sono dunque i fedeli, e quindi la pratica stessa di questi luoghi, a renderli visibili per chi non sia a conoscenza della loro presenza. Alcune volte, gli unici segnali affissi, anche in lingua araba, sono messaggi che rimandano a una dimensione normativa dello spazio e di un uso conflittuale, come nella targa (fig. 32) sulla cancellata accanto alla Casa della cultura islamica in via Padova, o il cartello affisso sulla vetrina di un negozio accanto all’Istituto culturale islamico di viale Jenner (fig. 36).
Figura 31 Affissione accanto alla Casa della cultura islamica
(Fonte: M. Pino, luglio 2013)
Non si può sottovalutare l’importanza simbolica di questa mancanza, l’importanza del nominare un luogo, di dargli un’identità riconoscibile, di fissarne l’esistenza nello spazio urbano.
Vi è praticamente un solo luogo che fa eccezione, la moschea del Misericordioso, unica moschea ad hoc di Milano, visibile e riconoscibile, nella sua semplicità, soprattutto per la presenza di alcuni elementi architettonici come il minareto, la cupola, della mezzaluna posta in cima a quest’ultima e di quella davanti all’ingresso.
Figura 32: Moschea del Misericordioso, Milano
(Fonte: Wikipedia.it, consultato a ottobre 2013)
Il centro islamico costruito successivamente accanto alla moschea, invece, pur riprendendo qualche elemento estetico della moschea, è anch’esso anonimo, non riporta insegne evidenti all’ingresso.
Figura 33: Moschea del Misericordioso - Centro islamico di Milano e Lombardia
Come dicevo, lo stesso discorso vale anche per i centri islamici aperti più di recente, come l’Associazione islamica di Milano e la Comunità culturale islamica Milli Görus. Entrambi gli edifici sono stati acquistati e ristrutturati da comunità islamiche di Milano e sono stati interamente adibiti a centro islamico. Eppure, nessuna delle due è segnalata.
Figura 34: Associazione islamica di Milano
(Fonte: M.Pino, febbraio 2013)
A mio parere si tratta di un aspetto tutt’altro che secondario. Esso sottolinea le condizioni che caratterizzano il posizionamento dei luoghi di culto islamico nello spazio urbano e quindi sociale: si tratta di luoghi che esistono e si stanno diffondendo nel territorio, ma la maggior parte di essi rimane perlopiù invisibile e precaria, inserita tra le pieghe di palazzi che ospitano tutt’altre funzioni, una presenza non segnalata. E anche nel caso in cui siano nati centri islamici in edifici più grandi, utilizzati interamente, la loro presenza resta anonima, poco visibile e riconoscibile.