IL CONTROLLO DI MERITEVOLEZZA NEGLI ATTI DI DESTINAZIONE
6. Il modo di atteggiarsi della meritevolezza nella destinazione e il rinnovato ruolo dell’autonomia privata nel sistema dei traffici economici Il declino del
patrimonialismo e la funzionalizzazione degli atti al perseguimento di finalità rilevanti, nell’ottica dell’adeguatezza e della ragionevolezza. – A questo punto del percorso di studio, si pone l’esigenza di stabilire come si configuri la meritevolezza nella destinazione, cioè nell’attività negoziale preordinata all’organizzazione del patrimonio. Come è stato giustamente sottolineato, la problematicità della questione è collegata all’evidente capacità dell’attività destinatoria di incidere sulle posizioni giuridiche soggettive di terzi, in considerazione del fondamentale effetto di separazione366.
Il modo di atteggiarsi della meritevolezza negli atti ex art. 2645 ter c.c. dipende dalla portata dell’autonomia privata nell’attuale sistema dei traffici e dalla funzione svolta dai limiti apposti alla libera attività di autoregolamentazione degli interessi. Il superamento della tradizionale concezione dell’autonomia, intesa come potere illimitato riconosciuto ai privati nella sfera della disciplina degli interessi patrimoniali, fa da sfondo all’emersione di nuove istanze, perseguibili attraverso la conformazione di un’attività sempre più strumentale al perseguimento di obiettivi differenti rispetto a quelli inerenti al mercato e alle sue leggi.
La delicata questione dell’interesse meritevole negli atti di destinazione di beni si inserisce, pertanto, nell’ormai consolidato dibattito sulla progressiva erosione dei valori proprietari, in favore della tutela di situazioni giuridiche gerarchicamente sovraordinate. L’art. 2645 ter c.c. e, in particolare, il riferimento normativo alla necessità che l’effetto di destinazione consenta il raggiungimento di finalità meritevoli, segnano la sterzata decisiva del nostro sistema dei rapporti economici nella direzione della depatrimonializzazione367.
366 S.M
EUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, cit., p. 233.
367 Negli ultimi decenni, il dibattito sulla “depatrimonializzazione” del diritto civile è stato
particolarmente acceso. Si rinvia, per tutti, a C.DONISI, Verso la «depatrimonializzazione» del diritto privato, in Rass. dir. civ., 1980, p. 644 ss.; A. DE CUPIS, Sulla «depatrimonializzazione» del diritto privato, in Riv. dir. civ., 1982, II, p. 482 ss.; P.PERLINGIERI, «Depatrimonializzazione» e diritto civile, in ID., Scuole tendenze e metodi. Problemi del diritto civile, Napoli, 1989, p. 175; ID., Rapporti costruttivi fra diritto penale e diritto civile, in Rass. dir. civ., 1997, p. 106; ID., Il diritto civile nella legalità
La perdita di centralità dei fenomeni giuridici ricollegabili al solo dato economico si manifesta all’indomani dell’entrata in vigore della Costituzione, la quale, affermando il valore primario della persona, scardina le concezioni produttivistiche di una società fino ad allora ispirata alla solidarietà economica, tesa all’attuazione dell’interesse superiore del Paese. La massima produttività, la efficienza, l’autosufficienza dei mezzi economici hanno rappresentato, per lungo tempo, le finalità alle quali doveva tendere l’azione umana, in un percorso di graduale avvilimento dei diritti fondamentali dell’individuo e del valore della dignità368.
Il neologismo “depatrimonializzazione”369 implica il serio impegno di un interprete sempre piú sensibile all’esigenza di attuazione di tutti quei valori così forti da divenire colonne portanti dell’ordinamento. La preminenza delle situazioni esistenziali è avvertita come esigenza vitale da coloro che finiscono col ravvisare nelle situazioni giuridiche di stampo patrimoniale una funzione meramente strumentale rispetto alle prime. L’essenza patrimonialistica del diritto privato sembra disciogliersi in un contesto normativo nel quale fondamentale rilievo viene gradualmente assunto da interessi e diritti non patrimoniali, determinando una progressiva estromissione dal sistema di dinamiche tipiche della logica commerciale. In questa direzione, la tendenza normativo-
costituzionale, cit., p. 114 ss. In argomento, v., anche, i significativi rilievi di M. PENNASILICO, L’operatività del principio di conservazione in materia negoziale, in Rass. dir. civ., 2003, p. 709 ss. Secondo M.A. CATTANEO, Positivismo giuridico, in Noviss. dig. it., XVIII, Torino, 1966, p. 320, le origini della depatrimonializzazione del diritto privato vanno fatte risalire al periodo successivo alla seconda guerra mondiale, quando i giuristi si trovavano concordi nell’attribuire al positivismo giuridico la responsabilità di aver contribuito, con la proclamazione dell’obbligo di obbedienza assoluta alla legge statuale, all’affermazione e alla conservazione dei regimi totalitari. Le più nitide pagine sul concetto di positivismo giuridico si devono a N. BOBBIO, Il positivismo giuridico, Torino, 1996, p. 15 ss. Sulle distorsioni nascenti dalla necessaria identificazione tra diritto e legge dello Stato, cfr. A.CAVANNA, Storia del diritto moderno in Europa, Milano, 1979, p. 324 ss.; A.CATANIA, Manuale di filosofia del diritto, Napoli, 1995, p. 20 ss.
368 La riflessione sulla irrinunciabilità della dimensione di dignità della persona si pone a fondamento
della ricostruzione di un nuovo sistema, sempre più aperto alla depatrimonializzazione dei rapporti privatistici. L’inversione di tendenza si è realizzata nella fase di affermazione dell’assoluta rilevanza di tutti i diritti immediatamente ricollegabili al profilo della dignità dell’uomo.
In chiave soggettivistica, la dignità coincide con l’attributo essenziale ed ineliminabile della persona, la quale rappresenta il centro di un sistema in continuo movimento, in ragione del rapido mutamento ed ampliamento delle fonti di produzione del diritto. La supremazia della dignità, ragione del processo di indebolimento delle strutture economiche, comporta il riconoscimento della valenza della persona in quanto tale. In concreto, la dignità umana, piú che apprezzarsi in termini di diritto positivo, assume i connotati di un valore al quale si ispirano tutti i princípi fondativi del patto costituzionale. La sua costruzione come postulato primo dal quale discende il principio personalista, antagonista dell’idea produttivistica della società, fa sí che il concetto possa essere collocato anche in una sfera diversa da quella prettamente individuale. Sul punto, v. A.LASSO, Centralità della questione etica, cit., p. 126.
369 Cosí rileva C.D
culturale delineatasi ormai da tempo asseconda l’impostazione ideologica posta a fondamento di tutte le scelte dei nostri costituenti370.
Il produttivismo e la proprietà egoisticamente intesa sono profili residuali della realtà sociale371, la quale non può identificarsi in essi, in ragione della sua strutturazione etica. Il declino del patrimonialismo non testimonia la crisi del diritto privato, al contrario, fa risaltare il rinnovamento della scienza giuridica, chiamata a prospettare le soluzioni ai problemi in chiave di adeguatezza, ragionevolezza, meritevolezza e apprezzabilità rispetto ai valori fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato.
Se queste sono le premesse, risulta che non tutti gli interessi sottesi all’attività di destinazione sono idonei a legittimare il vincolo e quindi l’operazione di separazione patrimoniale. Gli unici interessi congrui a sostenere la validità della destinazione sono quelli che, in un’ottica comparativa, sono votati a prevalere su istanze di carattere esclusivamente economico372.
7. La poliedricità dell’approccio al problema del rinvio al comma 2 dell’art.