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L’art 2645 ter c.c e il frammento di disposizione contenente il riferimento agli “interessi meritevoli di tutela” Centralità della nozione di interesse e necessità d

IL CONTROLLO DI MERITEVOLEZZA NEGLI ATTI DI DESTINAZIONE

1. L’art 2645 ter c.c e il frammento di disposizione contenente il riferimento agli “interessi meritevoli di tutela” Centralità della nozione di interesse e necessità d

superare la visione strutturalistica degli atti negoziali. Interessi e dinamismo del sistema. La meritevolezza quale profilo inseparabilmente congiunto agli interessi sottesi all’attività segregatrice di beni. Un primo approccio alla meritevolezza e il richiamo alla dottrina che ne valorizza i momenti di collegamento con la ragionevolezza. – Il fulcro della disciplina degli atti di destinazione risiede in quel significativo frammento dell’innovativa disposizione304 di cui all’art. 2645 ter c.c., che

contiene l’esplicito riferimento alla necessità di perseguire, attraverso lo strumento finora analizzato, «interessi meritevoli di tutela».

L’espressione appena richiamata cristallizza nozioni fondamentali, che si prospettano all’interprete quali momenti culminanti dell’esperienza giuridica: da un lato, l’interesse; dall’altro, la meritevolezza. Entrambi i concetti consentono di osservare il problema degli atti di destinazione da un particolare angolo prospettico, che è quello della intrinseca, apprezzabile finalità alla quale deve tendere la complessa attività di segregazione dei patrimoni.

In primo luogo, occorre indugiare sugli “interessi”, più volte menzionati dal legislatore del 2005 e, pertanto, elementi decisivi nella ricostruzione dell’intero sistema

304 G.V

ETTORI, Atti di destinazione e trust (art. 2645 ter del codice civile), cit. p. 5, sottolinea che l’art. 2645 ter c.c. indica, seppur in modo confuso e disorganico, nuovi bisogni e nuovi diritti. La norma sulla meritevolezza dell’attività di destinazione, allora, si prospetta come disposizione dalla portata innovativa, perchè esplicazione di particolari istanze e di rinnovati interessi soggettivi.

degli atti destinatori: «gli atti in forma pubblica sono destinati alla realizzazione di “interessi” meritevoli di tutela (…); per la realizzazione di tali “interessi” può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato».

Mostrare attenzione agli interessi significa, innanzitutto, riconoscere la dimensione teleologica della scienza giuridica ed individuare il fine ultimo dell’attività dei giudici, i quali devono proporsi l’obiettivo di assicurare la realizzazione dei bisogni della vita, delle istanze dell’uomo, non soltanto materiali, ma esistenziali ed ideali. L’impegno a ricostruire l’interesse305 e a definirlo nei suoi contorni segna, come qualcuno ha rilevato, una fondamentale scelta di metodo306.

L’indagine si colloca fuori dai tratti angusti del positivismo e del formalismo, per condurre alla ricerca della valenza assiologica del precetto e dell’attività umana. In quest’ottica, anche l’esame della norma sulla destinazione patrimoniale viene affrancata dall’esclusivo ancoraggio ai meccanismi della trascrizione, per essere ricostruita in prospettiva dinamica e valoriale.

È stato efficacemente sottolineato che «pochi concetti, come quello di interesse, si sono radicati nel campo delle scienze sociali, penetrandovi estesamente ed in profondità, affiancando speditamente alle “comuni” accezioni più diffuse una pluralità di impieghi e di significati specialistici»307.

Come è ormai risaputo, vi è discordanza fra le varie rappresentazioni dell’interesse: la tesi psicologica considera quest’ultimo come valutazione che un soggetto fa di un bene rispetto alla realizzazione di un bisogno umano; la tesi normativa, invece, fa riferimento alla centrale esigenza di beni o di valori da realizzare o da proteggere nel mondo sociale e nell’ordinamento storicamente individuato308. La preferenza per l’una o per l’altra impostazione incide profondamente sulla determinazione dell’interesse in seno all’atto di disposizione ex art. 2645 ter c.c. L’indirizzo psicologico esalta la sensibilità dell’individuo e afferma il principio dell’uomo come “misura di ogni cosa” e quale espressione di soggettivismo; quello

305 Per una dotta e completa disamina sul tema dell’interesse, si rinvia, per tutti, a: P.F

EMIA, Interessi e conflitti culturali nell’autonomia privata e nella responsabilità civile, Camerino, 1996.

306 Cfr. A. L

ASSO, Centralità della questione etica e rilevanza dell’interesse non patrimoniale nella regolamentazione del mercato, in L’etica nel mercato, a cura di C.MARTINEZ SICLUNA YSEPULVEDA, Padova, 2011, p. 121.

307L.O

RNAGHI, Interesse, in Enc. sc. soc. Treccani, V, Roma, 1996, p. 38.

308 Sulla nozione normativa di interesse, v. E.B

ETTI, Interesse (Teoria generale), in Noviss. dig. it., VIII, Torino, 1962, p. 838 ss. Per quanto riguarda la visione psicologica dell’interesse, occorre far riferimento a W.CESARINI SFORZA, Lezioni di teoria del diritto, Padova, 1930, p. 126 ss.: «si chiama bene ciò che serve, ossia è utile come mezzo per raggiungere un fine; l’interesse è la valutazione di un bene, cioè l’apprezzamento di ciò che in relazione di un fine costituisce positivamente un bene».

normativo si sforza di ricondurre alla norma la complessità della psiche umana e dei bisogni che in essa si manifestano309.

Le opposte posizioni testimoniano la problematicità dell’approccio al tema in questione, il quale sembra imporre l’attenzione verso numerosi momenti dell’esperienza umana: quello dell’affermazione sul piano concreto dei bisogni avvertiti dall’individuo e quello della realizzazione di valori che trovano il loro fondamento in un sistema ordinato in chiave gerarchica310.

La promozione delle istanze soggettivistiche si accosta all’intento di attuare le richieste umane ritenute dall’ordinamento giuridico particolarmente degne di tutela. Se è importante che una norma funga da parametro di valutazione della meritevolezza dell’interesse da salvaguardare, va, d’altro canto, perseguito l’obiettivo di soddisfare tutte le esigenze che si presentano come significative proiezioni della personalità, nell’ottica della ampiezza e flessibilità dell’art. 2 Cost.311. L’interesse, in estrema sintesi, individua il bisogno dell’uomo nella sua soggettività, nella sua valenza sociale ed etica, ma anche e soprattutto nel suo assoggettamento alle regole dell’ordinamento giuridico, il quale è chiamato a riconoscere la sovranità della Costituzione312.

Nella diversità degli approcci teorici, risulta parimenti avvertita la consapevolezza che il metodo da adottare nella ricostruzione del sistema degli atti ex art. 2645 ter c.c. deve ispirarsi alla valorizzazione del profilo evolutivo degli interessi. Questi ultimi consentono di guardare gli istituti giuridici, quindi anche l’atto di destinazione, dal di dentro, evitando il pericolo della sopravalutazione delle strutture. C’è chi, autorevolmente, ha sottolineato che «la rivalutazione dell’interesse negli istituti e nelle situazioni soggettive costituisce la prospettiva piú naturale per rivedere criticamente l’eccessiva considerazione riservata al profilo strutturale – che nelle analisi spesso è il criterio classificatorio preferito – e per recuperare alla “costruzione

309 Una sintesi delle diverse teorie sull’interesse è offerta da V.Z

ENO-ZENCOVICH, Interesse del creditore e danno contrattuale non patrimoniale, in Riv. dir. comm., 1987, p. 78 ss.

310 V., ancora, A.L

ASSO, Centralità della questione etica, cit., p. 123.

311 P.P

ERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, cit., p. 719, afferma che il contenuto dell’art. 2 cost. «non si limita a riassumere i diritti tipicamente previsti da altre disposizioni della Costituzione, ma consente di estendere la tutela a situazioni atipiche».

312 Sul concetto di sovranità della Costituzione, si rinvia alle meditate riflessioni di F.C

RISCUOLO, Diritto dei contratti e sensibilità dell’interprete, Napoli, 2003, p. 29 ss.; ID., Autonomia negoziale e autonomia contrattuale, cit., Napoli, 2008, p. 46 ss. L’A. precisa le ragioni del dissenso rispetto alla concezione di sovranità proposta da G.ZAGREBELSKY, Il diritto mite, Torino, 1992, p. 8 ss., per il quale ruolo della Costituzione è di «realizzare le condizioni di possibilità della vita comune». Secondo l’A., la ricostruzione del pluralismo costituzionale in termini di “compromesso delle possibilità” deve lasciare spazio al riconoscimento della rigidità della Carta fondamentale, la quale rispecchia le scelte forti e decise del Costituente, che non si è sottratto al còmpito di creare le solide basi di un nuovo sistema di valori e di princípi assoluti ed intangibili.

giuridica” la tipologia storico-sociale». Per le ragioni appena richiamate, suscita apprezzamento «il contributo di chi, formatosi nella prevalenza della sostanza sulla forma, elabora un metodo di indagine rivolto a privilegiare l’interesse rispetto alla volontà, il profilo oggettivo e funzionale rispetto a quello soggettivo e descrittivo»313.

Si è rilevato che «il dinamismo degli interessi consente una visione consapevole, ampia ed articolata della realtà, che deve ispirarsi alla logica dei valori»314. In tal senso, l’interesse si traduce sempre, come è stato autorevolmente sottolineato, in una “situazione di valore positivo”315.

Sin da ora, perciò, si può affermare che l’art. 2645 ter c.c. tutela gli atti di destinazione che, nel perseguire interessi degni di tutela, sono in grado di presentare una dimensione di valore conforme agli obiettivi fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato.

In secondo luogo, fulcro della norma de qua è l’imprescindibile profilo della meritevolezza 316 , inseparabilmente congiunto all’interesse sotteso all’attività

“segregatrice” di beni. L’esame relativo alla meritevolezza si traduce in giudizio di valore sull’atto di destinazione.

Recente dottrina ha avuto occasione di rilevare che «il giudizio di meritevolezza, nell’implicare in sé un bilanciamento, impone anche il bilanciamento in concreto quale produzione della norma da applicare al caso concreto (ragionevolezza). In altre parole, nella determinazione della meritevolezza dell’atto, il bilanciamento rappresenta la procedura da seguire al fine di valutare la possibilità per l’atto negoziale di realizzare in pratica i valori espressi dall’ordinamento giuridico, quale coerente sviluppo di premesse sistematiche poste nella Carta costituzionale»317. Ne deriva che il giudizio di meritevolezza dell’atto di destinazione «deve essere espresso alla luce dei princípi fondamentali dell’ordinamento e dei valori che lo caratterizzano»318.

313 P.P

ERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., pp. 111 e 112.

314 Cfr. A.L

ASSO, Centralità della questione etica, cit., p. 124.

315 Cfr. A. F

ALZEA, La condizione e gli elementi dell’atto giuridico, Milano, 1941, p. 11: «In una accezione latissima, definiamo interesse qualunque situazione di valore positivo». Nella medesima direzione, v. G.ROMANO, Interessi del debitore e adempimento, Napoli, 1995, p. 44, il quale sottolinea che l’interesse opera alla stregua di un criterio di ricostruzione della valutazione normativa, ovvero come “misura del valore”.

316 C’è chi, in riferimento al nucleo centrale dell’atto di destinazione, ha parlato di “araba fenice” del

giudizio di meritevolezza: cfr. A.PICCIOTTO, Orientamento giurisprudenziale sull’art. 2645 ter cod. civ., in Atti di destinazione e trust, cit., p. 306.

317 E.G

IORGINI, Ragionevolezza e autonomia negoziale, Napoli, 2010, p. 204.

318 P. P

ERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 337, sottolinea il nesso indissolubile tra giudizio di meritevolezza e dimensione concreta dell’atto: «il giudizio di meritevolezza va espresso sull’iniziativa concreta, verificando tra l’altro l’adeguatezza dell’atto e degli strumenti

La meritevolezza, comportando un giudizio di apprezzabilità sociale del fine perseguito attraverso la destinazione di patrimoni, si presenta come dimensione diametralmente opposta all’abuso del diritto319, perpetrato ogniqualvolta l’atto comporti la conseguenza di raggiungere interessi non degni di protezione, perché non conformi alle scelte di fondo di un sistema assiologicamente orientato.

Da un primo approccio alla questione della meritevolezza è possibile, pertanto, ricavare l’impressione della complessità della valutazione rimessa all’autorità, in ragione della confluenza, in seno al giudizio richiesto dal legislatore, di contrapposte situazioni soggettive, suscettibili di essere sottoposte ad un bilanciamento ispirato alla ragionevolezza320, all’adeguatezza, all’opportunità e alla correttezza.

adoperati per raggiungere il risultato». Nella stessa ottica, R.DI RAIMO, Considerazioni sull’art. 2645

ter c.c.: destinazione di patrimoni e categorie dell’iniziativa privata, in Rass. dir. civ., 2007, p. 982, il quale ritiene che il giudizio sull’atto di destinazione debba risolversi nella valutazione della meritevolezza della finalità in concreto perseguita attraverso l’attività di destinazione.

319 Sul tema dell’abuso del diritto, ancora attuali sono le pagine di: U.N

ATOLI, Note preliminari ad una teoria dell’abuso del diritto nell’ordinamento giuridico italiano, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, p. 18 ss.; SALV.ROMANO, Abuso del diritto, in Enc. dir., I, Milano, 1958, p. 166 ss. Più di recente, v.: G.LEVI, L’abuso del diritto, Milano, 1993; U.BRECCIA, L’abuso del diritto, in Diritto privato, III, Milano, 1998, p. 5 ss.; D.MESSINETTI, Abuso del diritto, in Enc. dir., Agg., II, Milano, 1998, p. 1 ss.; P.RESCIGNO, L’abuso del diritto, Bologna, 1998, p. 11 ss.; R.SACCO, L’esercizio e l’abuso del diritto, in G.ALPA,M.

GRAZIADEI,A.GUARNERI,U.MATTEI,P.G.MONATERI e R.SACCO, La parte generale del diritto civile, Torino, 2001, p. 313 ss.; M.MESSINA, L’abuso del diritto, Napoli, 2004.

Per P.PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 644 ss., l’abuso è nozione che non si esaurisce nella configurazione dei limiti del singolo potere, ma si collega alla più ampia funzione della complessiva situazione della quale il potere è diretta espressione.

320 Sull’intimo collegamento fra ragionevolezza e meritevolezza, v. P.P

ERLINGIERI, Il diritto dei contratti

fra persona e mercato. Problemi del diritto civile, Napoli, 2003, p. 371, il quale ribadisce che si tende, a ragione, ad elevare «il concetto di meritevolezza, che il codice del 1942 inseriva nell’ordinamento e che oggi assume i confini della ragionevolezza del caso concreto: la meritevolezza e la ragionevolezza, non corrispondenti più soltanto alla proporzionalità, richiedono una valutazione qualitativa alla luce dei princípi fondamentali».

Sulla complessa ricostruzione del concetto di ragionevolezza, v. J.LUTHER, Ragionevolezza (delle leggi), in Dig. disc. pubbl., Torino, XII, 1997, p. 353 che esemplifica la nozione facendo riferimento al caso della previsione della «stessa prestazione in due situazioni diverse di bisogno e non bisogno o la stessa sanzione per due fatti di diversa gravità». Tali circostanze non possono che generare conflitti, in particolare alla luce della rilevanza applicativa del principio di eguaglianza. Il giudizio di ragionevolezza censura sia «l’omessa differenziazione delle conseguenze e il difetto di una comune “ratio distinguendi” delle norme», sia «l’omessa differenziazione delle conseguenze e l’assenza di una comune “ratio parificandi” delle norme». Secondo l’insegnamento di N. BOBBIO, Teoria generale del diritto, Torino,

1993, p. 216, nelle ipotesi suddette si profilerebbe un’inammissibile disparità di valutazione. Il contrasto «si verifica nel caso in cui una norma punisca un delitto minore con una pena più grave di quella inflitta ad un delitto maggiore. È chiaro che in questo caso non esiste un’antinomia in senso proprio (…). Non di antinomia si deve parlare, ma di ingiustizia. Ciò che antinomia e ingiustizia hanno in comune è che entrambe danno luogo ad una situazione che richiede una correzione: ma la ragione per cui si corregge l’antinomia è diversa da quella per cui si corregge l’ingiustizia. L’antinomia produce incertezza; l’ingiustizia produce diseguaglianza, e quindi la correzione ubbidisce nei due casi a due diversi valori, là al valore dell’ordine, qua a quello dell’eguaglianza». Sul giudizio di ragionevolezza, v., recentemente, F. MODUGNO, La ragionevolezza nella giustizia costituzionale, Napoli, 2007, p. 55 e ss., il quale sottolinea che «la ragionevolezza non è un principio costituzionale»; essa va costruita, piuttosto, come «metodo di interpretazione del diritto esistente», fondato sulla logica della preferenza, «cioè della conformità piena ai parametri costituzionali», o ancora, «della adeguatezza del principio costituzionale al caso concreto».

La meritevolezza, allora, è problema di non poco momento. Sin da ora, se ne desume l’enorme portata, nella consapevolezza che l’esame al quale gli atti di destinazione sono sottoposti deve sempre incentrarsi su un vaglio secondo Costituzione, vale a dire su una valutazione secondo la gerarchia dei princípi e dei valori.

2. Il riferimento agli “interessi meritevoli” quale spinta alla valutazione

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