IL CONTROLLO DI MERITEVOLEZZA NEGLI ATTI DI DESTINAZIONE
13. L’intenzione del legislatore del 2005 di separare la meritevolezza dalla liceità Il doppio binario di valutazione dell’attività di destinazione e la meritevolezza
quale giudizio di valore. L’esame della meritevolezza non come accertamento della rilevanza ed ammissibilità dell’atto destinatorio, ma quale verifica sulla sua idoneità a realizzare i valori dell’ordinamento. Residualità del giudizio sulla mera “futilità” degli interessi e centralità del controllo sulla coerenza rispetto al sistema. – I diversi tentativi di attribuire significato alla meritevolezza degli atti di destinazione vanno, ora, condotti nella direzione della ricerca della ratio ultima della norma sulla natura degli interessi destinatori. Alla meritevolezza dello scopo che orienta la destinazione come mero presupposto della trascrizione va preferita l’idea che considera il requisito in esame come fondamento di ammissibilità del negozio ex art. 2645 ter c.c..
La posizione che qui si intende assumere è quella secondo la quale il legislatore del 2005 ha voluto subordinare il riconoscimento dell’atto di segregazione dei beni alla meritevolezza dell’interesse, differenziando, tuttavia, quest’ultima dal livello valutativo della liceità. La disposizione in parola ha inteso introdurre un duplice livello di verifica sull’atto, individuando due diversi limiti operanti sull’autonomia non in via alternativa, ma in senso cumulativo434. L’indagine, pertanto, conduce ad un doppio risultato, sul generale piano della valutazione della compatibilità della destinazione rispetto alle regole e ai princípi caratterizzanti il nostro ordinamento giuridico. La rilevanza in
434 Significative, a tal proposito, le riflessioni di M.I
NDOLFI, Attività ed effetto nella destinazione dei beni, cit., p. 205.
concreto della nuova forma di autoregolamentazione è sottoposta ad un pregnante controllo dell’interesse che giustifica la destinazione435. Ciò significa che l’attività di verifica è estremamente articolata, dal momento che il modello d’azione astrattamente prefigurato dal legislatore non è ristretto, ma aperto, cioè variabile oltre che sotto il profilo strutturale, anche dal punto di vista funzionale e contenutistico.
L’apprezzabilità sociale dell’interesse sotteso alla destinazione è oggetto di un giudizio di valore, distinto da quello di liceità436. La verifica della meritevolezza è volta a legittimare in concreto l’operazione giuridica che il destinante ha voluto porre in essere. Se così è, il controllo volto a stabilire se gli interessi sono meritevoli precede, dal punto di vista della coerenza, quello di liceità, perché attiene alla positiva valutazione dell’ordinamento dello schema negoziale concretamente utilizzato dai privati. L’asserita precedenza del vaglio di meritevolezza non va intesa come possibilità di scomporre in più fasi, tra loro non comunicanti, il complesso procedimento ermeneutico avente ad oggetto l’atto destinatorio. L’interpretazione è sempre operazione unitaria437, che non
consente graduazione e separazione di momenti valutativi, tutti tesi alla ricostruzione complessiva della funzione, nell’ampia ottica ordinamentale, dell’atto posto in essere.
Con il giudizio di meritevolezza si tratta di stabilire la possibilità di accoglimento nel sistema di un’operazione che, pur realizzando una funzione generalmente approvata in ragione della cristallizzazione della nuova “categoria d’iniziativa giuridica”438, non è riconducibile, per il suo peculiare contenuto e per le finalità in concreto realizzate, all’astratta previsione normativa.
Se, però, si riducesse la meritevolezza alla sola rilevanza ed ammissibilità dell’atto di destinazione, si rischierebbe di escludere dal giudizio imposto qualunque valutazione di tipo assiologico. In altri termini, occorre evitare il pericolo di considerare
435 È stato giustamente osservato che il vaglio di meritevolezza richiede uno sforzo ulteriore da parte
dell’interprete, chiamato anche a verificare la liceità. Il differente peso del “quid pluris” ritenuto necessario per integrare la meritevolezza dimostra l’autonomia del giudizio sulla natura e sulla rilevanza sistematica degli interessi da perseguire. Si rinvia a M.CINQUE, Commento a decr. Trib. Trieste, 7 aprile
2006, in Nuova giur. civ. comm., 2007, p. 529. Per una completa rassegna della dottrina prospettante, nel giudizio di meritevolezza, un quid pluris rispetto alla mera liceità, v. S. BARTOLI, Trust e atto di destinazione nel diritto di famiglia e delle persone, in Il Diritto privato oggi, a cura di P. CENDON, Milano, 2011, p. 162 ss.
436 G.A
NZANI, Atti di destinazione patrimoniale: qualche riflessione alla luce dell’art. 2645 ter cod. civ., cit., p. 408, ha giustamente rilevato che non è sufficiente verificare, in negativo, la non contrarietà dell’atto di destinazione all’ordinamento, quindi la mera liceità dell’interesse, risultando necessario stabilire, in positivo, un suo più intenso apprezzamento, anche nell’ottica di un bilanciamento con altri interessi eventualmente confliggenti.
437 Cfr. P.P
ERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 612 ss.
438 Così, A.F
ALZEA, Riflessioni preliminari a La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645 ter del codice civile, Milano, 2007, p. 5.
l’atto destinatorio immeritevole soltanto quale espressione di una scelta sorretta dalla scarsa serietà dello scopo e dalla futilità degli interessi da realizzare439.
Il rinvio che l’art. 2645 ter c.c. fa al comma 2 dell’art. 1322 c.c. conferma la volontà di non risolvere il giudizio di meritevolezza nella verifica della seria intenzione di vincolarsi giuridicamente e di escludere, pertanto, interessi futili. La norma alla quale il legislatore del 2005 fa rinvio discorre, nella sua letterale formulazione, di «interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico» e non semplicemente di interessi rilevanti. Il giudizio di meritevolezza, come necessità dell’atto di destinazione di realizzare i valori dell’ordinamento (essendo insufficiente la semplice mancata violazione), discende da un’interpretazione più ampia del comma 2 dell’art. 1322 c.c. Se si esamina quest’ultima disposizione alla luce dei princípi fondamentali, in particolare di quelli contenuti negli artt. 2, 3 e 41 cost., la valutazione sul negozio è positiva soltanto qualora l’atto concreto risponda ad una funzione giuridicamente e socialmente utile, cioè sia idoneo alla attuazione dei valori fondamentali.
Può prospettarsi un atto di destinazione non meritevole ogniqualvolta esso, senza compromettere la liceità, sia realizzato in violazione di interessi tutelati dall’ordinamento e posti in capo a soggetti estranei al rapporto giuridico. In tema di destinazione patrimoniale, allora, il legislatore ha fatto riferimento a profili di validità sostanziale del negozio, ma soprattutto a presupposti di rilievo assiologico dell’atto.
A chiosa di queste osservazioni, sembra utile richiamare il pensiero di autorevole dottrina, che, nel distinguere la liceità dalla meritevolezza, offre preziosi spunti interpretativi, utili anche alla definizione della questione fin qui esaminata: «La sottoposizione della causa dell’atto di autonomia al controllo di liceità e di meritevolezza significa che l’ordinamento non si è limitato a predisporre uno strumento di controllo normativo diretto a negare tutela giuridica a interessi in contrasto con i valori fondamentali (c.d. controllo di liceità), ma ha, altresì, imposto un controllo dell’idoneità dell’atto concreto all’attuazione del valore (c.d. controllo di meritevolezza). Conseguentemente, pur in presenza di una causa lecita, l’ordinamento può rifiutare la sua protezione al regolamento negoziale ove il medesimo non consenta, mediante l’attuazione degli interessi individuali leciti, la realizzazione delle finalità generali che caratterizzano il sistema»440.
439 La questione accennata nel testo è affrontata da F.D
I MARZIO, Illiceità, immeritevolezza nullità, in Quad. Rass. dir. civ., 2003, p. 139.
440 P.P
14. Il ruolo della classe notarile: poteri e responsabilità. Funzione notarile e