IL CONTROLLO DI MERITEVOLEZZA NEGLI ATTI DI DESTINAZIONE
10. La meritevolezza ex art 2645 ter c.c e il bilanciamento degli interessi in gioco Scomposizione della disposizione in due ipotesi normative: effetti obbligatori ed
effetto risultante dalla trascrizione. Il rilievo relazionale degli interessi e la necessità di un bilanciamento guidato dalla ragionevolezza. – Nella ricerca dei criteri da adottare in ordine al giudizio di meritevolezza ex art. 2645 ter c.c., si è fatta avanti la posizione di chi405, muovendo dall’orientamento solidaristico qui accolto, ha affermato che la finalità che indirizza la destinazione deve prevalere in un processo di bilanciamento406 degli interessi in gioco. L’interprete non può limitarsi alla valutazione
405 M.N
UZZO, Atto di destinazione, interessi meritevoli, cit., p. 5.
406 Il richiamo al bilanciamento, in riferimento agli interessi sottesi alla dinamica di destinazione dei beni,
pone la necessità di chiarire la portata di questo significativo procedimento di valutazione comparativa. In linea generale, il bilanciamento viene in considerazione ogniqualvolta si tratti di stabilire la relazione di preferenza tra situazioni soggettive riconducibili allo schema del principio. Se così è, nella destinazione ex art. 2645 ter c.c., il bilanciamento dovrebbe comportare l’esame comparativo di interessi ricollegabili a princípi di rilevanza costituzionale. In realtà, nella fattispecie in esame, la dinamica relazionale concerne la posizione soggettiva del creditore e la situazione di colui che è avvantaggiato dall’atto di destinazione. Da un canto, si è in presenza dell’interesse patrimoniale del creditore a non consentire limitazioni della responsabilità; dall’altro, ci si trova dinanzi all’interesse, anche esistenziale, di colui che risulta essere destinatario del bene proveniente dal disponente. Il perseguimento dello scopo nella destinazione si traduce nell’attuazione di istanze dal sicuro rilievo costituzionale.
La dottrina del bilanciamento, nella sua versione alternativa alla gerarchia, è stata così delineata: «La pluralità dei princípi e dei valori cui rinviano è una ragione di impossibilità di un formalismo dei princípi. Essi non si strutturano, di regola, secondo una gerarchia dei valori. Se ciò avvenisse, si determinerebbe un’incompatibilità col carattere pluralistico della società, inconcepibile nelle condizioni costituzionali materiali attuali. In caso di conflitto, il principio più elevato priverebbe di valore tutti i princípi inferiori e darebbe luogo ad una minacciosa “tirannia di valore” fondamentalmente distruttiva. La pluralità dei princípi e l’assenza di una gerarchia formalmente determinata comporta che non vi possa essere una scienza della loro composizione ma una prudenza nel loro bilanciamento. Per rendere possibile la coesistenza dei princípi e dei valori occorre che perdano precisamente il carattere che consentirebbe eventualmente la costruzione a partire da uno di essi di un sistema formale chiuso, cioè la loro assolutezza»: così, G.ZAGREBELSKY, Il diritto mite, Torino, 1992, p. 170.
dell’interesse del disponente, ma deve con esso comparare gli altri interessi incisi dall’atto di autonomia407: quello generale alla rapida e sicura circolazione dei beni, connesso alla certezza di contenuto delle situazioni soggettive giuridicamente rilevanti, nonché quello, altrettanto generale, sotteso alla tutela del credito.
Viene, così, in considerazione un procedimento valutativo che ha come parametri di riferimento i valori supremi dell’ordinamento408 e «la graduazione costituzionale che antepone la persona all’impresa e quest’ultima alla proprietà»409. Ne deriva che il giudizio di meritevolezza non ha carattere soggettivo o extragiuridico, in quanto esso si risolve in una valutazione comparativa tra i diversi interessi in gioco, alla stregua del trattamento che gli interessi medesimi ricevono nel sistema di diritto positivo.
Questa ricostruzione è il portato del caratteristico inquadramento della norma di cui all’art. 2645 ter c.c. Si è ritenuto, infatti, che essa possa essere scomposta in due diverse ipotesi normative: da un lato, la norma concernente l’atto di destinazione, diretta a regolare la fattispecie primaria, produttiva di effetti obbligatori, come la pretesa di
Secondo L. MENGONI, L’argomentazione nel diritto costituzionale, in ID., Ermeneutica e dogmatica giuridica. Saggi, Milano, 1996, p. 122 ss., la tecnica del bilanciamento «è la forma della decisione, la quale consiste in un giudizio di prevalenza di uno o l’altro dei princípi che nel caso concreto vengono a confliggere, oppure di concorrenza dell’uno con l’altro in condizione di reciproca limitazione». J. LUTHER, Ragionevolezza (delle leggi), in Dig. disc. pubbl., XII, Torino, 1997, p. 355, sottolinea che in base al canone del bilanciamento dei valori viene verificata la funzionalità della legge, qui intesa come capacità di comporre princípi costituzionali “prima facie” configgenti nel caso astratto disciplinato dalla legge. Secondo l’A., questo esame richiede: l’accertamento di una situazione di collisione tra princípi applicabili al caso astratto; l’assenza di regole di gerarchia tra questi princípi; la verifica che la preferenza stabilita dal legislatore non sacrifichi in modo eccessivo uno dei princípi. Sul tema del bilanciamento, sicuramente significativa la posizione di L.LONARDO, Informazione e persona. Conflitto di interessi e concorso di valori, Napoli, 1999, p. 188, il quale rileva che «quando valori in conflitto esprimono eguale consistenza costituzionale e nessuno dei due può elidere completamente l’altro, l’opera di equilibrato componimento, che l’interprete deve attuare con riguardo ad una virtuale ripartizione delle rispettive sfere di influenza, avviene nel modo più appropriato soltanto con il ricorso ad una dialettica effettiva tra quei valori ed il fatto concreto». Per ulteriori riflessioni, si rinvia a P.PERLINGIERI, Valori normativi e loro gerarchia, in Rass. dir. civ., 1999, p. 802 ss.
407 Secondo parte della dottrina, la comparazione tra gli interessi in gioco non si fonda necessariamente
sul bilanciamento di interessi etici e solidaristici. Sul punto, cfr. U.LA PORTA, L’atto di destinazione di beni, cit., p. 104, per il quale gli interessi da comparare sono: quello generale alla rapida e sicura circolazione dei beni, connesso alla certezza di contenuto delle situazioni soggettive giuridicamente rilevanti, e quello, altrettanto generale, sotteso alla tutela del credito. Secondo l’A., «La valutazione di meritevolezza deve misurare e comparare l’interesse del disponente a destinare con il sacrificio imposto alle ragioni del credito e della circolazione e, alla luce della ponderazione, sfociare nel giudizio positivo o negativo, che la necessaria forma pubblica dell’atto impone (…). Ciò non induce necessariamente ad assegnare all’interesse del disponente un particolare valore “etico” o comunque “ultraindividuale”; il costo del sacrificio delle ragioni della tendenziale invariabilità del contenuto del diritto reale e quello della specializzazione della responsabilità patrimoniale del creditore può essere sopportato anche in funzione della soddisfazione di interessi egoistici, purchè leciti e non meramente futili e/o capricciosi».
408 I princípi costituzionali costituiscono i parametri per la valutazione della meritevolezza dell’atto di
destinazione: in questa direzione, G. GABRIELLI, Vincoli di destinazione importanti, separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari, in Riv. dir. civ., 2007, 3, p. 321 ss.
409 M.I
imporre alcuni criteri di amministrazione dei beni, secondo le precipue indicazioni dell’atto destinatorio; dall’altro, la norma relativa all’opponibilità della separazione, rivolta alla realizzazione dello specifico effetto risultante dalla trascrizione e dall’esistenza di un interesse meritevole di tutela. L’assenza dell’interesse meritevole è circostanza di tal fatta da comportare, pur in presenza dei requisiti di validità dell’atto di destinazione, la mancata verificazione dell’effetto della separazione e dell’opponibilità nei confronti di soggetti terzi.
Dall’operazione di scomposizione della norma oggetto di riflessione è possibile trarre il convincimento che la fattispecie destinatoria si prospetta, ancora una volta, all’attenzione dell’interprete come vicenda complessa, caratterizzata dall’emersione di una molteplicità di conseguenze significative sul piano giuridico: il superamento del rigoroso principio della responsabilità patrimoniale illimitata, l’ampliamento della sfera degli atti trascrivibili, la definizione di nuove modalità di amministrazione di beni destinati ad uno scopo, l’incidenza dell’interesse meritevole sul giudizio circa l’ammissibilità del particolare atto di gestione del patrimonio del disponente410.
Anche da questa analisi sembra possibile ricavare l’idea della centralità della meritevolezza in seno alla dinamica vicenda dei patrimoni destinati. La valutazione comparativa, infatti, concerne il rapporto tra l’interesse del soggetto creditore, che è destinato a subire il limite della garanzia patrimoniale, e il diverso interesse oggetto di protezione attraverso la concessione del privilegio della destinazione patrimoniale. Il rilievo relazionale degli interessi contrapposti è tale da condurre ad una comparazione in base a categorie di interessi. Nella determinazione delle entità da raffrontare, possono rappresentare un punto di riferimento sia le specificazioni iniziali dell’art. 2645 ter c.c., sia le classi di interesse prese in considerazione dalle numerose norme istitutive di patrimoni separati, secondo la regola generale del comma 2 dell’art. 2740 c.c. Pertanto, anche di là dalle fattispecie previste dalle singole norme sui patrimoni separati, si può affermare che, ogniqualvolta l’interesse perseguito dall’atto di destinazione appartenga alla stessa classe di interessi rispetto ai quali è consentita dalla legge la costituzione di un vincolo di destinazione, si rientra nell’alveo degli interessi meritevoli che, nell’art. 2645 ter c.c., giustificano la limitazione della responsabilità.
Sempre in un’ottica di necessario bilanciamento degli interessi in gioco, si è ancora affermato che sarebbe utile indagare su quali basi si fonda il giudizio di
410 M.N
prevalenza dell’interesse che orienta la destinazione nelle fattispecie di separazione tipizzate, perché attraverso tale indagine si potrebbe costruire un apparato concettuale utile a valutare la rispondenza ai requisiti richiesti dalla legge per le figure di destinazione patrimoniali atipiche, ex art. 2645 ter c.c.411.
Il reiterato riferimento al bilanciamento, da parte della più attenta dottrina, sembra, però, far difetto di una necessaria puntualizzazione412. In verità, l’esame comparativo degli interessi in gioco nella vicenda destinatoria non può se non essere condotto alla stregua di un criterio che è indefettibile in tutte le procedure di bilanciamento: la ragionevolezza.
Ciò significa che la meritevolezza, individuata alla stregua del bilanciamento, comporta sempre un rinvio alla ragionevolezza. Negli atti di destinazione, allora, l’individuazione dell’interesse meritevole avviene alla stregua di una verifica sulla ragionevole funzione dell’atto.
11. Lo sforzo ricostruttivo della nostra dottrina e le ipotesi più frequenti di