LA STRUTTURA DELL’ATTO DI DESTINAZIONE EX ART 2645 TER C.C.
3. Destinazione negoziale ed attribuzione strumentale del bene a soggetto diverso dal conferente-destinante, onerato di realizzare lo scopo della destinazione –
A questo punto dell’indagine, appare utile svolgere qualche riflessione in ordine alla possibilità – cui s’è fatto cenno ad inizio del presente capitolo – che con l’atto di destinazione negoziale ex art. 2645 ter c.c. possa darsi luogo ad una “attribuzione strumentale” del bene in favore di un soggetto diverso dal destinante (gestore-attuatore),
letterale (“atti”) dell’art. 2645-ter cod. civ. deve intendersi limitato al requisito formale richiesto per la trascrizione, la quale deve essere effettuata sulla scorta di un “atto pubblico” ai sensi dell’art. 2699 c.c. Proprio per la centralità riconosciuta all’autonomia negoziale privata, la locuzione impiegata all’inizio dell’articolo 2645-ter cod. civ. deve, perciò, essere riferita al genus dei negozi (atti e contratti) volti ad imprimere vincoli di destinazione ai beni, purché stipulati in forma solenne; del resto, il successivo richiamo all’art. 1322, comma 2, c.c. dimostra che la norma concerne certamente anche i contratti».
251 R. D
ICILLO, Atti e vincoli di destinazione, in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, 2007, p. 159, sottolinea
che il contratto rafforza dal punto di vista obbligatorio il vincolo di destinazione; U. STEFINI, Destinazione patrimoniale ed autonomia negoziale: l’art. 2645 ter c.c., cit., p. 88, secondo cui è d’altronde «conquista della civilistica moderna che la scelta della struttura debba essere teleologicamemte orientata al perseguimento degli interessi dei contraenti e che l’autonomia privata possa andare ad incidere anche sull’aspetto strutturale del negozio «plasmandolo» a seconda delle proprie esigenze, in una parola a seconda della causa concreta dell’operazione».
cui i beni vincolati potrebbero essere strumentalmente trasferiti al fine di realizzare lo scopo della destinazione (c.d. destinazione dinamica)252
.
La dottrina ha manifestato opinioni discordanti. Secondo una prima ricostruzione, la laconicità della norma, l’impiego di un lessico non confacente e di termini ambivalenti – su tutti i riferimenti al “conferente” ed ai “beni conferiti” – non consentirebbero di ritenere omologabile il trasferimento dei beni in favore di un soggetto diverso dall’autore della destinazione, onerato di realizzare lo scopo della destinazione. Cosicché, il conferente potrebbe esclusivamente apporre il vincolo sui beni di titolarità, assumendo le relative obbligazioni gestorie nei confronti dei beneficiari, senza alcuna possibilità di trasferire diritti a terzi253
.
In questa prospettiva, è stato sottolineato che l’atto di destinazione presenterebbe assonanze con la discussa fattispecie del trust auto-dichiarato, in cui un soggetto si dichiara trustee rispetto ad un bene determinato (di proprietà o che gli è stato trasferito senza alcun riferimento al trust già istituito o ancora da istituire) al fine di non confonderlo con il proprio patrimonio. Sennonché, è di immediata evidenza che, a differenza del trust, nell’ambito della destinazione negoziale ex art. 2645 ter c.c., il bene resta comunque nella titolarità-proprietà dell’autore della destinazione e non confluisce nel patrimonio di un altro soggetto254
.
In controtendenza con tale prospettazione, altra parte della dottrina ha osservato che nulla impedirebbe al conferente di trasferire, contestualmente o successivamente all’imposizione del vincolo, determinati beni ad un terzo, chiamato ad assumere l’obbligazione di realizzare la destinazione. E tanto sul presupposto, anzitutto, che l’art.
252 Per destinazione dinamica «si deve intendere la fattispecie nella quale l’obbligo di gestire il bene
destinato onde realizzare lo scopo prefissato si accompagna al trasferimento del bene dal disponente ad altro soggetto». Così R.QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, cit., p. 1724.
253 Per M.B
IANCA, Atto negoziale di destinazione e separazione, in Riv. dir. civ., 2007, p. 197 ss., la gestione rappresenterebbe un quid eventuale con fonte autonoma e distinta dall’atto di destinazione (di regola un contratto di mandato). Per M.CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato, cit., p. 185, la gestione è un quid indefettibile ed implicito nella destinazione stessa: nell’ipotesi di destinazione statica, dove il disponente non trasferisce il bene, soggetto gestore sarà il medesimo disponente.
Nel senso che la gestione debba essere affidata al beneficiario della destinazione v. G. CIAN - A. TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, Breviaria Iuris fondati da G. Cian e A. Trabucchi, VII ed. a cura di G. Cian, Padova, 2007, p. 3201: «la realizzazione della destinazione – sia che essa si realizzi attraverso una gestione dinamica, sia che si realizzi attraverso un mero vincolo di destinazione d’uso del bene – richiede sempre un gestore e questo di norma si suppone sia il beneficiario, salvo che il conferente si sia riservato la gestione».
254 D.M
URITANO, Trust auto-dichiarato per provvedere ad un fratello con handicap, Milano, 2002, p. 473; S.BARTOLI, Il trust auto-dichiarato nella Convenzione de L’Aja sui trust in AA.VV., Trust, Milano, 2005, p. 355; F.GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter, in www.judicium.it, 2006, p. 12; G.PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, Padova, 2006, p. 165 e p. 202 ss.
2645 ter c.c., nel qualificare il soggetto che impone il vincolo quale “conferente”, lascia presupporre un trasferimento e, comunque, prevede, come ipotesi normale, che il vincolo abbia durata superiore alla morte del titolare del bene, consentendo ai terzi che ne abbiano interesse di agire per la realizzazione dello scopo anche dopo tale evento. Dunque, si tratterebbe di una fattispecie non innovativa, in parte assimilabile al fondo patrimoniale costituito da soggetto diverso dai coniugi.
Accanto alle anzidette ricostruzioni, taluni autori hanno poi ritenuto che il soggetto che opera la destinazione potrebbe altresì conservare la titolarità dei beni, imponendo il vincolo ed affidando l’attuazione dello scopo destinatorio a terzi, attraverso lo schema del mandato gestorio. Si creerebbe, per tale via, una scissione tra proprietà e legittimazione.
Non da ultimo, è stata prospettata da parte della dottrina la possibilità che la gestione possa essere affidata allo stesso beneficiario, sempreché essa non si accompagni al trasferimento del diritto di proprietà, a nulla ostando la sovrapponibilità delle posizioni di gestore e beneficiario, né essendo omologabili i rilievi critici di chi ritiene che vi sarebbe sempre necessità di alterità soggettiva tra gestore e gerito.
Alla luce delle soluzioni prospettate, si ritiene di poter manifestare adesione a quella teorica che reputa come del tutto eventuale la figura del gestore-attuatore della destinazione: l’eventualità non deve essere letta in termini di indifferenza alla vicenda destinatoria rispetto ad una fase di gestione-attuazione dello scopo, quanto semmai nel senso che gestore-attuatore della destinazione potrà anche essere il disponente piuttosto che il beneficiario.
Per converso, nulla escluderà al disponente di avvalersi di un terzo (c.d. attuatore della destinazione), ma si tratterà di ipotesi solo eventuale255. Né potrebbe argomentarsi
differentemente, strumentalizzando il richiamo che la norma fa al “conferente”: se è vero che il riferimento è ambiguo, è altresì indubitabile che si tratta pur sempre di un
255 M. D’E
RRICO, Le modalità della trascrizione ed i possibili conflitti che possono porsi tra beneficiari, creditori ed aventi causa del «conferente», in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007, p. 90; G. DE NOVA, Esegesi dell’art. 2645 ter c.c., in Atti del Convegno su Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645 ter c.c., Milano, 19 giugno 2006, cit.; R. DI RAIMO, L’atto di destinazione dell’art. 2645 ter: considerazioni sulla fattispecie, in Atti di destinazione e trust, Padova, 2008, p. 49; G. PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p.
165; G. OBERTO, Atti di destinazione (art. 2645 ter c.c.) e trust: analogie e differenze, in Contratto e impresa Europa, 2007, p. 400; M. LUPOI, Gli «atti di destinazione» nel nuovo art. 2645 ter cod. civ. quale frammento di trust, in Trust e attività fiduciarie, 2/2006., p. 169 e in Rivista del notariato, 2/2006, p. 469; F. GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., cit., p. 165; A. FUSARO, Le posizioni dell’accademia nei primi commenti dell’art. 2645 ter c.c., in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 35.
dato che non può consentire di presupporre che ad ogni destinazione debba conseguire un trasferimento di beni256
.
4. I centri di imputazione soggettiva della destinazione ex art. 2645 ter c.c.: conferente, beneficiario e gestore. – L’art. 2645 ter c.c. individua nel “conferente” e nei “beneficiari” i “centri di imputazione soggettivi interessati al progetto destinatorio”257
.
All’indomani dell’introduzione della novità legislativa, la dottrina ha duramente contestato il richiamo al termine “conferente” – richiamo definito freudiano258
–, sul presupposto che nel fenomeno destinatorio non sarebbe ravvisabile alcun trasferimento di un diritto da un soggetto ad un altro (dunque nessun effetto attributivo-traslativo). Il legislatore avrebbe, pertanto, dovuto preferire termini più consoni quali disponente-
256 G. O
BERTO, Atti di destinazione (art. 2645 ter c.c.) e trust: analogie e differenze, cit., p. 401. La Suprema Corte ha più volte utilizzato il termine «conferimento» per indicare, non il trasferimento, ma semplicemente il vincolo cui sono sottoposti i beni oggetto del fondo patrimoniale, si vedano ex multis: Cass., 7 luglio 2009, n. 15862; Cass., 31 maggio 2006, n. 12998; Cass., 26 luglio 2005, n. 15603; Cass., 07 marzo 2005, n. 4933; Cass., 23 settembre 2004, n. 19131; Cass., 08 settembre 2004, n. 18065.
Nel senso che il vincolo di destinazione possa essere accompagnato o meno da un effetto traslativo del bene dal disponente ad altro soggetto, si v. M. LUPOI, Gli «atti di destinazione» nel nuovo art. 2645 ter cod. civ. quale frammento di trust, cit., p. 470.
G. VETTORI, Atto di destinazione e trascrizione. L’art. 2645 ter, cit., p. 181; U. LA PORTA, L’atto di destinazione di beni allo scopo trascrivibile ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. cit., p. 1069; M. CEOLIN,
Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c., cit., p. 175. Secondo l’A. la trascrizione dell’atto di destinazione produrrebbe sia gli effetti di cui all’art. 2645 ter c.c. (ossia l’opponibilità del vincolo ai terzi) sia quelli dell’art. 2644 c.c. per quanto concerne l’effetto traslativo.
Come evidenziato da F. GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., cit., p. 165: «il vincolo di destinazione può infatti accedere a una donazione quale onere della stessa o sotto forma di donazione remuneratoria o di vendita con destinazione a favore di un terzo».
Giova infine precisare che la dottrina ha manifestato più di una riserva alla possibilità che l’atto di destinazione possa essere di per sé produttivo dell’effetto traslativo (e cioè se la causa destinatoria risulti sufficiente a realizzare l’effetto attributivo). In proposito, una parte degli studiosi fornisce risposta positiva sul presupposto che il trasferimento si atteggerebbe come strumentale all’attuazione della destinazione (la causa destinatoria risultando sufficiente a produrre l’effetto reale tipico), evitando ogni questione in ordine all’ammissibilità di un “negozio traslativo atipico o astratto”.
Altra teorica obietta che, in un contesto circolatorio, il vincolo in discorso potrebbe accedere esclusivamente ad una donazione (quale onere della stessa o sotto forma di donazione remuneratoria o di vendita con destinazione a favore di un terzo). Talché, la causa fiduciae non potrebbe risultare idonea a porre in essere l’atto di destinazione con trasferimento ex art. 2645 ter c.c.
257 Così P.D
ELL’ANNA, Patrimoni destinati e fondo patrimoniale, Milano, 2009, p. 43.
258 Così F.G
AZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in www.judicium.it e in Giust. Civ., 2006, p. 165
ss., il quale sottolinea di come la scelta sia frutto, probabilmente, della erronea convinzione che la destinazione in discorso fosse omologabile a quella che determina separazione patrimoniale mediante costituzione di un nuovo ente. Per G. OBERTO, Atti di destinazione (art. 2645 ter c.c.) e trust: analogie e differenze, cit., p. 401: «l’impiego dei termini in discorso non tradisce necessariamente l’intento di richiamare una vicenda traslativa di diritti, ben potendo riferirsi anche alla sola intenzione di denotare la costituzione di un vincolo».
costituente o, comunque, avrebbe dovuto precisare che, nel caso di specie, “conferire” non significa trasferire, quanto semmai “conferire ad uno scopo” 259
.
Ciò detto, è fuori discussione che legittimato ad effettuare la destinazione sarà, anzitutto, il proprietario dei beni sui quali viene apposto il vincolo. Nell’ottica di rendere quanto più accessibile e competitivo lo strumento di autonomia negoziale, si osserva, poi, che anche il titolare di un diritto reale limitato potrà operare una destinazione ex art. 2645 ter c.c. purché nei limiti del diritto goduto e senza che essa risulti incompatibile con i diritti vantati dal titolare del bene260
.
La qualifica di conferente potrà, inoltre, essere rivestita da una persona giuridica, quest’ultima incontrando quale unica limitazione quella di non poter destinare beni del proprio patrimonio a titolo di donazione261.
Con riferimento alla categoria dei c.dd. beneficiari, l’art. 2645 ter c.c. ha fornito un elenco eterogeneo di soggetti che possono essere destinatari degli effetti, precisando che gli interessi meritevoli di tutela devono essere “riferibili” a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o altri enti o persone fisiche.
Da più parti è stata segnalata l’infelice scelta del legislatore di accostare le persone con disabilità e le pubbliche amministrazioni, trattandosi di soggetti che rientrano chiaramente nella più ampia categoria delle “persone fisiche” o degli “enti”262
. Secondo alcuni studiosi, poi, un effettivo bilanciamento degli interessi in gioco sarebbe necessario in tutte quelle circostanze in cui la destinazione non concerne le “persone con disabilità” – per tali intendendosi i soggetti incapaci di curare autonomamente i
259 Così F. G
AZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., cit., p. 170; S. D’AGOSTINO, Il negozio di destinazione nel nuovo art. 2645 ter c.c., cit., p. 1517.
260 Per M.C
ONFORTINI, Vincoli di destinazione, cit., p. 884: «può certo dirsi che il potere di compiere atti
di destinazione del bene non è esclusivo del titolare del diritto di proprietà, che un vincolo è ipotizzabile anche con riguardo a soggetti non proprietari e può riguardare anche beni non in proprietà». Seppur con argomentazioni non sovrapponibili, ritengono che «conferente» possa essere anche il titolare di diritti reali e che questi possa destinare ad un beneficiario le utilità traibili dal bene: M. CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c., cit., p. 180; G. PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 165; R. DI
RAIMO, L’atto di destinazione dell’art. 2645 ter: considerazioni sulla fattispecie, in Atti di destinazione e trust, cit., p. 62; A. GENTILI, Le destinazioni patrimoniali atipiche, Esegesi dell’art. 2645 ter c.c., in Rass. dir. civ., 2007, p. 23.
261 Così M. C
EOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c., cit., p. 180.
262 L’attuale formulazione dell’art. 2645 ter c.c. ha ampliato e di molto (rispetto ai progetti di legge) le
ipotesi concretamente attuabili di destinazione patrimoniale, dato il riferimento generico agli «enti» e «persone fisiche». Per R. QUADRI,L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, cit., p. 1717 ss. il richiamo ai soggetti disabili contenuto all’art. 2645 ter c.c., a fianco dell’ampliamento della sfera soggettiva (derivante dall’inserimento tra i soggetti beneficiari degli enti e persone fisiche) sarebbe soltanto il pretesto per giustificare – sul piano dei valori e degli interessi generali – l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico di una disciplina dell’atto di destinazione.
propri interessi, a prescindere dalla esistenza di uno specifico handicap fisico o mentale –, giacché in quest’ultimo caso il semplice riferimento ad esse sarebbe idoneo a suffragare la meritevolezza dell’interesse perseguito263
.
Pur rinviando al successivo capitolo III ogni considerazione in punto di meritevolezza dell’atto, è possibile sin d’ora anticipare che, nel rispetto del tenore della disposizione, è sempre necessario operare un bilanciamento degli interessi in gioco, in particolare facendo prevalere l’interesse alla destinazione ogniqualvolta quest’ultimo risulti non lucrativo e moralmente o socialmente apprezzabile.
La letteratura si è poi interrogata sul se sia configurabile un atto di destinazione a favore di nascituri. In proposito, è necessario distinguere l’ipotesi in cui l’atto di destinazione sia posto in essere inter vivos oppure mortis causa. Più nel dettaglio, nell’ipotesi in cui l’atto di destinazione sia oggetto di apposita disposizione testamentaria – circostanza che non è dato escludere, ma rispetto alla quale si rinvia ai rilievi che verranno svolti di qui a breve – potrebbe trovare applicazione in via analogica l’art. 462 c.c. che riconosce la possibilità di ricevere per testamento sia in capo ai concepiti (comma 1) sia in capo ai nascituri non concepiti purché figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore (comma 3)264
. Ovviamente, in tale circostanza, il vincolo di destinazione spiegherà i propri effetti dal momento del concepimento. Nell’ipotesi, invece, che l’atto di destinazione sia posto in essere inter vivos, taluni autori hanno osservato che la disciplina cui far riferimento potrebbe essere quella di cui all’art. 784 c.c. in tema di donazione in favore di nascituri265
.
263 Si v. M.B
IANCA,M.D’ERRICO,ADE DONATO e C.PRIORE, L’atto notarile di destinazione, Milano,
2006, p. 30 ss. Rientrerebbero nella categorie delle persone con disabilità anche i soggetti sottoposti a provvedimento di interdizione o inabilitazione ovvero coloro che si trovino nella condizione per la nomina di un amministratore di sostegno (art. 404 ss c.c.).
264 Sui diritti del nascituro si veda C. T
RINCHILLO, Riflessioni sui nascituri e sull’art. 715 c.c., in Riv. Not., 2000, p. 621).
265 L’art. 784 c.c., infatti, nel regolare la donazione in favore di nascituri dispone che «la donazione può
essere fatta a favore di chi è soltanto concepito, ovvero a favore dei figli di una persona vivente al tempo della donazione, benché non ancora concepiti». Per G. PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 175, i principi espressi dagli artt. 462 e 784 c.c. troverebbe applicazione anche con riferimento all’atto di destinazione: «beneficiario del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. potrà essere sia una persona vivente al momento della costituzione del vincolo, sia il nascituro che risulti concepito a quel momento, sia infine il figlio nascituro non concepito di persona vivente a quel momento». Nel senso di confermare che beneficiario possa essere anche un nascituro non concepito in applicazione analogica con quanto previsto in tema di donazione dall’art. 784 c.c. si v. M. BIANCA, M. D’ERRICO, A. DE DONATO, C. PRIORE, L’atto notarile di destinazione. L’art. 2645 ter c.c., cit., p. 31; G. PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 178; R. QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, cit., p. 1735; S. MEUCCI, La destinazione tra atto e rimedi, cit., p. 495.
Nel vivace dibattito che ha caratterizzato l’introduzione dell’art. 2645 ter c.c., ci si è altresì chiesti se beneficiario dell’atto di destinazione possa essere il conferente e cioè se quest’ultimo possa assumere la veste di soggetto che fa sorgere il vincolo di destinazione e quella di beneficiario della destinazione stessa (c.d. auto-destinazione). Sul punto, le posizioni della dottrina non sono univoche. Coloro che escludono che il costituente possa essere anche beneficiario266
argomentano nel senso di ritenere indispensabile il dualismo soggettivo tra conferente e titolare dell’interesse. Ciò soprattutto al fine di limitare i rischi di impiego inappropriato (fraudolento) dello strumento, di tutelare i creditori del conferente, garantendo il rispetto del principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c..
Diversamente, altri autori reputano che il tenore della disposizione, da un canto, e la presenza di strumenti di tutela dei creditori del disponente, dall’altro, non consentano di negare la possibilità di una destinazione con effetto c.d. “auto- segregativo”, tesa a vincolare a proprio favore alcuni beni del proprio patrimonio267
. In questa circostanza, la legittimità e la validità dell’atto di destinazione dovrebbero essere valutate avendo quale principale riferimento la meritevolezza dell’interesse da tutelare, interesse che può ben essere del destinante medesimo. D’altra parte è scontato che un atto di destinazione che abbia l’esclusiva finalità di limitare la responsabilità patrimoniale del disponente (in violazione del generale principio di cui all’art. 2740 c.c.) non potrà essere opposto ai creditori del destinante, giacché esso non risulterebbe idoneo a superare il vaglio di meritevolezza richiesto dalla norma268
. Non manca, poi, chi sostiene che anche il conferente-destinante potrebbe essere beneficiario della destinazione, purché non in via esclusiva269
.
In linea con quanto s’è detto ad avvio del lavoro ed in vista di ciò che si dirà nel successivo capitolo III, pare a chi scrive che, anche in questo caso, la questione vada affrontata non tanto e non solo sotto il profilo meramente soggettivo, quanto effettuando
266 A. M
ORACE PINELLI, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, Milano, 2007, p. 250; G.
BARALIS, Prime riflessioni in tema di art. 2645 ter c.c., in Negozio di Destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 136; R. QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, cit., p. 1735; F. GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., cit., p. 175; S. MEUCCI, La destinazione tra atto e rimedi, cit., p. 495.
267 G. S
ICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, cit., p. 2666.
268 G. S
ICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., cit., p. 2666, A sostegno di tale tesi viene evidenziato come in più occasioni sia stata riconosciuta validità anche nel nostro ordinamento al trust c.d. autodichiarato (così: Trib. Reggio Emilia, 14 maggio 2007, in Contratti, 2008, 1, p. 15, con nota di Reali; Trib. Milano, 23 febbraio 2005; contra: Trib. Napoli, 1 ottobre 2003, in Contratti, 2004, 7, p. 722).
269 R. D
I RAIMO, L’atto di destinazione dell’art. 2645 ter: considerazioni sulla fattispecie, in Atti di destinazione e trust, cit., p. 65, nota 53.
una valutazione degli interessi perseguiti attraverso l’atto di “auto-destinazione”, segnatamente verificandone la “meritevolezza” ed operando un bilanciamento “in