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Destinazione di beni, separazione e responsabilità patrimoniale L’attitudine dell’art 2645 ter c.c a ripensare il regime di responsabilità ex art 2740 c.c Il ruolo

I RIMEDI A TUTELA DEI CREDITORI DEL DISPONENTE I L PROBLEMA DELLA REVOCATORIA

1. Destinazione di beni, separazione e responsabilità patrimoniale L’attitudine dell’art 2645 ter c.c a ripensare il regime di responsabilità ex art 2740 c.c Il ruolo

degli interessi. – 2. Responsabilità-patrimonio-soggettività. Affievolimento del valore tipologico della riserva di legge ex art. 2740 c.c. ed estensione dell’autonomia privata in rapporto alla selezione dell’interesse destinatorio. La tutela dei terzi e l’opponibilità del vincolo. – 3. Gli interessi dei creditori nell’atto di destinazione ed “intensità” della separazione patrimoniale. I rimedi a favore dei creditori del soggetto conferente-destinante. Revocabilità dell’atto e nullità-rimedio nella prospettiva della destinazione i beni. – 4. Creditori antecedenti alla destinazione e azione revocatoria. La meritevolezza degli interessi perseguiti con l’atto di destinazione. Una prospettiva per trarre conferme sistematiche.

1. Destinazione di beni, separazione e responsabilità patrimoniale. L’attitudine dell’art. 2645 ter c.c. a ripensare il regime di responsabilità ex art. 2740 c.c. Il ruolo della meritevolezza degli interessi 446 – Già prima dell’introduzione dell’art. 2645 ter c.c. era invalsa l’idea che l’“effettività” della destinazione di beni ad uno scopo per il perseguimento di interessi meritevoli di tutela potesse essere assicurata esclusivamente attraverso lo strumento della separazione patrimoniale: derogando al principio della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c., i beni destinati allo scopo avrebbero dovuto fungere da garanzia solo per i creditori “da destinazione” (cioè per coloro il cui diritto di credito inerisca la realizzazione dello scopo); diversamente, ai creditori estranei alla vicenda destinatoria (c.dd. creditori generali) sarebbe stato precluso di soddisfarsi sui beni che costituiscono il patrimonio separato447

.

In questo senso, la dottrina aveva precisato: «se l’effetto di separazione, peculiare delle ipotesi legislative di destinazione patrimoniale, non sembra porre alcun problema di compatibilità con i principi inderogabili dell’ordinamento, in quanto specificatamente oggetto di previsione normativa, le perplessità sono destinate ad emergere, invece, in relazione alle fattispecie non disciplinate dal legislatore e, in particolare, con riguardo al trust o ai negozi “atipici” di destinazione»448

.

446 Il presente capitolo non ha la finalità di indagare diffusamente le numerose questioni che

l’introduzione dell’art. 2645 ter c.c. pone all’interprete con riferimento al fenomeno della separazione patrimoniale. Una simile indagine richiederebbe, per vero, uno studio “dedicato”. L’obiettivo che si prefigge è quello di portare a termine l’indagine avviata nel corso del primo capitolo (sul rapporto atto negoziale-separazione patrimoniale-tutela del credito, cfr. retro ¶ I.7) e di dare compiutezza ai risultati raggiunti nel corso del capitolo III sulla centralità della meritevolezza degli interessi perseguiti attraverso l’atto destinatorio con effetto di separazione patrimoniale, soffermando l’attenzione sui rimedi a tutela dei creditori generali del conferente.

447 V. A.

FALZEA, Introduzione e considerazioni conclusive, in Destinazione di beni allo scopo. Strumenti attuali e tecniche innovative, cit., p. 27 ss. il quale osserva: «perché, dunque, la destinazione allo scopo possa costituire il fondamento di un istituto che, nel nostro diritto positivo, assolva il compito che, nell’ambito della gestione degli interessi giuridicamente rilevanti, svolge nel territorio di common law il trust, appare indispensabile – come primo tratto specificativo – che al vincolo giuridico della destinazione di beni allo scopo perseguito dal destinante si accompagni la separazione dei beni oggetto della destinazione dal restante patrimonio dell’autore della destinazione».

448 Testualmente, R.QUADRI, La destinazione patrimoniale. Profili normativi e autonomia privata, cit., p.

La codificazione dell’art. 2645 ter c.c. ha riportato al centro dell’attenzione la tematica: la novità legislativa è stata vista da più parti, infatti, come idonea a riconoscere nel nostro ordinamento la categoria dei negozi di destinazione “atipici” – dove il carattere della separazione patrimoniale consente di non limitare il fenomeno destinatorio ad un patto meramente obbligatorio –, autorizzando l’autonomia privata a dar vita a limitazioni della responsabilità patrimoniale, in deroga al secondo comma dell’art. 2740 c.c. («le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge») e superando l’impostazione tradizionale per la quale la creazione di un “patrimonio separato” deve essere subordinata ad espressa previsione legislativa449

.

Per tale via è stata avvertita, da un canto, l’esigenza di superare l’idea di presidiare esclusivamente ed acriticamente l’unitarietà e l’indivisibilità del patrimonio; dall’altro canto, la necessità di individuare strumenti idonei ad assicurare l’affidamento del ceto creditorio dinnanzi a nuove situazioni suscettibili di rilevanza erga omnes450

. L’effetto di separazione patrimoniale, infatti, frammenta il patrimonio, articolando i ceti dei creditori in relazione alla causa del proprio credito451

, con la conseguenza di mantenere il patrimonio vincolato “riservato al soddisfacimento di dati creditori” e separato dal restante patrimonio generale452

.

Su queste premesse, emerge chiaramente che uno studio incentrato sulla meritevolezza degli interessi perseguiti attraverso lo strumento destinatorio – interessi che colorano la destinazione e che legittimano l’effetto di separazione-opponibilità – non possa prescindere da uno sguardo d’insieme, senza alcuna pretesa di esaustività, sulle peculiarità del rapporto che corre tra destinazione negoziale ex art. 2645 ter c.c. e principio di responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.; nonché sui rimedi a tutela dei creditori contro gli abusi dello strumento destinatorio e, dunque, contro le violazioni dell’art. 2740 c.c..

449 Sul punto si v. A.PINO, Il patrimonio separato, cit., p. 102; S.PUGLIATTI, Gli istituti del diritto civile,

cit., p. 303; si v. anche U. LA PORTA, Causa del negozio di destinazione e neutralità dell’effetto

traslativo, cit., p. 267.

450 M.B

IANCA, Atto negoziale di destinazione e separazione, cit., p. 27.

451 P.S

PADA, Persona giuridica e articolazione del patrimonio: spunti legislativi recenti per un antico dibattito, cit., p. 844; A. ZOPPINI, Autonomia e separazione del patrimonio, nella prospettiva dei patrimoni separati della società per azioni, cit., p. 573 ss.

452 M.B

Dando per presupposte le considerazioni svolte nel corso della prima parte del lavoro453, la riflessione deve muovere dal corretto inquadramento del rapporto tra la novità legislativa e l’art. 2740 c.c..

La disposizione da ultimo richiamata stabilisce il principio della responsabilità patrimoniale universale, in funzione di garanzia generica dei creditori, con conseguente illiceità di pattuizioni limitative ulteriori rispetto a quelle espressamente ammesse dall’art. 2740, comma 2, c.c.. La regola – come comunemente osservato – trae origine dalla tradizione tesa a riconoscere un unico patrimonio per ciascuna persona, con ciò postulando l’universalità della responsabilità patrimoniale e riconoscendo forme di limitazione della responsabilità solo laddove previste dalla legge454. A tale stregua, il principio di indivisibilità del patrimonio e di responsabilità universale avrebbe potuto essere superato solo ricorrendo alla finzione della creazione di un nuovo ente dotato di personalità giuridica455.

Deve, peraltro, ribadirsi che, sin dall’entrata in vigore del Codice del ‘42, tale principio è assurto a nucleo fondamentale del sistema di diritto privato, a «principio ordinante dell’intero diritto patrimoniale moderno»456, al punto tale da far ritenere che «senza la responsabilità patrimoniale le obbligazioni risulterebbero un nome vano senza contenuto pratico» 457. Di guisa che le limitazioni della responsabilità patrimoniale

avrebbero dovuto essere esclusivamente “tipiche” ed il divieto di cui al comma secondo dell’art. 2740 c.c. avrebbe dovuto essere percepito come principio di ordine pubblico458.

453 V. retro, ¶ I.7.

454 Sul rapporto separazione patrimoniale-limitazione della responsabilità sia consentito rinviare retro, ¶

I.7, in particolare note 160, 161, 162, 163. In dottrina v. R.NICOLÒ, Della responsabilità patrimoniale,

delle cause di prelazione e della conservazione delle garanzie patrimoniali, in Comm. Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1954; D. RUBINO,La responsabilità patrimoniale, in Tratt. di dir. civ. diretto da F.

Vassalli, Torino, 1956; G. LASERRA, La responsabilità patrimoniale, Napoli, 1966; L. BARBIERA,

Responsabilità patrimoniale – Disposizioni generali, in Comm. cod. civ. diretto da Schlesinger, Milano, 1991.

455 V. retro, ¶ I.3. 456 Cfr. V. R

OPPO,Tutela dei diritti, in Tratt. dir. priv. (diretto da) P. Rescigno, tomo I, 19, Milano, 1997, p. 399.

457 Cosi la Relazione ministeriale al codice civile n. 1124. Ad avviso di M. D’

AMELIO, Della responsabilità patrimoniale. Disposizioni generali, in Commentario del Codice Civile (diretto da) M. D’Amelio, Libro della tutela dei diritti, Firenze, 1943, p. 430 ss.: «Il principio contenuto nell’art. 2740 è fondamentale in tutto il sistema di diritto privato, giacché senza la responsabilità patrimoniale le obbligazioni risulterebbero un nome vano senza contenuto pratico». Anche la dottrina successiva, fino a quella più recente, individua nell’art. 2740 I comma un “fondamentale principio”: R. NICOLÒ,Della

responsabilità patrimoniale, delle cause di prelazione e della conservazione delle garanzie patrimoniali, in Tutela dei diritti, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Roma-Bologna, 1954; C.M. BIANCA, Diritto civile, vol. 5, La responsabilità, Milano, 1997, p. 407; M. GIORGIANNI,L’obbligazione, I, Milano, 1968 p. 159. Nel senso di istituto di natura fondante e fondamentale P. RESCIGNO,Immunità e privilegio, in Persona e comunità, Bologna, 1966, p. 420.

Non solo. È altresì noto che la responsabilità patrimoniale riflette tutta la propria essenza ricostruttiva nel rapporto con altri istituti – quali la tutela processuale, l’obbligazione e la personalità giuridica –, svolgendo e presidiando più d’una funzione, sicché la scelta di un punto privilegiato di osservazione (l’interesse del creditore alla realizzazione del proprio diritto ovvero alla conservazione della garanzia patrimoniale , ovvero ancora il profilo della soggezione del debitore) conduce a favorire una dimensione piuttosto che un’altra459.

In questo senso, è stato autorevolmente sottolineato che la responsabilità patrimoniale non configura «la violazione di un dovere generico di mantenere integro il patrimonio, ma una soggezione alle iniziative del creditore»460, con la conseguenza che il sistema degli strumenti per la conservazione patrimoniale dovrebbe essere inquadrato dal punto di vista proprio del creditore, riconoscendo a quest’ultimo un potere di controllo sul comportamento del debitore in ordine al proprio patrimonio ed evitando di ridurre a flatus vocis la regola della responsabilità patrimoniale461.

Se così è, si coglie immediatamente che l’essenza del principio suggellato all’art. 2740 c.c. risiede nel riconoscimento in capo al creditore di soddisfare in via coattiva la propria pretesa – riconoscimento che rivela la “giuridicità del vincolo”462 –, essendo possibile collegare il profilo sostanziale di essa con quello processuale, facendo assurgere il rimedio ad elemento qualificante della rilevanza dell’obbligazione (a prescindere dal relativo adempimento)463.

In questo contesto, assume poi tutta la propria centralità la richiamata previsione di cui al secondo comma dell’art. 2740 c.c., che irrompe sui principi di unità ed indivisibilità del patrimonio per lungo tempo radicati nella tradizione giuridica italiana e francese464. Il legislatore ha, infatti, colto l’esigenza di contemperare la “rigidità” del

459 Così pressocchè testualmente, R. N

ICOLÒ,Della responsabilità patrimoniale, delle cause di prelazione e della conservazione delle garanzie patrimoniali, in Tutela dei diritti, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Roma-Bologna, 1954, p. 1 ss.

460 L. B

ARBIERA,Responsabilità patrimoniale, cit., p. 23 ss.

461 A. Di M

AJO,Responsabilità e patrimonio, cit., p. 56.

462 In proposito v. R. N

ICOLÒ, Della responsabilità patrimoniale, delle cause di prelazione e della conservazione delle garanzie patrimoniali, cit., pag. 11. L’A. osserva che oggetto di protezione non è solo il credito, ma la giuridicità della dimensione obbligatoria.

463 Sul punto si v.S.M

EUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, cit., 361. L’A. fa riferimento alla c.d. funzione preventiva rispetto all’interesse creditorio, la quale trova espressione in numerosi indici normativi: gli artt. 2900 ss. cc, l’art. 1461 c.c. relativo al mutamento delle condizioni patrimoniali dei contraenti, l’art. 1186 cc in ordine alla decadenza del termine, nonché le rispettive articolazioni contenute nella disciplina dei contratti tipici

464 La disposizione normativa legittima il superamento del dogma dell’unicità del patrimonio

(tradizionalmente ascritta ai giuristi francesi G. AUBRY e G. RAU, Cours de droit civil français d’après l’ouvrage de C. S. Zachariae, cit., trad. it. di L.LO GATTO, Corso di diritto francese per C.S. Zacharie,

principio con situazioni che impongono l’esclusione o l’attenuazione del vincolo di sottoposizione del patrimonio del debitore alla garanzia, cioè forme di limitazione della responsabilità patrimoniale, sul presupposto della natura dei beni di proprietà, della qualifica dei creditori o della tipologia del credito465; circostanze nelle quali “è bene” non consentire ai creditori una aggressione generica del patrimonio del debitore466. Sulla scorta di quanto precede, è stata rimessa alla legge la possibilità di autorizzare l’effetto di separazione patrimoniale (e deroghe al principio di cui all’art. 2740 c.c.), ritenendosi che quest’ultimo sfugga dalla disponibilità dell’autonomia privata.

Sennonché, la previsione normativa di cui al secondo comma dell’art. 2740 c.c. è stata messa in crisi dall’ampliamento delle ipotesi di separazione patrimoniale, che hanno indotto la dottrina a riflettere sulla possibilità di riconoscerne “fattispecie aperte”, determinando l’erosione della concezione tradizionale di responsabilità patrimoniale e richiedendo un ripensamento della regola di cui all’art. 2740 c.c., non più inquadrabile quale principio di ordine pubblico467.

Napoli, 1851. Lo stesso Code civil rivela quanto tale impostazione fosse radicata nella tradizione giuridica francese. Al riguardo, per ulteriori approfondimenti, R. SEVE,Déterminations philosophiques d’une théorie juridique: la théorie du patrimoine d’Aubry et Rau, Parigi, 1979.

465 R. N

ICOLÒ,Della responsabilità patrimoniale, delle cause di prelazione e della conservazione delle garanzie patrimoniali, cit., pag. 13.

466 Cfr. al riguardo le osservazioni di L. B

ARBIERA,Responsabilità patrimoniale, cit., p. 59 ss. L’A., proprio al fine di definire i confini dell’area delle limitazioni di responsabilità “attraverso la chiarificazione di fattispecie che non costituiscono limitazioni di responsabilità ma limitazioni di debito”, distingue limitazioni solo “apparenti” da quelle effettivamente riconducibili al secondo comma dell’art. 2740 c.c.

467 G.OPPO, Le grandi opzioni della riforma e la società per azioni, in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 474; A.

ZOPPINI,Autonomia patrimoniale, cit., p. 544; C.GRANELLI, La responsabilità del debitore tra disciplina

codicistica e riforma in itinere del diritto societario, in Riv. dir. civ., 2002, p. 512.

Nel senso del superamento dell’idea che l’art. 2740 c.c. sia espressivo di un principio di ordine pubblico si v. Cass. 17 novembre 1979, n. 5977; Cass., 15 febbraio 1993, n. 1853; Cass., 16 novembre 2000, n. 14870. Più precisamente, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 17 novembre 1979, n. 5977 (ribadita con le decisioni n. 14870 del 16.11.2000 e n. 1853 del 15.2.1993), nel riconoscere che il nostro Ordinamento contempla numerose ipotesi di limitazioni alla responsabilità generale ed illimitata del debitore, ha sancito che il divieto di dar luogo a separazioni patrimoniali desumibile dall’art. 2740 c.c., non può considerarsi di ordine pubblico nel senso di cui all’art. 31 disp. prel., dovendosi, invece, ritenere che esso rappresenti un principio inderogabile dall’autonomia privata, ma non già un caposaldo irrinunciabile dell’intero sistema. La Corte precisa che una siffatta conclusione è la conseguenza naturale della riconosciuta ammissibilità di figure societarie unipersonali che usufruiscono della limitazione della responsabilità patrimoniale. Cass., sentenza 17 novembre 1979, n. 5977; in dottrina tale orientamento della Suprema Corte trova positivi margini di condivisione; Cfr. G.TUCCI, Trusts, concorso dei creditori

e azione revocatoria, in Trust e Attività fiduciarie, 2003, p. 24. Le deroghe previste nella disciplina del codice civile, nonché quelle sopravvenute in forza dei numerosi interventi legislativi nazionali, alcuni dei quali conseguenti ad accordi internazionali (si pensi alla ratifica della Convenzione dell’Aja del 1985 sul trust) rispondenti a pressanti esigenze connesse alla sviluppo economico e finanziario del Paese, hanno fortemente mitigato l’originaria rigidità del principio di responsabilità patrimoniale, che assume una fisionomia più duttile e flessibile, svolgendo un’apprezzabile funzione d’orientamento del sistema e di criterio valutativo della compatibilità normativa di soluzioni configgenti.

Per vero, già in fase antecedente alla stagione di vitalità del fenomeno della separazione patrimoniale, era stato possibile constatare un affievolimento della responsabilità ex art. 2740 c.c. quale “principio immutato e sovraordinato”, affievolimento causato vuoi dall’emersione di interessi diversi dalla tutela del credito – con conseguenti istanze dirette a contemperare meccanismi normativi di bilanciamento –; vuoi dalla progressiva e diversa articolazione degli strumenti di tutela, che impone di tener conto della qualifica rivestita dal debitore e/o della tipologia di credito468 .

L’esigenza di procedere ad una rivisitazione di tradizioni e dogmi è emersa, inoltre, palese anche alla luce della proliferazione di privilegi e cause di prelazione, idonee ad erodere il principio della par condicio creditorum di cui all’art. 2741 c.c., disposizione che dovrebbe rappresentare il completamento della regola di responsabilità illimitata ex art. 2740 c.c. e che, invece, è stata parimenti indebolita per ossequiare le esigenze di snellezza e rapidità sollecitate dal commercio e dagli scambi e confermando l’esigenza di un superamento del carattere di illimitatezza ed universalità della responsabilità patrimoniale469.

Insomma, per dirla insieme ad un autore che ha diffusamente trattato il tema, i principi di cui agli artt. 2740 e 2741 c.c. rischiano di andare “in pezzi” 470, attestando la

sovversione del rapporto regola-eccezione471, superando il tradizionale inquadramento del comma 2 dell’art. 2740 c.c. quale norma che ha natura eccezionale ed aprendo la strada all’interpretazione analogica ed estensiva delle disposizioni che prevedono forme di separazione patrimoniale472.

Come s’è anticipato, il dibattito sul tema è stato ravvivato dalle disquisizioni circa la compatibilità nel nostro ordinamento del c.d. trust interno473; dall’introduzione della disciplina dei patrimoni destinati ex art. 2447-bis ss. c.c.474; e, da ultimo, dall’introduzione dell’art. 2645 ter c.c.. Tali interventi hanno in gran parte “generalizzato” l’eccezione alla regola della responsabilità patrimoniale illimitata,

468In questo senso osserva S. M

EUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, cit., 353 che «si

affievolisce l’idea di protezione del creditore quale valore dotato di contenuto statico che si realizza in un ruolo preminente e sovraordinato da contrapporre ad altri interessi».

469 V. R.QUADRI, La destinazione patrimoniale, cit., p. 329; V. altresì retro ¶ I.7. 470 G. O

PPO,Le grandi opzioni della riforma e le società per azioni, in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 474.

471 Cfr. F. Di S

ABATO,Sui patrimoni destinati, cit., p. 52 ss.; F. FERRO LUZZI,I patrimoni dedicati e i gruppi nella riforma societaria, cit., p. 273; R. LENZI,I patrimoni destinati, cit., p. 544; E. BECCHETTI, Riforma del diritto societario. Patrimoni separati, dedicati e vincolati, in Riv. not., 2003, 1, p. 62.

472 Per S.M

EUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, cit., 369, il principio della par condicio

creditorum in realtà non può essere considerato espressione di un generale ed ideale canone di giustizia, ma essenzialmente espressione di una scelta accolta dal legislatore

473 V. retro ¶ I.4.1. 474 V. retro ¶ I.4.

facendo discorrere di un “principio di separabilità dei patrimoni”475 ed arrivando perfino a paventare una abrogazione tacita del secondo comma dell’art. 2740 c.c.476.

Più in particolare, proprio il riconoscimento generalizzato in favore dell’autonomia privata di creare patrimoni separati per il perseguimento di interessi meritevoli di tutela ha confermato le “tensioni” che sussistono fra autonomia negoziale e separazione patrimoniale, nel senso dell’esigenza di un effettivo ridimensionamento- ripensamento del principio dell’universalità della responsabilità patrimoniale; ridimensionamento che, a nostro avviso, non deve tuttavia sfociare in alcuna abrogazione della regola di cui all’art. 2740 c.c..

In questa direzione sono stati, infatti, i risultati raggiunti nel corso della prima parte dello studio. Il progressivo affievolimento della illimitatezza della responsabilità patrimoniale e l’emersione della figura generale dell’atto di destinazione negoziale ex art. 2645 ter c.c. (che ove trascritto produce l’effetto di separazione patrimoniale) non comportano, infatti, il venir meno della riserva di legalità sulle limitazioni di responsabilità patrimoniale477.

Un ruolo rilevante per comprendere il rapporto che corre tra fattispecie destinatoria ex art. 2645 ter c.c. e responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c. è rivestito, come s’è più volte ribadito, dal concetto di interessi meritevoli di tutela478. È proprio la meritevolezza che consente di misurare il rapporto tra fattispecie destinatoria “aperta” e principio di responsabilità patrimoniale, essendo condivisibile il pensiero di quella dottrina che ha osservato che “quanto più ampio sarà il concetto di interessi meritevoli accolto, tanto più evidente e marcata sarà la deroga al principio di responsabilità patrimoniale generale”479, con il rischio di mandare “in frantumi” il principio espresso dal primo comma dell’art. 2740 c.c.480.

Orbene, all’indomani dell’introduzione della novità legislativa, la dottrina ha manifestato opinioni contrastanti sul punto.

475 L. BARBIERA, Responsabilità patrimoniale, cit., p. 34; G. OPPO, Sui principi generali del diritto

privato, in Riv. dir. civ., 1991, p. 484.

476 F.GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter., cit., p. 165.

477 V. retro ¶ I.7. La separazione resta, pertanto, strumento eccezionale riservato alla legge e finalizzato

ad interrompere la corrispondenza fra soggettività ed unicità del patrimonio, onde destinare una parte dei beni al soddisfacimento di alcuni creditori, determinando in questo modo l’insensibilità dei beni separati dalla sorta giuridica degli altri, in deroga agli artt. 2740 e 2741 c.c. In questo senso v. Cass., 28 aprile 2004, n. 8090 in Giust. civ., 2005, I, p. 1050.

478 V. retro ¶ I.6; nonché amplius retro cap. III.

479 Testualmente, M.CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato, cit., p. 310. 480 Così, A.MORACE PINELLI, Atti, cit., p. 181.

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