IL CONTROLLO DI MERITEVOLEZZA NEGLI ATTI DI DESTINAZIONE
3. La non “superfluità” del richiamo alla meritevolezza Necessità di valutare la ragione giustificatrice posta a fondamento di ciascuna attività con funzione d
segregazione patrimoniale. L’opportunità dell’esplicito riferimento alla meritevolezza e l’asserita insuperabilità del numero chiuso dei diritti reali. Riconsiderazione del tradizionale dogma della tipicità delle situazioni reali: la destinazione ex art. 2645 ter c.c. come “conformazione” di uno dei classici diritti in funzione dello specifico interesse da perseguire. Il rinvio al comma 2 dell’art. 1322 c.c. e la necessità di studiare la meritevolezza di là dalla tipicità o atipicità dell’atto. – Il tentativo di chiarire il significato degli “interessi meritevoli di tutela” nella destinazione patrimoniale si inserisce, allora, nel quadro della complessa valutazione ermeneutica dell’art. 2645 ter c.c.
L’analisi della disposizione deve, anzitutto, fondarsi sulla costatazione della non superfluità del requisito della meritevolezza, opportunamente richiamato e ribadito, pur
322 Che gli effetti debbano assurgere a elementi rilevanti che qualificano un fatto è realtà incontestabile.
Secondo N.IRTI, Oggetto del negozio giuridico, in ID., Norme e fatti. Saggi di teoria generale del diritto, Milano, 1984, p. 197, «nell’effetto si riassume la dinamica giuridica». Sul tema dell’efficacia, si rinvia alle considerazioni di A.FALZEA, Efficacia giuridica, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965, p. 472 ss.; ID., Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica, Milano, 1967, p. 120 ss.
323 Sul tema della funzione come “sintesi degli effetti essenziali”, si rinvia a S.P
UGLIATTI, Nuovi aspetti del problema della causa dei negozi giuridici e precisazioni in tema di causa del negozio giuridico, in ID., Diritto civile. Metodo-Teoria-Pratica. Saggi, Milano, 1951, p. 75 ss. e p. 105 ss. V., inoltre, P. PERLINGIERI, op. ult. cit., p. 604 ss., ed ancora, P.PERLINGIERI e P.FEMIA, Nozioni introduttive e princípi fondamentali del diritto civile, Napoli, 2000, p. 106.
324 Cfr. P.P
se già previsto in materia di contratti (art. 1322 c.c.) e integralmente estensibile alla disciplina degli atti unilaterali (art. 1324 c.c.). La funzionalizzazione325 del vincolo di destinazione ad utilizzi sempre nuovi e variegati e il fatto che l’opponibilità a terzi e la segregazione danno luogo ad un fenomeno di separazione a danno dei creditori326 del proprietario del bene rappresentano circostanze di tal fatta da far subordinare la prevalenza degli interessi del beneficiario del vincolo, rispetto a quelli dei creditori del proprietario ed agli altri terzi, alla precipua condizione che gli interessi medesimi siano particolarmente rilevanti ed apprezzabili327. Va pure segnalato, però, che l’insorgenza di un vincolo di destinazione opponibile ai terzi su un bene non è sempre per i creditori un rischio superiore a quello connesso ad un qualsiasi atto giuridico che comporti la totale estromissione o la mancata acquisizione di quel bene nel patrimonio del debitore.
Ciò premesso, non sembra affatto ridondante il richiamo alla meritevolezza, che consente di focalizzare l’attenzione sull’elemento fondamentale della destinazione, vale a dire sullo scopo. Di là dalla possibilità di introdurre una graduazione fra le istanze emergenti nell’ambito della vicenda di destinazione patrimoniale, il legislatore ha inteso sollecitare l’interesse dell’interprete sulla ragione giustificatrice posta a fondamento di ciascuna attività con funzione di segregazione dei beni oggetto di proprietà. Il requisito formale della conoscibilità del vincolo da parte dei creditori del disponente perde la sua apparente centralità nell’istante dell’affermazione, in chiave sostanziale ed assiologica, del rilievo meritevole della funzione alla quale l’atto è designato.
C’è un’altra ragione che milita in favore dell’opportunità dell’esplicito riferimento alla meritevolezza degli interessi ex art. 2645 ter c.c.: essa risiede nella asserita insuperabilità del limite del numero chiuso dei diritti reali. La tipicità di questi ultimi si è da sempre posta come garanzia del principio di libera circolazione dei beni, suscettibile di essere limitato soltanto in presenza di esigenze ed interessi dotati di un elevato grado di apprezzabilità sociale.
325 La rilevanza funzionale del vincolo di destinazione è sottolineata da P.L
AROMA JEZZI, Separazione patrimoniale e fattispecie impositiva: il rilievo della destinazione nella fiscalità diretta ed indiretta, in Atti di destinazione e trust, cit., p. 133, il quale rileva che l’ “entificazione” della massa patrimoniale destinata è strettamente legata alla specifica “funzione” svolta dal vincolo.
326 R.L
ENZI, Le destinazioni atipiche e l’art. 2645 ter c.c., in Contr. e impr., 2006, p. 237, sottolinea che, nel tentativo di attribuire al concetto di immeritevolezza un significato meno effimero della inettitudine o incoercibilità, è emersa la tendenza a prospettare un contratto che, per essere meritevole, non deve recare pregiudizi a terzi. Questa interpretazione valorizza il canone della meritevolezza come clausola generale, come criterio di giustizia contrattuale, nel senso che il negozio non può mai ingiustificatamente danneggiare gli interessi di terzi.
327 Significativo, sul punto, è il contributo di G.P
ETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 161 ss.
La circostanza che il proprietario dei beni ex art. 2645 ter c.c. dispone delle proprie sostanze in maniera singolare, attraverso l’apposizione di un vincolo in funzione di peculiari interessi, introdurrebbe una novità in seno al tradizionale sistema delle situazioni giuridiche assolute ed immediate, connotate dal requisito della patrimonialità. L’atto di destinazione si collocherebbe nell’alveo delle fattispecie che obbligano l’interprete a rivedere in chiave critica la rigidità del numerus clausus dei diritti reali, i quali, in un sistema in continua evoluzione e sempre più collegato alla complessa gerarchia delle fonti, prevedono, oggi, nuove e dinamiche espressioni di gestione ed esercizio.
Serve chiarire che l’antico dogma della tipicità dei diritti reali non sembra del tutto intaccato dall’ammissione della costituzione di vincoli di destinazione da parte dell’autonomia negoziale privata. Il vincolo non crea una nuova situazione soggettiva reale, diversa dai tipi annoverati nel classico elenco, ma produce unicamente la “conformazione” di uno di quei diritti in funzione dello specifico interesse da perseguire. La costituzione di un vincolo reale di scopo comporterebbe la nascita di un diritto reale inedito, quindi atipico, soltanto se esso fosse capace di innovare la sfera delle facoltà che compongono il contenuto di una delle tradizionali situazioni reali, cioè se fosse idoneo a far sorgere un diritto dal contenuto originale ed innovativo, in ragione della manifestazione di una facoltà ulteriore o in ragione della eliminazione di un limite rispetto al normale assetto dei poteri tradizionalmente riconosciuti al soggetto.
Il vincolo introdotto nel 2005, in realtà, si risolve esclusivamente nel paralizzare una delle facoltà che connotano il diritto o nel limitare la discrezionalità del titolare del diritto circa le modalità del suo esercizio. La situazione che si prospetta, dunque, è soltanto una rivisitazione del diritto reale vincolato, attraverso la compressione di una situazione reale tipica328.
Tutto ciò premesso, occorre evidenziare che il dubbio manifestato in ordine all’adeguatezza della formulazione letterale della disposizione in oggetto va fugato alla luce della necessità di richiamare, soprattutto in riferimento ai vincoli negoziali di indisponibilità, la gerarchia dei valori inderogabili. La sottolineatura del legislatore,
328 Sulla questione del rapporto fra la generale categoria degli atti di destinazione e il dogma della tipicità
dei diritti reali, v. G.ANZANI, Atti di destinazione patrimoniale: qualche riflessione alla luce dell’art. 2645 ter c.c., in Nuova giur. civ. comm., 2007, II, pp. 410 e 411. Secondo G. PALERMO, Interesse a costituire il vincolo di destinazione e tutela dei terzi, in Atti di destinazione e trust, cit., p. 294, l’art. 2645 ter c.c. non ha superato il principio di tipicità degli iura in re aliena, ma ne ha soltanto operato un temperamento, nell’ottica di un adeguato sostegno alle attività socialmente utili, vale a dire alle attività strettamente collegate all’interesse pubblico.
pertanto, non è priva di significativi risvolti sul piano dell’intera sistemazione della materia.
Se l’art. 2645 ter c.c. contiene l’esplicito riferimento al parametro della meritevolezza, il riscontro della rilevanza degli interessi ha rappresentato, altresì, punto nodale della disciplina del trust, come riconosciuto dalla Convenzione dell’Aja del 1985. Si ritiene, infatti, che l’art. 13 di tale Convenzione – in base al quale «nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi importanti, ad eccezione della scelta della legge da applicare, del luogo di amministrazione e della residenza abituale del trustee, sono più strettamente connessi a Stati che non prevedono l’istituto del trust o la categoria del trust in questione» - tenda ad impedire il riconoscimento di quei trust che risultino non meritevoli di tutela329. Ne deriva che tutti gli strumenti di gestione del patrimonio nelle diverse forme riconosciute dal nostro sistema e dagli ordinamenti stranieri pongono delicate questioni di controllo sulle finalità perseguite e sulla portata degli interessi destinati ad essere concretizzati e soddisfatti.
Rispetto alla norma in esame, ulteriori perplessità sono sorte in relazione al rinvio al comma 2 dell’art. 1322 c.c. Una parte della dottrina ha evidenziato che appare improprio il riferimento alla seconda parte dell’art. 1322 c.c., avendo essa riguardo al riconoscimento dei contratti atipici, non ricollegabili all’atto di destinazione, appositamente tipizzato dall’art. 2645 ter c.c330. Non sembra, però, che l’obiezione possa essere accolta, dal momento che il riferimento espresso al comma 2 dell’art. 1322 c.c. non concerne il genus da esso previsto, vale a dire i contratti atipici, riguardando molto da vicino l’essenza stessa dell’atto di regolamentazione, cioè il contenuto essenziale, il parametro, il filtro, il criterio discretivo, rappresentato dagli interessi meritevoli di adeguata tutela da parte dell’ordinamento331. Si può, allora, anticipare che il problema non è quello della tipizzazione o non tipizzazione dell’atto di destinazione, al contrario, è quello della rilevanza pratica del suo contenuto.
Di là dalle questioni appena richiamate, pare che esigenza fondamentale sia quella di stabilire il modo di eseguire il controllo di meritevolezza, che richiede una puntuale ricerca delle singole rationes a fondamento delle molteplici figure di vincolo negoziale di indisponibilità. Ciò che emerge, cioè, è l’esigenza di operare un’indagine
329 Sulla questione, si rinvia alle considerazioni di D.M
URITANO, Negozio di destinazione e trust interno, cit., p. 281.
330 G.R
OJAS ELGUETA, Il rapporto tra l’art. 2645 ter c.c. e l’art. 2740 c.c.: un’analisi economica della nuova disciplina, in Banca, borsa e tit. cred., 2007, p. 203.
331 Si rinvia alle considerazioni di M.C
EOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato. Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c., cit., p. 204.
finalizzata al riscontro, nelle concrete fattispecie, di un interesse idoneo a giustificare il sacrificio sia dell’interesse dei creditori alla garanzia patrimoniale, sia dei terzi alla non esasperata dilatazione di vincoli reali di destinazione che non siano causalmente giustificati.
4. Le molteplici utilizzazioni cui sono strumentali i vincoli di cui all’art. 2645