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Attenuanti generiche, condotta susseguente al reato e presunzioni assolute

La recidiva dinanzi alla Carta costituzionale

4. Attenuanti generiche, condotta susseguente al reato e presunzioni assolute

Lo stesso metodo di azione – ovverosia il recupero di un margine di discrezionalità “a monte” – non può essere utilizzato dalla Corte nel momento in

41 Cfr., sul punto, R. VINCENTI, La sentenza della C. cost. n. 192 del 2007: facoltatività della recidiva reiterata

e interpretatio abrogans del nuovo art. 69, comma 4, c.p., cit., p. 533, secondo il quale la pronuncia della

Corte ha «tutti i crismi di una vera e propria interpretativa di rigetto, destinata ad avere effetti dirompenti sulle sorti della martoriata ex-Cirielli».

42 L’idea di una Corte costituzionale “mediatrice”, che cerca di non interferire con il potere legislativo, è presente in F. ARRIGONI, La Consulta riconosce al giudice il potere di escludere la recidiva

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cui deve affrontare la questione di legittimità prospettata in relazione al secondo comma dell’art. 62 bis c.p., introdotto dall’art. 1 della l. 251/200543.

Com’è noto, tale disposizione, connotata da un’evidente involuzione linguistica, vieta al giudice di fondare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche a una determinata categoria di recidivi reiterati44 su due fattori fondamentali: l’intensità del dolo (art. 133, comma 1, n. 3, c.p.) e la capacità a delinquere (tutte le previsioni del secondo comma del medesimo art. 133 c.p.). Irrilevanti, dunque, il carattere e i motivi a delinquere del reo, la sua condotta antecedente al reato, le sue condizioni di vita familiare e sociale e, soprattutto, il comportamento tenuto durante e dopo la commissione del delitto.

È proprio con riferimento all’impossibilità di valutare positivamente la condotta susseguente al reato che il Tribunale di Perugia45 solleva questione di legittimità dell’art. 62 bis, comma 2, c.p. per violazione gli artt. 3 e 27, comma 3, Cost.

La presunzione normativa a carattere assoluto, infatti, preclude al giudice la possibilità di applicare nel giudizio a quo le attenuanti generiche a un soggetto recidivo reiterato, autore di un omicidio46, nonostante la collaborazione attiva fornita alle autorità nel corso delle indagini preliminari. Tale condotta, in assenza della deroga stabilita dall’art. 62 bis, comma 2, c.p., sarebbe stata sicuramente

43 In generale, sulle modifiche recate al regime di applicazione delle circostanze attenuanti generiche mediante la l. 251 del 2005 si vedano G. AMATO, Il recidivo va a caccia di generiche, in Guida dir., 2006, dossier n. 1, pp. 56-60; M. CAPUTO, Le circostanze attenuanti generiche tra declino e camouflage, in Riv.

it. dir. proc. pen., 2010, in particolare pp. 194-198; A. MELCHIONDA, Commento all’art. 1 l. 5.12.2005 n.

251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), in Leg. pen., 2006, pp. 420-434; A. VALLINI, Circostanze del reato, in G.DE FRANCESCO (a cura di), Le forme di

manifestazione del reato, Torino, 2011, p. 65 ss.

44 L’art. 62 bis, comma 2, c.p. si riferisce esclusivamente ai recidivi reiterati «in relazione ai delitti previsti dall’art. 407, comma 2, lett. a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni».

45 Trib. Perugia, ord. 28 aprile 2009, in Giur. merito, 2010, p. 1906, con nota di T. QUERO, La recidiva

reiterata obbligatoria al vaglio della Corte costituzionale. La difficile giustificabilità di un giudizio di inammissibilità.

46 Tale delitto è ricompreso nel catalogo di cui all’art. 407, comma 2, lett. a), del codice di rito ed è punito con una reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni, precisamente ventuno anni (art. 575 c.p.).

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valutabile al fine del riconoscimento della circostanza attenuante, con la conseguente riduzione di pena per l’imputato47.

Il Giudice delle leggi accoglie le censure prospettate e dichiara l’illegittimità costituzionale della norma impugnata, «nella parte in cui stabilisce che, ai fini dell’applicazione del primo comma» – cioè delle attenuanti generiche – «non si possa tener conto della condotta del reo susseguente al reato»48.

Per giungere a tale risultato, la Consulta si sofferma in primo luogo sulla portata della preclusione di cui al secondo comma dell’art. 62 bis c.p., che, richiamando i delitti di cui all’art. 407 del codice di rito, si riferisce alla (sola) ipotesi recidiva reiterata obbligatoria, nella quale il giudice non può accertare in concreto i requisiti sostanziali dell’aggravante, ossia la più accentuata colpevolezza e la maggiore pericolosità sociale del reo.

Viene dunque constatata, seppur non in modo esplicito, l’impossibilità di neutralizzare la preclusione concernente le attenuanti generiche attraverso la disapplicazione della recidiva. Detto in altri termini, in questa situazione non si può praticare la collaudata tecnica del recupero ab origine di un margine di discrezionalità nella determinazione della pena, utilizzata in precedenza dalla già citata sentenza 192 del 2007: nel caso in esame, infatti, ci si trova di fronte a un «duplice automatismo»49, fondato sulle presunzioni assolute di cui agli artt. 99, comma 5, e 62 bis, comma 2, c.p.

Pur non potendo occuparsi del primo, la Corte coglie l’occasione per dichiarare l’irragionevolezza del secondo e per farlo richiama i propri precedenti in materia di custodia cautelare sui limiti costituzionali del ricorso a presunzioni

47 Si veda, ex multis, Cass. pen., Sez. V, 14 maggio 2009, n. 33690, in Riv. pen., 2010, p. 64, nella quale si afferma che «tra gli elementi positivi valutabili ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche rientrano la confessione spontanea, il corretto comportamento processuale e la collaborazione prestata alle indagini».

48 Corte cost., sent. 10 giugno 2011, n. 183, in Giur. cost., 2011, p. 2359, con nota di G.L.GATTA,

Attenuanti generiche al recidivo reiterato: cade (in parte) un irragionevole divieto. Sulla medesima

pronuncia si vedano G.CARUSO, Recidiva riformata, attenuanti generiche e discrezionalità (a proposito di

Corte cost., sent. n. 183 del 7 giugno 2011), in Arch. pen., Rivista web, 2011, 3, p. 1 ss.; G. DI CHIARA,

Attenuanti generiche, condotta susseguente al reato e rigidi automatismi, in Dir. pen. proc., 2011, p. 811 ss.;

G. LEO, Un primo caso accertato di irragionevolezza nella disciplina degli effetti «indiretti» della recidiva, in

Riv. it. dir. proc. pen., 2011, p. 1785 ss.

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assolute. Queste ultime, «specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell’id

quod plerumque accidit». In particolare, «l’irragionevolezza della presunzione

assoluta si coglie tutte le volte in cui sia “agevole” formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa»50.

Proprio tramite l’applicazione di questo metro di giudizio al caso di specie, la Consulta giunge a dichiarare la parziale incostituzionalità dell’art. 62 bis, comma 2, c.p.

Non corrisponde all’id quod plerumque accidit, infatti, che un reo con alle spalle dei precedenti penali, magari non gravi e persino risalenti nel tempo, sia necessariamente portatore di una capacità delinquenziale tale da rendere insignificante il comportamento successivo al reato, in ipotesi segnato da una proficua collaborazione processuale o finanche da una confessione. È agevole immaginare una situazione concreta in cui lo scarto con il modello presuntivo pensato dal legislatore sia tale da rendere irragionevole, nella prospettiva dell’art. 3 Cost., la parificazione nel trattamento di maggior rigore.

A ciò si aggiunge – secondo la Corte – un ulteriore profilo di irragionevolezza, poiché l’applicazione delle attenuanti generiche avrebbe un effetto comunque limitato nel trattamento sanzionatorio del recidivo reiterato, data l’operatività, rispetto all’aggravante di cui all’art. 99, comma 4, c.p., del divieto di prevalenza sancito dall’art. 69 del codice.

50 Cfr. Corte cost., sent. 21 luglio 2010, n. 265, in Giur. cost., 2010, p. 3169. Tale sentenza è la prima di un lungo filone che, dal 2010 al 2015, ha condotto a ben nove pronunce di incostituzionalità dell’art. 275, comma 3, c.p.p., nella parte in cui prevedeva una presunzione assoluta di adeguatezza della custodia cautelare in carcere per un ampio novero di reati, ritenuti di elevato allarme sociale. Le numerose pronunce successive, riprendendo più o meno testualmente la frase citata, hanno tramutato la presunzione assoluta in relativa; sono tutte richiamate all’interno dell’ultima, ossia Corte cost., sent. 26 marzo 2015, n. 48, in Giur. cost., 2015, p. 390, con nota di L.CALÒ, Repetita iuvant: il carcere cautelare obbligatorio per legge, tra Corte costituzionale e legislatore (p. 979 ss.), nella quale l’Autore ripercorre anche l’evoluzione legislativa dell’art. 275 c.p.p., dalla l. 8 agosto 1995, n. 332 sino al “pacchetto sicurezza” del 2009 (l. 23 aprile 2009, n. 38). Si noti che recentemente il legislatore, sull’onda delle numerose pronunce della Consulta, è intervenuto sull’art. 375 c.p.p., rimodellandone il terzo comma tramite un deciso contenimento delle presunzioni assolute di stretta necessità della carcerazione (l. 16 aprile 2015, n. 47): in argomento si veda, per tutti, M.DANIELE, I vizi degli

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Acclarata in questi termini la violazione dell’art. 3 Cost., il Giudice delle leggi ravvisa, nella disposizione censurata, anche una lesione dell’art. 27, comma 3, Cost. Il principio di rieducazione rappresenta invero una fondamentale finalità della pena non solo con riguardo alla fase esecutiva, ma deve permeare le scelte legislative in punto di commisurazione, ispirando la qualità e la quantità della pena51.

Ebbene, mediante l’inasprimento del trattamento sanzionatorio per i recidivi reiterati, senza la possibilità di tenere conto del loro comportamento successivo al reato, specie quand’è espressivo di un processo di rieducazione intrapreso, «la norma in esame, in violazione dell’art. 27, terzo comma, Cost., privilegiando un profilo general-preventivo, elude la funzione rieducativa della pena»52.

I principi posti alla base della pronuncia, che significativamente riscontra un’illegittimità della norma censurata sotto un duplice punto di vista, ci offrono lo spunto per volgere lo sguardo sulle prospettive future delle restanti preclusioni di cui all’art. 62 bis, comma 2, c.p.: si è visto che l’effetto ablatorio ha colpito solamente quella concernente la condotta susseguente al reato (art. 133, comma 2, n. 3, c.p.). Quale potrebbe essere dunque la sorte della residua disciplina, nell’eventualità di un futuro scrutinio da parte della Corte costituzionale?

Di sicuro la sentenza 183/2011 ha aperto una «breccia»53 per ulteriori declaratorie di incostituzionalità, in primo luogo per l’irragionevolezza della presunzione assoluta di elevata intensità del dolo, che inibisce la concessione delle attenuanti generiche sulla base del criterio di cui all’art. 133, comma 1, n. 3, c.p. È difatti abbastanza agevole – per riprendere un’espressione della giurisprudenza in

51 Come già affermato dalla Consulta in una “storica” pronuncia degli anni Novanta: «Se la finalità rieducativa venisse limitata alla fase esecutiva, rischierebbe grave compromissione ogniqualvolta specie e durata della sanzione non fossero state calibrate (né in sede normativa né in quella applicativa) alle necessità rieducative del soggetto. […] Dev'essere, dunque, esplicitamente ribadito che il precetto di cui al terzo comma dell'art. 27 della Costituzione vale tanto per il legislatore quanto per i giudici della cognizione, oltre che per quelli dell'esecuzione e della sorveglianza, nonché per le stesse autorità penitenziarie» (Corte cost., sent. 2 luglio 1990, n. 313, in Giur. cost., 1990, p. 1981).

52 Corte cost., sent. 10 giugno 2011, n. 183, cit.

53 Espressione utilizzata da R. BARTOLI, La recidiva davanti allo specchio della Costituzione, cit., p. 22, il quale sostiene, inoltre, che l’illegittimità potrebbe estendersi all’intera fattispecie. Critico nei confronti della sentenza 183/2011 è G.CARUSO, Recidiva riformata, attenuanti generiche e discrezionalità

(a proposito di Corte cost., sent. n. 183 del 7 giugno 2011), cit., p. 15, secondo il quale la Consulta ha

espresso una «posizione solo timida e parziale», confermando in tal modo di prediligere «un accostamento self restraint rispetto alla grave aporia che inficia, in parte qua, la riforma del 2005».

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materia – ipotizzare il caso di un recidivo reiterato che commetta un delitto sorretto da un elemento soggettivo non particolarmente intenso, quale ad esempio il dolo eventuale54.

Se queste sono le premesse, possiamo allora concludere che l’attuale situazione normativa ex art. 62 bis, comma 2, c.p. non può dirsi ancora del tutto assestata: dovremo attendere le venture pronunce della Consulta per ottenere un quadro più stabile.

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