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Una scelta diametralmente opposta: il disegno di legge Cirielli

Di riforme in controriforme

5. Una scelta diametralmente opposta: il disegno di legge Cirielli

I mass media giocano un ruolo di prim’ordine anche nelle vicende italiane, producendo una preoccupante distorsione dell’immagine del sistema penale.

Alcuni crimini, specie quelli violenti contro la persona e contro il patrimonio, vengono infatti iper-rappresentati sia sotto il piano quantitativo – mediante un travisamento del dato statistico – che dal punto di vista qualitativo, ovverosia tramite la selezione di condotte efferate e marginali, presentate al grande pubblico come il normale iter esecutivo di taluni delitti80.

riforma dello Sicherungsverwahrung elimina dal sistema penale la previsione della custodia di sicurezza postuma per i soggetti imputabili.

79 Cfr. C. PRITTWITZ, Populismo e opportunismo nella politica criminale. Il ruolo della legislazione e quello

della magistratura costituzionale nel caso della custodia di sicurezza, in G.COCCO (a cura di), Interpretazione

e precedente giudiziale in diritto penale, Padova, 2005, p. 84. L’Autore è estremamente critico nei

confronti di tale politica criminale “populista”, che attenta le fondamenta dello Stato di diritto. Riporta alcuni casi che hanno suscitato sdegno da parte dell’opinione pubblica tedesca nei primi anni Duemila, anche a causa dell’eccessiva esposizione mediatica, KURY H., Mass media e criminalità:

l’esperienza tedesca, in G.FORTI –M.BERTOLINO (a cura di), La televisione del crimine. Atti del Convegno

«La rappresentazione televisiva del crimine». 15-16 maggio 2003, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – Università degli Studi di Milano-Bicocca, Milano, 2005, in particolare pp. 332-334.

80 Tale analisi si ritrova in C.E. PALIERO, La maschera e il volto (percezione sociale del crimine ed “effetti

penali” dei media), in Riv. it. dir. proc. pen., 2006, p. 492 ss., il quale utilizza anche l’efficace espressione

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Si pensi che, nei primi mesi del 2002, le maggiori testate televisive danno risalto prevalentemente ai crimini di terrorismo – giova ricordare la vicinanza con i tragici avvenimenti dell’11 settembre –, ai delitti contro persona e patrimonio, mentre vengono sotto-rappresentati i reati colposi, quelli contro l’onore e l’intero settore della criminalità economica81. Si crea così un forte sentimento di insicurezza collettiva, che può essere placato solamente con una dura lotta nei confronti del criminale, nemico della società e come tale da neutralizzare più che da recuperare.

In questo allarmante scenario, il legislatore, tra i vari strumenti giuridici a sua disposizione, coerentemente opta per una scelta antitetica rispetto a quella effettuata in ambito tedesco e decide di potenziare l’“arma” della recidiva, per dare un giro di vite alla delinquenza.

È interessante notare come tale istituto sia, da sempre, un preciso indicatore degli andamenti della politica criminale in un determinato periodo storico: se la modifica all’art. 99 c.p. del 1974 si inserisce in un contesto di generale umanizzazione del diritto penale, la “controriforma” si pone l’obiettivo di lottare duramente contro gli autori dei reati, mediante un inasprimento del trattamento punitivo nei loro riguardi.

L’idea di risollevare le sorti della recidiva, che era oramai finita ai margini del diritto penale, è senza dubbio condivisibile, non foss’altro perché vuole dare nuovamente rilievo – anche sul concreto piano applicativo – al maggiore disvalore della condotta del soggetto già reo rispetto a quella di un incensurato. Le legittime aspettative, tuttavia, vengono solo in parte soddisfatte dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, anche a causa di un cammino travagliato e delle profonde modifiche subite dal disegno di legge nei passaggi tra le due Camere82.

81 I dati precisi sono rinvenibili nella pregevole ricerca effettuata da FORTI G.– REDAELLI R., La

rappresentazione televisiva del crimine: la ricerca criminologica, in G.FORTI –M.BERTOLINO (a cura di), La

televisione del crimine. Atti del Convegno «La rappresentazione televisiva del crimine», cit., in particolare p.

18 ss. Gli Autori hanno monitorato tutte le notizie riguardanti i crimini, così come esposte dai telegiornali delle reti più importanti e dalle testate giornalistiche. A titolo esemplificativo, si pensi che il Tg1 si è occupato per oltre ventimila secondi dei delitti violenti contro la persona, a discapito dei soli novantasei (sic!) riservati alla criminalità economica, ai reati fiscali, fallimentari e societari (tabella presente a p. 22).

82 Ripercorre approfonditamente i lavori preparatori che portano all’adozione della legge 251/2005, F.GIUNTA, Dal disegno di legge Cirielli alla legge ex Cirielli: l’evoluzione del testo e il suo contesto, in F.

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Ci pare opportuno, a questo punto, soffermarci brevemente sulla genesi e sui contenuti di tale discusso provvedimento, soprattutto per la sua perdurante attualità e rilevanza, ricavabile dal numero considerevole di sentenze della Corte costituzionale che – ancora oggi – intervengono per scardinare gli automatismi sanzionatori previsti al suo interno83.

Il lungo iter prende il via con una proposta di legge, il cui primo firmatario era originariamente l’on. Edmondo Cirielli, presentata alla Camera dei Deputati il 29 novembre 200184: con tale programma di riforma si cerca di limitare drasticamente la discrezionalità dei giudici nel momento della commisurazione della pena, quale causa dell’eccessivo e diffuso clemenzialismo85. In coerenza con questo obiettivo, l’art. 1 del testo circoscrive l’ambito di applicazione delle attenuanti generiche, che non possono essere concesse ai recidivi reiterati nonché agli autori di gravi reati, caratterizzati da un elevato allarme sociale, come gli artt. 600 bis, 600 ter, 609 bis, 609 octies c.p. e tutti i delitti commessi con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico.

Proseguendo lungo tale di direttrice, si escludono dal giudizio di bilanciamento i casi di recidiva ex art. 99, comma 4, c.p. e nei confronti degli stessi soggetti si irrigidiscono i criteri per la concessione di numerosi benefici penitenziari. In tema di recidiva, inoltre, viene totalmente eliminata la discrezionalità giudiziale, sia per ciò che concerne l’an che il quantum di maggior pena applicabile: l’aumento, nella misura fissa di un sesto, ritorna a essere obbligatorio, come previsto nella disciplina del 1930.

GIUNTA (a cura di), Le innovazioni al sistema penale apportate dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, Milano, 2006, pp. 1-36.

83 Per un’analisi delle pronunce del Giudice delle leggi si rimanda al Capitolo III del presente lavoro.

84 Proposta di legge n. 2055, presentata alla Camera dei Deputati il 29 novembre 2001, recante “Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi e di termini di prescrizione del reato”, in www.camera.it.

85 L’on. Cirielli, nella Relazione al progetto di legge n. 2055, sottolinea come molto spesso i giudici siano «schiacciati» da tale discrezionalità, per cui è necessario un intervento al fine di adeguare la legge alle intenzioni del legislatore e evitare così interpretazioni e applicazioni «distorte» del tessuto normativo (il testo integrale della Relazione è presente in in www.camera.it).

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Da ultimo, l’art. 4 del progetto si occupa, seppure in modo secondario e accidentale, del termine di prescrizione, ancorandolo al massimo edittale, tenuto conto dell’aumento di pena stabilito per le circostanze aggravanti. Ci preme sottolineare come il mancato richiamo delle circostanze attenuanti metta in luce l’originario intento della riforma, ovverosia evitare una contrazione del tempo necessario a prescrivere86. A ciò si aggiunga il fatto che non viene alterato il meccanismo delle cause di interruzione, che ante riforma prevedeva l’allungamento del termine prescrizionale fino alla metà87.

L’obiettivo del progetto, quale pensato dall’on. Cirielli, è dunque chiaro: non vi è alcun interesse a ritoccare verso il basso il periodo necessario a prescrivere ma la volontà è quella di circoscrivere al massimo il potere discrezionale del giudice, tramite puntuali modifiche ad alcuni istituti della parte generale, funzionali a una più efficiente lotta contro la criminalità. La recidiva, in questo contesto, dovrebbe tornare a svolgere il ruolo cardine del sistema sanzionatorio, con un’operatività assai maggiore rispetto al passato recente.

I lavori preparatori, tuttavia, prendono una piega del tutto inaspettata, dal momento che si innestano, in corso d’opera, interventi normativi antitetici rispetto agli scopi inziali, tristemente legati ad alcuni processi in corso88.

Viene prospettata, in primo luogo, una “superattenuante” a beneficio di imputati ultrasessantacinquenni mai condannati in precedenza con sentenza definitiva, applicabile qualora si proceda per un reato punito in astratto con una

86 Nella già citata Relazione al progetto n. 2055 si legge che per molti reati «la pena edittale massima è di cinque anni e normalmente essi si prescrivono in dieci anni ma con il concorso di un'attenuante, di cui con la norma in vigore si valuta la diminuzione minima e quindi di un solo giorno, la pena diviene di quattro anni, undici mesi e ventinove giorni, con la conseguente diminuzione dei tempi di prescrizione in soli cinque anni».

87 Sul meccanismo previsto qualora siano presenti atti interruttivi della prescrizione, così come previsto prima della legge 251/2005 e dopo la stessa, si veda A.BARAZZETTA, Interruzione della

prescrizione e termini massimi, in A.SCALFATI (a cura di), Nuove norme su prescrizione del reato e recidiva.

Analisi della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (“ex Cirielli”), Padova, 2006, in particolare pp. 173-182.

88 A tal proposito, R. OLIVIERI DEL CASTILLO, Ex Cirielli, la riforma al rovescio. Quel doppio binario è

pericoloso, in D&G, 2005, n. 40, p. 8, ricorda infatti come il provvedimento in esame si avvicini molto

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pena non eccedente i vent’anni di reclusione89. Tale circostanza ha una forza di resistenza particolare perché, nel giudizio di bilanciamento con altre aggravanti, è sempre destinata a prevalere, indipendentemente da qualsiasi valutazione discrezionale del giudice. L’emendamento, successivamente ritirato, contraddice palesemente l’indirizzo di politica criminale alla base dell’iniziale proposta di legge e si allontana dal principio di certezza della pena, necessario per garantire l’efficacia general-preventiva delle norme penali.

Da questo punto di vista, l’evoluzione del testo normativo si rivela ancora più preoccupante: il disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati nel dicembre 200490 rimodula in parte i rigidi e obbligatori inasprimenti di pena nei confronti dei recidivi – sui quali ci soffermeremo nel prossimo paragrafo – e, soprattutto, si occupa del regime della prescrizione.

Il risultato che ne esce è radicalmente diverso da quello che aveva in mente l’on. Cirielli, il quale in seguito ritira la propria sottoscrizione dall’elaborato, definendolo un «organismo geneticamente modificato»91.

L’art. 6 del d.l. oramai ex Cirielli aggancia sempre il termine necessario a prescrivere al massimo della pena edittale, tuttavia apporta due rilevanti modifiche: in primo luogo, sancisce l’irrilevanza nel computo non solo delle attenuanti, ma anche di tutte le aggravanti, eccezion fatta per quelle ad effetto speciale.

La scelta, di per sé, potrebbe non essere considerata negativamente poiché determina, in modo costante e oggettivo, il lasso temporale, collegandolo con la gravità dell’illecito, senza alcuna valutazione soggettiva dei magistrati in merito all’esistenza o meno degli elementi circostanziali92. D’altra parte, se si legge tale previsione in combinato disposto con il nuovo “tetto” massimo stabilito qualora

89 Cfr. E.DOLCINI,Leggi penali “ad personam”, riserva di legge e principio costituzionale di eguaglianza,

in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, pp. 60-61, il quale taccia di «irragionevolezza» la disciplina prevista nell’emendamento proposto dall’on. Mario Pepe, deputato di Forza Italia.

90 Disegno di legge n. 3247, approvato dalla Camera dei Deputati il 16 dicembre 2004, recante “Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi”, in www.senato.it.

91 L’espressione, utilizzata dall’on. Cirielli, è ripresa da G.MARINUCCI,Certezza d’impunità per i reati gravi e “mano dura” per i tossicodipendenti in carcere, in Dir. pen. proc., 2006, p. 172.

92 Cfr. D. MICHELETTI, La nuova disciplina della prescrizione, in F.GIUNTA (a cura di), Le innovazioni al

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siano presenti atti interruttivi – pari a quello ordinario, aumentato solo di un quarto e non più fino alla metà – la conclusione muta, e non di poco.

Moltissimi gravi reati, puniti con cinque o sei anni di reclusione nel massimo, si estinguono per prescrizione dopo soli sette anni e mezzo, mentre con il precedente sistema per gli stessi il tempo dell’oblio maturava dopo quindici anni93; diviene quasi impossibile, dunque, giungere a un accertamento definitivo della responsabilità nei confronti di autori di truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche, circonvenzioni di persone incapaci, calunnie, falsità materiali e ideologiche commesse da un pubblico ufficiale, favoreggiamenti reali e gran parte dei delitti tributari.

Riguardo al regime prescrizionale di questi ultimi, possiamo in via incidentale ricordare che la stessa Corte di giustizia dell’Unione europea si è recentemente espressa, censurando il meccanismo nazionale, nella parte in cui impedisce l’irrogazione di «sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledano gli interessi finanziari dell’Unione»94.

Il quadro abbozzato descrive una situazione ai limiti del paradossale: l’opinione pubblica richiede la “mano dura” e la certezza di pena nei confronti dei

93 Con il pregresso sistema delle classi di gravità, un delitto di media gravità, punito con la reclusione fino a sei anni, si prescriveva nel termine di dieci anni, che poteva essere aumentato delle metà, giungendo fino ai quindici anni, qualora fossero presenti atti interruttivi. Tale meccanismo è spiegato puntualmente da R.BRICHETTI, Il restyling dei tempi di prescrizione, in A.SCALFATI (a cura di), Nuove

norme su prescrizione del reato e recidiva. Analisi della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (“ex Cirielli”), cit., in

particolare pp. 100-105.

94 Corte di giustizia Ue, Grande Sezione, sent. 8 settembre 2015, causa C-105/14, Taricco c. Italia, dispositivo. Tale pronuncia ha suscitato un enorme dibattito, sia dottrinale che giurisprudenziale, dal momento che richiede ai giudici nazionali di disapplicare le norme – in particolare gli artt. 160, ultimo comma, e 161, comma 2, c.p. – che prevedono un “tetto” invalicabile qualora siano presenti atti interruttivi. Ciò comporterebbe una violazione del principio di legalità, in particolare del corollario dell’irretroattività in malam partem delle norme penali, dal momento che gli autori dei reati tributari richiamati dalla Corte di giustizia si vedrebbero applicare un termine di prescrizione più lungo di quello previsto al momento della commissione del fatto. Per una ricognizione delle molteplici problematiche sollevate dalla sentenza dei giudici di Lussemburgo si vedano F.ROSSI, La

sentenza Taricco della Corte di Giustizia e il problema degli obblighi di disapplicazione in malam partem della normativa penale interna per contrasto con il diritto UE, in Dir. pen. proc., 2015, p. 1564-1571; P.

FARAGUNA –P.PERINI, L’insostenibile imprescrittibilità del reato. La Corte d’appello di Milano mette la

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criminali, il legislatore si avvia a varare una riforma che, al contrario, garantisce la «certezza dell’impunità»95 ai soggetti incensurati.

Per questi ultimi, anche qualora si rendano protagonisti dei gravi delitti in precedenza elencati, si prevede una rapida uscita dal circuito punitivo, nella prospettiva di un diritto penale «dell’amico»96. I recidivi, come faremo meglio emergere in seguito, sono collocati invece su un binario differenziato, con tratti di estremo e, a volte, ingiustificato rigore, che conduce a pene (quasi) certe e draconiane.

Sono queste le «due anime»97 della l. 5 dicembre 2005, n. 25198, provvedimento che, distaccandosi di gran lunga dalla proposta originaria, fa dialogare funzionalmente – per non dire irrazionalmente99 – tra loro due istituti come la prescrizione e la recidiva.

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