• Non ci sono risultati.

I nodi irrisolti e il ruolo crescente dei giudici di Palazzo della Consulta

La recidiva dinanzi alla Carta costituzionale

1. I nodi irrisolti e il ruolo crescente dei giudici di Palazzo della Consulta

Come si è cercato di evidenziare, il sistema complessivamente varato dalla legge del 2005 contro i recidivi si caratterizza per una spiccata obbligatorietà e un numero considerevole di presunzioni assolute, che rilevano sia nella fase della comminatoria edittale che in quella successiva dell’esecuzione.

Negli anni seguenti alla novella, il legislatore non ritorna sui propri passi nonostante le critiche mosse da gran parte della dottrina, anzi alcune riforme continuano a escludere dal novero dei beneficiari di alcuni trattamenti di favore coloro che hanno alle spalle uno o più precedenti penali. Basti pensare alla recente introduzione dell’istituto della esclusione della non punibilità per particolare

104

tenuità del fatto, che all’art. 131 bis, comma 3, c.p. prevede alcune presunzioni assolute di abitualità del comportamento, come tali ostative al riconoscimento della predetta causa di non punibilità1. Tra di esse, spicca l’aver commesso «più reati della stessa indole»: nonostante il mancato riferimento all’aggravante ex art. 99 c.p., è chiaro che la condizione di recidivo, quantomeno reiterato e specifico, impedisca la fruizione di tale istituto di favore da parte dell’imputato2.

La Corte costituzionale, a differenza del legislatore, inizia a occuparsi con sempre maggiore frequenza della controversa disciplina della recidiva e degli istituti a essa collegati, per cercare di riportare il sistema alla razionalità.

Nelle pagine seguenti cercheremo di ripercorrere i vari interventi che si sono susseguiti nel corso degli ultimi anni, fino a giungere all’attuale “volto costituzionale” della recidiva3. I passaggi da fare sono molteplici e – crediamo – non ancora terminati, posto che la situazione si rivela al giorno d’oggi estremamente dinamica e suscettibile di ulteriori aggiustamenti. Si vedrà, inoltre, come è mutato nel tempo l’approccio della Corte costituzionale, dapprima molto timorosa e conservatrice, mentre in seguito inizia a intervenire con sempre maggiore incisività. Per iniziare questo lungo cammino, bisogna premettere che i rapporti tra i giudici di Palazzo della Consulta e l’aggravante di cui all’art. 99 c.p., negli anni

1 Con il d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, il Governo ha attuato la delega conferitagli dal Parlamento con la legge 67/2014 e ha previsto una disciplina specifica in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Per un’analisi del nuovo istituto e delle molteplici problematiche connesse, sia da un punto di vista sostanziale che processuale, si veda C.F.GROSSO, La non punibilità per particolare

tenuità del fatto, in Dir. pen. proc., 2015, p. 517 ss.; P. PERINI, La non punibilità per particolare tenuità del

fatto, in P.PITTARO (a cura di), La normativa penale 2012-2015. La disciplina anticorruzione e le principali

innovazioni alla parte generale del codice penale, Trieste, 2015, p. 53 ss.

2 Cfr., sul punto, Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento, Decreto legislativo 16 marzo 2015 n. 28. Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’art. 1,

comma 1, lett. m), della legge 28 aprile 2014, n. 67. Prime riflessioni, in www.penalecontemporaneo.it, 18

giugno 2015, p. 6, dove si afferma espressamente che la recidiva reiterata e specifica è ostativa all’applicazione dell’art. 131 bis c.p.

3 Si occupano dei recenti interventi della Corte costituzionale in tema di recidiva R. BARTOLI, La

recidiva davanti allo specchio della Costituzione, in Dir. pen. proc., 2012, Gli Speciali, p. 14 ss.; G.LEO,

Circostanze del reato. La recidiva nella prospettiva costituzionale. Voce per “Il libro dell’anno del diritto Treccani 2012”, in www.treccani.it;G. PIFFER, I nuovi vincoli alla discrezionalità giudiziale: la disciplina

della recidiva, in www.penalecontemporaneo.it, 30 dicembre 2010, pp. 21-23.G.BONIFACIO, Gli interventi

del Giudice delle leggi sulla recidiva, in www.ilpenalista.it, 18 ottobre 2016. L’espressione “volto

costituzionale” è ripresa daF. BRICOLA, voce Teoria generale del reato, in Noviss. dig. it., XIX, Torino, 1973, p. 88, il quale tuttavia l’ha utilizzata con riferimento al reato.

105

antecedenti al 2005, sono stati praticamente assenti: si può parlare quindi di una sorta di quiete prima della tempesta scatenata dalla legge ex Cirielli.

Fino al 1974, infatti, il contesto culturale penalistico non era ancora pronto e maturo per rileggere la circostanza alla luce degli innovativi principi costituzionali, nonostante la disciplina originaria prevedesse alcune evidenti criticità, fra tutte il binomio genericità-obbligatorietà, connesso alla valenza perpetua4.

Dal 1974 alla riforma del 2005, la recidiva perde quasi del tutto la propria rilevanza sul piano applicativo, a causa – come sottolineato nel capitolo precedente – della generalizzata discrezionalità in capo ai giudici, anche rispetto al giudizio di bilanciamento, dove l’aggravante finiva quasi sempre per soccombere. Il ruolo degli “effetti indiretti” era inoltre molto più marginale, non era previsto alcun legame tra

status di recidivo e modalità di esecuzione penitenziaria, per cui le tensioni con i

postulati costituzionali erano meno acute.

In realtà, vi sono alcune pronunce che si occupano delle presunzioni connesse ai precedenti del reo, di talché investono, almeno incidentalmente, la problematica della recidiva. Ci si riferisce agli arresti che si soffermano sulla legittimità dell’art. 164, comma 4, c.p., nella parte in cui vieta di concedere per la terza volta la sospensione condizionale della pena, nei casi in cui il cumulo delle sanzioni sia comunque inferiore al limite dei due anni5.

La Corte riconosce l’esistenza di una preclusione assoluta, data dalla presenza della terza condanna, tuttavia la ritiene non irragionevole e quindi non accoglie la questione prospettata con riferimento all’art. 3 Cost. Il legislatore, infatti, «non è caduto in alcuna contraddizione» poiché ha sì previsto una disciplina più favorevole nei confronti del già condannato, fondata su una «prognosi di ravvedimento»6, prognosi che però diventa via via meno credibile laddove si vada oltre la recidiva primaria e si giunga a casi di recidiva plurima. Il tetto dei due anni

4 L’idea di un contesto ancora troppo «acerbo» per una lettura costituzionalmente orientata degli istituti si ritrova in R. BARTOLI, La recidiva davanti allo specchio della Costituzione, cit., p. 15.

5 Cfr. Corte cost., sent. 30 luglio 1980, n. 133, in Giur. cost., 1980, p. 1132; Corte cost., sent. 18 luglio 1991, n. 361, in Cass. pen., 1992, p. 595, con nota di E.SERRAO, Sulla sospensione condizionale della pena, p. 1153 ss.; Corte cost., ord. 16 novembre 1993, n. 393, in Giur. cost., p. 3318.

106

è dunque una condizione necessaria ma non sufficiente per poter usufruire dell’istituto ex art. 163 c.p., poiché è indispensabile che l’esecuzione della condanna non sia già stata sospesa in due precedenti occasioni7.

Altra preclusione sulla quale sono stati chiamati a interrogarsi i giudici di legittimità è quella relativa al divieto di accesso al patteggiamento allargato da parte dei recidivi reiterati, così come previsto dall’art. 444, comma 1 bis, c.p.p., in seguito alla modifica del 20038.

La norma, a differenza di quella in tema di sospensione condizionale, si riferisce espressamente ai soggetti «dichiarati recidivi ai sensi dell’art. 99, quarto comma» ed è sintomatica dell’inizio di un percorso discriminatorio, che raggiungerà il suo apice con la più volte menzionata legge 251/2005. Si noti anzitutto l’uso non propriamente corretto dei termini giuridici, dal momento che l’aggravante ex art. 99 c.p., al pari di tutte le aggravanti, non deve essere “dichiarata”, ma solamente “ritenuta” e “applicata” rispetto ai reati in relazione ai quali è contestata: le stesse Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi sul punto, affermeranno che la disposizione del codice di rito, così come modificata, è «imprecisa sotto il profilo tecnico»9.

A prescindere dall’inciso sull’involuta tecnica legislativa utilizzata, la Corte costituzionale anche in questo caso salva la disposizione e dichiara manifestamente infondate le censure sollevate, sull’assunto che non è irragionevole o arbitraria una

7 E. SERRAO, Sulla sospensione condizionale della pena, cit., p. 1156, evidenzia come quest’ultima condizione abbia una «funzione autonoma e distinta» rispetto al limite dei due anni.

8 Legge 12 giugno 2003, n. 134, recante “Modifiche al codice di procedura penale in materia di

applicazione della pena su richiesta delle parti”, in Gazz. uff., 14 giugno 2003, n. 136. Per una ricognizione sulle novità introdotte dal provvedimento legislativo alla disciplina del patteggiamento allargato e alle preclusioni previste nei confronti di alcune categorie di autori di reato si veda G.DI

CHIARA, Coordinate planimetriche della ristrutturazione del rito patteggiato: le risagomature dello spettro

applicativo e del regime premiale, in F.PERONI (a cura di), Patteggiamento “allargato” e giustizia penale, Torino, 2004, in particolare pp. 35-41; F.PERONI, L’applicazione della pena su richiesta, in F.PERONI –M. GIALUZ, La giustizia penale consensuale. Concordati, mediazione e conciliazione, Torino, 2004, p. 8 ss.

9 Cfr. Cass. pen., Sez. Un., 27 maggio 2010, n. 35738, in Cass. pen., 2011, p. 2094, con nota di F.ROCCHI,

Il patteggiamento dei recidivi reiterati: un problema di “discrezionalità bifasica” o di politica legislativa?.

Nella pronuncia si sottolinea che tale imprecisa locuzione è stata utilizzata dal legislatore per ragioni di semplificazione semantica, essendo essa riferita anche ad altre situazioni soggettive che, attributive di uno specifico status (delinquente abituale, professionale e per tendenza), abbisognano di un’apposita dichiarazione che la legge espressamente prevede e disciplina agli artt. 102, 105, 108 e 109 c.p.

107

disciplina che escluda dall’applicazione del patteggiamento tali individui, in virtù della loro maggiore pericolosità sociale rispetto a colui che è incensurato10.

Non solo, l’opzione seguita dal legislatore è giudicata conseguenza coerente della rinnovata fisionomia del rito e si pone come uno strumento di «riequilibrio» rispetto alla «scelta di dilatare il perimetro della giustizia penale negoziata»11. Le preclusioni soggettive – concernenti anche i delinquenti abituali, professionali o per tendenza – servono dunque a bilanciare, nel pieno rispetto della discrezionalità legislativa, il più vasto ambito applicativo dell’art. 444 c.p.p., tramite l’esclusione di alcune categorie di autori percepiti dalla coscienza sociale come non meritevoli di un trattamento di vantaggio12.

Alla luce delle pronunce evidenziate, si possono formulare alcune brevi considerazioni.

In questa prima fase, i giudici di legittimità, nell’analizzare gli effetti della recidiva incidenti sulla punibilità in senso lato, si muovono con estrema cautela e rimarcano con forza la discrezionalità del Parlamento in ordine alle valutazioni di politica criminale. Viene anzi affermata la legittimità e la ragionevolezza di trattamenti differenziati nei confronti del recidivo, il quale è «un soggetto che delinque volontariamente pur dopo aver subito un processo ed una condanna per un delitto doloso, manifestando l’insufficienza, in chiave dissuasiva, dell’esperienza diretta e concreta del sistema sanzionatorio penale»13.

10 Cfr. Corte cost., ord. 23 dicembre 2004, n. 421, in Cass. pen., 2005, p. 1565; Corte cost., ord. 28 dicembre 2006, n. 455, ivi, 2007, p. 2444, con nota di R.M. GERACI, Chiaroscuri della disciplina in tema di

patteggiamento allargato.

11 Cfr. Corte cost., ord. 28 dicembre 2006, n. 455, cit.

12 Secondo R.M. GERACI, Chiaroscuri della disciplina in tema di patteggiamento allargato, cit., p. 2453, le cause ostative oggettive sono infatti ispirate a una «logica di difesa sociale di tipo specialpreventivo».

13 Cfr. Corte cost., sent. 8 luglio 2010, n. 249, in Giur. cost., 2010, p. 2996, con nota di F.VIGANÒ, Nuove

prospettive per il controllo di costituzionalità in materia penale?. Si noti che tale pronuncia si occupa solo

incidentalmente della recidiva, nella parte in cui la differenzia dall’aggravante della clandestinità di cui all’art. 61, n. 11 bis, c.p., dichiarata incostituzionale nel medesimo arresto.

108 2. L’intervento sulla disciplina transitoria

L’atteggiamento della Corte costituzionale muta nel momento in cui inizia a occuparsi delle norme introdotte dalla legge ex Cirielli, a partire da quelle che regolano la disciplina transitoria riguardante la prescrizione14.

L’originario art. 10, comma 3, della l. 251/2005 prevedeva che i termini più brevi di prescrizione si applicassero anche ai procedimenti e ai processi pendenti alla data di entrata in vigore del provvedimento, ad esclusione «dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché dei processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione».

Il Giudice delle leggi censura parzialmente tale disposizione per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui prevede come spartiacque temporale in primo grado l’apertura dibattimentale: la scelta legislativa di derogare al generale principio della retroattività in mitius della norma prescrizionale più favorevole «non è sorretta da giustificazioni di ordine logico» e «non è assistita da ragionevolezza»15.

A seguito della pronuncia, i più brevi termini di prescrizione divengono applicabili in tutti i processi pendenti in primo grado al momento dell’entrata in vigore della riforma, mentre resta ferma l’inapplicabilità degli stessi nei processi pendenti in grado d’appello o cassazione16.

14 Un’accurata analisi degli interventi della Corte costituzionale in merito alla disciplina transitoria della legge ex Cirielli, sia sul fronte della recidiva sia su quello della prescrizione, è svolta da G. BUONOMO –F.RESTA, Recidiva e diritto transitorio nella "prescrizione breve" attraverso la lente della lex mitior, in Arch. pen., 2011, p. 533 ss. Solleva dubbi su tale disciplina, sin dall’entrata in vigore della legge, A.LIPRINO, Problemi di diritto e procedura penale della legge “ex Cirielli”, in Giust. pen., 2006, III, cc. 573-576, secondo cui rappresenta indibbuaimente «uno dei punti più controversi» della riforma.

15 Cfr. Corte cost., sent. 23 novembre 2006, n. 393, in D&G, 2006, n. 45, p. 50, con nota di P. FERRUA, Ex Cirielli, così cade la norma transitoria. Ombre sul controllo di ragionevolezza. Iter argomentativo

discutibile nel rapporto premesse-conclusioni. In tale arresto, la Corte costituzionale ha dichiarato

l’illegittimità dell’art. 10, comma 3, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, limitatamente alle parole «dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché».

16 La ragionevolezza dell’esclusione dell’applicazione della lex mitior in materia di prescrizione nei gradi successivi viene confermata dal Giudice delle leggi negli anni seguenti: si vedano, in particolare, Corte cost., sent. 22 luglio 2011, n. 236, in Giur. cost., 2011, p. 3021; Corte cost., 28 marzo 2008, n. 72, in Cass. pen., 2008, p. 1338. La Corte valorizza in particola modo la derogabilità del principio della lex mitior, che tuttavia deve essere sorretta da una logica razionale, come nel caso in cui si debbano bilanciare contrapposti interessi di rango costituzionale. Per una ricognizione di

109

Per ciò che concerne la disciplina transitoria della recidiva, che più ci interessa, i giudici di Palazzo della Consulta non si occupano direttamente dell’art. 99 c.p., ma del più rigoroso trattamento penitenziario disposto nei confronti dei recidivi reiterati, a partire dalle limitazioni alla fruizione dei permessi premio17.

L’art. 30 quater ord. pen., introdotto dall’art. 7 della l. 251/2005, richiede infatti che il condannato abbia scontato almeno due terzi della pena inflitta prima di poter beneficiare di un permesso premio, a differenza di quanto avveniva ante riforma, quando era necessaria l’espiazione di solo metà della sanzione18. Il problema si pone rispetto alla possibilità di applicare retroattivamente e in peius tale disposizione anche a soggetti che abbiano formulato l’istanza sotto la vigenza della pregressa disciplina, ben più favorevole.

L’art. 10 della legge ex Cirielli, in tema di successione di norme nel tempo, non è utile a risolvere il quesito, poiché, al di la di un generico richiamo all’art. 2 c.p., non chiarisce se le norme penitenziarie abbiano natura sostanziale o processuale, applicandosi in tale ultimo caso il canone del tempus regit actum19. Quest’ultima interpretazione è accolta quasi unanimemente dai giudici di legittimità, sulla scorta che le modifiche al regime penitenziario altro non sarebbero che dei meri “aggiustamenti di procedura” e come tali non riconducibili nell’alveo dell’art. 25, comma 2, Cost.20

questo complesso cammino si rimanda a G. BORGNA, Retroattività in mitius e norme sulla prescrizione:

profili critici della giurisprudenza CEDU sul regime transitorio della ex-Cirielli, in Dir. pen. proc., 2014, in

particolare pp. 1001-1004.

17 Cfr. Corte cost., sent. 4 luglio 2006, n. 257, in Giur. cost., 2006, p. 2720, con nota di G.LA GRECA, La

disciplina penitenziaria tra funzione rieducativa della pena e irretroattività della legge penale.

18 Per una puntuale analisi della disciplina dei permessi premio dopo la riforma del 2005 si veda C. FIORIO, Le disposizioni esecutive e penitenziarie, in Dir. pen. proc., 2006, p. 319.

19 Cfr. D. MICHELETTI, Commento all’art. 10 l. 5.12.2005 n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26

luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), in Leg. pen., 2006, pp. 505-506, secondo il

quale la disciplina transitoria «non brilla certo per esaustività e chiarezza, alimentando al contrario così tanti dubbi interpretativi».

20 Cfr. Cass. pen., Sez. Un., 30 maggio 2006, n. 24561, in Cass. pen., 2006, p. 3963. Si vedano altresì Cass. pen., Sez. I, 8 ottobre 2013, n. 46409, in ww.iusexplorer.it; Cass. pen., Sez. I, 17 dicembre 2004. n. 1975, in D&G, 2005, n. 11, p. 37, con nota di A.NATALINI, Ordinamento penitenziario e benefici: la reformatio in peius è ammessa. Via libera alle norme sopravvenute più restrittive per i reclusi.

110

La Corte costituzionale in realtà glissa sulla spinosa questione ed evita di pronunciarsi in merito alla riconducibilità della materia penitenziaria all’interno dell’ambito di tutela offerto dal nullum crimen, nulla poena sine lege, tuttavia dichiara parzialmente incostituzionale l’art. 30 quater ord. pen. sulla base dell’altro parametro invocato dal giudice remittente, ovverosia l’art. 27, comma 3, Cost.

Il Giudice delle leggi, riprendendo un principio già sancito in alcune pronunce precedenti21, riconosce che gli sbarramenti e le limitazioni all’accesso ai benefici penitenziari non possono essere applicati ai condannati che, alla data di entrata in vigore della legge, «abbiano raggiunto una grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto».

Il legislatore, infatti, può discrezionalmente far prevalere la finalità general-preventiva o quella rieducativa della pena, purché siano entrambe presenti: se queste sono le premesse, tratte dalla giurisprudenza costituzionale22, è allora evidente che «la preclusione alla fruizione di benefici scaturita dal nuovo regime, ove applicata nei confronti di quanti abbiano già raggiunto, all’atto della relativa entrata in vigore, uno stadio del percorso rieducativo adeguato al godimento dei permessi premio, finirebbe per tradursi in un incoerente arresto dell’iter trattamentale, in violazione del principio sancito dall’art. 27, terzo comma, della Costituzione»23. Detto diversamente, la norma censurata è illegittima non da un punto di vista astratto per violazione del fondamentale principio di irretroattività delle legge penale, bensì in un’ottica “concreta”, alla luce delle istanze di rieducazione e risocializzazione del condannato24.

21 Ci si riferisce in particolar modo a Corte cost., 22 aprile 1999, n. 137, in Giur. cost., 1999, p. 1067. Tale pronuncia si riferisce a un caso molto simile, nel quale era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 bis ord. pen., «nella parte in cui non prevede che il beneficio del permesso premio possa essere concesso nei confronti dei condannati che, prima della entrata in vigore dell’art. 15, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto».

22 Si veda, tra le tante, Corte cost., 7 agosto 1993, n. 306, in Cass. pen., 1994, p. 837, nella quale si legge testualmente che «il legislatore può – nei limiti della ragionevolezza – far tendenzialmente prevalere, di volta in volta, l'una o l'altra finalità della pena, ma a patto che nessuna di esse ne risulti obliterata».

23 Cfr. Corte cost., sent. 4 luglio 2006, n. 257, cit.

24 Cfr., sul punto, R. BARTOLI, La recidiva davanti allo specchio della Costituzione, cit., pp. 17-18, il quale differenzia tra un’illegittimità in termini «concreti e relativi», rispetto a quella in termini «astratti e assoluti».

111

Un principio di diritto analogo è espresso dalla Corte costituzionale l’anno seguente, nel momento in cui viene dichiarata la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 58 quater, commi 1 e 7 bis, ord. pen., nella parte in cui – nuovamente – non prevedono l’accesso ai benefici ivi previsti ai soggetti che, alla data di entrata in vigore della legge 251/2005, «abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato ai benefici richiesti»25. In particolare, per ciò che concerne la nostra trattazione, il novellato comma 7 bis ostava al riconoscimento per più di una volta dell’affidamento in prova, della detenzione domiciliare e della semilibertà al condannato al quale era stata «applicata la recidiva prevista dall’art. 99, quarto comma»26.

Il nuovo intervento del Giudice delle leggi è sicuramente apprezzabile poiché riporta la barra del sistema penitenziario nella scia di un ordinamento – così come voluto dal Costituente – imperniato sulla rieducazione dei condannati27, mentre le ultime scelte del legislatore si erano indirizzate verso lidi opposti, specie a tutela della difesa sociale, tramite un “doppio binario” esecutivo nei confronti di un tipo d’autore, id est il recidivo reiterato.

Non possiamo esimerci dal sottolineare, tuttavia, come la Corte costituzionale abbia perso un’importante occasione per risolvere, una volta per tutte, il nodo dogmaticamente più importante, ovverosia quello riguardante la natura giuridica delle disposizioni dell’ordinamento penitenziario.

Solo qualificandole come sostanziali è possibile applicare il divieto di irretroattività sfavorevole sancito dall’art. 2 c.p., soluzione questa – come già

Documenti correlati