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La rinnovata fisionomia della recidiva

Di riforme in controriforme

6. La rinnovata fisionomia della recidiva

Finora ci siamo soffermati sull’aspetto che ha maggiormente catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica e degli addetti ai lavori, ovverosia

95 Utilizza tale espressione G. MARINUCCI, La prescrizione riformata ovvero dell’abolizione del diritto

penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, p. 977. L’autore critica apertamente la riforma, definendola

«criminogena» poiché comporta «l’abolizione di fatto di norme centrali del sistema penale italiano». Sul versante istituzionale, forti censure provengono dal Consiglio Superiore della Magistratura: si veda la risoluzione approvata in data 23 febbraio 2005 dal plenum del CSM, in

www.magistraturademocratica.it.

96 La distinzione tra diritto penale dello ”amico”, che caratterizza la nuova disciplina della prescrizione, e diritto penale del “nemico”, in ordine alla modificata figura della recidiva, è presente in G.RICCARDI, La riforma della recidiva e della prescrizione tra ossimori politico-criminali e schizofrenie

legislative, in Ind. pen., 2007, in particolare pp. 513-541. Secondo l’Autore, la riforma contribuisce alla

divaricazione del diritto penale, che è sempre di più «spietato con i deboli, e debole con i forti» (p. 527).

97 Espressione mutuata da E. DOLCINI, Le due anime della legge “ex Cirielli”, in Il Corriere del merito, 2006, p. 55 ss.

98 Legge 5 dicembre 2005, n. 251, recante “Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione”, in Gazz. uff., 7 dicembre 2005, n. 285.

99 Cfr., sul punto, F.GIUNTA, Dal disegno di legge Cirielli alla legge ex Cirielli: l’evoluzione del testo e il suo

contesto, cit., p. 11, il quale sostiene che tale dialettica determini «un cortocircuito politico-criminale

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l’abbattimento dei termini di prescrizione, quale strumento di salvataggio di personalità politiche finite nel ciclone giudiziario. La legge ex Cirielli, tuttavia, produce effetti altrettanto rilevanti per l’istituto di cui all’art. 99 c.p., ridisegnandone, seppur in modo confuso, i contorni100.

Come detto, la proposta di legge vuole rivitalizzare l’operatività della recidiva, modificandone i requisiti sia nell’an che nel quantum, per scongiurare la prassi lassista seguita dalla magistratura. Se questo è l’obiettivo dichiarato, non si capisce allora perché art. 4 della l. 251/2005 circoscriva l’ambito applicativo ai soli delitti non colposi, vale a dire quelli dolosi e preterintenzionali101, con esclusione di tutte le contravvenzioni e dei delitti dolosi.

Il Governo giustifica la scelta restrittiva con la necessità di selezionare, come presupposto oggettivo dell’istituto, i soli reati più gravi, al fine di contenere l’aumento della popolazione penitenziaria derivante dalla riforma102. Malgrado tale chiarimento, l’estromissione delle contravvenzioni e dei delitti colposi dalla sfera della recidiva si espone a serie riserve, che spingono autorevole dottrina a parlare di «odiosità di un privilegio categoriale»103.

100 Per un inquadramento delle innovazioni apportate dalla l. 251/2005 alla recidiva si vedano, prevalentemente in tono critico nei confronti della novella, L.BISORI, La nuova recidiva e le sue ricadute

applicative, in F.GIUNTA (a cura di), Le innovazioni al sistema penale apportate dalla legge 5 dicembre 2005,

n. 251, cit., p. 37 ss.;S.CORBETTA, Il nuovo volto della recidiva: “tre colpi e sei fuori”?, in A.SCALFATI (a cura di), Nuove norme su prescrizione del reato e recidiva. Analisi della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (“ex

Cirielli”), cit., p. 53 ss.; E.DOLCINI, La recidiva riformata. Ancora più selettivo il carcere in Italia, in Riv. it.

dir. proc. pen., 2007, p. 515 ss.; S. FIORE, La “construction” de l’enemi. La reforme de la recidive en Italie, in AA.VV., Le noveau droit de la récidive. Actes du colloque du 25 janvier 2007 Université de Franche-Comté, Paris, 2008, p. 57 ss.; B.GIANGIACOMO, La riforma della recidiva a seguito della l. n. 251 del 2005, in Cass.

pen., 2009, p. 4068 ss.; A.MELCHIONDA, La nuova disciplina della recidiva, in Dir. pen. proc., 2006, p. 175 ss.; T.PADOVANI, Una novella piena di contraddizioni che introduce disparità inaccettabili, in Guida dir., 2006, dossier n. 1, p. 32 ss.; M.PAVARINI, The spaghetti incapacitation. La nuova disciplina della recidiva, in G.INSOLERA (a cura di), La legislazione penale compulsiva, Padova, 2006, p. 3 ss.; L.PISTORELLI, Ridotta

la discrezionalità del giudice, in Guida dir., 2006, dossier n. 1, p. 61 ss.

101 PerS.CORBETTA, Il nuovo volto della recidiva: “tre colpi e sei fuori”?, cit., p. 63, la nozione di “delitto non colposo” ricomprende anche tutti i casi nei quali si verifica un evento più grave, accollato all’agente, nella visione del 1930, a titolo di responsabilità oggettiva: l’Autore cita la categoria dei delitti aggravati dall’evento nonché la fattispecie ex art. 586 c.p.

102 Cfr. l’intervento alla Camera dei Deputati del Ministro Castelli, in data 15 dicembre 2004, in

www.adnkronos.it.

103 Così T.PADOVANI, Una novella piena di contraddizioni che introduce disparità inaccettabili, cit., p. 33. Secondo l’Autore, non vi sarebbe alcuna ragione sufficiente ad autorizzare a ritenere sempre e comunque irrilevante la recidiva nelle contravvenzioni e nei delitti colposi.

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In primo luogo, l’abolizione della figura del recidivo colposo, oltre a essere priva di un fondamento criminologico, esenta da maggiorazioni sanzionatorie fasce di delinquenza caratterizzate da notevole gravità e, soprattutto, da una «accentuata vocazione alla ripetizione seriale»104: ci riferiamo agli omicidi colposi che avvengono nell’esercizio dell’attività medico-chirurgica ovvero a causa di sinistri stradali.

Così i giudici si ritrovano costretti ad ampliare la nozione di dolo eventuale per farvi rientrare – e conseguentemente punire in modo più rigoroso tramite la contestazione dell’aggravante ex art. 99 c.p. – le condotte di soggetti, già condannati in precedenza, che cagionino colposamente la morte della vittima in un incidente stradale105. Questa censurabile prassi106 poteva tranquillamente essere evitata, qualora il legislatore avesse ricompreso nell’alveo della recidiva tutte le figure di reato, secondo la disciplina originaria del 1930.

Perplessità sorgono anche in merito all’esclusione delle contravvenzioni che sovente sono poste a tutela di beni di rango primario, come la sicurezza sui posti di lavoro, l’ambiente, l’urbanistica e che – in tali casi – sono sorrette dall’elemento soggettivo del dolo107.

La Corte costituzionale, tuttavia, dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità dell’art. 99 c.p., per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui limita l’applicazione dell’aggravante ai soli delitti non colposi. Per i giudici di Palazzo della Consulta, la scelta legislativa del 2005, operata per temperare il maggior rigore della riformata recidiva, rientra nell’ambito degli indirizzi

104 Si esprime in tal modo E.DOLCINI, La recidiva riformata. Ancora più selettivo il carcere in Italia, cit., p. 530.

105 Cfr. Cass. pen., Sez. V, 27 settembre 2012, n. 42973, in Arch. circ. sin., 2014, p. 519; Cass. pen., Sez. I, 1 febbraio 2011, n. 10411, in Cass. pen., p. 2012, p. 1324 ss., con nota di V.NOTARGIACOMO, La

distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente: la necessaria, riaffermata, valorizzazione dell'elemento volontaristico del dolo.

106 Molto critico nei confronti della prospettata interpretazione giudiziale è E.M.AMBROSETTI, Il nuovo

volto della recidiva, in AA.VV., Il soggetto autore del reato: aspetti criminologici, dogmatici e di politica

criminale, Padova, 2013, p. 61, il quale parla di uno «stravolgimento» della nozione di dolo eventuale.

107 In senso parzialmente contrario si veda L.PISTORELLI, Ridotta la discrezionalità del giudice, cit., p. 62, per il quale la scelta operata è «tutt’altro che irragionevole» poiché il regime estremamente severo della nuova recidiva sarebbe incompatibile con il trattamento sanzionatorio riservato a tali tipologie di illeciti, specie se commessi con colpa.

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discrezionali di politica criminale e non introduce, di per sé, alcun elemento di incoerenza nel sistema penale, da sempre caratterizzato da un trattamento differenziato tra delitti e contravvenzioni, in relazione al disvalore maggiore tradizionalmente assegnato ai primi108.

Il secondo importante intervento sull’istituto in esame concerne la rimodulazione degli aumenti di pena, che in linea generale vengono ritoccati verso l’alto rispetto al regime previgente e, soprattutto, sono previsti in misura tendenzialmente fissa: un terzo per il recidivo semplice, la metà per quello reiterato e due terzi per il soggetto recidivo reiterato aggravato109. Ovviamente, resta fermo il limite previsto dall’ultimo comma della disposizione, che è rimasto immutato110

ma ora assume un ruolo ben più pregnante rispetto al passato e funge da vera e propria norma di garanzia per l’imputato, necessaria per arginare gli eccessi punitivi dello Stato.

La scelta legislativa di rendere obbligatorio l’aumento di pena solo nel

quantum ma lasciarlo discrezionale nell’an si distacca dalle previsioni dell’originaria

proposta di legge – che, come detto, non prevedeva alcun margine di facoltatività – e lascia francamente perplessi. Si è visto come i giudici, dopo la novella del 1974, si sono dimostrati assai restii ad applicare l’aggravante di cui all’art. 99 c.p. Tale tendenza non è destinata a mutare dopo la riforma del 2005, anzi, a maggior ragione, i rigorosi innalzamenti sanzionatori renderanno ancora più arduo giungere a un rinvigorimento dell’istituto e alla certezza del diritto.

Sarebbe forse stato più opportuno percorrere una strada diversa, qualificando come obbligatoria l’applicazione della recidiva ma allo stesso tempo tenendo ferma la discrezionalità del magistrato, ai sensi dell’art. 133 c.p., sulla quantità di maggior pena da irrogare. Così come si è persa un’occasione per eliminare la rilevanza perpetua della circostanza, i cui effetti dovrebbero essere

108 Cfr. Corte cost., ord. 18 aprile 2007, n. 164, in Giur. cost., 2007, p. 1552.

109 La puntuale elencazione degli aumenti per le differenti categorie di recidivi, sia prima che dopo la riforma, è presente in B.GIANGIACOMO, La riforma della recidiva a seguito della l. n. 251 del 2005, cit., pp. 4070-4071.

110 Per la precisione, anche l’art. 99, comma 6, c.p. ha subito una modifica, tuttavia si tratta di un adattamento meramente lessicale, resosi necessario per coordinare il nuovo regime della recidiva: il riferimento al “nuovo reato” è difatti sostituito con la locuzione “nuovo delitto non colposo”.

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circoscritti in un tempo ragionevole e non dovrebbero perseguitare il già reo come un marchio indelebile per tutta la sua vita futura111.

A dire il vero, la legge ex Cirielli prevede alcuni casi di obbligatorietà: ci riferiamo all’ipotesi in cui un soggetto, già condannato irrevocabilmente in precedenza, commetta uno dei gravi delitti previsti nel “catalogo” ex art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. In tali situazioni, l’art. 99, comma 5, c.p., introdotto ex novo nel 2005, stabilisce espressamente che «l’aumento di pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto».

Tralasciando la farraginosità del testo, ulteriore esempio della imprecisa tecnica legislativa utilizzata, la nuova norma solleva molteplici perplessità, specie per il rinvio alla norma del codice di rito112. L’elenco ivi presente riunisce figure criminose molto eterogenee tra loro, accomunate non tanto dalla gravità, quanto piuttosto dalla complessità dell’accertamento probatorio, che rende necessaria la proroga sino a due anni delle indagini preliminari: tra di esse possiamo ricordare, a titolo esemplificativo, i reati di criminalità organizzata, alcune ipotesi di violenza sessuale, l’omicidio doloso, la rapina aggravata, il sequestro di persona a scopo di estorsione e le fattispecie in materia di armi ed esplosivi113.

Il giudice, in tali evenienze, deve quindi limitarsi a un mero riscontro formale, avente ad oggetto l’esistenza dei requisiti richiesti dall’art. 99, comma 5, c.p., senza poter in alcun modo accertare in concreto un legame “qualificato” tra i due illeciti. Siamo così di fronte automatismo sanzionatorio, o, secondo parte della

111 Cfr., sul punto, A. MELCHIONDA, La nuova disciplina della recidiva, cit., p. 177, per il quale è «assurdo» che la recidiva abbia una valenza senza limiti temporali.

112 Critica molto lo strumento del rinvio, specie a una norma del codice di rito, G.FLORA, Le nuove

frontiere della politica criminale: le inquietanti modifiche in tema di circostanze e prescrizione, cit., p. 1325,

che definisce tale scelta come una delle tante «stranezze» della l. 251/2005.

113 Per L.PISTORELLI, Ridotta la discrezionalità del giudice, cit., p. 63, tali illeciti non risultano omogenei neppure sotto il profilo della comminatoria edittale, criterio quest’ultimo che avrebbe dovuto guidare il legislatore nella scelta di quali figure far rientrare nel regime di obbligatorietà della recidiva.

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dottrina, a una vera e propria presunzione legale di pericolosità114, basato sulla gravità dei reati e sul particolare allarme sociale che destano nella collettività115.

Il problema è che tale automatismo non si basa sull’id quod plerumque accidit, ovverosia non è dotato di un sufficiente fondamento empirico, e ciò è dovuto a due ordini di ragioni. Oltre al fatto che, come detto, non è possibile rinvenire una ratio che accomuni tutte le fattispecie indicate nell’articolo del codice di rito, si deve evidenziare come la giurisprudenza ritenga sufficiente che rientri nel “catalogo” solamente il secondo delitto, c.d. espressivo, mentre non rileva la tipologia del primo.

Tale interpretazione – si legge in alcune pronunce dei giudici di legittimità – è «quella più conforme allo spirito dell’aggravante, che vuole punire più severamente il soggetto che, già condannato, manifesta la sua pericolosità commettendo un delitto particolarmente grave quali quelli rientranti nell’art. 407 c.p.p., comma 2»116.

Balza subito agli occhi l’irragionevolezza della soluzione offerta: si pensi all’esempio di un soggetto, con a carico un solo e lontano precedente per diffamazione, che commette, a distanza di anni, una rapina aggravata ex art. 629, comma 3, c.p. Ebbene, costui subisce un aumento obbligatorio di un terzo della pena per il nuovo delitto, a prescindere da un qualsivoglia legame tra le due condotte criminose, senza contare poi che il medesimo automatismo non è previsto nella situazione inversa, qualora cioè venga realizzata prima la rapina e solo in seguito il reato di cui all’art. 595 c.p.

114 Così T.PADOVANI, Commento all’art. 4 l. 5.12.2005 n. 251, cit., p. 453, il quale ritiene che il legislatore abbia re-introdotto presunzioni alle legali di pericolosità che fino agli anni ottanta reggevano il sistema delle misure di sicurezza.

115 Cfr. Cass. pen., Sez. VI, 25 ottobre 2007, n. 45334, in Guida dir., 2008, 3, p. 82. Nella motivazione della sentenza si legge espressamente che «i reati contemplati nella diposizione citata, tutti particolarmente gravi, sono sintomatici di un alto indice di pericolosità».

116 Così, in motivazione, Cass. pen., Sez. I, 12 novembre 2009, n. 46875, in C.E.D. Cass., 246254. Conformi, ex plurimis, Cass. pen., Sez. II, 11 giugno 2009, n. 27599, in C.E.D. Cass., 244268; Cass. pen., Sez. II, 5 dicembre 2007, n. 46243, in Riv. pen., 2008, p. 401. L’orientamento, assolutamente dominante in giurisprudenza, è condiviso anche dalla dottrina: cfr., sul punto, M. BERTOLINO, Il reo e la persona

offesa. Il diritto penale minorile, in C.GROSSO –T.PADOVANI –A.PAGLIARO (diretto da), Trattato di diritto

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Il proposito legislativo di realizzare un trattamento punitivo più rigoroso per i recidivi autori di gravi reati si scontra dunque con alcuni principi cardine del nostro ordinamento, come quelli di ragionevolezza e di uguaglianza, a causa di una norma – id est l’art. 99, comma 5, c.p. – non adeguatamente ponderata117 e obbiettivamente mal scritta.

L’obiettivo dell’on. Cirielli, di per sé condivisibile, avrebbe potuto essere raggiunto facilmente mediante una disposizione più aderente al dettato costituzionale, se solo si fosse utilizzato un diverso criterio per orientare il regime dell’obbligatorietà: invece di soffermarsi sulla gravità del reato, infatti, ci si sarebbe dovuti concentrare sulla «gravità della recidiva»118, costruendo un automatismo basato sull’omogeneità degli illeciti, sulla breve distanza temporale nella commissione degli stessi nonché sull’affinità delle modalità della condotta.

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