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Sulla natura giuridica della recidiva: un dibattito oramai sopito?

Le prospettive future della recidiva

2. Sulla natura giuridica della recidiva: un dibattito oramai sopito?

In ordine alla natura, si fronteggiano tradizionalmente due macro-orientamenti dottrinali, l’adesione a uno piuttosto che all’altro comporta conseguenze molto diverse sul piano applicativo6.

Il primo e meno recente, che non trova echi in giurisprudenza, assimila la recidiva a una qualificazione soggettiva del reo, equiparabile agli indici di commisurazione della pena di cui all’art. 133, comma 2, c.p. Tale visione, propugnata da illustri Autori, è probabilmente la più aderente allo spirito del codice del 1930, dove hanno fatto ingresso per la prima volta gli status di pericolosità del reo, tra i quali rientrerebbe per l’appunto la recidiva7.

delitti, e che la mera proclività criminosa», tuttavia «oltre questa prima generalità incominciano le discordie» (p. 129).

6 Per una puntuale ricostruzione del dibattito tra le due contrapposte tesi si vedano E.M. AMBROSETTI,

Recidiva e recidivismo, Padova, 1997, in particolare p. 54 ss.; M.BERTOLINO, Il reo e la persona offesa. Il

diritto penale minorile, in C.GROSSO –T.PADOVANI –A.PAGLIARO (diretto da), Trattato di diritto penale, Milano, 2009, p. 137 ss.; G.L. GATTA,sub art. 99 c.p., in E. DOLCINI –G.MARINUCCI (a cura di), Codice

penale commentato, IV ed., Milano, 2015, pp. 1647-1650; T. MARTINA, voce Recidiva, in Enc. giur., Aggiornamento, vol. XXX, Roma, 2007, pp. 2-3; G.MORGANTE, sub art. 99 c.p., in T.PADOVANI (a cura di), Codice penale, tomo I, Milano, 2014, pp. 655-657; V.B. MUSCATIELLO, La recidiva, Torino, 2008, pp. 61-67; V. SERIANNI, voce Recidiva, in Noviss. dig. it., Appendice, vol. IV, 1986, Torino, pp. 370-372; T. TRAVAGLIA CICIRELLO, Il reo pericoloso, in G.DE VERO (a cura di), La legge penale, il reato, il reo, la persona

offesa, Torino, 2010, pp. 505-507.

7 Sono numerosi gli Autori che hanno sostenuto – o sostengono tutt’ora – la tesi della recidiva quale qualificazione soggettiva o status del reo: tra i più importanti si vedano F. ANTOLISEI, Manuale di

diritto penale. Parte generale, XVI ed. (aggiornata da L.CONTI), Milano, 2003, pp. 439-440;G. BETTIOL,

Diritto penale, XI ed., Padova, 1982, p. 667-668, laddove ritiene che, al massimo, si potrebbe trattare

di «una circostanza la quale aderisce alla persona del soggetto agente più che alla realtà soggettiva che ogni fatto delittuoso presenta» ; R. DELL’ANDRO, La recidiva nella teoria della norma penale, Palermo, 1950, p. 78; F.GUERRINI, La recidiva. Le modifiche apportate dall’art. 9 D.L. 11-4-1974 n. 99, in Studi senesi, 1978, pp. 64-65, il quale ricostruisce l’istituto in termini di status di «pre-pericolosità» del soggetto agente; A. MALINVERNI, voce Circostanze del reato, in Enc. dir., vol. VII, Milano, 1960, p. 72, nella parte in cui parla di qualificazione giuridica soggettiva che non si esprime direttamente nel reato;G. MAGGIORE, Principi di diritto penale. Volume I: Parte generale, III ed., Bologna, 1939, p. 520, secondo il quale «la recidiva non può dirsi circostanza in senso proprio, giacché non ha nulla di accidentale, ma è espressione essenziale e fondamentale de carattere del delinquente»; F.MANTOVANI, Diritto

penale, VIII ed., Padova, 2013, p. 407, il quale la qualifica come status personale che, «proprio perché

tale, anche se influisce sulla misura della pena, non può considerarsi come accessorio al reato, assolvendo a una funzione propria»; P.NUVOLONE, Il sistema del diritto penale, II ed., Padova, 1982, pp. 337-338; G.D. PISAPIA, Riflessioni in tema di recidiva, in Riv. it. dir. proc. pen., 1961, p. 974-975, che parla di una «qualificazione soggettiva del reo», dalla quale derivano numerose conseguenze applicative, come, ad esempio, l’assenza di un obbligo di contestazione della recidiva.

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A conforto di questa tesi si valorizza innanzitutto la posizione topografica dell’art. 99 c.p., inserito – assieme all’abitualità, alla professionalità nel reato e alla tendenza a delinquere – nel Capo II del Titolo IV del Libro I del codice, che è dedicato proprio al reo (e alla persona offesa) e non al reato. La stessa qualificazione di recidiva come circostanza, effettuata dal legislatore all’art. 70, comma 1, n. 2), e comma 2, c.p., non sarebbe vincolante, posto che, in altre occasioni, tale termine è stato utilizzato in modo impreciso e atecnico: si pensi alla disciplina di cui agli artt. 59 e 119 c.p., laddove si parla di “circostanza” anche per indicare le cause di esclusione della punibilità e persino le cause di giustificazione8.

A ciò si aggiunga la mancata inclusione, almeno nella versione originaria, della recidiva nel giudizio di bilanciamento ex art. 69, comma 4, c.p., il che confermerebbe come non si tratti di un vero e proprio elemento accidentale del reato, quanto piuttosto di una qualificazione personale del soggetto9. Le conseguenze riconnesse allo status di recidivo, inoltre, non sono limitate al mero aumento di pena, come nel caso delle aggravanti, ma si estendono a ben più significativi effetti sia sul piano sostanziale che su quello processuale10.

In conclusione, il vero fulcro del ragionamento sta in questo: concettualmente, è arduo considerare circostanza del reato una condizione

8 Cfr., sul punto, A.R.LATAGLIATA,Contributo allo studio della recidiva, Napoli, 1958, p. 230: «per la

verità il termine circostanza viene adoperato spesso con un significato equivoco nello stesso codice»; G.MULLIRI, La recidiva nel giudizio di bilanciamento delle circostanze in senso tecnico, in Riv. it. dir. pen.

proc., 1975, p. 1323, la quale sottolinea come il dato letterale «non può essere probante dato che, per

ammissione espressa dei compilatori, l’uso del termine circostanza è fatto nelle più varie accezioni».

9 Così G.D. PISAPIA,Riflessioni in tema di recidiva, cit., p. 974. A tal proposito si veda anche Relazione sul libro I del Progetto, in Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, V, Roma,

1929, pp. 123-124, nella parte in cui motiva l’esclusione della recidiva e dell’imputabilità dal giudizio di bilanciamento poiché «tali circostanze escono, per così dire, fuori dal quadro della equivalenza o della prevalenza, essendo del tutto eterogenee rispetto alle altre circostanze comuni o speciali. Sarebbe evidentemente assurdo, per esempio, compensare il vizio parziale di mente con l’abuso dei poteri inerenti ad una funzione pubblica, o la recidiva con la provocazione»; per tali ragioni, «le regole sulla prevalenza e sulla equivalenza sono applicabili soltanto in quanto si rimanga nel campo delle vere e proprie circostanze che modificano esclusivamente la quantità del reato, rappresentandone una accidentalità, una modalità, una casualità».

10 Tale argomentazione in favore della natura non circostanziale dell’istituto la si ritrova in L.MAZZA, voce Recidiva, in Enc. dir., vol. XXIX, Milano, 1988, pp. 131-132. In modo non dissimile A. JANNITTI -PIROMALLO, Illustrazione pratica dei codici penale e di procedura penale, vol. IV, Roma, 1931, p. 269, pone l’accento sul fatto che la recidiva importi, oltre all’aggravamento della pena, «molteplici altri effetti, che la legge determina di volta in volta».

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personale che deriva dalla sola esistenza di una precedente condanna definitiva per un fatto diverso11.

L’argomentazione da ultima menzionata – e più in generale la tesi che nega la natura circostanziale della recidiva – non può essere accolta12.

Anche non volendo dare peso all’art. 70 c.p., che pure annovera espressamente tra le circostanze del reato quelle inerenti alla persona del colpevole13, vi sono degli ulteriori riferimenti normativi che contraddicono l’asserita incompatibilità tra status soggettivi ed elementi circostanziali: basti qui ricordare l’art. 61, comma 1, n. 6), c.p., nella parte in cui il legislatore ha deciso di aggravare la pena proprio in ragione della condizione di latitanza del colpevole.

Proseguendo nell’analisi del dato normativo, che è l’imprescindibile strumento dell’interprete nell’opera di qualificazione giuridica di un istituto14, è di

11 Cfr., quasi testualmente, P.NUVOLONE, Il sistema del diritto penale, cit., p. 337, il quale aggiunge anche il fatto che le circostanze aggravanti possono essere ritenute o non ritenute sulla base di una valutazione dei fatti concreti, mentre il fatto-recidiva (la precedente condanna) esiste di per sé, solo che il giudice è libero di applicare o meno l’aumento di pena.

12 In effetti, è maggioritaria la dottrina che, soprattutto in seguito alla riforma attuata con la legge 7 giugno 1974, n. 220, appoggia l’inquadramento della recidiva nell’alveo delle circostanze aggravanti in senso tecnico: E.M. AMBROSETTI, Recidiva e recidivismo, cit., pp. 66-67 e pp. 75-77;G. CONTENTO,

Introduzione allo studio delle circostanze del reato, Napoli, 1963, pp. 149-152; F.DASSANO, Recidiva e potere

discrezionale del giudice, Torino, 1981, pp. 127-135; G. MARINI, Le circostanze del reato. Parte generale, Milano, 1965, pp. 42-45; F.GIUNTA, Se la recidiva abbia natura circostanziale, in Studium Iuris, 1997, pp. 1322-1323; G.MARINUCCI –E.DOLCINI,Manuale di diritto penale. Parte generale, V ed. (aggiornata da E.

DOLCINI – G.L. GATTA), Milano, 2015, pp. 575-576; M. MINERVINI, L’applicazione della recidiva

facoltativa: prime indicazioni giurisprudenziali, in Rass. studi penit., 1975, pp. 326-328;T.PADOVANI,

Diritto penale, X ed., Milano, 2012, pp. 269-273;PITTARO, voce Recidiva, cit., p. 365; D.PULITANÒ, Diritto

penale, VI ed., Torino, 2015, pp. 393-395; A.ROMANELLI, Aspetti giuridici e aspetti criminologici della

recidiva, in Giust. pen., 1968, II, cc. 236-240; M.ROMANO,sub art. 99 c.p.,in M.ROMANO –G.GRASSO,

Commentario sistematico del codice penale, vol. II, IV ed., Milano, 2012, pp. 95-97.

13 Secondo la condivisibile opinione diG. MARINI, Le circostanze del reato. Parte generale, cit., pp. 94-95, invece, il dato letterale di cui all’art. 70 c.p. è di fondamentale importanza, poiché l’espressa menzione della recidiva all’interno della disposizione ha senso logico soltanto ammettendo che l’istituto ex all’art. 99 c.p. costituisca una circostanza in senso proprio.

14 Concordiamo con quando affermato da R.BARTOLI, voce Recidiva, in Enc. dir., Annali VII, Milano, 2014, p. 895, secondo cui «ai fini della qualificazione come circostanza occorre attribuire valore determinante agli indici formali». Analogamente A.PAGLIARO, Principi di diritto penale. Parte generale, VIII ed., Milano, 2003, p. 475, nt. 30, sottolinea come «in ogni caso, poi, a decidere della natura giuridica di un istituto è il regime adottato dal diritto. E tale regime, nel caso della recidiva, è quello caratteristico delle circostanze». Secondo A. MELCHIONDA, Recidiva e regime di procedibilità, in Riv. it.

dir. proc. pen., 1987, p. 65, infine, è «priva di rilevanza ogni considerazione basata su valutazioni di

tipo ontologico o funzionale», poiché ciò che realmente conta è «il carattere vincolante del dato normativo» del diritto positivo attuale.

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tutta evidenza che le scelte di politica criminale successive al 1930 abbiano accentuato il carattere circostanziale della recidiva.

L’inclusione della stessa (e dell’imputabilità) nel giudizio di comparazione, effettuata dalla riforma del 1974, ne è un chiaro esempio: si può sostenere che proprio l’espressa menzione delle circostanze inerenti alla persona del colpevole nell’art. 69 c.p. è emblematica della volontà del legislatore, consapevole delle controversie dogmatiche in ordine a tale discussa categoria, di ribadirne la natura di circostanza in senso tecnico anche ai fini del bilanciamento15.

Un ulteriore indizio si rinviene nella controriforma del 2005, che è intervenuta nuovamente sul quarto comma dell’art. 69 c.p., prevedendo alcune limitazioni al potere discrezionale del giudice qualora venga in gioca la recidiva reiterata e confermando così, seppur implicitamente, la qualifica di accidentalia

delicti. In modo più esplicito, nell’art. 47 ter ord. pen., novellato anch’esso dalla legge ex Cirielli, compare la locuzione «né sia stato mai condannato con l’aggravante di

cui all’art. 99 del codice penale», con l’utilizzo del termine giudico “aggravante”, intesa come circostanza, in relazione proprio all’istituto della recidiva.

Queste indicazioni sono state puntualmente colte dai giudici di legittimità, i quali, già da prima della riforma degli anni Settanta, hanno iniziato a riconoscere, seppur con qualche incertezza, la natura circostanziale dell’istituto16. Tale indirizzo si è definitivamente consolidato in seguito al 1974, nel momento in cui la Cassazione ha ritenuto la recidiva rientrante a pieno diritto tra le aggravanti in senso tecnico17.

15 Cfr., sul punto, le lucide considerazioni di E.M. AMBROSETTI, Recidiva e recidivismo, cit., p. 66.

16 Si veda, a tal proposito, Cass. pen., Sez. I, 8 novembre 1966, n. 1258, in CED Cass., 103217, nella quale si legge testualmente che «la recidiva non costituisce una autonoma situazione soggettiva della persona che infrange il comando penale, ma una circostanza aggravante, con la conseguenza che deve essere contestata anche quando risulti da un documento pubblico». Contra Cass. pen., Sez. V, 21 febbraio 1968, n. 629, in CED Cass., 107330: «la recidiva non può essere considerata una circostanza aggravante del reato, bensì una situazione soggettiva autonoma della persona, che spiega de iure i suoi effetti penali e che può essere dedotta dal certificato del casellario giudiziale».

17 Cfr. Cass. pen., Sez. V, 22 novembre 1974, Caccavaro, in Riv. it. dir. pen. proc., 1976, p. 303, la quale afferma che «la recidiva continua – ovviamente nei limiti di cui all’ultimo comma dell’art. 99 c.p. – a svolgere il ruolo di circostanza aggravante in relazione alle molteplici finalità del processo». Nel medesimo senso si vedano, ex plurimis, Cass. pen., Sez. V, 22 novembre, 1974, Ronchini, in Giust. pen., 1976, II, c. 306; Cass. pen., Sez. V, 22 novembre 1974, Vianello, in Cass. pen. mass. ann., 1974, p. 404. Una esaustiva ricognizione in merito all’orientamento giurisprudenziale sorto in seguito alla riforma del 1974 è svolta da R. BERTONI, La riforma penale dell’Aprile 1974 nella giurisprudenza della Corte di

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L’ultima parola di questo dibattito è stata (quasi sicuramente) pronunciata dalle Sezioni Unite che, negli ultimi anni, si sono dovute occupare in più occasioni dell’istituto di cui all’art. 99 c.p., specie con riferimento ai suoi numerosi effetti indiretti.

Il Supremo collegio, nella sua composizione più autorevole, ha dapprima affermato in modo espresso che «la recidiva opera infatti nell'ordinamento quale circostanza aggravante (inerente alla persona del colpevole: art. 70 c.p.), che come tale deve essere obbligatoriamente contestata dal Pubblico ministero in ossequio al principio del contraddittorio, ma di cui è facoltativa (tranne l'eccezione espressa) l'applicazione, secondo l'unica interpretazione compatibile con i principi costituzionali in materia di pena»18.

In una pronuncia di poco successiva, i giudici di legittimità hanno ribadito il medesimo orientamento, valorizzando non solamente il dato letterale dell’art. 70 c.p., ma soprattutto il complesso delle disposizioni che riguardano la recidiva, così come modificate dalla l. 5 dicembre 2005, n. 251. L’analisi logico-sistematica delle stesse – in particolare degli artt. 63, comma 3; 69, comma 4; 62 bis, comma 2; 81, comma 4, c.p. – «è univocamente indicativa del fatto che la recidiva è, piuttosto, una circostanza pertinente al reato che richiede un accertamento, nel caso concreto, della relazione qualificata tra lo status e il fatto che deve risultare sintomatico, in relazione alla tipologia dei reati pregressi e all'epoca della loro consumazione, sia sul piano della colpevolezza che su quello della pericolosità sociale»19.

Non solo, qualora comporti un aumento di pena superiore ad un terzo, ossia in tutti i casi diversi dalla recidiva semplice, si configura come aggravante ad effetto

espresse in favore della natura circostanziale Cass. pen., Sez. II, 21 gennaio 2016, n. 3662, in

www.iusexplorer.it; Cass. pen., Sez. III, 30 gennaio 2014, n. 14439, in Cass. pen., 2014, p. 3379; Cass.

pen., Sez. II, 8 aprile 2009, n. 18595, ivi, 2010, p. 1459.

18 Così Cass. pen., Sez. Un., 27 maggio 2010, n. 35738, in Cass. pen., 2011, p. 2094, con nota di F. ROCCHI, Il patteggiamento dei recidivi reiterati: un problema di “discrezionalità bifasica” o di politica

legislativa?. Tale pronuncia si è occupata della problematica concernente la preclusione ai recidivi

reiterati del c.d. patteggiamento allargato, statuendo che qualora non si applichi l’aggravante ex art. 99, comma 4, c.p. rimangono esclusi altresì tutti gli ulteriori effetti commisurativi connessi alla circostanza, ivi compreso il peculiare regime previsto dall’art. 444, comma 1 bis, c.p.p.

19 Cfr. Cass. pen., Sez. Un., 24 febbraio 2011, n. 20798, in Dir. pen. proc., 2011, p. 1366, con nota di L. PELLEGRINI, Recidiva e concorso omogeneo di circostanze ad effetto speciale.

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speciale ex art. 63, comma 3, c.p., con la conseguente applicazione dell’art. 63, comma 4, c.p. in caso di concorso con un’ulteriore circostanza ad effetto speciale20. Alla luce di tutto quanto detto, non sembrano esservi più margini per considerare la recidiva come una mera qualifica personale del reo: la dottrina prevalente, confortata dagli indici di diritto positivo e soprattutto avvallata da una giurisprudenza granitica sul punto, si è oramai orientata nel ritenere l’istituto di cui all’art. 99 c.p. una vera e propria circostanza in senso tecnico.

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