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La fondamentale pronuncia in merito alla perdurante discrezionalità della recidiva reiterata

La recidiva dinanzi alla Carta costituzionale

3. La fondamentale pronuncia in merito alla perdurante discrezionalità della recidiva reiterata

31 Per un commento al principio del nullum crimen, nulla poena sine lege così come disciplinato nella CEDU e interpretato dai giudici di Strasburgo si veda, per tutti, V. MANES, sub art. 7, in S.BARTOLE

–P.DE SENNA –V.ZAGREBELSKY (a cura di), Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti

dell’uomo, Padova, 2012, p. 258 ss.

32 Corte Edu, Grande Camera, Achour c. Francia, cit., § 60, dove si parla espressamente di «accessible

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Ritornando ad occuparci del panorama italiano, non possiamo non soffermarci su una delle pronunce che più ha segnato il cammino costituzionale della recidiva: ci riferiamo alla “storica” sentenza n. 192 del 200733.

In tale occasione, la Corte costituzionale dichiara inammissibili le molteplici questioni di legittimità prospettate in relazione all’impianto normativo sorto in seguito alla l. 251/2005. In particolare, nelle varie ordinanze di rimessione (addirittura quindici) sollevate da diversi giudici a quibus, non si censura direttamente la disciplina della recidiva reiterata, quanto piuttosto il meccanismo di cui all’art. 69, comma 4, c.p.

La disposizione impugnata, nel disciplinare il concorso eterogeneo di circostanze, vieta al giudice di ritenere eventuali circostanze attenuanti prevalenti sull’aggravante ex art. 99, comma 4, c.p. Viene così introdotta ex lege un’indebita limitazione al potere-dovere del giudice di adeguare la pena al caso concreto, mediante un «automatismo sanzionatorio» correlato a una «presunzione assoluta di pericolosità sociale»34 del soggetto che ricade per la terza volta nel crimine.

Ebbene – secondo i giudici rimettenti – tale regola si porrebbe in contrasto con numerosi precetti costituzionali, in primo luogo con il principio di ragionevolezza, quale accezione particolare del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., e con quello del finalismo rieducativo della pena di cui all’art. 27, comma 3, Cost. La norma censurata difatti, da una lato, determinerebbe un “appiattimento” del trattamento sanzionatorio rispetto a situazioni assai diverse tra loro e, dall’altro, rischierebbe di imporre l’applicazione di sanzioni manifestamente sproporzionate alla gravità del fatto, la cui espiazione non consentirebbe la rieducazione del condannato.

33 Ci riferiamo a Corte cost., sent. 14 giugno 2007, n. 192, in Dir. pen. proc., 2008, p. 324, con nota di F. ARRIGONI, La Consulta riconosce al giudice il potere di escludere la recidiva reiterata. Sul medesimo arresto, si vedano C. BERNASCONI, Recidiva e bilanciamento delle circostanze al vaglio della Corte costituzionale, in

Giur. cost., 2007, p. 1861 ss.; A. TESAURO, La nuova disciplina della recidiva reiterata al vaglio della Corte

costituzionale, in Foro. it., 2007, I, c. 3357 ss.; R. VINCENTI, La sentenza della C. cost. n. 192 del 2007:

facoltatività della recidiva reiterata e interpretatio abrogans del nuovo art. 69, comma 4, c.p., in Cass. pen.,

2008, p. 531 ss.

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Il predetto automatismo, inoltre, sarebbe idoneo a determinare un’indiscriminata omologazione dei recidivi reiterati, sulla base di una presunzione assoluta di pericolosità sociale che, prescindendo dalla natura dei vari delitti, dal tempo della loro commissione e dall’identità di indole rispetto al nuovo episodio criminoso, non troverebbe alcun fondamento nell’id quod plerumque accidit. Verrebbe in tal modo leso anche l’art. 25, comma 2, Cost., che lega indissolubilmente la pena inflitta alla commissione di un fatto di reato, impedendo così che si punisca la sola pericolosità sociale.

Come detto, la Consulta dichiara inammissibili le varie questioni di legittimità, non affrontando direttamente la tematica della blindatura del bilanciamento, ma concentrando la propria attenzione su un presupposto implicito e non motivato contenuto nelle varie ordinanze di rimessione, ovverosia il carattere obbligatorio della recidiva reiterata35.

La Corte dunque sposta il tiro rispetto al quesito sottopostole: in luogo della valutazione sulla conformità alla Costituzione dell’art. 69, comma 4, c.p. si chiede se con la nuova formulazione dell’art. 99, comma 4, c.p. si sia reintrodotto nel nostro sistema il meccanismo dell’obbligatorietà, espunto in precedenza con la legge del 197436. Passaggio, questo, ritenuto imprescindibile, dal momento che se così non fosse – e quindi se la recidiva fosse ancora facoltativa – sarebbe «possibile ritenere che venga meno eo ipso anche l’automatismo oggetto di censura»37.

35 Tra i primi commentatori alla riforma del 2005, sostiene la tesi dell’obbligatorietà della recidiva reiterata T.PADOVANI, Una novella piena di contraddizioni che introduce disparità inaccettabili, in Guida

dir., 2006, dossier n. 1, p. 32, secondo il quale «al vincolo dell’obbligatorietà si sottraggono ora

soltanto la recidiva semplice e quella monoagggravata». Per D. BATTISTA, Recidiva: dalla nuova legge

un pericoloso ritorno al passato. Non convince l’aumento obbligatorio di pena, in D&G, 2005, n. 46, p. 105,

il regime dell’obbligatorietà si riferisce solamente alle ipotesi di cui all’art. 99, comma 4, c.p. e non al caso della recidiva pluriaggravata; del medesimo avviso è anche G. FRIGO, Prevale la logica della

frammentazione, in Guida dir., 2006, dossier n. 1, p. 53.

36 Cfr. A. TESAURO, La nuova disciplina della recidiva reiterata al vaglio della Corte costituzionale, cit., c. 3357, il quale parla di una sapiente «mossa ermeneutica» effettuata dalla Corte.

37 Corte cost., sent. 14 giugno 2007, n. 192, cit. Tale approccio dei giudici del Palazzo della Consulta – ossia la dichiarazione di inammissibilità delle questioni in tema di bilanciamento delle circostanze a causa della mancata verifica preliminare da parte dei giudici rimettenti di una diversa interpretazione dell’art. 99, comma 4, c. p. – viene utilizzato anche in alcune pronunce successive: cfr. Corte cost., ord. 30 novembre 2007, n. 409, in D&G online, 15 dicembre 2007; Corte cost., ord. 21 febbraio 2008, n. 33, in Giur. cost., 2008, p. 363; Corte cost., ord. 4 aprile 2008, n. 90, ivi, 2008, p. 1100; Corte cost., ord. 6 giugno 2008, n. 193, ivi, 2008, p. 2223; Corte cost., ord. 10 luglio 2008, n. 257, ivi, 2008, p. 2975; Corte cost., ord. 29 maggio 2009, n. 171, ivi, 2009, p. 1906.

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A sostegno della tesi della perdurante discrezionalità dell’aggravante, il Giudice delle leggi utilizza in special modo degli argomenti di tipo letterale38, mutuandoli da quanto già sostenuto da autorevole dottrina39.

Innanzitutto, la scelta del verbo “è” effettuata dal legislatore nel quarto comma dell’art. 99 c.p.: la perentorietà dell’indicativo presente – a detta della Corte – deve essere riferita esclusivamente al quantum dell’aumento di pena, che a seguito della legge ex Cirielli non è più variabile, ma fisso, nella misura della metà per la recidiva reiterata semplice e di due terzi per quella aggravata. Il potere discrezionale del giudice, invece, resta invariato per ciò che concerne l’an dell’aggravante, applicabile solamente qualora tra i vari illeciti sia presente un legame qualificato, espressivo di una «più accentuata colpevolezza o una maggiore pericolosità del reo»40.

La soluzione interpretativa offerta dalla Corte verrebbe avvalorata dal fatto che, quando il legislatore ha voluto prevedere un’ipotesi obbligatoria di recidiva, lo ha fatto in modo chiaro, senza mezzi termini: il quinto comma del medesimo art. 99 c.p. sancisce espressamente che, nei casi di cui all’art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p., «l’aumento di pena per la recidiva è obbligatorio», mentre resta modulabile la misura dell’aggravio. Tale dettato normativo consente di sostenere, a contrario, che la di fuori dell’ipotesi ivi contemplata, il legislatore abbia voluto conservare il regime facoltativo.

L’iter argomentativo dei giudici della Consulta si conclude con una considerazione di tipo topografico, data dal fatto che la recidiva pluriaggravata e

38 Critico nei confronti della «povertà argomentativa» della Corte è R. BARTOLI, La recidiva davanti allo

specchio della Costituzione, cit., p. 18, il quale sottolinea come «il ragionamento finisce infatti per

basarsi soltanto su considerazioni esegetico-letterali, quando forse sarebbe stato più opportuno arricchirlo in termini funzionali».

39 Ci si riferisce ad A.MELCHIONDA, La nuova disciplina della recidiva, in Dir. pen. proc., 2006, pp. 180-181. L’Autore sostiene che per tutti i casi dettati dai primi quattro commi dell’art. 99 c.p. «è stato mantenuto il precedente regime di mera discrezionalità giudiziale».

40 Cfr. Corte cost., sent. 14 giugno 2007, n. 192, cit. Tale interpretazione viene successivamente seguita dalla totalità della giurisprudenza di legittimità: si veda, per tutte e recentemente, Cass. pen., Sez. II, 17 aprile 2015, n. 26486, in Giust. pen., 2016, II, c. 18, nella quale si legge che «la recidiva reiterata è facoltativa, essendo rimessa al giudice la valutazione, in concreto, dell’effettiva idoneità dei precedenti vantati dall’imputato ad incidere sul trattamento sanzionatorio ed a indicare il grado effettivo di colpevolezza».

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quella reiterata altro non sono che delle mere species della figura generale prevista dall’art. 99, comma 1, c.p., il cui carattere facoltativo non è mai stato messo in discussione. Da ciò discende che le aggravanti di cui al comma secondo e terzo mantengono le medesime caratteristiche strutturali – ivi compresa la facoltatività – della recidiva semplice, derogando alla relativa disciplina solo in relazione all’entità degli aumenti di pena.

Dall’analisi di questi passaggi significativi emerge nettamente come la decisione in esame non si limiti a dichiarare inammissibili le questioni sollevate, quanto piuttosto offra degli spunti interpretativi, utili ai giudici rimettenti per superare l’impasse normativa in cui si erano ritrovati41.

La strategia utilizzata dalla Corte è senz’altro apprezzabile, poiché cerca di non porsi in aperto contrasto con il legislatore, come in realtà sarà costretta a fare negli anni seguenti.

Il Giudice delle leggi è abile a ritagliare uno spazio di discrezionalità su un terreno diverso, precedente sia a livello logico che temporale rispetto alla fase del giudizio di comparazione delle circostanze, in modo tale da evitare di censurare l’art. 69, comma 4, c.p.42; così facendo, inoltre, riesce a chiarire definitivamente la portata applicativa di una disposizione – id est l’art. 99, comma 4, c.p. – obiettivamente oscura e mal scritta.

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