Di riforme in controriforme
4. Un istituto da eliminare? Spunti dal panorama tedesco
Le preoccupazioni messe in luce nel paragrafo precedente non tardano trasformarsi in un’amara realtà. L’ottica di umanizzazione del sistema, che aveva spinto il legislatore riformista del 1974, pervade in seguito anche l’operato della magistratura, attenta a non irrogare sanzioni troppo severe.
A farne le spese è la recidiva, la cui applicazione pratica diventa scarsissima, dal momento che i giudici, nell’esercizio del loro potere discrezionale, molto spesso la escludono e conseguentemente negano l’aumento di pena66.
Le cause della disapplicazione dell’istituto devono essere ricercate, anche e soprattutto, nella sua inclusione nel giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p.: nella maggior parte dei casi, infatti, le attenuanti vengono dichiarate prevalenti – o quantomeno equivalenti – alla contestata recidiva.
A ciò si aggiunga la permissiva prassi giudiziaria in merito alle attenuanti generiche, la cui concessione agli imputati, specie negli anni Novanta, è pressoché automatica67, con il risultante effetto paralizzatore nei confronti dell’aggravante di cui all’art. 99 c.p. Da ultimo, persino taluni istituti processuali hanno contribuito a svuotare di rilevanza la recidiva, come, in particolare, il patteggiamento: le richieste di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., infatti, vengono sovente accolte previo riconoscimento della soccombenza della recidiva, finanche reiterata e specifica, di fronte alle contrapposte attenuanti68.
66 Cfr., sul punto, T.PADOVANI, Commento all’art. 4 l. 5.12.2005 n. 251 (Modifiche al codice penale e alla
legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), in Leg. pen., 2006, p. 449, il quale parla di
«deperimento applicativo» dell’istituto, dato da un uso eccessivamente lato del potere discrezionale da parte dei giudici, con il rischio di uno sconfinamento nell’arbitrio. Nello stesso senso si veda F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte generale, XVI ed. (aggiornata da L.CONTI), Milano, 2003, p. 662, secondo cui «la voce recidiva non ha più spazio nei repertori e l’istituto […] viene di consueto posto nel nulla nel giudizio di comparazione con le attenuanti».
67 Tale rilievo è presente in E.M.AMBROSETTI, Recidiva e discrezionalità giudiziale: nuove prospettive e
vecchi scenari, cit., p. 683. L’Autore sottolinea come si rischi di giungere a un risultato «paradossale»:
le attenuanti generiche, che ante riforma del 2005 vengono sovente concesse qualora siano assenti precedenti penali, elidono l’effetto aggravatore della recidiva, fondato sul pregresso compimento di un reato.
68 Per un inquadramento dell’istituto del patteggiamento si rimanda a M.CAPUTO, Il diritto penale e il
72
Così, all’inizio del nuovo millennio, il legislatore si trova di fronte a un bivio: può cercare di rivitalizzare un istituto caduto in desuetudine oppure cogliere l’occasione per espungerlo in via definitiva dal codice, così come auspicato da autorevole dottrina69. Tale ultima strada è stata percorsa dal legislatore tedesco, che, con la riforma del 13 aprile 1986, ha abrogato il § 48 StGB, norma che disciplinava la figura generale di recidiva70.
Bisogna premettere che nell’ordinamento tedesco la situazione era ben differente rispetto a quella italiana: l’inasprimento sanzionatorio per colui che ricadeva nel reato era mal tollerato, perché collideva apertamente con il fondamentale principio della responsabilità per il singolo fatto. Lo Strafgesetzbuch del 1871, discostandosi dalla gran parte dei codici preunitari e dal modello scelto nel codice napoleonico, prevedeva infatti esclusivamente l’ipotesi della recidiva specifica, relativa a cinque delitti: furto, rapina, frode, ricettazione e accattonaggio71.
Solo nel 1969 veniva introdotta la recidiva generica, la cui conseguenza, ai sensi del § 48 StGB, era quella di aumentare il minimo edittale della pena detentiva applicabile, che passava da un mese a sei mesi72. La vita dell’istituto della Rückfall è stata assai breve, posto che, come detto in precedenza, è stato abrogato neanche vent’anni più tardi, con la citata novella del 1986: tra le motivazioni che hanno indotto a compiere tale scelta rilevano soprattutto gli scarsi risultati ottenuti dalla norma sul piano della prevenzione speciale, dal momento che il ricorso a una pena
veda P.PITTARO, L’applicazione della pena su richiesta: profili di diritto penale sostanziale, in AA.VV., Il
patteggiamento, Milano, 1999, p. 5 ss.
69 Cfr. M.ROMANO, pre art. 99, in M.ROMANO –G.GRASSO, Commentario sistematico del codice penale, vol. II, IV ed., Milano, 2012, p. 86. Gli Autori si chiedono se sia opportuno conservare una simile aggravante all’interno del codice penale ovvero se non sia più opportuno «eliminarla del tutto».
70 Il § 48 StGB è stato abrogato dalla XXIII legge di modifica del diritto penale del 13 aprile 1986
(BGBl., I, 393).
71 L’elenco dei delitti a cui si applicava la recidiva è presente in E.M. AMBROSETTI, Recidiva e
recidivismo, cit., p. 194. Per una puntuale analisi della normativa tedesca sull’istituto, dai codici
preunitari alla riforma del 1969, si veda H.FROSCH, Die allgemeine Rückfallvorschrift des § 48 StGB, Tübingen, 1976.
72 Sul punto si veda amplius H.H. JESCHECK –T.WIEGEND,Lehrbuch des Strafrechts. Allgemeiner Teil, V
73
detentiva più lunga non aveva portato a una migliore risocializzazione degli autori di reato, anzi, aveva ottenuto l’effetto opposto nell’ambito della microcriminalità73. Sarebbe errato, tuttavia, pensare che, in seguito all’intervento abolitore della recidiva, i precedenti penali siano divenuti totalmente ininfluenti per l’ordinamento tedesco. Questi ultimi rientrano ora all’interno dei criteri di commisurazione della pena in senso stretto, così come previsti dal § 46 StGB74: il giudice, nel valutare la vita anteatta (Vorleben des Täters) dell’autore non primario, si orienterà dunque verso una sanzione che si discosti dal minimo edittale.
La soluzione adottata si può definire di compromesso, perché da una parte non ripudia in toto la valenza aggravatrice delle pregresse condanne, ma dall’altra ne relega l’influenza entro margini decisamente più ridotti che in passato. Lo stesso ordinamento italiano, negli auspici di parte della dottrina, dovrebbe seguire l’esempio tedesco, non considerando più i precedenti penali come una circostanza aggravante in senso tecnico, quanto piuttosto come un mero criterio di commisurazione, ai sensi dell’art. 133, comma 2, n. 2, c.p., in modo tale da non superare mai il limite superiore della cornice editale75.
Per completezza, giova ricordare che il sistema penale tedesco prevede un’eccezione per gli autori di taluni gravi reati con pregresse condanne a pena detentiva, nei cui confronti può essere irrogata la misura della custodia di sicurezza (Sicherungsverwahrung), ai sensi del § 66 StGB76. Tale istituto, caratterizzato dalla
73 Sulle cause che hanno portato all’abolizione dell’istituto si veda G.FORNASARI, I principi del diritto
penale tedesco, Padova, 1993, pp. 507-508. Tra di esse, l’Autore ricorda, in particolare, l’inefficacia
special-preventiva del § 48 StGB e e lo scarso effetto intimidatorio delle condanne precedenti.
74 Il testo integrale del § 46 StGB, cosi come quello di tutte le altre norme del codice penale tedesco, è reperibile, in lingua italiana, in S.VINCIGUERRA (a cura di), Il codice penale tedesco, II ed., Padova, 2003, p. 75. Per una ricognizione degli indici previsti nel § 46 StGB si rinvia a A. MENGHINI, Sistemi sanzionatori a confronto, in G.FORNASARI –A.MENGHINI, Percorsi europei di diritto
penale, Padova, 2005, pp.161-164; W.STREE –S.KINZIG, sub § 46, in A.SCHÖNKE – H.SCHRÖDER,
Strafgesetz-buch. Kommentar, XXIX Auflage, Munchen, 2014, pp. 774-818.
75 Cfr. E.DOLCINI, La recidiva riformata (legge 5 dicembre 2005 n. 251), in A.BERNARDI –B.PASTORE –A. PUGIOTTO (a cura di), Legalità penale e crisi del diritto oggi. Un percorso interdisciplinare, Milano, 2008, pp. 32-33, secondo il quale tale soluzione si concilierebbe meglio con il principio della colpevolezza del singolo fatto. In termini non dissimili si esprime L. TUMMINELLO, Il volto del reo.
L’individualizzazione della pena fra legalità ed equità, Milano, 2010, p. 210: l’Autore propende infatti per
una valutazione dei precedenti penali nell’ambito della capacità a delinquere, all’interno della cornice edittale.
76 L’istituto dell’internamento in custodia di sicurezza rappresenta l’ultimo mezzo per far fronte a tutti quei criminali per inclinazione, pericolosi per la società, nei confronti dei quali gli altri strumenti
74
detenzione per un periodo di tempo indeterminato nei confronti di soggetti pluri-recidivi e socialmente pericolosi, in realtà non trova frequentemente un’applicazione nella pratica, anche dopo l’abrogazione del § 48 StGB. I requisiti richiesti dalla norma, infatti, sono molto restrittivi e i giudici, dal canto loro, ritengono ingiusto prolungare la privazione della libertà personale oltre l’ammontare della pena detentiva meritata dal soggetto77.
L’approccio è in parte cambiato negli ultimi anni, dal momento che il legislatore tedesco ha deciso di intervenire sull’ambito di applicazione della misura della custodia di sicurezza, ampliandolo notevolmente: alla “classica” figura prevista dal § 66 StGB, disposta al momento della pronuncia della sentenza, sono state affiancate due ulteriori ipotesi.
Nel 2002 viene introdotto il § 66a StGB, che disciplina la c.d. custodia di sicurezza con riserva, mediante la quale il giudice ha la facoltà di irrogare la misura in sede di condanna sulla base di un mero sospetto sulla pericolosità dell’autore. Il secondo intervento legislativo, datato 2004, riguarda la c.d. custodia di sicurezza postuma, che, ai sensi del § 66b StGB, può essere ordinata durante l’esecuzione della pena a prescindere da qualsiasi indicazione al riguardo nella sentenza, nei soli casi eccezionali in cui emergano in un momento successivo elementi idonei a evidenziare un’alta probabilità di commissione di nuovi reati78.
sanzionatori del diritto penale si rivelano insufficienti. Per un quadro più approfondito si vedano P.BOCKELMANN –K.VOLK, Strafrecht. Allgemeiner Teil, IV Auflage, Munchen, 1987, p. 281-291; H.H. JESCHECK –T.WIEGEND,Lehrbuch des Strafrechts. Allgemeiner Teil, cit., pp. 813-818; F.PALAZZO –M. PAPA, Lezioni di diritto penale comparato, III ed., Torino, 2013, pp. 97-101.
77 Cfr., sul punto, H.H. JESCHECK, Introduzione, in S.VINCIGUERRA (a cura di), Il codice penale tedesco, II ed., Padova, 2003, p. 24. L’Autore sostiene che la misura viene applicata solo ai criminali veramente pericolosi ed evidenzia come nel 1998 sia stata irrogata appena sessantuno volte in tutto lo Stato.
78 Analizza in modo approfondito le misure introdotte nel 2002 e nel 2004, mettendo in luce anche i problemi del regime transitorio, F. ROCCHI, La decisione della Corte di Strasburgo sulla misura di sicurezza
detentiva tedesca della Sicherungsverwahrung e i suoi riflessi sul sistema del "doppio binario" italiano, in Cass. pen., 2010, in particolare pp. 3283-3286; F.ROCCHI, L’istituto tedesco della Sicherungsverwahrung:
il dialogo tra la Corte di Strasburgo e la Corte costituzionale, in AA.VV., Libertà dal carcere, libertà nel carcere.
Affermazione e tradimento della legalità nella restrizione della libertà personale. Atti del quinto Ginnasio dei Penalisti svoltosi a Pisa il 9-10 novembre 2012, Torino, 2013, p. 327 ss.; S. PORRO, La custodia di sicurezza
nell’ordinamento penale tedesco. Alcune riflessioni alla luce di Bundesverfassungsgericht, II Senato, 4 maggio 2011, 2 BvR 2365/09, in www.penalecontemporaneo.it, 18 novembre 2011, in particolare pp. 6-9.
L’Autrice pone in rilievo il fatto che nel 2010 il movimento normativo volto al potenziamento di tali strumenti di prevenzione speciale subisce una forte battuta d’arresto, dal momento che la legge di
75
Tale discutibile evoluzione normativa è frutto, almeno in parte, del panico sociale trasmesso dai media, che si sono profusi a trasmettere un senso di insicurezza, non corrispondente al reale andamento della criminalità nel territorio tedesco. Durante gli anni immediatamente precedenti alle riforme è stato dato estremo risalto ad alcuni cruenti delitti, commessi da soggetti appena tornati in libertà dopo aver scontato le loro pene79.
La seguente ondata emotiva ha spinto il Parlamento ad approvare le menzionate leggi del 2002 e del 2004, con le quali hanno fatto ingresso nell’ordinamento misure – come la custodia di sicurezza postuma – che non sono disposte con la sentenza e dunque sono totalmente sganciate dal fatto di reato.