• Non ci sono risultati.

Attività di raccolta fond

§ 2.3 GLI ENTI DEL TERZO SETTORE

2.3.4 Attività di raccolta fond

In relazione alle attività caratteristiche del settore non profit, di assoluta rilevanza assume il ruolo della raccolta fondi, storicamente de-commercializzata, a certe condizioni, dalla disciplina del Tuir, e definita in maniera specifica dall’art.7 del decreto in analisi. Andando a riprendere proprio l’art.143

187 La Cabina di regia è presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri, ed è composta dal Ministro del lavoro e delle

politiche sociali, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Presidente della Conferenza delle Regioni, dal Presidente dell'Unione Province Italiane (UPI), dal Presidente dell'Associazione Nazionale comuni Italiani (ANCI), dal Presidente della Fondazione Italia Sociale. A tali componenti non è riconosciuto alcun compenso.

188 Di cui all’art.17 del Codice 189 Art. 15 del D.Lgs. n.81/2015

64

del Tuir, che si ricorda essere valido solamente per gli enti non commerciali, si nota subito come la norma imponga l’occasionalità di tali attività, al fine di stabilirne la non commercialità. Nel dettaglio, non concorrono alla formazione del reddito “i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione”. Soffermandoci brevemente su questa disposizione, a parere di chi scrive non si comprende la motivazione per la quale tale attività debba essere ritenuta de-commercializzata solamente nel caso sussista il requisito della occasionalità. Infatti, considerando che le raccolte fondi costituiscono a tutti gli effetti erogazioni liberali, come tali non dovrebbero assumere rilevanza fiscale negli enti non commerciali, anche se prive del requisito della concomitanza. Sicuramente diverso sarebbe l’approccio “nel caso in cui i fondi e le offerte pervenute a seguito di scambio od offerta di beni di modico valore dovessero prendere la veste di rapporto sinallagmatico, assumendo valore sia ai fini reddituali che ai fini IVA191”. A riprova della fondatezza di tale perplessità, nella nuova disciplina il

legislatore delegato ha escluso l’attributo dell’occasionalità in materia di raccolta fondi, con la conseguenza che per gli ETS questa attività possa essere svolta in maniera organizzata e continuativa, o comunque abituale.

A questo punto, si rende necessario precisare che, con la definizione “raccolta fondi”, sono comprese sia le storiche iniziative di fundraising, quali lasciti testamentari, donazioni e contributi di natura non corrispettiva, sia attività che potrebbero presentare caratteristiche teoricamente commerciali, quali lo scambio o l’offerta di beni di modico valore nei confronti di chi effettua donazioni. Inoltre, si possono citare anche nuovi canali di finanziamento192, sviluppatisi grazie alle recenti innovazioni tecnologiche, come gli sms charity193, o il sempre più usato birthday fundraising.

In relazione alla formulazione adottata all’interno del Codice, è sicuramente utile circoscrivere i tratti distintivi di tale attività, per differenziarla dalla classica attività di interesse generale e da quelle secondarie. In proposito, l’art.7 stabilisce che la raccolta fondi sia “il complesso delle attività ed iniziative poste in essere da un ETS al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva”. Da tale definizione si evince come questa tipologia di attività non debba sottostare ai limiti qualitativi e quantitativi di secondarietà e strumentalità, ma solamente al vincolo di destinazione, essendo destinata a finanziare in via esclusiva le attività di interesse generale. In merito, l’Agenzia delle

191 TONINA A., op cit., p.47

192 Sul tema, SEPIO G., PETTINACCI J., La raccolta fondi nel Terzo Settore: profili civilistici, fiscali e operativi, in Il Fisco,

n.17/2019

65

Entrate194 ha già avuto modo di precisare come siano fondamentali il controllo e la sorveglianza delle modalità di svolgimento della raccolta, al fine di assicurare la reale destinazione dei fondi al perseguimento degli scopi delle realtà non profit.

La portata innovativa dell’art.7 è indubbiamente rilevante, poiché, come si è avuto modo di vedere, tende a superare la concezione della raccolta fondi come residuale, consentendo agli ETS di svolgere tali attività in maniera continuativa. Tuttavia, se l’articolo citato rende possibile questa innovativa previsione, la sua esecuzione viene di fatto subordinata al rispetto di specifiche linee guida contenute in un futuro decreto attuativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore, oltre ovviamente alla già citata “cabina di regia”.

Alcune contraddizioni sono però già da ora evidenti, poiché, passando dal lato civilistico a quello tributario, la prospettiva cambia radicalmente: l’art. 79, quarto comma, nel definire gli elementi delle attività non commerciali ai fini fiscali, copia letteralmente la definizione contenuta nel Tuir, andando quindi a reintrodurre il concetto di occasionalità. Dato il tenore della norma, sembra legittimo domandarsi in quali limiti le attività di raccolta fondi abbiano rilevanza fiscale. Posto che non vi siano particolari problematiche per le attività svolte rispettando i requisiti richiesti dall’art.143 del Tuir195, laddove la raccolta sia effettuata in maniera diversa, si rende necessario operare delle distinzioni a seconda delle modalità con cui viene esercitata. A tal proposito, particolarmente chiara appare la tesi di Gabriele Sepio, il quale individua la discriminante nella differenza tra raccolte private, e raccolte almeno potenzialmente aventi carattere commerciale196. Le prime, in assenza di corrispettività, non configurerebbero in alcun modo attività d’impresa e non avrebbero quindi rilevanza fiscale, né ai fini delle imposte dirette, né ai fini IVA. Le seconde, nelle quali rientrano sicuramente le raccolte fondi con scambio di beni di modico valore197, potrebbero assumere valore ai fini tributari a seconda che prevalga il carattere corrispettivo, piuttosto che quello liberale, dell’iniziativa adottata. Ecco allora che il legislatore potrebbe adottare un approccio di tipo sistematico, andando ad escludere ai fini fiscali questo tipo di entrate e facendo prevalere la finalità solidaristica della causa rispetto al valore del bene in sé. Oppure potrebbe agire al contrario, inquadrando le raccolte fondi svolte in maniera continuativa tra le entrate fiscalmente rilevanti, andando ad enfatizzare l’esistenza di un rapporto sinallagmatico, senza alcuna connessione con ricorrenze o determinate campagne di sensibilizzazione, ponendo in secondo piano la modicità del valore del bene.

194 Circolare n. 59/2007

195 Come il carattere pubblico della raccolta, l’occasionalità e la concomitanza con specifiche ricorrenze, ed il valore

modico dei beni eventualmente offerti.

196 SEPIO G., La fiscalità della raccolta fondi nel quadro della riforma del terzo settore, in Rivista di diritto tributario,

n.12/2019

66

Alla luce di quanto appena esposto, risulta evidente come nella maggior parte dei casi le attività di raccolta fondi dovrebbero essere computate tra le entrate di natura non commerciale, mentre permane ancora il dubbio per i fondi derivanti dalle raccolte effettuate in via continuativa che presentino, almeno in parte, natura corrispettiva.