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Regime forfettario

§ 3.1 IL NUOVO QUADRO NORMATIVO

3.1.3 Regime forfettario

Il nuovo quadro normativo propone un differente regime fiscale a seconda che l’ente si qualifichi o meno come commerciale, in base ai requisiti visti in precedenza.

In relazione alle imposte dirette, il regime forfetario di cui all’art. 80 del CTS prevede una normativa ad hoc per la determinazione del reddito delle attività commerciali svolte dagli enti del Terzo Settore aventi natura non commerciale. Il favor, dunque, si concretizza nell’opportunità di poter scegliere un regime analogo a quello previsto dall’articolo 145 del Tuir per gli enti non commerciali.

Prima di addentrarsi nell’analisi delle caratteristiche principali di tale disposizione, sembra opportuno fare alcune considerazioni preliminari. Per prima cosa, si ribadisce che la determinazione forfetaria del reddito si presenta come un regime opzionale e alternativo rispetto a quello ordinario. È del tutto evidente che la possibilità offerta dal legislatore tributario risulterà conveniente solamente nel caso in cui il reddito effettivamente conseguito sia superiore a quello forfettizzato. Relativamente al disposto di cui all’art. 80, va constatato che, contrariamente da quanto stabilito dal regime di cui all’art. 145 del T.U.I.R. e da quello ex Legge n. 398/1991, il “forfettario” si rivela applicabile a prescindere da qualsivoglia limite dimensionale dell’ente. Per converso, al pari delle norme contenute nel Tuir, non è prevista alcuna agevolazione sotto il profilo dell’IVA, che dovrà essere pertanto determinata secondo le regole ordinarie. A tal proposito, il regime in esame non va confuso con quello di cui all’art. 86 CTS, applicabile alle sole Organizzazioni di volontariato e alle Associazioni di promozione sociale, il quale, diversamente da quanto previsto dall’art.80, contempla un limite massimo di ricavi per la sua applicazione, nonché importanti semplificazioni anche sotto il profilo dell’IVA. Infine, si sottolinea che l’efficacia del nuovo regime è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Ciò premesso, il CTS prevede la determinazione forfetaria del reddito d’impresa attraverso l’applicazione all’ammontare dei ricavi conseguiti nell’esercizio delle attività di interesse generale e di quelle diverse, quando svolte con modalità commerciali, di un determinato coefficiente di redditività, aggiungendo successivamente l’ammontare dei compenti positivi di reddito, di cui agli articoli 86, 88, 89 e 90 del Tuir263. In merito allo svolgimento con modalità commerciali delle attività diverse, bisogna fare riferimento alle disposizioni generali del Tuir264, che disciplinano il regime d’impresa degli enti non commerciali.

Prima di menzionare i diversi coefficienti di redditività, è opportuno segnalare che gli elementi di reddito da aggiungere al reddito determinato forfetariamente, sono esclusivamente quelli inerenti all’attività d’impresa. Ad esempio, le plusvalenze patrimoniali vanno prese in considerazione

263 Plusvalenze patrimoniali, sopravvenienze attive, dividendi, interessi e proventi patrimoniali. 264 Artt. 85 e 143, comma 1.

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solamente quando si riferiscono all’alienazione di un bene relativo all’impresa. Allo stesso modo, gli interessi attivi bancari assumono rilevanza, in questa sede, solo se relativi a rapporti riferiti all’impresa265. In caso contrario, essi andranno a costituire redditi di capitale, soggetti a ritenuta a titolo d’imposta al 26%.

Chiarito questo punto, per le attività di prestazione di servizi, i coefficienti sono i seguenti: • ricavi fino a 130.000 euro, il 7 %;

• ricavi da 130.001 a 300.000 euro, il 10%; • ricavi oltre 300.000 euro, il 17%.

Per le altre attività:

• ricavi fino a 130.000 euro, il 5 %; • ricavi da 130.001 a 300.000 euro, il 7%; • ricavi oltre 300.000 euro, il 14%.

Nell’ipotesi di contemporaneo esercizio di prestazioni di servizi e di altre attività, il coefficiente si determina con riferimento all’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente266.

La suddetta norma disciplina, inoltre, le modalità di esercizio dell’opzione, che può essere esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi, con effetti a partire dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale l’opzione è esercitata e fino a quando la stessa non è revocata, fermo restando un periodo minimo di applicazione di almeno tre anni. Per gli enti che intraprendono l’esercizio d’impresa commerciale, l’opzione può essere esercitata nella dichiarazione di inizio attività, di cui all’articolo 35, D.P.R. n.633/1972.

I successivi commi dell’art.80 affrontano il tema del coordinamento con i regimi fiscali applicati prima dell’adesione al regime forfetario. Nello specifico, “i componenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni antecedenti a quello da cui ha effetto il regime forfetario, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del T.U.I.R. che dispongono o consentono il

rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime”. Analogamente, la deduzione delle perdite fiscali segue pedissequamente le regole ordinarie dettate dal Tuir267, per cui potranno essere computate in diminuzione del reddito determinato forfetariamente fino a capienza, senza limiti temporali, e con rinvio dell’eccedenza, nel limite dell’80% del reddito d’impresa indipendentemente dal regime di contabilità adottato.

265 Ad esempio, in caso di conti correnti separati in base alle attività esercitate.

266 in mancanza della distinta annotazione dei ricavi, si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi, essendo

meno vantaggiose.

267 La Legge di Bilancio 2019 (art. 1 commi da 23 a 25) ha modificato significativamente la disciplina fiscale del riporto

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Una volta delineate le caratteristiche del nuovo regime forfetario, occorre ricordare che gli enti che sceglieranno questa opzione saranno esclusi ex lege dall’applicazione:

• degli studi di settore (art. 62-bis, D.L. n. 331/1993); • dei parametri (art. 3, comma 184, Legge n. 549/ 1995);

• degli indici sistematici di affidabilità (art. 7-bis, D.L. n. 195/2016).

Inoltre, sul piano soggettivo il regime tiene conto di quanto previsto all’art. 145 del Tuir che, in base all’art. 89, comma 2, del CTS, continua ad essere applicato esclusivamente:

• “ai soli enti che non possono ottenere l’iscrizione al RUNTS, e cioè formazioni e associazioni politiche, sindacati, associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, associazioni di datori di lavoro ed enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti;

• agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e agli enti delle confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato che non sono iscritti al RUNTS;

• alle attività diverse da quelle previste dall’art. 5 del Codice che vengano esercitate dai predetti enti religiosi che sono iscritti al RUNTS”.

In conclusione, si può pacificamente asserire che le previsioni dettate dall’art. 80, diversamente da quanto stabilito dall’art. 145 del Tuir., “siano certamente più favorevoli rispetto alla previgente normativa268”, ma per essere applicate non possono prescindere dall’identificazione preventiva della natura commerciale e non commerciale dell’ente, in quanto la disciplina è specificatamente rivolta a favore solo di enti non commerciali.