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Esame degli aspetti di fiscalità per le ONLUS

§ 3.1 IL NUOVO QUADRO NORMATIVO

3.1.4 Esame degli aspetti di fiscalità per le ONLUS

La qualifica di Onlus269 è un attributo di natura prettamente fiscale che può essere assunto da associazioni, comitati, fondazioni, società cooperative ed altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti siano conformi, relativamente alle attività e ai vincoli, a quanto disposto dall’art. 10, D.P.R. n.460/1997. In termini tributari, si evidenzia come tali entità costituiscano un’autonoma e distinta tipologia di enti, diversa quindi dagli “enti non commerciali”, che prescinde da qualsivoglia analisi sull’oggetto esclusivo o prevalente dell’ente finalizzata alla determinazione della commercialità. Pertanto, il suo status, anche ai fini della imponibilità dei proventi, si rivela indipendente dal tipo di organizzazione utilizzata, dalla gratuità o corrispettività delle cessioni di beni o delle prestazioni di prestazioni, e dai relativi margini di profitto.

268 PAGAMICI B., Il regime forfetario per gli enti del Terzo Settore non commerciali, in Cooperative e enti non profit,

2/2018, p.28

269 In questa sede si fa riferimento alle Onlus c.d. di opzione e non alle c.d. Onlus di diritto, tra le quali rientrano le

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Con l’entrata in vigore delle disposizioni di natura fiscale, che quasi sicuramente non avverrà prima del 2022, la qualifica di cui sopra è destinata a sparire. L’“imminente” estinzione delle Onlus “apre un complesso e articolato ragionamento sul futuro della fortunata qualifica fiscale ideata dal legislatore nel 1997270”, nella misura in cui tali enti dovranno tassativamente iscriversi in una delle sezioni del RUNTS. Per cominciare, si cela, in merito alla soppressione della menzionata qualifica, una certa perplessità ove si rileggano le linee guida adottate della Legge delega in materia di intervento sulla normativa Onlus. In esse era palese l’esigenza di provvede, per tali organizzazioni, ad “una migliore definizione delle attività istituzionali e di quelle connesse, fermo restando il vincolo di non prevalenza delle attività connesse e il divieto di distribuzione, anche indiretta, degli utili o degli avanzi di gestione e fatte salve le condizioni di maggior favore relative alle Organizzazioni di volontariato, alle cooperative sociali e alle Organizzazioni non governative”. L’intervento del legislatore delegato appare, invece, essere stato nettamente più drastico.

Conclusa questa sintetica premessa, è ora indispensabile comprendere, alla luce di quanto disposto dalle nuove norme introdotte dal CTS, quale sia la direzione da percorrere per le Onlus, sia in relazione alla tipologia di ente da prediligere, quanto in relazione alle modalità operative per realizzare tale traguardo. Anzitutto, l’art. 101, comma 2, del CTS stabilisce che “fino all’operatività del RUNTS, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione degli enti nei Registri Onlus, Organizzazioni di volontariato, Associazioni di promozione sociale […].” Le similitudini tra le Onlus e le altre due organizzazioni citate nel suddetto articolo risultano, tuttavia, quantomeno di modesta entità. Invero, mentre i regimi delle Aps e delle Odv vengono abrogati definitivamente con l’istituzione del RUNTS, per le Onlus viene sancita l’abrogazione delle relative disposizioni solamente a decorrere “dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione Europea di cui all’art. 101, comma 10, e comunque non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto Registro”.

Da quanto definito sopra ne deriva che, ad oggi, le Onlus mantengono intatto il loro collocamento presso l’apposita anagrafe e, altresì, tutta la loro normativa ed elaborata prassi. Orbene, sembra opportuno sottolineare come anch’esse beneficino delle favorevoli disposizioni di legge già in vigore dal 1º gennaio 2018, in quanto considerate ETS “in via transitoria” dal comma 3 dell’art. 101 del CTS, il quale dispone che “il requisito dell’iscrizione al RUNTS previsto dal presente Decreto, nelle more dell’istituzione del Registro medesimo, si intende soddisfatto da parte delle reti associative e degli enti del Terzo settore attraverso la loro iscrizione ad uno dei Registri attualmente previsti dalle normative di settore”. Alla luce di quanto esposto, sembra coerente considerare le Onlus già come dei veri e propri enti del Terzo Settore, pur continuando saldamente a fare riferimento alla loro

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specifica disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 460/1997. Se, dunque, risulta legittimo che in questo indefinito arco temporale le Onlus restino regolate dalla loro normativa di riferimento, è altrettanto vero che nei prossimi mesi, anche per esse, si avvicina un appuntamento fondamentale. In primis, al pari delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale, anche le Onlus dovranno adeguare i propri statuti alle disposizioni del CTS entro il 31 ottobre 2020. In tal senso, tuttavia, non si rinvengono problematiche particolarmente significative. In secundis, una volta che le disposizioni fiscali entreranno in vigore, le Onlus dovranno affrontare l’ardua scelta in merito alla sezione corretta del RUNTS in cui iscriversi.

Dal punto di vista tributario, il primo elemento, apparentemente agevole, ma che richiede adeguata cautela, attiene all’analisi delle attività. Come è noto, le Onlus sono vincolate nella loro iniziativa ai c.d. “settori Onlus” e al perseguimento esclusivo delle finalità di solidarietà sociale. Da questo punto di vista, all’interno del Terzo Settore le attuali Onlus dovrebbero riscontrare una maggiore facilità e ampiezza di intervento, essendo i loro storici settori integralmente presenti nel nuovo elenco delle “attività di interesse generale”271. Invero, “il legislatore delegato non si è espresso con un’estrema creatività, avendo di fatto copiato l’analogo modello, espandendo i settori di intervento e rendendo meno stringenti i requisiti dei destinatari dell’azione dell’ente272”. La questione, tuttavia, risulta solo apparentemente semplice, nella misura in cui le disposizioni esistenti in materia di Onlus prevedono, in ambito fiscale, l’esclusione dall’imposizione delle attività connotate da specifiche finalità di utilità sociale. Tali attività sono, ad oggi, sottoposte ad un regime di detassazione sul quale non incide la modalità con le quali esse siano svolte, a differenza di quanto accadrà nel mondo del Terzo Settore. Nello specifico, l’articolo 150 del Tuir stabilisce che le attività istituzionali solidaristiche, anche corrispettive e d’impresa, siano sempre di natura non commerciale, mentre quelle direttamente connesse sono in ogni caso non imponibili. Dunque, si passerà da una decommercializzazione delle attività istituzionali e da una non concorrenza dei proventi delle attività connesse a formare il reddito imponibile273, ad una differente fiscalità basata sul binomio commerciale/non commerciale, con l’applicazione del c.d. rapporto di “prevalenza”. Nel nuovo sistema fiscale previsto cambia, pertanto, la prospettiva di osservazione, dovendo considerare “non commerciali” solamente le attività di interesse generale svolte a titolo gratuito o con corrispettivi non superiori ai costi effettivi, salvo il minimo scostamento in misura del 5% per due periodi d’imposta consecutivi.

Da quanto sopra, ne deriva che la qualificazione tributaria di ETS generi una situazione di fiscalità decisamente differente da quella sino ad ora vissuta dalle organizzazioni in questione.

271 Cfr. art. 10, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 460/1997 e art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 117/2017. 272 PESTICCIO P., ONLUS: prove tecniche di estinzione, in Cooperative e enti non profit, n. 3/2020, p.23 273 Art. 150, commi 1-2, del TUIR

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Non vi è dubbio che “la nuova disciplina fiscale si rivelerà quantomeno di minor appetibilità per le Onlus operanti in settori che richiedono un'organizzazione d’impresa e/o un’attività sinallagmatica274”. Nella seconda ipotesi, infatti, i proventi derivanti dalle raccolte fondi organizzate e continuative potrebbero essere tassati perché rientranti nelle attività commerciali. Riguardo a ciò, le organizzazioni più orientate al “mercato” potranno verosimilmente considerare l’opzione della qualifica di impresa sociale, maggiormente conveniente in termini di fiscalità. Il nuovo regime non dovrebbe risultare penalizzante, invece, per gli enti che fanno ricerca scientifica di particolare interesse sociale e per gli enti individuati dal comma 3, lett. b-bis), in considerazione del particolare regime di decommercializzazione.

Un’ultima considerazione particolarmente interessante attiene all’IVA. Da questo punto di vista, la riforma del Terzo Settore non ha contemplato una specifica disciplina. Pertanto, a parte alcune esclusioni275, ai fini IVA continueranno ad applicarsi le disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633/1972. A tal proposito, si rende opportuno sottolineare come l’art. 89 vincoli il diritto alle esenzioni alla qualifica “non commerciale” dell’ente. Già da una prima analisi risulta del tutto evidente “l’impatto negativo che la riforma potrà avere sulle Onlus che, in futuro, potrebbero rimanere escluse dal beneficio dell’esenzione276”. Basti menzionare, ad esempio, una fondazione

Onlus che si occupa di sostegno ai disabili e che non supera i test di non commercialità di cui all’art. 79 del CTS. Le relative attività di interesse generale sarebbero, in quel caso, assoggettate ad IVA e ad imposte dirette. Proseguendo in questa ipotesi, la scelta più ragionevole sarebbe quella di adottare la qualifica di impresa sociale277. Tuttavia, ai fini IVA, l’ente dovrebbe applicare l’aliquota del 22%, in quanto le imprese sociali non rientrano nel novero degli enti del Terzo Settore non commerciali, e, pertanto, non sono soggetti all’esenzione loro dedicata, salvo che la concreta fattispecie non integri una diversa ipotesi di esenzione di cui all’art. 103.

Va rilevato, inoltre, che il giudizio di non commercialità dell’attività e dell’ente potrà essere dato oggettivamente solamente a fine esercizio. Nel caso in cui l’ente non commerciale dovesse perdere la relativa qualifica, “si incorrerebbe nella situazione paradossale di dover versare un’imposta che non è stata incassata, e di pagare le relative sanzioni278”. Tali problematiche erano stata affrontate grazie ad una modifica durante il percorso di conversione del Decreto correttivo, ma il Consiglio di Stato (parere n. 1432/2018) ha ripristinato il testo originario, ritenendo tali modifiche di carattere sostanziale, e non meramente correzioni materiali, come prevedeva la delega al Governo.

274 BANA M., Onlus: prospettive alla luce del Terzo Settore, in La settimana fiscale, n.10/2018, p.26. 275 Ovvero le Odv e Aps che opteranno per il regime di cui all’art. 86 del D.Lgs. n. 117/2017.

276 COLOMBO G.M., Enti del Terzo settore ed esenzione IVA, in Cooperative e enti non profit, n. 4/2020, p.8. 277 I cui utili sono esenti IRES, ai sensi dell’art. 18, D.Lgs. n. 112/2017

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