Magistratura al femminile
L’ATTUALE QUADRO NORMATIVO E GLI OSTACOLI ALLA CAR- CAR-RIERA
Dott.sa Vincenza MACCORA Componente C.S.M.
L’ultimo questionario elaborato dal Consiglio Superiore risale al 2004 nell’ambito di un progetto europeo e ha fornito dati particolar-mente significativi sulla presenza delle donne nei ruoli apicali.
Il Presidente della Sesta Commissione ha distribuito i dati aggior-nati al 16 maggio 2007, ma la preoccupazione aumenta, allorché si evince che le funzioni direttive nel 2004 erano esercitate soltanto dal cinque per cento delle donne. Oggi, con i dati aggiornati al 16 maggio, abbiamo un quattro per cento, quindi scendiamo. I semidirettivi, il cui dato era quasi il doppio di quello dei direttivi per quanto in termine assoluto molto limitato, era intorno all’undici per cento e oggi scen-diamo e siamo al dieci per cento. Per fare una valutazione dello stato attuale è necessario, avere ben chiari quali siano i dati con cui ci dob-biamo confrontare. Qualcuno potrebbe obiettare che “forse sono le donne a non proporsi”. Anche questo non è vero, perché nel questio-nario del 2004 ad una domanda specifica che era stata fatta al cam-pione degli intervistati risultava che il cinquantasette per cento degli intervistati aveva dato una risposta positiva sull’interesse a mettersi in gioco, ma poi di fatto solo l’undici per cento di donne avevano pre-sentato domanda per un incarico direttivo e solo il quindici per cento per un incarico semidirettivo. Quindi, sicuramente siamo in un mo-mento di grande difficoltà. Credo che vadano ripresi alcuni fattori che già avevamo analizzato allora nel 2004 e che oggi permangono, se non addirittura si complicano ulteriormente. Avevamo, per esempio, nota-to come un forte fatnota-tore di discriminazione fosse quello di considera-re l’anzianità come considera-requisito pconsidera-revalente nel momento della scelta degli incarichi. Ora perché era un fattore di forte discriminazione? Perché, essendo le donne entrate in Magistratura soltanto nel 1965, ovvia-mente la prevalenza forte del requisito dell’anzianità tagliava fuori un bacino molto alto di colleghe. Un riscontro di questo lo abbiamo, per esempio, proprio facendo il raffronto tra quelli che sono i dati forniti relativi agli incarichi direttivi e semidirettivi, dove nei semidirettivi ab-biamo una presenza del doppio rispetto ai direttivi, perché il mecca-nismo della normativa secondaria elaborata dal Consiglio per quanto
riguarda i semidirettivi, dà un valore attenuato all’anzianità, e questo consente alle colleghe di entrare prima in quella che è la fascia valu-tabile degli aspiranti. Quindi, il punto che oggi ribadisco, così come avevamo fatto nel 2004, è che noi dovremmo essere in grado di ab-bandonare questo requisito dell’anzianità o quantomeno, visto che è inevitabilmente uno svantaggio di genere, considerarlo in modo molto più attenuato. Per quanto riguarda la normativa secondaria del Con-siglio l’incarico direttivo prevede un meccanismo per cui gli aspiranti che vengono valutati sono aspiranti cosiddetti in fascia. La fascia è di sei anni e si determina a partire dal candidato più anziano che riveste la qualifica per il ruolo da ricoprire. Si può andare fuori fascia solo in situazioni eccezionali, cioè qualora ci siano inadeguatezze professio-nali dei candidati, o qualora fuori fascia ci sia uno spiccato rilievo da parte dei candidati più giovani. Quindi, direi che nella prassi dell’atti-vità consiliare è rarissima l’ipotesi in cui si vada fuori fascia. Ora que-sto meccanismo ha successivamente sfavorito la presenza delle donne.
Diversa è la normativa che riguarda le funzioni semidirettive, dove il valore dell’anzianità è un valore mitigato, si può raggiungere un mas-simo di dieci anni: a dieci anni si ha, sostanzialmente, una parità di valore e di peso dell’anzianità e si agisce con gli altri criteri che sono merito, attitudine e funzioni omologhe. Questo meccanismo comun-que non va bene perché il valore dell’anzianità è un valore eccessivo se raffrontato ai punteggi assegnati per gli altri parametri. Quindi è chia-ro che anche da questo punto di vista dovremmo cominciare ad ope-rare una seria rivisitazione. E’ necessario cominciare a ripensare a quelli che sono i meccanismi di selezione all’interno della Magistratu-ra per assicuMagistratu-rare una presenza paritaria di genere; ed è comunque questa un’esigenza sentita da parte della Magistratura nel suo com-plesso ormai da molto tempo. Uno dei primi punti per cui non vedo grosse difficoltà, anzi, penso che dovremmo essere molto poco timidi e cominciare a confrontarci tra di noi, è quello di rivalutare le due nor-mative che attualmente sono separate, quella per accedere agli incari-chi direttivi e quelle per accedere agli incariincari-chi semidirettivi, in modo unitario. E’ una distinzione che, dopo l’istituzione del Giudice Unico, non ha più esigenza di esistere; credo che proprio l’omogeneità tra le figure, anche perché tutti i ruoli semidirettivi sono dei ruoli di colla-borazione stretta con il dirigente e di condivisione di quello che è il modulo organizzativo, ci dovrebbe portare a muoverci proprio in una normazione secondaria con una disciplina comune. Disciplina comu-ne che va verso una prospettiva di incentivare percorsi professionali specifici, e all’interno di questi, di vedere il momento
dell’organizza-zione, quindi il momento della dirigenza, non come è stato fino ad adesso, cioè il riconoscimento - ed ecco perché c’era un peso così rile-vante dell’anzianità - della carriera, della tappa finale a cui il Magi-strato deve o può aspirare, ma semplicemente un momento alto di im-pegno organizzativo che rimane pienamente inserito nella giurisdizio-ne al pari degli altri e che si caratterizza esclusivamente per una va-lenza attitudinale specifica. Credo che se fossimo capaci di fare que-sto salto come, tra l’altro, ci viene richieque-sto anche dai colleghi più gio-vani che entrano in Magistratura, avremmo dei risultati positivi sia per quanto riguarda il riequilibrio della questione di genere, sia per quanto riguarda proprio un modo nuovo di mettersi a disposizione del servizio anche nel momento della dirigenza ed in questo la specificità femminile sicuramente sarà un apporto molto utile. Vi faccio un esem-pio per capirci: da quando sono al Consiglio ho fatto un’esperienza proprio nella Commissione che si occupa di direttivi e semidirettivi e sono rimasta molto colpita da un dato, che ho ritrovato semplicemen-te nella componensemplicemen-te femminile. Mi è capitato in due occasioni che col-leghe proposte per incarichi direttivi e semidirettivi abbiano rinuncia-to a questi incarichi perché in quel momenrinuncia-to svolgevano processi par-ticolarmente delicati e non si sentivano in condizioni di accettare quello che gli era stato proposto mettendo in discussione la prosecu-zione dei processi stessi. Questo modo di intendere la giurisdiprosecu-zione, di intendere l’attività è, credo, un modo tipico della idea di giurisdizione e di funzione che le donne Magistrato hanno. Allora se noi riuscissimo a fare questo capovolgimento, cioè la carriera e, l’escalation della car-riera non vista come nel passato in cui per anzianità si ricoprivano al-cuni ruoli, ma semplicemente come una tappa momentanea di un per-corso, noi donne avremmo molte più chances, ma le avrà in genere il servizio giustizia; darà una dimostrazione di esigenza di servizio molto più vicina ai cittadini e forse anche in generale il ruolo della Ma-gistratura potrà essere vissuto in modo meno difficile di come oggi viene vissuto. Credo molto a questa idea dei percorsi professionali, a prescindere dalla questione di genere, anche se penso che questa sia una tappa per un riequilibrio e che il Consiglio attraverso la propria normativa secondaria abbia un ruolo di incoraggiamento perché si pervenga ad una corretta allocazione delle risorse, quindi anche a quelle umane, alla valorizzazione delle capacità e delle professionalità dei singoli nell’ambito di una carriera giudiziaria complessiva che dev’essere sempre posta a servizio di quello che i cittadini si attendo-no. Ora, guardando una prospettiva di riforma e senza poi togliere quello che sarà il compito della collega Luisa Napolitano, devo dire
che rispetto a quello che avevamo davanti con la proposta del Ministro Castelli i nuovi progetti aiutano, perché sicuramente abbiamo abban-donato o speriamo di abbandonare l’idea dei concorsi, che per quanto riguardava il meccanismo di una selezione al femminile avrebbe crea-to ulteriori problemi e forse anziché il quattro avremmo avucrea-to l’uno per cento, spostare tutto verso la temporaneità degli incarichi, il con-trollo di gestione dei dirigenti, la valorizzazione del requisito delle ca-pacità organizzative come ruolo autonomo credo che favorisca il ritto alle pari opportunità proprio nello svolgimento delle funzioni di-rigenziali. Guardate, è importantissimo che, per esempio, nei parame-tri che vengono richiesti ci sia in modo autonomo quello della capa-cità a dirigere, perché è una capacapa-cità che noi non dobbiamo cogliere soltanto nel momento in cui presentiamo una domanda per accedere ad un incarico, ma che deve far parte del curriculum proprio del Ma-gistrato fin dal primo momento e dal primo ingresso in Magistratura.
Capacità di organizzare vuol dire capacità di organizzare il proprio uf-ficio, capacità di organizzare l’udienza, capacità di partecipare all’au-togoverno diffuso attraverso la partecipazione di progetti organizzati-vi tabellari. Quindi, l’averlo in qualche modo isolato e contestualizza-to credo che sia sicuramente un bene. Così come trovo altamente po-sitivi sia la temporaneità che il controllo di gestione dei dirigenti, per-ché è un meccanismo che consentirà non solo di controllare le ineffi-cienze, ma sprigionerà anche la volontà di mettersi in discussione e di riproporsi, e quindi aprirà in qualche modo a una nuova parità di chance tra uomini e donne che vogliono sperimentare questo cammi-no e che ficammi-no ad oggi in qualche modo socammi-no stati ostacolati. Se questa è la prospettiva su cui si muove il legislatore, come è stato in passato per molte altre cose, noi possiamo fare la nostra parte. Dico noi Con-siglio, e possiamo appunto agire senza timidezze verso una rimodula-zione, come dicevo, del criterio di anzianità. Credo che dal lato nor-mativo non abbiamo nessun problema, perché il lato nornor-mativo ci parla di merito e di anzianità ma non ci dice che peso dobbiamo dare all’anzianità, quindi con la normativa secondaria possiamo farlo. Pos-siamo trasformarlo da criterio di valutazione a criterio di legittima-zione, anche perché questo ci consentirebbe di valorizzare l’unico dato veramente utile del requisito dell’anzianità che è l’esperienza matura-ta sul campo, abbandonando, invece, quella impronmatura-ta gerontocratica che oggi è del tutto anacronistica rispetto proprio alla nuova struttu-ra, nuova modalità di fornire un servizio. Dobbiamo, però, anche in-cidere sugli altri due parametri, che sono il merito e le attitudini. Al-lora per quanto riguarda il merito, io faccio dei piccoli flash perché il
tempo non mi consente altro. Sicuramente non c’è una questione di genere per quanto riguarda la capacità tecnica professionale, però qualche precisazione su quello che comunque è il contenuto del meri-to, e mi riferisco al lavoro svolmeri-to, cioè al dato statistico oppure alla di-sponibilità dimostrata verso esigenze dell’ufficio, possono avere una lettura anche in termine di questione di genere. Noi sappiamo che spesso le statistiche non danno, per esempio, minimamente conto del fatto che una collega in stato di gravidanza che permane all’ufficio fino all’ottavo mese, visto che oggi si può, oppure una donna con due, tre, quattro figli a carico anche minori riesca a svolgere lo stesso ser-vizio, un servizio addirittura maggiore rispetto a quello del collega della porta accanto. In questo senso sollecitare l’attenzione dei Consi-gli Giudiziari nel momento della stesura del parere: è una circostanza su cui dovremmo molto riflettere, così come sul requisito attitudinale.
Attribuisco al requisito attitudinale tre contenuti brevi: capacità or-ganizzative, conoscenze tecnico – ordinamentali, conoscenza specifi-ca dell’ufficio messo a concorso. Anche qui possiamo declinarla se-condo una questione di genere. Per esempio la conoscenza specifica dell’ufficio messo a concorso è fondamentale proprio per evitare che si conferiscano degli incarichi a soggetti che non hanno minimamen-te conoscenza della funzione per cui si sono proposti, quindi a segui-to di una valutazione del curriculum professionale solo sulla base dei titoli scientifici, senza nessuna conoscenza e senza l’esperienza nel campo. Una precisazione ulteriore merita, secondo me, la capacità or-ganizzativa. Qui riprendo anche quella che in qualche modo è la pro-spettiva di riforma. Dobbiamo stare un po’ attenti, perché dire che noi abbiamo isolato ed abbiamo attribuito alla capacità organizzativa un ruolo di requisito autonomo ha per quanto riguarda la presenza fem-minile un rischio. Nella prospettiva di riforma noi probabilmente con la temporaneità avremo una, diciamo, carriera di dirigenti tra virgo-lette. Allora che cosa può succedere? Se noi valorizziamo la capacità organizzativa semplicemente connessa a chi ha già svolto questa fun-zione e non, invece, a chi ha deciso di stare nella giurisdifun-zione per un certo numero di anni e vuole entrare nel percorso del dirigente sol-tanto in un momento successivo, noi tagliamo nuovamente fuori una gran parte di donne che in un circuito particolare della loro vita hanno deciso di non sperimentarsi nel momento dell’organizzazione perché, per esempio, avevano deciso di fare le mamme o avevano delle esi-genze di cura diverse. Allora dobbiamo stare molto attenti, da un lato a valorizzare, sì, questa autonomia del criterio dell’organizzazione, ma a non creare delle particolari rigidità, cioè, non creare due carriere
pa-rallele tra chi sceglie, una volta acquisita l’anzianità come soglia di le-gittimazione, la strada della dirigenza e chi rimane, invece, ad opera-re stopera-rettamente nelle funzioni giurisdizionali. Ho l’impopera-ressione che queste due strade, se proprio vogliamo dare un contenuto diverso al-l’essere dirigente, che non sia semplicemente il culmine della carriera ma sia uno snodo che vediamo durante tutto l’arco professionale, al-lora dobbiamo consentire questi percorsi a chi in qualche modo vi ac-cede dopo un momento che potrebbe essere altrimenti considerato tardivo perché ha sviluppato maggiormente la propria vita personale.
Ecco, sono dei piccoli flash, lo dicevo, non riesco ad argomentare più di tanto per il tempo che mi è stato attribuito. Concludo dicendo sol-tanto una cosa, secondo me ci sono a bocce ferme delle possibilità di azioni positive già oggi, piccoli esempi: il nostro regolamento interno prevede che tra due proposte che ricevono una parità scatta l’anzianità di ruolo. Si potrebbe prevedere che sono due persone appartenenti a due generi diversi scatta, per esempio, la prevalenza per la donna; op-pure nei semidirettivi, a parità di punteggio complessivo scatta il più anziano. Anche qui perché non prevedere delle azioni positive tempo-ranee che comunque ci consentano di non vedere questo quattro per cento che devo dire, francamente, è veramente avvilente. Dico di più.
Ricollegandomi a quello che mi era piaciuto moltissimo nell’incontro del 2004, che era stato un intervento di una sociologa che avevamo chiamato, la professoressa Luciano, che ci aveva segnalato come pro-prio dalla Magistratura che nessuno mai ci riflette, ma è una catego-ria di privilegiati, noi non corcatego-riamo il rischio di perdere il lavoro, ab-biamo un prestigio che possiamo spendere, alla fine queste elabora-zioni e questi percorsi in qualche modo sono degli utili laboratori che si rivolgono a tutte le altre categorie ed a tutte le altre società. Lo ri-cordava la collega Fiorillo, lo è stato per l’Associazione Nazionale Ma-gistrati, che ha fatto, per esempio, una modifica statutaria importan-te, alcuni gruppi l’hanno seguita, oggi per la prima volta nel Consiglio Superiore ci sono sei donne, non era mai successo. Allora credo che proprio in questa prospettiva di essere un utile laboratorio noi dob-biamo avere la capacità, e con questo incontro di oggi l’abdob-biamo fatto, di metterci a dialogare con le altre categorie, l’Avvocatura, il mondo dell’Università, il mondo della politica, per avviare e portare avanti un processo di mutamento che sia un processo di mutamento irreversibi-le ed in cui irreversibi-le donne sono veramente attrici del proprio futuro.
L’ATTIVITA’ DEL CONSIGLIO SUPERIORE PER FAVORIRE LE