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CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE Avv. Celestina TINELLI

Avvocatura al femminile

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE Avv. Celestina TINELLI

Il dibattito può prendere avvio dalla sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino l’11 novembre 1883 riguardante il caso “Lidia Poet”. Lidia Poet, laureata in Giurisprudenza nel 1881, fu la prima donna a essere iscritta ad un Albo di Avvocati nel 1883. La Legge pro-fessionale non prevedeva un espresso divieto per le donne; incontrò, però, l’opposizione del Pubblico Ministero e la Corte d’Appello di To-rino annullò l’iscrizione con la sentenza che vedete proiettata alle mie spalle, sentenza che contiene deduzioni, che come bene ha definito il Professor Alpa questa mattina, sono essenzialmente di carattere so-cial-sentimentale; vi è dunque poco di giuridico e, effettivamente, molto legato ad una specie di diritto naturale.

La Cassazione di Torino aveva poi confermato la pronuncia di Ap-pello che aveva escluso e cancellato dall’Albo l’avvocatessa, utilizzan-do l’argomento - se vogliamo un pochino più “serio” - che la profes-sione forense dovesse essere parificata ad un ufficio pubblico e come tale l’accesso alle donne era per Legge vietato.

Trent’anni dopo anche Teresa Labriola fu respinta dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ed una ricca biografia, aggiungo, a quella di cui ha già dato conto il professor Alpa, è riportata in un libro dal titolo, già di per sé molto espressivo, “Eva Togata”, del 1923, a cura di Piero Addeo.

Dal 1906, il percorso molto accidentato dell’accesso delle donne nell’Avvocatura ha avuto un prezioso aiuto dal coraggioso Magistrato, peraltro già Avvocato e docente universitario, Ludovico Mortara, che fu anche Ministro Guardasigilli, a cui va davvero un grato ricordo.

La prima guerra mondiale - già è emerso - fu il momento di svol-ta, aprì nuovi spazi di lavoro al femminile. Nel 1919, proprio grazie a Ludovico Mortara, venne abolito l’umiliante Istituto della Autorizza-zione maritale e cadde insieme a questo anche l’ostacolo dell’ammis-sione all’esercizio della profesdell’ammis-sione forense per le donne; venne ap-provata il 9 marzo del 1919 la Legge n.1126, che ammetteva la donna, a pari titolo degli uomini, all’esercizio delle libere professioni e di tutti gli impieghi pubblici, ad eccezione di quelli che implicavano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politiche che attenevano alla difesa militare dello Stato.

Dal 1919 un salto al 1945: il riconoscimento alle donne italiane del diritto al voto.

Ricordo anche che in Svezia questo riconoscimento era avvenuto nel 1866!

Nel 1959 nacque il corpo di Polizia e quindi cadde un altro pezzo del blocco all’ingresso delle donne a queste professioni e dal 1961, fi-nalmente, le donne poterono intraprendere senza più ostacoli la car-riera della Magistratura e della diplomazia; sappiamo che solo nel 1965 le prime donne cominceranno ad entrare nella Magistratura.

La prima donna Avvocato che ha fatto ingresso alla Corte Costitu-zionale è stata, nel 1996, Fernanda Contri, diventata poi Vice Presi-dente; ha presieduto una sezione, ha fatto cose davvero uniche che mai nessuna donna aveva fatto. Oggi, abbiamo il grande onore di aver-la con noi quale ospite d’onore avendo rivestito anche le funzioni di consigliere laico del CSM dal 1986 al 1990.

Nel 1981 hanno fatto ingresso al CSM, come componenti laici, le prime due donne avvocato, Ombretta Fumagalli Carulli, anche do-cente universitario - come avvocato si occupava fra l’altro di diritto di famiglia - e Cecilia Assanti, che è scomparsa da alcuni anni. Ci ha la-sciato molti importanti scritti e fra questi: Quali fonti giuridiche per le donne, del 1993, che era nato dall’esigenza di armonizzare le fonti per i diritti delle donne e le fonti di rito comunitario con quelle interne ed anche a lei va davvero un grato ricordo.

Dopo loro, sempre al CSM, come componenti laici, hanno fatto se-guito nel 1994 la professoressa Francesca Zanotti e l’avvocatessa Gra-ziella Tossi Brutti nel 1998, nel 2002, nella scorsa consiliatura, la col-lega Avv. Mariella Ventura Sarno. Nell’attuale consiliatura la professo-ressa Letizia Vacca e ci sono anch’io per quanto riguarda le laiche.

Non abbiamo parlato delle donne nell’ambiente universitario. Letizia Vacca è una delle pochissime donne che hanno l’incarico di presiede-re la Facoltà di Giurisprudenza (Università Roma Tpresiede-re) e dato che la giornata di oggi dovrà avere un seguito, per l’importanza del tema trat-tato, penso si dovrà esaminare attentamente anche la situazione delle donne docenti universitarie soprattutto sotto l’aspetto degli incarichi direttivi di Presidi di facoltà e Rettori di università. Il professor Alpa ha fatto un excursus anche sulle prime donne laureate in giurispru-denza; esse sono state le nostre pioniere quelle che poi ci hanno per-messo di vincere gli altri ostacoli.

Quindi, dal 1959 ad oggi, cioè dodici consiliature, otto donne, componenti non togate elette dal Parlamento su circa un centinaio di laici. Per quanto riguarda le donne togate consigliere del CSM, in

pro-porzione agli uomini esse, complessivamente dalla prima consiliatura ad oggi non raggiungono nemmeno la percentuale dell’1 per cento.

Oggi, presenti in questo convegno, abbiamo l’onore di ospitare anche alcune di loro che ringrazio vivamente.

La politica, nell’eleggere i componenti non togati, sembra abbia saputo fare un po’ meglio, la consolazione resta comunque molto magra.

Per quanto riguarda il Consiglio Nazionale Forense - CNF - dal 1926 ad oggi ha avuto solo due rappresentanti di genere femminile, l’abbiamo già ricordato, in rapporto a centinaia e centinaia di consi-glieri uomini, la percentuale è dello zero virgola zero zero, insomma non percettibile. Trattasi delle colleghe avvocatesse Miranda Gentile, nel 1984, e Carla Guidi dal 1994 al 2001.

Sono passati, dal 1919, 87 anni. Remore di pregiudizi continuano a ritardare la piena equiparazione della donna all’uomo in ogni posi-zione giuridica e sociale; fare carriera non è facile, pur essendo le donne in grado di portare nuovi valori che potrebbero rivitalizzare e migliorare l’esercizio della professione forense.

Sappiamo che le doti di intuizione, coraggio, coscienza delle prie capacità sono indispensabili per affrontare con successo la pro-fessione forense.

In questa sessione uno spazio è previsto per le colleghe avvocates-se della Avvocatura di Stato, in quanto eavvocates-sercenti l’attività di difesa dei diritti di parti in causa.

Specialmente se si è donna, affrontare la professione forense è dif-ficile.

Siamo qui ancora a discutere, nonostante gli 87 anni trascorsi, della condizione della donna nell’avvocatura, siamo qui a discutere di promozioni, di azioni positive, confrontandoci con la condizione anche delle magistrate. Lo spazio di lavoro è lo stesso, l’ambito è quel-lo della Giustizia ed è naturalmente importantissimo.

Dunque, ora, da moderatrice, eccomi alle domande da porre alle nostre illustrissime relatrici, componenti, per quanto riguarda l’avvo-catessa Barna, l’avvol’avvo-catessa Giunta e Ilaria Livigni della Commissione Pari Opportunità del Consiglio Nazionale Forense, c’è anche qui pre-sente il Coordinatore della Commissione, l’Avvocato Grimaldi.

La tendenza attuale è legata al progressivo aumento delle donne in toga che oggi nel gruppo tra i 24 ed i 39 anni toccano ormai il 50 per cento. Nonostante questo, ecco le domande:

1) la professione di avvocato è tutt’ora maschilista? Per quanto ri-guarda le donne avvocato, sono diventate “le uguali”?

Richiaman-do una definizione dalla sentenza del 1883 della Corte d’Appello di Torino, nella quale si consiglia alle donne di “evitare di diventare le uguali rispetto agli uomini, ma di esserne le compagne, come la Provvidenza le ha destinate”.

2) La componente femminile ha numericamente occupato la collo-cazione che le spetta in seno agli organi forensi?

3) I redditi delle donne avvocato sono pari a quelli dei colleghi uo-mini?

4) Quali spazi professionali hanno conquistato?

5) Quali barriere ancora si frappongono al raggiungimento della pa-rità?

6) Il Codice delle Pari Opportunità entrato in vigore il 15 giugno del 2006, è uno strumento sufficiente o sul piano legislativo è neces-sario intervenire ulteriormente?

DONNA AVVOCATO: IMPRENDITRICE DI SE STESSA

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