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LE POLITICHE DELLE PARI OPPORTUNITA’ NELL’OTTICA DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA

Interventi sulla donna nelle istituzioni

LE POLITICHE DELLE PARI OPPORTUNITA’ NELL’OTTICA DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA

On.le prof. Avv. Paola BALDUCCI

Componente Commissione Giustizia – Camera dei Deputati

La presenza di tante illustri relatrici conferma l’importanza di un convegno molto atteso e sentito, nel quale si è riusciti a confrontare le diverse esperienze personali e a fotografare la situazione reale del Paese in diversi settori produttivi e professionali. Dunque si tratta di una iniziativa non solo lodevole, ma di una tappa ulteriore di quel per-corso ideale che conduce alla piena ed effettiva partecipazione delle donne nelle Istituzioni e nel tessuto economico-sociale del Paese.

Cercherò di essere breve, perché molti argomenti sono già stati anticipati e trattati diffusamente dalle colleghe che mi hanno prece-duto: penso all’On.le Prestigiacomo, della quale tutti ricordiamo il grande e appassionato impegno nella passata Legislatura.

Come è stato più volte ricordato, siamo nell’anno europeo delle Pari Opportunità e per questo abbiamo il compito, il dovere anzi, di attivarci per contribuire al pieno raggiungimento della vera egua-glianza dei cittadini, in modo da eliminare quelle intollerabili discri-minazioni che, in modo talvolta occulto, ancora resistono nella società italiana. Il percorso che conduce alla piena realizzazione dei diritti in-dividuali e sociali della donna si snoda – come sappiamo bene – lungo itinerari spesso tortuosi, a causa di una oggettiva riluttanza da parte di alcuni centri di potere maschili ad accettare la piena ed effettiva partecipazione femminile. Abbiamo, infatti, poche donne nelle posi-zioni di vertice delle aziende e una scarsa rappresentanza femminile nelle Istituzioni e nelle professioni. Stamattina si è, ad esempio, par-lato delle grosse difficoltà che incontrano le donne a trovare spazio nei ruoli apicali dell’Avvocatura e a partecipare compiutamente alle scelte di autogoverno. Insomma, se molto si è ottenuto in questi ultimi anni, ancora molto resta da fare per giungere a una parificazione effettiva tra uomo e donna sul piano dei diritti.

La situazione italiana è davvero paradossale. Mentre la Costitu-zione sancisce l’uguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici o alle ca-riche elettive, oltre a stabilire che la Repubblica “promuove con appo-siti provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”, le statisti-che presentano un Paese molto diverso e, per certi versi, arretrato

ri-spetto all’Europa. Se in linea di principio nessuno mette in discussio-ne il valore e le capacità delle dondiscussio-ne sul lavoro, discussio-nei fatti, si verificano discriminazioni di vario genere rispetto agli uomini. Spesso queste di-sparità dipendono da pregiudizi inconfessabili della classe dirigente maschile. Per queste ragioni continua ad essere di grande attualità il dibattito sulle pari opportunità, potendosi fare ancora molto per at-tuare le norme costituzionali. Non mi riferisco soltanto alle proposte di Legge bipartisan ferme alla Camera e al Senato, ma – più in gene-rale – alla necessità di un atteggiamento nuovo e di un’attenzione mag-giore alla costruzione di una società sempre più inclusiva, aperta, di-sponibile al dialogo e ai cambiamenti. Infatti, che le pari opportunità e la piena partecipazione della donna vadano di pari passo con il pro-gresso culturale dell’Italia.

Per questo, è molto interessante (e fa ben sperare per il futuro) il dato che riguarda le Università: nell’anno accademico 2005/2006, le studentesse universitarie erano circa il 56 per cento del totale. Ciò sta a significare che le donne hanno superato numericamente (e non solo) gli uomini in diversi settori disciplinari. Scopriamo cifre sorprenden-ti: su cento laureati la percentuale di donne del 2005 si attestava in-torno al 57 per cento, arrivandosi anche a 59,3 per cento nell’area giu-ridica, e al 65,4 per cento nel settore medico. E’ da rilevare, semmai, come le donne siano maggiormente presenti nelle facoltà umanistiche rispetto a quelle scientifiche - penso alla facoltà di Ingegneria - il che può ovviamente condizionare il successivo inserimento nel mondo del lavoro in termini di maggiore o minore difficoltà a reperire un’occu-pazione adeguata al titolo di studio conseguito (cfr. Censis, Rapporto sulla situazione sociale del Paese – 2006). Questi dati testimoniano, co-munque, una presenza sempre più significativa della donna nella so-cietà; una donna che diviene sempre più protagonista nell’Università, ponendo così le basi per contare sempre di più dopo l’ottenimento della laurea.

Ciò non toglie che occorra lavorare a fondo per eliminare le molte forme di discriminazione sul lavoro. Penso alle disuguaglianze retri-butive rispetto agli uomini. Mi vengono poi in mente le prevaricazio-ni subite dalle lavoratrici-madri: parlo di situazioprevaricazio-ni talmente insoste-nibili da indurre molte di esse a lasciare il posto di lavoro. Sono circa il 29 per cento quelle che abbandonano il lavoro durante il primo anno di vita del proprio bambino!

Ricordo, tra l’altro, che è molto più difficile per una donna, anche a causa di una tradizione culturale tutta italiana, conciliare gli impe-gni professionali o lavorativi con quelli di moglie e madre. Senza

con-siderare che spesso è la donna a doversi prendere carico dell’assisten-za ai familiari più anziani.

Per questo, molte donne che sono riuscite ad imporsi nella politi-ca o nel lavoro hanno dovuto ritardare o, addirittura, rinunciare a co-struirsi una famiglia, proprio per l’impossibilità di conciliare la di-mensione lavorativa con quella affettiva. Sono scelte forse necessarie o inevitabili, ma estremamente dolorose: il raggiungimento della piena realizzazione è spesso segnato da grandi rinunce dal punto di vista della vita privata. Così non stupisce affatto che le donne arrivino sempre più tardi ad avere figli, tanto che l’età delle madri italiane ormai si attesta intorno ai trentuno anni. Secondo l’ISTAT solo l’11 per cento dei nati ha una madre con età inferiore ai 25 anni.

Invito poi a riflettere su un tema nuovo e non meno importante, che è quello delle donne immigrate. Si tratta di un argomento non fa-cile, perchè coinvolge indirettamente questioni di carattere religioso e culturale: vorrei ricordare che le donne immigrate sono costrette a mi-surarsi non solo con le difficoltà linguistiche, ma – a volte – anche con le regole restrittive e i costumi di vita propri delle comunità di appar-tenenza.

C’è poi la questione della rappresentanza femminile in Parlamento.

Quante sono, in concreto, le donne che oggi possono impegnarsi nelle Istituzioni a favore del bene comune? Bisogna riconoscere che in questa XV Legislatura si è registrato un avanzamento delle donne, tant’è vero che l’ISTAT ha rilevato che le quote femminili alla Camera e al Senato sono quelle più elevate della storia parlamentare. Ma si resta su livelli bassi rispetto a tanti altri Paesi, se è vero che l’Italia si colloca al cinquantanovesimo posto della graduatoria mondiale per presenza femminile nei parlamenti nazionali. Peraltro, lo stesso dato delle euro-parlamentari italiane è molto al di sotto della media europea.

Siccome è presente anche l’ex Ministra Prestigiacomo, mi viene in mente un altro dato: quello relativo alla presenza delle donne nella compagine governativa. In Italia siamo fermi a sei Ministre su un to-tale di ventisei. C’è un miglioramento rispetto al passato, ma si è ben lontani dalla parità, come in altri Stati: basti pensare al caso emble-matico della Francia.

In conclusione, se questi sono i dati, ritengo che si dovrà tornare presto a discutere di quote “rosa” o almeno pretendere un serio impe-gno dei partiti politici per raggiungere una tendenziale parità nella for-mazione delle liste elettorali. Però, la questione femminile si deve ri-solvere non soltanto con le “quote rosa”, ma attraverso una politica ca-pace di rilanciare la libera competizione tra le persone e, allo stesso

tempo, di assicurare la partecipazione democratica di tutti i cittadini al sistema-Paese. Bisogna, insomma, lavorare per sconfiggere i nepoti-smi, i favoritismi e i pregiudizi che ancora caratterizzano il sistema ita-liano, a tutti i livelli economici. In conclusione, si deve riportare in primo piano nella società il criterio meritocratico ed imporre regole del gioco finalmente chiare e uguali per tutti. Soltanto a queste condizioni il principio della parità potrà davvero funzionare e consentire una piena ed effettiva partecipazione delle donne e degli uomini, nel rispet-to delle diversità, ma anche delle legittime aspirazioni di ciascuno.

LE POLITICHE DELLE PARI OPPORTUNITA’ NEL SISTEMA

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