Avvocatura al femminile
DONNA AVVOCATO: DISCRIMINAZIONE DI GENERE NEI DI- DI-VERSI SETTORI DEL DIRITTO
II) Discriminazione di genere nei diversi settori del diritto Le donne si specializzano principalmente in diritto di famiglia e
mi-norile. Da una ricerca effettuata dall’Istituto di ricerca sui sistemi giudi-ziari del Consiglio Nazionale delle Ricerche sui difensori minorili, emer-ge che gli avvocati penalisti che scelgono di svolemer-gere l’attività in questo settore sono pochi, ma la percentuale delle donne è sicuramente mag-giore (6,8 % uomini, 10,2% donne), che gli avvocati maschi si preoccu-pano molto meno di acquisire conoscenze sui clienti minorenni, mentre le donne sono molto attente alla formazione specialistica e alle proble-matiche di tipo psicologico, sulle quali si documentano con la partecipa-zione a convegni e letture. Nonostante l’art. 11 del DPR 448/88 abbia lo scopo di garantire il diritto della persona minorenne a una difesa com-petente poiché prevede una “specifica preparazione in diritto minorile”
come requisito indispensabile per accedere all’elenco dei difensori d’uffi-cio predisposto da Consigli dell’Ordine forense, la realtà è che la norma viene trascurata e che la maggior parte dei difensori d’ufficio, soprattut-to di sesso maschile, spesso non ha adeguata conoscenza della materia3.
Al contrario, dalla ricerca emerge con chiarezza che le donne av-vocato garantiscono meglio e di più i diritti di difesa dei minorenni4.
Da sempre, infatti, il diritto di famiglia e quello minorile sono stati
(3) A. Mestitz, M. Colamussi (2003), Il difensore per i minorenni, Carocci, Roma.
(4) A. Mestitz, XII Convegno dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i Mino-renni e la Famiglia, parma 13 – 15 novembre 2003 – www.minoriefamiglia.it/down-load/mestitz.PDF
terreno privilegiato di studio e d’azione dell’avvocato donna per una cosiddetta “presunzione di competenza”(così definita dalla sociologa professoressa Mirella Giannini nella sua relazione alla Giornata Euro-pea delle Donne Avvocato in Roma il 16 e 17 giugno 2006), in quanto si dice che la donna sia generalmente più disponibile ad occuparsi di persone piuttosto che di “casi” ed in tal modo viene limitato lo svilup-po in altri settori dove la donna avvocato può essere altrettanto com-petente come nelle materie penali, societarie, amministrative e tribu-tarie, settori ancora di esclusivo appannaggio maschile.
In genere, alla donna, infatti, si riconosce un indole sensibile, in-tuitiva, interessata agli altri e predisposta all’ascolto, ma proprio tali caratteristiche hanno dato vita ad una figura dell’avvocato donna co-struita sul terreno degli stereotipi sessuali, quasi che la nuova legitti-mità della donna avvocato non possa affermarsi socialmente se non al-l’interno dell’immagine stereotipata del femminile.
Tuttavia, se è dato indubbiamente positivo che le donne appor-tino nell’avvocatura un modello professionale improntato a partico-lare impegno ed attenzione alle relazioni umane, non si deve di-menticare che sono in grado di esprimere la loro competenza anche in settori più specificamente tecnici e reputati “tipicamente ma-schili” come il diritto societario, amministrativo, penale, tributario, grazie a percorsi universitari sovente brillanti e ad una grande ca-pacità di impegno lavorativo.
Gli studiosi Daniel Muzio e Sharon Bolton hanno analizzato il fe-nomeno di discriminazione di genere nella professione legale inglese ed hanno rilevato che la segregazione orizzontale ( e quindi la divisio-ne fra aree femminili e non) non rispecchia scelte e attitudini delle donne avvocato, ma risponde a pregiudizi secondo cui queste ultime debbono occupare ruoli più consoni alla loro femminilità.
Si crea, pertanto, “una polarizzazione netta fra aree di esercizio principalmente femminili, sottopagate e orientate alla soluzione di problemi di natura privata e aree giuridiche dominate dagli uomini, lucrative e orientate verso attività di stampo societario”.
La posizione della donna avvocato viene spiegata in base ad una serie di processi di discriminazione che denotano dinamiche di esclu-sione, subordinazione e marginalizzazione.
La femminizzazione della professione diventa un risorsa strategi-ca, permettendo agli avvocati di poter adottare “configurazioni orga-nizzative e modelli operativi più redditizi ed efficienti”.
Infatti, la loro analisi evidenzia che le donne inglesi non scelgono
di lavorare in quelle aree giuridiche considerate femminili: il 45%
aspira piuttosto a lavorare nel diritto societario.
Tuttavia, solo il 33% riesce a realizzare questo desiderio. Inoltre, mentre solo il 7% delle neolaureate esprime il desiderio di praticare il diritto di famiglia, il 19% finirà con l’occuparsi proprio di questa area giuridica5.
Si crea, inoltre, anche una segregazione verticale secondo la quale le donne avvocato sono spesso “confinate in un ruolo subordi-nato e salariato” e quindi utilizzate per difendere i privilegi econo-mici e lavorativi di un’élite principalmente composta da soci di sesso maschile.
La convergenza fra la tradizione legale inglese ed italiana risulta da ultimo molto forte.
In Italia, ed in specifico all’Ordine di Milano, solo il 46% delle donne avvocato a fronte dell’86% degli uomini avvocato è socia o tito-lare di uno studio legale. Si conferma quindi una situazione di strati-ficazione e segregazione verticale, come sopra anzidetta.
Anche in Italia la scelta della donna di occuparsi principalmente di diritto di famiglia e diritto minorile non appare sempre libera, ma piuttosto condizionata dalla società, dai ritmi di lavoro, dalle regole e parametri della professione forense prettamente maschili che rendono difficile l’accesso della donna negli altri settori del diritto.
A questo riguardo il Consiglio Nazionale Forense ha svolto delle indagini proponendo questionari ai propri iscritti dai quali emerge che il problema più sentito dalle donne avvocato è la difficoltà di con-ciliare il lavoro con la famiglia.
In particolare, il 70% delle avvocate penaliste dichiara di lavorare 8 ore al giorno e purtroppo di chiedere la cancellazione dall’albo dopo solo 4 anni dall’ottenimento del titolo6.
Poiché il problema che emerge in maniera preponderante è quel-lo del tempo e della possibilità di conciliare lavoro e famiglia, sarebbe auspicabile che lo Stato e le istituzioni se ne facessero carico e pones-sero in essere interventi concreti per venire incontro alla donna lavo-ratrice.
Si pensi alla istituzione di asili nido all’interno dei Tribunali, al
rico-(5) L’esercito di riserva: femminizzazione e profitto nella professione legale ingle-se – Daniel Muzio e Sharon Bolton – e&m /2006, pag. 107 ss.
(6) Le donne nell’avvocatura, intervista alle avvocate Annamaria Marin e Monica Gazzella del foro di Venezia su Polis, n. 120 del 2005.
noscimento al diritto al rinvio delle cause nel periodo finale della gravi-danza e nei primi mesi successivi al parto, ai sistemi di tutela all’allatta-mento (vedasi orari d’udienza e luoghi riservati nei locali giudiziari)7.
Un passo verso questa direzione è stato fatto dal Consiglio del-l’Ordine di Venezia che, tramite la Commissione Pari Opportunità, istituita al suo interno, ha elaborato nel 2004 un parere in tema di
“maternità ed impedimento a comparire alle udienze penali”, ove si af-ferma che anche alle donne avvocato si debbano applicare le tutele e le garanzie previste da D.gls. n, 151/2001 (testo unico delle disposizio-ni legislative in materia di tutela e sostegno della materdisposizio-nità) e che, per-tanto, deve essere ritenuta causa di legittimo impedimento a compari-re alle udienze penali lo stato di gravidanza per due mesi successivi al parto. Tale parere è stato fatto proprio dall’Unione del Consiglio del-l’Ordine del Triveneto e dal Consiglio Nazionale Forense, ed oggi si sta lavorando affinchè diventi un disegno di legge.
E’ necessario continuare a lavorare in questa direzione affinchè le donne avvocato non si sentano costrette a rinunciare ad una più che legittima autoaffermazione professionale ed economica, in ossequio ad uno stereotipo culturale che le vuole impegnate esclusivamente in attività di “cura” nell’ambito della giustizia così come nell’ambito del-l’istruzione, dell’assistenza medica e sociale.
Le donne avvocato debbono effettuare il sorpasso non solo nu-merico (dato già acquisito) sui colleghi uomini e quindi non più ac-cettare ruoli subalterni o di posizione non dominante ma, invece, deb-bono mirare ad assumersi responsabilità e rischi, arrivando a ricopri-re ruoli di diricopri-rezione all’interno degli studi legali nei quali operano, oc-cupandosi di materia societaria, contrattuale, tributaria allo stesso li-vello dei loro colleghi, anche se ciò comporta orari di lavoro più im-pegnativi e un carico di lavoro maggiore.
Ci si augura, quindi, che la specificità femminile non sia limite al-l’attività professionale, ma piuttosto una risorsa da far fruttare anche in altri campi del diritto.
Un esempio: la capacità di negoziazione, tipica risorsa femminile, oltre che essere fondamentale nella cosiddetta mediazione familiare, appare fondamentale anche in ambito penale. In questa materia, in-fatti, si sta affermando un metodo di ricomposizione dei conflitti
fon-(7) Avvocato e donna oggi, di Marina Petrolo – www.apieffe/ArchivioDR/44/petro-lo.htm
dato sulla conciliazione tra le parti come strumento privilegiato di ri-soluzione del conflitto (cfr. la decisione quadro adottata dal Consiglio dell’Unione Europea il 15 marzo 2001). Attualmente, in Italia gli am-biti di applicazione della mediazione penale riguardano le nuove com-petenze del giudice di pace (D.L.vo n. 274 del 2000) e le norme sul pro-cesso penale minorile (D.P.R n.448 del 1988)8.
Conclusioni
Infine, per tratteggiare un quadro attuale della situazione, con rife-rimento all’affermazione femminile nelle professioni e nell’avvocatura in generale, che tenga nel debito conto i progressi che sono stati com-piuti ed anche le maggiori consapevolezze che gli uomini hanno nel corso degli anni acquisito, è da rilevare che oggi sembra superata sia nei fatti che nelle convinzioni la visione che ravvisava nella donna minori capacità rispetto al “sesso forte” e la relegava nell’ambito pressoché esclusivo della famiglia. Oggi pare di poter dire che si sia affermata una volontà di emarginazione e di esclusione dettata paradossalmente da una convinzione del tutto contraria, e cioè dalla paura che l’emergere delle abilità della componente femminile e la loro conseguente afferma-zione possa mettere a rischio le posizioni di “potere” acquisite. Si può dunque ragionevolmente sostenere che sono scemati i pregiudizi sessi-sti e l’arretratezza culturale, e che si riscontra in sempre più vasessi-sti setto-ri dell’opinione pubblica una diffusa convinzione della donna come pre-ziosa “risorsa” in ogni campo dell’agire umano. Pertanto, oggi l’obietti-vo delle donne non deve essere più quello di uscire dalla segregazione di genere, che può dirsi raggiunto, ma quello molto più ambizioso di sfrut-tare le proprie peculiari capacità e sensibilità per perseguire la realizza-zione di una integrarealizza-zione paritaria dei due sessi nell’organizzarealizza-zione del mondo del lavoro: una interazione, un insieme di relazioni nelle quali ciascuno è egualmente rispettato in quanto portatore di un proprio di-verso essere e modo di porsi, ma anche di diritti, doveri, qualità, cono-scenza, intuizioni, valori. Infatti, soltanto affiancando le capacità fem-minili a quelle maschili si potranno produrre quelle sinergie indispen-sabili per il progresso economico e sociale di ogni paese.
Oggi, comunque, grazie anche all’ingresso di un sempre maggior
(8) La mediazione penale e la giurisdizione del giudice di pace nella nuova nor-mativa penale: aspetti sostanziali e processuali, di Romina Cauteruccio - La tribuna.it Rivista penale n.10/2006
numero sia di avvocati che di magistrati donna, la percezione colletti-va è sensibilmente cambiata.
Ricordo che fino a poco tempo fa, assai di frequente, le donne av-vocato venivano interpellate con il titolo di “signora” o “signorina”.
Un monito alle donne è infine quello di imparare a fare lobby, come viene insegnato dalle più moderne teorie manageriali ed orga-nizzative in modo da poter essere maggiormente visibili e poter appli-care la propria capacità di leadership.
Ritengo che questi pochi suggerimenti siano indispensabili e ne-cessari per la valorizzazione del ruolo sociale dell’avvocato, da sempre attento garante della legalità, dei principi etici e della corretta appli-cazione delle leggi.