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L’attuazione dell’art 95 Cost.: la legge 23 agosto 1988, n

La legge n. 400 del 1988, dopo un’attesa lunga quarant’anni, costituisce il provvedi- mento con il quale il Parlamento ha dato finalmente attuazione all’art. 95, 3° comma, Cost.. Le disposizioni contenute in questa legge rispondono ad una duplice finalità: da un lato, precisano le funzioni e i poteri attribuiti al Presidente del Consiglio e agli altri organi di Governo, dall’altro lato, definiscono l’assetto organizzativo della Presidenza del Consiglio80. Non si tratta dunque di una vera e propria riforma ma, piuttosto, «di una

doverosa attuazione del dettato costituzionale». Tale legge persegue tre fondamentali obiettivi: a) contrastare la tendenza verso la ministerializzazione del Governo; b) supe- Ministri., Padova 1979, p.475

78 C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, Tomo I, 1969, p.525

rare definitivamente l’ambiguità della normativa costituzionale dedicata al Presidente del Consiglio; c) garantire all’Esecutivo un effettivo potere di decisione e di indirizzo. Per quanto concerne gli organi di governo la legge n. 400 del 1988 recepisce innanzitut- to la regola, affermatasi per consuetudine, in base alla quale il decreto di nomina del Presidente del Consiglio è controfirmato dallo stesso. Molto più rilevante è l’elencazio- ne delle attribuzioni del Consiglio dei Ministri e del Presidente del Consiglio. In partico- lare, nei riguardi del Presidente del Consiglio, viene confermato il potere di promuovere l’attuazione della politica generale del Governo e di coordinare l’attività dei Ministri, ri- conoscendogli un potere di indirizzo, da attuarsi mediante l’emanazione di direttive po- litiche e amministrative81. Non è spesso così semplice distinguere l'attività di manteni-

mento dell'indirizzo politico rispetto all'attività di mantenimento dell'indirizzo ammini- strativo. In realtà si tratta due due indirizzi diversi, ma al contempo strettamente collegati tra loro. L'indirizzo politico, infatti, si sostanzia nella definizione degli obietti- vi, mentre l'indirizzo amministrativo attiene alla fase esecutiva di realizzazione di quegli obiettivi fissato a livello politico. Con l'art.5 comma 2 infatti viene formalizzata una prassi che si era formata nel corso del tempo e vengono di fatto introdotte due tipi di di- rettive. Facendo un passo indietro, prima della legge n.400 del 1988 si parlava di diretti- ve Intersoggettive adottate verso enti che svolgono funzioni di carattere economico in collaborazione col governo. Con esse venivano fissati obiettivi, finalità e scopi di carattere generale che dovevano essere realizzati dall'ente con le modalità ritenute più opportune dell'ente stesso. Vi era un problema di fondo: l'assenza di sanzioni spesso portava ad un disattendimento di tali obiettivi. Con la legge 400 si parla invece di Diret- tive Interorganiche che il Pres. del Consiglio fornisce ai ministri al fine di realizzare la loro attività rispetto ad una linea politica comune fissata dal consiglio dei Ministri. E' chiaro che avendo esse carattere politico non possono prevedere alcuna sanzione. Ven- gono altresì introdotto le Direttive per l'attuazione del programma di Governo. In questo caso l'obiettivo è quello di verificare l'effettiva attuazione del programma solitamente introno a Luglio. A Luglio infatti avveniva la verifica dello stato d'attuazione sulla base di direttive annuali che contenevano, per ogni singolo ministero, obiettivi da raggiunge- re e risorse disponibili. Da qui un meccanismo a cascata di direttive annuali ministeriali rivolte ai dirigenti e contenenti anche in questo caso gli obiettivi in correlazione alle di-

sponibilità fissate dalla legge di stabilità e dalla legge di biliancio. A lungo la dottrina si è interrogata circa il valore giuridico di tale direttive concordando poi che seppur non possano essere considerate allo stesso livello di un regolamento o di una circolare pote- vano portare portare ad un comportamento punitivo del dirigente nei confronti dei sotto- posti che disattendevano il contenuto delle direttive stesse. Esistono infine atti border

line tra l'indirizzo politico e l'indirizzo amministrativo. Si tratta delle cosiddette

Direttive di Alta Amministrazione ovvero atti formalmente e sostanzialmente amministrativi ma che non hanno un contenuto propriamente provvedimentale in quanto volti ad individuare le direttive e i criteri generali per la concreta attuazione del fine politico. In tal senso la differenza sostanziale tra l'atto politico e l'atto di alta amministrazione è che, mentre l'atto politico è libero nella scelta del fine da realizzare, l'atto d'alta amministrazione è sempre rivolto alla realizzazione di un fine già individuato.

La direzione politica e generale del governo viene definita dal Consiglio dei ministri e in questo ambito il ruolo del Pres. del Consiglio si sostanzia nella gestione dei rapporti con le Camere soprattutto in presenza di particolari momenti come ad esempio l'esigen- za di apportare reimpasti all'interno della compagine governativa, la presentazione della questione di fiducia nonché tutta la questione legata alla presentazione dei DDL. Ulte- riori poteri di iniziativa e di indirizzo venivano inoltre riconosciuti al Presidente in mol- teplici settori quali le politiche comunitarie, i rapporti con le Regioni e con le province autonome di Trento e Bolzano.

In merito all'azione del governo vengono poi posti limiti rilevanti circa il ricorso alla de- cretazione d'urgenza. In merito la legge 400 dispone alcuni requisiti fondamentali: a) l'obbligo che il contenuto del Decreto legge sia omogeneo

b) limiti circa le materie che tali provvedimenti possono trattare soprattutto in materia di legge elettorale e di reiterazione dei decreti leggi

c) la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il giorno successivo l'emanazione d) l' efficacia come legge dal giorno successivo alla conversione

e) l'indicazione della denominazione di decreto legge che va a sostituire la denominazio- ne fino ad allora assunta di DPR; denominazione assunto da una molteplicità di atti (atti normativi, amministrativi e regolamenti).

dei Ministri, richiamando nella sostanza i principi generali in materia di organi collegiali e rimettendo l’ulteriore disciplina ad un regolamento interno. L’obiettivo perseguito dal Legislatore è quello di individuare un punto di equilibrio fra il principio monocratico e quello collegiale, a scapito soprattutto del c.d. feudalesimo ministeriale.

Da un punto di vista dell’assetto organizzativo della Presidenza, l’aspetto che maggior- mente contraddistingue tale legge è la previsione del Segretariato generale «che si carat- terizza come apparato servente per l’espletamento dei compiti e delle funzioni del Presi- dente del Consiglio»82. A capo del Segretariato è preposto il Segretario generale che è

legato al Presidente del Consiglio da un rapporto di tipo fiduciario (viene nominato e re- vocato con d.p.c.m. e cessa dall’incarico con il giuramento del nuovo Governo). Ad esso sono attribuiti numerosi compiti (amministrativi, di studio, e istruttori) che danno effet- tività e concretezza al ruolo del Presidente del Consiglio. L’altra figura di vertice della Presidenza è invece rappresentata dal Sottosegretario di Stato che a differenza del Se- gretario generale «non dispone di una competenza generale», bensì «speciale» perché si compone non solo delle attribuzioni che rientrano nel suo ruolo di Segretario del Consi- glio dei Ministri, ma anche di quelle che di volta in volta gli vengono delegate dal Presi- dente del Consiglio. Infine, viene prevista la facoltà di nominare il Vicepresidente come supporto alla politica del Governo, ruolo che nella maggior parte dei casi viene ricoper- to dal leader del principale partito alleato. Il vicepresidente svolge anche funzione di supplenza, laddove ne siano previsti più di uno tale funzione di supplenza viene svolta dal vicepresidente più anziano; in mancanza di tale carica verrà invece svolta dal mini- stro più anziano.

In conclusione, se da un lato è senz’altro vero che tale normativa assume un rilievo no- tevole soprattutto per aver dato finalmente attuazione all’art. 95, 3° comma, Cost., rela- tivamente all’ordinamento della Presidenza del Consiglio, dall’altro lato, occorre sem- pre tener presente che ciò «non basta a garantire l’efficacia dell’azione di Governo, e meno ancora, la complessiva governabilità del paese»83. La disciplina della Presidenza

del Consiglio «può infatti rappresentare soltanto un contributo tecnico indispensabile ma da solo insufficiente alla soluzione dei tradizionali problemi di coordinamento delle attività ministeriali»84.

82 E. De Marco, Le funzioni amministrative del Presidente del Consiglio dei Ministri, Padova, 1990, p. 74

83 L. Paladin, Verso una nuova legge generale sul Governo,in Le Regioni, 1987, 301

3.6 La sentenza n. 360/1996 della Corte Costituzionale: la reiterazione dei decreti