Come abbiamo appena visto, per la prima volta, con la legge n.400 del 1988 viene for- malizzato il divieto di reiterazione del decreto legge. Tale prassi, assieme ad altre pro- blematiche che tratteremo in seguito come ad esempio l'abuso dello strumento della de- cretazione d'urgenza nonché il ricorso eccessivo alla questione di fiducia, non sono altro che sintomi di un potere governativo sempre più debole ed in balia delle logiche parla- mentari. In tutto questo chiaramente tende a ridursi d'importanza anche la figura del Pres. del Consiglio; la mancanza di una base solida rende infatti la sua posizione sempre meno incisiva.
Il problema della reiterazione del decreto legge non è scomparsa dalle vicende politiche italiane in seguito alle legge n.400 del 1988. Basti pensare che con il cosiddetto “decreto milleproroghe” del 1992 lo stesso decreto legge venne reiterato per ben ventisette volte. Se moltiplichiamo la durata in vigore del decreto legge di sessanta giorni per le volte in cui questo è stato reiterato (27) possiamo vedere come sia stato attribuito una valenza di ben due anni ad un atto che non aveva ottenuto la conversione da parte del Parlamento. Quindi il decreto legge conosce nel corso della storia due grandi distorsioni: la prima re- lativa all'abuso dello strumento che affonda le sue radici da un lato nella crescente com- plessità della realtà economico-sociale contemporanea e nel ruolo neo-interventista del- lo Stato facendo sì che, molto spesso, si rendano necessari provvedimenti mirati, rapidi ed incisivi, ma soprattutto dalla debolezza intrinseca dei governi di coalizione che hanno caratterizzato la nostra storia politica. Data infatti la disomogeneità in termini di conte- nuti e programmi delle maggioranze politiche, la decretazione è spesso stata utilizzata come espediente per ovviare alla mancanza di consensi necessari per un intervento se- condo la via ordinaria. Non bisogna dimenticare che, talvolta, è stato addirittura il Parla- mento a proporre all'Esecutivo di intervenire con decreto-legge su una disciplina in cor- so di avanzata discussione, per anticiparne i tempi dell'entrata in vigore85.
L'altro effetto distorsivo è portato invece da quel meccanismo di reiterazione accennato precedentemente. L'art. 77 Cost., in realtà, almeno apparentemente, non vieta la reitera- zione dei decreti-legge, ma si limita, ad affermare, che: "I decreti perdono efficacia fin
dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazio- ne. Le Camere possono, tuttavia, regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti".
Si possono dare due diverse spiegazioni alle numerose e frequenti reiterazioni di uno stesso decreto-legge. Possono, infatti, dipendere dagli stessi contrasti che intercorrono fra le forze parlamentari su particolari soluzioni di scelta legislativa. Scelta che, tuttavia, è ritenuta urgente e prioritaria dal Governo. Oppure, dietro alla prassi delle reiterazioni plurime esistenti, si nasconde un sottile l’utilizzo di una particolare tecnica di produzio- ne legislativa: vale a dire il Governo adotta un decreto-legge, ne esamina in prima battu- ta gli effetti e le ripercussioni, ne riscontra le inefficienze a livello di applicabilità, oppu- re avverte delle resistenze da parte delle forze politiche o dei sospetti in merito alla co- stituzionalità del medesimo, e reinterviene nuovamente, operando proprio sulle disposi- zioni più controverse o problematiche86.
D’altra parte, il decreto-legge, per la sua stessa configurazione, si presta ad essere lo strumento operativo di una tale politica, stante soprattutto la celerità della relativa pro- cedura di approvazione.
La legge 2 agosto 1988 n. 400, mentre ha consentito (all’art. 15 II comma, lettera c) la rinnovazione dei decreti non convertiti per mera inerzia delle Camere, ha, però, espres- samente vietato (all’art. 15, II comma, lettera d) di regolare, con un nuovo decreto-leg- ge, i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Secondo questo model- lo, è incostituzionale il decreto-legge che pretende, mediante la conservazione degli ef- fetti prodottisi sotto la vigenza del decreto-legge precedente, di sostituirsi alla legge for- male87. Ma la stessa legge n. 400 del 1988 consentendo al Governo solamente di
reiterare decreti non convertiti anziché di sanare gli effetti giuridici sorti sul fondamento e durante la provvisoria vigenza di questi ultimi, invece di razionalizzare il ricorso go- vernativo alla decretazione (quale era il proponimento del legislatore dell''88), ha dato vita ad un meccanismo perverso in forza del quale l’adozione di un secondo decreto, e poi di un terzo e così via, non faceva altro che alimentare ed esasperare l’incertezza cir- ca la sorte dei rapporti giuridici determinati dai vari provvedimenti d’urgenza nel frat-
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360/96, pubblicato in www.jusunitn.it
87 M. Lazzarin- F. G. Pizzetti, Il Decreto Legge: fra previsione costituzionale e prassi: la Sentenza
tempo decaduti88. Tutto questo ci serve per sottolineare ulteriormente l'utilizzo di prassi
che non rispondono ad un normale funzionamento del sistema, ma che vengono utilizza- te per sopperire alla cronica debolezza degli esecutivi.
Un altro profilo riguarda eventuali tensioni che si possono creare nel rapporto tra Go- verno e organi di garanzia costituzionale proprio in merito alla legittimità costituzionale riguardante disposizioni contenute in decreti-legge non convertiti, anche se poi reiterati. Se, in teoria, pare difficile (se non impossibile) nel termine di sessanta giorni portare la questione di legittimità del decreto-legge davanti alla Corte Costituzionale, non così è quando intervengono numerose reiterazioni.
Fino alla Sentenza n 86 del 1996, la Corte rimase fedele al principio secondo il quale "una volta sollevata la questione con riferimento al decreto vigente all'epoca dell'ordi-
nanza, la medesima questione potesse trasferirsi sulla norma sostanzialmente identica riprodotta nel decreto di reiterazione".
Con la Sentenza n 360/96,invece, la Corte ha voluto richiamarsi alla lettura rigorosa del- l'art. 77 Cost. E' stato ribadito, che in caso di mancata conversione di un decreto in leg- ge non è data facoltà al governo di "riprodurre, con un nuovo decreto, il contenuto nor-
mativo dell'intero testo o di singole disposizioni del decreto non convertito, ove il nuovo decreto non risulti fondato su autonomi (e pur sempre straordinari) motivi di necessità ed urgenza, motivi che in ogni caso non potranno essere ricondotti al solo fatto del ri- tardo derivante dalla mancata conversione del precedente decreto."
Il nuovo regime, così come stabilito dalla Corte Costituzionale, con ogni probabilità causerà una notevole diminuzione dell'uso della decretazione d'urgenza come strumento di "esautorazione" da parte del governo del potere normativo che è proprio del parla- mento; l'impossibilità della reiterazione in caso di mancata conversione renderebbe in- fatti poco "affidabile" il decreto stesso; in caso di mancata conversione, infatti, il decre- to perderebbe, così come è stabilito dalla costituzione, efficacia ex tunc89.
Solo il legislatore potrebbe, con una legge ordinaria, appropriarsi del contenuto del de- creto e renderlo efficace, ma la legge in questo caso potrebbe sortire effetti retroattivi
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solo ove previsto, e quindi non, per esempio, nel campo penale in cui, come abbiamo vi- sto, maggiori sono le implicazioni derivanti dal ricorso alla decretazione.
La Corte precisa inoltre che, anche in caso di mancata conversione di un decreto, il Go- verno non risulterà privato del potere di reintervenire nella stessa materia mediante un nuovo decreto; il nuovo intervento, però, dovrà essere caratterizzato da "nuovi presup-
posti giustificativi di natura straordinaria".
Allo stesso modo, la Corte tende a precisare che la reiterazione di un decreto-legge non convertito‚ è da considerarsi legittima nel caso in cui il nuovo decreto risulti caratteriz- zato da contenuti normativi sostanzialmente diversi oppure qualora introduca variazioni sostanziali. Pare quindi che nelle formulazioni della Consulta sia ben chiaro l'intento di non permettere che, grazie ad interpretazioni troppo "formalistiche" lo spirito della sen- tenza possa venire aggirato da semplici cambiamenti di formulazione o grammaticali; e pare altrettanto chiaro che la consapevolezza delle difficoltà che la Sentenza andava a creare non potevano essere considerate tali da giustificare il protrarsi di una prassi che‚ è andata sempre più degenerando nel tempo90.
Tuttavia, di lì a poco si affermò una prassi ancora diversa: il conferimento di deleghe le- gislative con contenuto molto ampio al governo che poi avrebbe tradotto in decreti legi- slativi. Se andiamo ad analizzare a fondo questa nuova questione forse potrebbe portare ad effetti ancor più pericolosi sul sistema. Se i decreti legge, infatti, dovevano trovare prima o poi una loro legittimazione da parte del Parlamento in questo caso non è previ- sto alcun potere di controllo successivo in capo al Parlamento stesso.