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L'organizzazione ministeriale (Brevi Cenni)

4. IL CAMMINO VERSO LA DEMOCRAZIA MAGGIORITARIA

4.3 L'organizzazione ministeriale (Brevi Cenni)

Riprendendo la stessa logica utilizzata precedentemente, dopo aver analizzato il ruolo del Presidente del Consiglio nell'epoca repubblicana e prima di affrontare il tema delle prospettive di riforma, pare utile riflettere brevemente sull'organizzazione ministeriale. Questa infatti incide in modo significativo sul modo di operare del Governo e sulla fi- gura del Pres. del Consiglio.

Negli ultimi anni si sono registrati una serie di interventi legislativi volti a ridetermi- nare il numero, le attribuzioni e l' assetto generale dei Ministeri indice forse di una difficoltà a determinare in modo netto e preciso l’assetto ministeriale e la necessità di adattarlo ad esigenze di natura strutturale e, più spesso, di tipo politico115 . Una prima

anomalia è da ravvisare nella previsione della legge finanziaria 2008 di riduzione dei Ministeri a dodici, con l'obiettivo di snellire e rendere più efficiente l'assetto governati- vo. Si potrebbe discutere molto sull'inserimento insolito di tale previsione all'interno della legge finanziaria, ma in realtà il punto cruciale della questione sta nell'ambiguità della norma che si limita ad indicare il numero di Ministeri senza abrogare tutte le leggi successive al 1999, che avevano determinato le funzioni e distribuito, in modo anche abbastanza complesso, le varie competenze fra i Ministeri nuovi e vecchi, creando così un certo livello di incertezza in ordine alle competenze di ciascun Ministe- ri116. Per inquadrare meglio la questione cerchiamo quindi di ripercorrere le tappe fonda-

mentali dell'organizzazione ministeriale.

L'art.95 comma 3 introduce il principio di riserva di legge in ordine alla disciplina dei singoli Ministeri. La dottrina prevalente parla di una riserva di legge relativa. Se la de- terminazione dei principi generali e dell'assetto organizzativo dei Ministeri è sicuramen- te individuabile soltanto dalla legge; le norme di dettaglio relative al governo ed anche al singolo ministro di intervenire sull' organizzazione interna ed esterna degli uffici amministrativi sono de- legati al governo stesso anche con atti non normativi, configurando così una libertà di autogoverno117. 114 A. Pajno, La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Bologna 2000, p.58

115 E. Catelani, Struttura del governo: l’organizzazione dei Ministeri pubblicato in www.academia.edu 116 E. Catelani, Struttura del governo: l’organizzazione dei Ministeri pubblicato in www.academia.edu

Altro dibattito molto acceso in dottrina riguarda la possibilità di riconoscere la legittimità dell’adozione di decreti legislativi per l’organizzazione dei Ministeri e, viceversa, dubbi in ordine al - l’opportunità costituzionale dell’adozione di un decreto legge. Questa discussione diventa ancor più importante in seguito a due interventi normativi del governo avvenuti prima con d.l. 12 giugno 2001, n. 217, convertito in legge 3 agosto 2001, n. 317 e poi con il d.l.n. 181/2006, convertito in legge 17 luglio 2006. Tali decreti sono stati adottati dal governo al momento della propria nomina, all’inizio della Legislatura e prima del voto di fiducia delle Camere, per ampliare il numero dei Ministeri. Si è in ogni caso intervenuti in una fase particolare in cui l’esecutivo, pur essendo titolare di tutti i suoi poteri, do- vrebbe autolimitarsi per motivi di opportunità politica e di rispetto nei confronti del Parlamento118. Sa-

rebbe stato opportuno che il Governo attendesse la fiducia prima di modificare l’organizzazione mini- steriale ed in particolare il numero dei Ministeri.

Ma per inquadrare meglio la questione occorre ripercorrere il processo di riforma dei ministeri ri- cordando almeno tre tappe fondamentali:

• Il d.lgs 300/1999 ha ridotto in modo cospicuo il numero dei ministeri e ha deter- minato le funzioni ad essi affidate e le linee generali della loro organizzazione al fine di razionalizzare le competenze ministeriale per evitare duplicazioni orga- nizzative e funzionali. Il numero dei ministeri scese da diciotto a dodici attraver- so un accorpamento di materie principalmente in tre settori: economia, territorio e servizi sociali. La grande innovazione di tale decreto risiede però in un cambio radicale nell'organizzazione. Si passa infatti da un'organizzazione per direzione piuttosto che per dipartimenti; così da attribuire una posizione di rilievo e di re- sponsabilità diretta a i dirigenti generali posti al vertice di essi119.

Nonostante tale provvedimenti, con d.l.12 giugno 2001 n.217 (art.6) all'inizio, della XIV Legislatura si decise di ampliare il numero dei ministeri da dodici a quattordici reintroducendo il ministero della sanità e quello delle comunicazioni. Numerosi dubbi in questo caso sorsero in merito in ordine all’opportunità dell’adozione di un decreto legge. Si riconosceva infatti la legittimità dell'a dozione di decreti legislativi per l’organizzazione dei ministeri e, viceversa, dubbi in ordine all’opportunità costituzionale dell’adozione di un decreto legge. A ciò si deve aggiungere che tale atto è stato adottato da parte di un governo in

118 E. Catelani, Struttura del governo: l’organizzazione dei Ministeri pubblicato in www.academia.edu 119 E. Catelani, La nomina del Governo Prodi e le anomalie della procedura pubblicato in

attesa di fiducia, ossia in una fase particolare in cui l’esecutivo, pur essendo titolare di tutti i suoi poteri, dovrebbe autolimitarsi per i motivi precedentemente indicati.

Occorre però tener ben separate le due questioni; se ormai il vincolo derivante dalla riserva di legge pare forse superabile, perché ormai rappresenta una costante interpretativa la parificazione degli atti aventi forza di legge all'atto legislativo del Parlamento120, d'altra parte alcuni ritengono che la modifica attraverso decreto legge del

numero e delle competenze dei ministeri e il conseguente voto di fiducia del Parlamento creerebbe una sorta di approvazione tacita dell'assetto governativo, mentre una sua successiva modificazione determinerebbe una legittimazione solo parziale del Governo.

• La seconda tappa di questo processo è rappresentata dalla legge n.81 del 2001 che ha introdotto la nuova figura dei viceministri ovvero Sottosegretari di Stato a cui viene delegata un' apposita area o progetto di competenza del ministero121.

Questa nuova figura aveva il compito di riequilibrare l'assetto governativo in se- guito ai provvedimenti di riduzione del numero dei ministeri, in modo da render- lo più snello ma al contempo più efficiente. Il viceministro non è titolare di un potere di indirizzo politico proprio, ma deve uniformarsi alla linea dettata dal ministro. Considerato che spesso la figura del viceministro ha una funzione poli- tica di bilanciamento tra le varie forse appartenenti al Governo e quindi proviene da una forza politica diversa rispetto a quella del Ministro potrebbe sorgere un rapporto conflittuale trai due. Per questo motivo è riconosciuto al Ministro la possibilità di revoca verso il viceministro.

• Infine, l'ultima tappa di questo processo è rappresentata dalla legge 6 Luglio 2002 n.137 e dal decreto legislativo n.287 sempre del 2002. in tali provvedimen- ti viene demandata alla discrezionalità del governo l'adozione di una struttura per dipartimenti o per direzioni. Il superamento della struttura per direzione di stampo cavouriano è volta a controbilanciare il fenomeno della riduzione dei mi- nisteri. Infatti in seguito a tale riduzione ai ministeri vengono affidate maggiori

120 E. Catelani, La nomina del Governo Prodi e le anomalie della procedura pubblicato in www.forumcostituzionale.it

funzioni, la gestione per dipartimenti permette di attribuire a ciascuno di essi una specifica funzione e sono dotati di una proprio autonomia, mantenendo però un indirizzo unitario garantito dalla figura del ministro. Tuttavia, alcuni dicasteri (es. Ministero della Difesa) hanno mantenuto un organizzazione per direzioni. Così come viene lasciato alla discrezionalità del governo la possibilità, in caso di struttura per direzioni generali, di prevedere la figura del Segretario generale. Fi- gura che invece non è consentita nell'organizzazione per dipartimenti.