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Il progetto di riforma e le modifiche indirette sulla forma di governo

5 LE PROSPETTIVE DI RIFORMA

5.6 I contenuti dell'attuale riforma costituzionale

5.7.2 Il progetto di riforma e le modifiche indirette sulla forma di governo

La proposta “Renzi-Boschi” non propone modifiche direttamente incidenti sul terreno della forma di governo, anche se non mancano nel testo disposizioni potenzialmente as- sai significative a questo riguardo.

Non è però da escludere che la proposta “Renzi-Boschi” sia solo una prima tappa di un più comprensivo percorso riformatore152. Per molti la stessa Italicum potrebbe costituire

il primo passaggio di un processo di riforma destinato a culminare nel tanto sbandierato “Sindaco d’Italia” e quindi nell’elezione diretta del Primo Ministro153. Starà al nuovo

approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da ottocentomila elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati, e se è raggiuntala maggioranza dei voti validamente espressi»

151 E.Bindi, Alcune riflessioni sulla riforma costituzionale: dal disegno di legge governativo al testo

approvato in prima lettura al Senato pubblicato in Osservatorio sulle Fonti

152 G. Tarli Barbieri, Alcune osservazione sulla proposta di legge costituzionale “Renzi-Boschi”

pubblicato in “Osservatorio sulle fonti”

Senato ponderare adeguatamente i vari interessi in una logica di prevenzione del conten- zioso e compatibilità con i processi decisionali europei154.

Tuttavia, pare esagerato ravvisare il pericolo di una “dittatura della maggioranza155

come denunciato da parte della dottrina.

L'esigenza di un rafforzamento dell'esecutivo, e quindi di una razionalizzazione del si- stema parlamentare, è cosa ben nota nella storia italiana: per arginare le degenerazioni del parlamentarismo già il Partito d'Azione in seno all'Assemblea Costituente si fece so- stenitore del modello presidenziale come modello in grado di condurre l'Italia verso un bipolarismo e superare le logiche del multipartitismo cause principali dell'instabilità. Vi erano poi altre proposte che prevedevano dei modelli di governo direttoriali o a data fis- sa156 come nel caso delle proposte Pischel e Barile157. La stessa relazione di Mortati in

seno alla Commissione dei '75 si mosse in tal senso. Fu Calamandrei a chiarire sin da subito la sua ottica verso un modello di riferimento come quella del governo parlamen- tare inglese, il modello Westminster. Era infatti necessario trovare una forma di governo che ovviasse ai pericoli d’instabilità di una democrazia alla quale mancava “la valvola equilibratrice dei due partiti”, anche se non si nascondeva che in Italia mancavano, e forse sarebbero mancate a lungo, le premesse politiche per garantire il funzionamento di un governo parlamentare basato su un partito di maggioranza158.

Successivamente si tenta più volte di intervenire sull'argomento principalmente, come abbiamo sinora analizzato nell'analisi storica di cui ai capitoli precedenti, seguendo due vie: si pensa che la legge elettorale sia lo strumento adatto per garantire una maggiore governabilità del paese; in seguito a numerosi fallimenti si è poi capito che per affronta- re in maniera sistematica il problema la sola modifica della legge elettorale non poteva essere sufficiente ed è stato ravvisata l'esigente di accompagnarla a modifiche struttura- li. Nel corso degli anni '80 e '90 numerose sono state infatti le Commissioni per le Rifor-

154 G. Tarli Barbieri, Alcune osservazione sulla proposta di legge costituzionale “Renzi-Boschi”

pubblicato in “Osservatorio sulle fonti”

155 E.Bindi, L'esigenza di rafforzamento dell'esecutivo: alla ricerca del tempo perduto (intervento al

Seminario delle Università Toscane sulle riforme, Firenze 26 Maggio 2014) pubblicato in Osservatorio sulle Fonti

156 E.Bindi, L'esigenza di rafforzamento dell'esecutivo: alla ricerca del tempo perduto ( intervento al

Seminario delle Università Toscane sulle riforme, Firenze 26 Maggio 2014) pubblicato in Osservatorio sulle Fonti

157 G. Pischel, Sistemi elettorali e stabilità di Governo, in Stato moderno, n. 14/1945, p.155-156; P. Barile, Orientamenti per la Costituente, La Nuova Italia, Firenze, 1946, p. 67.

158 P. Calamandrei, Valore e attualità della Repubblica presidenziale, in L’Italia libera , 19 settembre 1946

me istituzionali come abbiamo precedentemente illustrato, ma nessuna ha di fatto porta- to ai risultati sperati. Le vicende più attuali hanno visto invece i governi abusare di stru- menti quali la questione di fiducia e la decretazione d'urgenza nel tentativo di rafforzare il proprio potere con effetti inquietanti sull'intero Sistema.

In tal senso è da leggere la sentenza n.1/2014 della Corte Costituzionale che sottolinea come la stabilità dell’esecutivo del governo del Paese e l’esigenza di rendere più rapido il processo decisionale costituiscono senz’altro un obiettivo costituzionalmente legitti- mo. Anche se non si può sottovalutare che la debolezza dell’esecutivo è da collegarsi soprattutto alla inadeguatezza del sistema dei partiti piuttosto che alla mancanza di stru- menti in capo al Governo per incidere sui tempi di approvazione di una legge.

Nel d.d.l. n. 1429 si è preferito percorrere la via della razionalizzazione della forma di governo parlamentare. Del resto, le forme di governo in concreta alternativa erano il se- mipresidenzialismo e il parlamentarismo razionalizzato, come suggerito nella relazione della Commissione per le riforme costituzionali. Ma l’introduzione del modello semi- presidenziale, secondo quanti in seno alla Commissione non condividevano tale model- lo, avrebbe richiesto non solo un rilevante numero di modifiche costituzionali, ma anche l’approvazione di alcune fondamentali “leggi di sostegno” (norme ad esempio sul finan- ziamento delle campagne elettorali, sul conflitto d’interessi, ecc.), che rappresentano condizioni essenziali per l’introduzione del semipresidenzialismo, ma che necessitano di tempi lunghi al momento difficilmente percorribili e di convergenze altamente improba- bili da realizzare. Non si è voluto procedere neanche per quella “forma di governo parla- mentare del Primo Ministro” precedentemente illustrata, accompagnata da una coerente legge elettorale che secondo la Commissione per le riforme costituzionali avrebbe valo- rizzato sia le istanze di radicamento sociale e organizzativo della politica sia le istanze di efficienza e stabilità159.

Entrando nel merito dell'attuale progetto di riforma vi sono alcuni punti che vale la pena analizzare. Innanzitutto la soluzione di votare la fiducia all’intera compagine governati- va sembra essere migliore, poiché coerente con il modello di forma di governo prescel- to, rispetto alla soluzione prospettata nella Bozza Violante (XV legislatura) dove era il Presidente del Consiglio legato da fiducia alla Camera. Così come mi pare preferibile la scelta di far firmare la mozione di sfiducia da un decimo dei componenti della Camera

dei deputati, anziché da almeno un terzo, come richiesto dalla Bozza Violante160.

Le modifiche indirette sulla forma di governo sono tali perché infatti non influiscono di- rettamente sulla forma di governo in quanto tale, ma nell'ambito procedimento legislati- vo, attribuendogli un triplice potere di richiesta con riguardo sia all’iscrizione con prio- rità all'ordine del giorno della Camera dei deputati; sia all’esame e al voto finale entro un termine determinato (mentre nei precedenti progetti ci si limitava ad invocare una data certa ora il temine è fissato in sessanta giorni dalla richiesta governativa di iscrizio- ne, o un termine inferiore determinato in base al regolamento, “tenuto conto della com- plessità della materia”). Infine, decorso inutilmente quel termine, si prevede un voto parlamentare “bloccato”, senza emendamenti agli articoli. Dietro richiesta del Governo, la votazione quindi si fa “secca”, articolo per articolo, e votazione finale. Il voto blocca- to era, del resto, previsto già dal progetto di revisione costituzionale adottato dalla Com- missione Affari Costituzionali del Senato nell’aprile 2012, come testo base per la di- scussione161. In molti vedono in queste misure la volontà di volere piegare il sistema ad

una svolta autoritaria: in sostanza riforma costituzionale e legge elettorale sarebbero col- legate in unico disegno volto a restringere gli spazi di democrazia nel nostro paese con- centrando il potere politico in capo ad una maggioranza parlamentare acquisita con una legge elettorale illegittima di stampo ipermaggioritario e rafforzando oltre misura la po- sizione del Presidente del Consiglio162. In realtà lo scopo della riforma è evidente: razio-

nalizzare la forma di governo parlamentare, attribuendo al Governo strumenti in grado di incidere sui tempi di approvazione di una legge necessaria per l’attuazione del proprio programma politico. Le nuove norme procedurali, di per sé considerate, infatti, possono rendere più spedito l’iter parlamentare delle leggi atti di attuazione dell’indiriz- zo politico governativo; non costituendo alcuna indebita “tagliola”, ma possono evitare il gioco defatigante delle trattative infinite e del possibile snaturamento del progetto ini- ziale, e soprattutto la confusione delle responsabilità dell’esito finale; non privando al contempo il Parlamento del potere di decisione e restando in armonia con il regime par-

160 Servizio Studi del Senato, In tema di riforma costituzionale: cinque testi a confronto (1997-2014), n. 126/2014, p. 147 ss.

161 M. O. Olivetti, Il vestito di Arlecchino: prime note sul c.d. «ABC costituzionale», in

www.federalismi.it, , n.9/2012, sul punto E.Bindi, L'esigenza di rafforzamento dell'esecutivo: alla

ricerca del tempo perduto ( intervento al Seminario delle Università Toscane sulle riforme, Firenze 26 Maggio 2014) pubblicato in Osservatorio sulle Fonti

162 A. Anzon Demmig, Il progetto di riforma costituzionale del Governo Renzi: una sorpresa positiva pubblicato in www.aic.it

lamentare163. Il potere di approvazione dei provvedimenti dell’Esecutivo resta pur sem-

pre affidato in via definitiva alla Camera dei Deputati rappresentativa del popolo e il Governo stesso rimane subordinato alla fiducia della medesima Camera.

D’altra parte la contestuale costituzionalizzazione dei limiti alla decretazione di urgen- za, già risultanti dalla legge n.400 del 1988 e dalla giurisprudenza costituzionale, indub- biamente non congiura nel senso dell’accrescimento dei poteri e della posizione del Go- verno e smentisce i sospetti di un coerente disegno autoritario. Anche la previsione del requisito della omogeneità è espressione della medesima esigenza e recepisce anni di giurisprudenza costituzionale, in linea del resto con quanto già previsto a partire dal te- sto elaborato dalla Bicamerale D’Alema164.

Inoltre, sempre con riferimento alla decretazione d’urgenza, al fine di evitare un abuso di questo strumento, va sottolineata l’importanza della previsione dell’art. 74, 2 comma. Con riferimento alla promulgazione, si prevede infatti che “qualora la richiesta riguardi la legge di conversione di un decreto adottato a norma dell’art. 77, il termine per la con- versione è differito di trenta giorni”. In tal modo si evita che il Presidente della Repub- blica sia costretto a promulgare la legge a causa della scadenza del termine di 60 gg., giungendo ad un risultato analogo a quello cui mirava la proposta Ceccanti volta ad in- trodurre la promulgazione parziale165.

Una zona d'ombra rimane invece in merito alla mancata introduzione del requisito della omogeneità anche per la legge di conversione. La motivazione sottesa a tale mancanza risulta piuttosto flebile; si sostiene infatti requisito è già richiesto dalla giurisprudenza costituzionale e potrà comunque essere disciplinato dai regolamenti parlamentari166.

La previsione di tale requisito sarebbe servita a chiarire che la legge di conversione, come dice il nomen iuris, deve essere realmente di conversione, non è dunque atto di novazione e quindi le eventuali disposizioni ulteriori devono essere collegate stretta-

163 A. Anzon Demmig, Il progetto di riforma costituzionale del Governo Renzi: una sorpresa positiva pubblicato in www.aic.it

164 E.Bindi, L'esigenza di rafforzamento dell'esecutivo: alla ricerca del tempo perduto ( intervento al

Seminario delle Università Toscane sulle riforme, Firenze 26 Maggio 2014) pubblicato in Osservatorio sulle Fonti

165 S. Ceccanti, Sull’ammissibilità costituzionale di un rinvio presidenziale parziale (o di una promulgazione parziale) di una legge (con particolare riguardo ad emendamenti apposti in sede di conversione di un decreto legge, in www.astridonline.it. Sul punto E.Bindi, L'esigenza di

rafforzamento dell'esecutivo: alla ricerca del tempo perduto ( intervento al Seminario delle Università Toscane sulle riforme, Firenze 26 Maggio 2014) pubblicato in Osservatorio sulle Fonti

166 Vd. la Relazione al d.d.l.n. 1429, cit., pp. 14-15 e sul punto E.Bindi, L'esigenza di rafforzamento

mente a uno dei «contenuti del decreto» o alla sua «ratio dominante»167. Addirittura in

sede di Commissione per le riforme costituzionali oltre al requisito di omogeneità del decreto legge, aveva suggerito di prevedere anche il divieto di emendamenti aggiuntivi in sede di conversione168.

Nonostante tutti gli sforzi fin qui illustrati vale però la pena chiederci se la sola modelli- stica costituzionale riesca ad assicurare la governabilità al Paese o se sia determinante la forza dei partiti per assicurare la stabilità dell'esecutivo169

5.7.3 Il Senato delle autonomie ed il suo ruolo all'interno del procedimento legisla-