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La carenza di poteri coercitivi nei riguardi della fonte silente ha suggerito la predisposizione di meccanismi che consentano al difensore di superare lo stallo subito dall’attività investigativa per effetto del legittimo esercizio della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione, che arresta alle soglie del tentativo incompiuto tanto il colloquio formale quanto l’approccio informale, al quale ultimo può ben riferirsi le generica prerogativa di rifiutare la risposta. Il primo di tali strumenti è rappresentato dall’«audizione» che il pubblico ministero dispone entro sette giorni dalla richiesta del difensore (art. 391 bis comma 10 c.p.p.). Norma spigolosa, che nella sua laconicità lascia scoperti molteplici interrogativi di carattere operativo, che non si prestano ad agevole soluzione per la difficoltà di classificare la natura dell’atto in questione che – a fronte dell’impossibilità di inquadramento esaustivo, né tra gli atti del pubblico ministero, né tra quelli del difensore – non consente di andare oltre alla definizione di attività di “condivisione della fonte”.

Ed invero, l’obolo da corrispondere per ottenere coattivamente il contributo del soggetto reticente276 risiede proprio nella rivelazione all’antagonista dell’esistenza della

275 In senso fortemente dubitativo, cfr. FRIGO, L’indagine difensiva da fonti dichiarative, cit., p. 186.

276 Giova sottolineare che in sede di audizione condivisa il dichiarante risulta gravato dall’obbligo di rispondere – oltre che da quello di veridicità – in virtù dell’aggiunta del comma 3 nell’art. 371 bis c.p. ad opera della l. 7 dicembre 2000, n. 397, che punisce a titolo di false informazioni al pubblico ministero la condotta di chi «tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito» anche «nell’ipotesi prevista dall’art. 391 bis comma 10 c.p.p.» quando «le informazioni ai fini delle indagini sono richieste dal difensore».

fonte, il cui patrimonio conoscitivo, dalla richiesta di audizione in poi, non sarà più appannaggio esclusivo del difensore che l’aveva scovata. Una discovery parziale, dunque, sulla cui convenienza il difensore dovrà operare un’accorta valutazione in termini utilitaristici di costi e benefici – ove inciderà molto l’avere potuto preventivamente condurre un vaglio esplorativo almeno informale – mettendo a confronto i vantaggi concreti derivanti dall’immediata cristallizzazione della dichiarazione con quelli pronosticabili al momento della presentazione per la prima volta in dibattimento della persona informata in veste di testimone.

Fermo restando il limite soggettivo che impedisce di attivare la procedura allorché la persona interpellata rivesta la qualità di indagato o imputato nel medesimo procedimento o in altro connesso o collegato – eventualità sulla quale potrà portare effettiva chiarezza proprio il pubblico ministero destinatario della richiesta di audizione, sul quale dunque si pone un onere di vagliare ufficialmente l’eventuale esistenza di iscrizioni a carico del soggetto da sentire – l’art. 391 bis comma 10 c.p.p. àncora il presupposto oggettivo all’esercizio della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione, dicitura idonea a comprendere sia la manifestazione espressa della volontà di non rendere alcuna intervista che il rifiuto implicito nella mancata presentazione a seguito di convocazione277, sia il diniego di proseguire un colloquio già utilmente iniziato278, sia la sottrazione a intermittenza su singole domande279. Trattasi, per vero, di interpretazione estensiva della

littera legis che, tuttavia, si impone al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento

rispetto a situazioni tra loro simili e accomunate dalla medesima base oggettiva: la paralisi investigativa che impedisce al difensore di procacciarsi un certo contributo dichiarativo. Peraltro, la disposizione non prevede testualmente neppure un onere in capo al difensore di attestare l’avvenuto esercizio della facoltà di non rispondere per cui, se è vero che l’aver provveduto a convocazione scritta mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento potrà agevolare tale dimostrazione280, appare francamente eccessivo ritenere che il difensore debba necessariamente allegare la prova del tentativo infruttuoso di

277 Cfr. BERNARDI, Maggiori poteri agli avvocati nella legge in materia di indagini difensive (I). Le attività di

indagine, cit., p. 216; VENTURA, Le indagini difensive, cit., p. 85.

278 Cfr. VENTURA, Le indagini difensive, cit., p. 85.

279 In senso parzialmente difforme, cfr. FRIGO, L’indagine difensiva da fonti dichiarative, cit., p. 229, che limita l’operatività della disposizione all’esercizio radicale della facoltà di non rispondere, salvo che le domande rifiutate siano così numerose da equivalere, di fatto, alla mancata risposta integrale.

280 Così VENTURA, Le indagini difensive, cit., p. 63, che ipotizza altresì la notifica attraverso ufficiale giudiziario.

convocazione, facendone derivare un onere di invito scritto e ufficiale281. Ed invero, numerosi sono i casi che impediscono il ricorso a mezzi formali di chiamata – si pensi alle persone senza fissa dimora – e altrettante sono le ipotesi in cui non può materialmente farsi luogo alla documentazione della facoltà di non rispondere – come in limine al colloquio informale – o di non rendere la dichiarazione – ove il non dichiarante potrebbe rifiutarsi di attestare anche il proprio diniego. Piuttosto, data la natura per certi aspetti controproducente dell’atto in questione, che sfocia nella condivisione forzosa della fonte, è verosimile ritenere che il difensore formulerà la richiesta soltanto dopo l’infruttuoso tentativo di ottenere le informazioni autonomamente, senza la scomoda presenza del pubblico ministero. Pertanto, la dichiarazione della ricorrenza di tale circostanza, anche se proveniente dal solo difensore che ha avanzato l’istanza, dovrebbe essere più che sufficiente a legittimare l’introduzione dell’audizione condivisa.

Per il resto, la disposizione in parola non prevede ulteriori condizioni, potendo la richiesta difensiva essere formulata in qualsiasi momento, anche a distanza di tempo dal tentativo di approccio con la fonte282. Il pubblico ministero, di contro, dovrebbe darvi corso entro soli sette giorni, termine ordinatorio283 che, a dispetto della sua espressa previsione, non è presidiato da alcun tipo di sanzione o rimedio per il caso di inerzia dell’accusatore284.

Pertanto, vale la pena di non enfatizzare quest’apparente restrizione, né tanto meno il presente indicativo per cui il pubblico ministero «dispone» l’audizione, modo verbale nel quale non è seriamente ipotizzabile ravvisare una reale forma di automatismo e, quindi, di sottoposizione dell’accusa al volere del difensore285. Invero, per quanto la legge non introduca espressamente alcun vaglio di ammissibilità della richiesta formulata dal difensore, pare eccessivo escludere qualsiasi potere di apprezzamento in capo al pubblico ministero286, che si troverebbe a dare corso a un numero imprevedibile di audizioni a

281 Nel medesimo senso sostenuto nel testo, cfr. RANDAZZO, Casi e quesiti, in AA. VV., Le indagini difensive. Legge 7 dicembre 2000, n. 397, Milano, 2001, p. 312.

282 Unico limite ontologico all’instaurazione della procedura in esame risiede nell’espletamento di investigazioni preventive, per l’assenza di un’autorità procedente cui inoltrare la richiesta di audizione.

283 In questo senso, cfr. BOVIO, L’attività espletabile, cit., p. 184; CRISTIANI, Guida alle indagini difensive, cit., p. 89.

284 Sul punto, cfr. BOVIO, L’attività espletabile, cit., p. 184, il quale, in caso di ritardo nella risposta, ipotizza un’eventuale responsabilità disciplinare del magistrato e comunque un potere di revoca della richiesta già inoltrata da parte del difensore, tale da consentirgli di percorrere la strada alternativa dell’incidente probatorio.

285 Parlano di automatismo e di assenza di discrezionalità, FRIGO, L’indagine difensiva da fonti dichiarative, cit., p. 229; SPANGHER, I profili soggettivi, cit., p. 161; TRIGGIANI, Le investigazioni difensive, cit., p. 310.

286 Favorevoli ad ammettere il legittimo diniego del pubblico ministero nel solo caso in cui abbia esercitato il potere di segretazione, BRICCHETTI, Legali al battesimo delle regole di documentazione, in in Guida dir., 2001, n. 1, p. 47; FRIGO, L’indagine difensiva da fonti dichiarative, cit., p. 229; TRIGGIANI, Le investigazioni

richiesta287. Piuttosto, allarmante è la mancata esplicitazione dei parametri cui il pubblico ministero dovrà attenersi nel compiere tale valutazione288 nonché l’assenza di un dovere di risposta tempestiva e motivata alla richiesta del difensore289, che impedisce qualsiasi forma immediata di controllo dell’anomalo provvedimento di silenzio-rigetto.

Sotto il profilo operativo, da notare l’applicazione delle disposizioni di cui al richiamato art. 362 c.p.p.290, con la peculiarità della presenza del difensore «che per primo formula le domande» (art. 391 bis comma 10 c.p.p.). Del resto, nulla esclude che successivamente all’audizione condivisa il pubblico ministero possa procedere autonomamente al compimento dell’atto, senza la presenza del difensore, onde rivolgere al soggetto tutte le domande che non abbia ritenuto di porre innanzi anche al difensore, potendo anzi giovarsi di quanto emerso in quella sede per approfondire con la dovuta tranquillità eventuali ulteriori aspetti di indagine da sviluppare con il dichiarante. Al contrario, sarebbe censurabile la condotta del pubblico ministero che, appresa la notizia dell’esistenza della fonte a seguito di istanza di audizione condivisa da parte del difensore, prima di dare corso alla procedura richiesta provveda di propria iniziativa all’assunzione di informazioni; anche se è appena il caso di rilevare come la legge non colleghi alcuna sanzione processuale per l’atto assunto in violazione di tale regola di correttezza la quale, per vero, non integra un autentico divieto rilevante in termini di inutilizzabilità generale ai sensi dell’art. 191 c.p.p.

Ad ogni modo, l’atto compiuto – nonostante la mancanza di espressa previsione – pare destinato a confluire nel fascicolo delle indagini preliminari in forza del rinvio alla disciplina degli atti compiuti ai sensi dell’art. 362 c.p.p. – dei quali dovrebbe condividere anche il regime di collocazione – ponendosi in termini problematici sia la preventiva necessità di formulare in sede di audizione gli avvertimenti di cui all’art. 391 bis comma 3 c.p.p., sia la possibilità che il difensore decida, in base all’esito dell’audizione medesima,

287 In senso critico sul mancato riconoscimento di discrezionalità per il pubblico ministero nell’accoglimento della richiesta, cfr. CORDERO, Procedura penale, Milano, 2003, p. 897; CRISTIANI, Guida alle indagini

difensive, cit., p. 90.

288 Trattasi di questione già sfociata nelle aule giudiziarie, aggravando la situazione in cui versa l’indagine del difensore. Sul punto, cfr. infra, Parte III, Cap. II, § 2.

289 Salvo ravvisare profili di responsabilità disciplinare ex art. 124 c.p.p. nonché penale ex art. 328 c.p., ove il pubblico ministero ometta senza giustificato motivo il compimento dell’atto richiesto dal difensore.

290 Atto che il pubblico ministero può delegare anche alla polizia giudiziaria ex art. 370 c.p.p. In questo senso, recentemente, cfr. Cass., Sez. III, 27 febbraio 2007, p.m. in c. Geraci, in Guida dir., 2007, n. 28, p. 65.

Contra, in dottrina cfr. VENTURA, Il verbale delle dichiarazioni rese non va nel fascicolo dell’avvocato, in

Guida dir., 2007, n. 28, p. 69 e ss., dubbioso altresì in ordine alla possibilità di disporre l’accompagnamento

se produrre o meno in ambito procedimentale il relativo verbale, opponendosi all’inserimento della documentazione nel fascicolo291.