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L’architettura complessiva del sistema parrebbe indurre a qualificare la richiesta del difensore «che si proceda con incidente probatorio» quale rimedio alternativo o esclusivo volto a ottenere il contributo dichiarativo a seconda della natura – rispettivamente, di persona informata sui fatti ovvero di indagato o imputato nel medesimo procedimento o in altro connesso o collegato – della fonte che si è avvalsa della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione, poiché solo nel primo caso è possibile scegliere tra questo e l’audizione condivisa con il pubblico ministero.

A ben vedere, tuttavia, tale terminologia può rivelarsi fuorviante. Ed invero, non si tratta mai di un’alternativa all’agire inquirente – produttiva di effetti equivalenti al colloquio investigativo instaurato dal difensore e andato a buon fine – bensì di un’attività affatto diversa, propriamente e solamente istruttoria, finalizzata alla formazione anticipata di una prova che l’art. 391 bis comma 11 c.p.p. individua eloquentemente nella «testimonianza» o nell’«esame» della persona dapprima silente292.

Il potere in questione è riconosciuto al difensore «anche al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 392 comma 1». Scontata la liberalizzazione per quanto attiene ai «casi» di incidente probatorio ivi tassativamente elencati, resta da chiarire se la dilatazione operi anche sui tempi entro i quali avanzare la richiesta. La questione, per vero, non riguarda soltanto la possibilità di attivare la procedura anche in seno all’udienza preliminare – ipotesi ammessa dalla Consulta con pronuncia del 1994293, la cui operatività per le fattispecie incidentali di successiva introduzione è tuttora discussa – bensì, in generale, l’occasione difensiva di avvalersi dello strumento in qualsiasi momento in cui se ne riveli l’opportunità, seguendo dunque il completo arco temporale di legittimazione al compimento delle indagini difensive – a esclusione delle sole preventive – anziché quello ristretto di esperimento predibattimentale dell’incidente probatorio. A rigore, essendo l’istituto estraneo alle esigenze di non rinviabilità della prova cui è ancorato il catalogo codicistico originario, parrebbe ragionevole estenderne l’applicazione ogniqualvolta il

291 Su entrambe le questioni, affiorate in seno alla giurisprudenza, cfr. infra, Parte III, Cap. II, § 2.

292 Cfr. FRIGO, L’indagine difensiva da fonti dichiarative, cit., p. 231.

293 Cfr. C. cost., 10 marzo 1994, n. 77, in Giur. cost., 1994, p. 776, con nota di DEAN, Nuovi limiti cronologici

difensore necessiti di rimuovere l’ostacolo alla propria attività di investigazione e ciò potrebbe valere addirittura per indagini svolte nella fase dell’esecuzione o per promuovere un giudizio di revisione, a prescindere dalla circostanza che l’esigenza si manifesti nel segmento procedimentale294.

La tecnica del rinvio a un istituto preesistente pone problemi di coordinamento anche in ordine all’individuazione dei soggetti legittimati alla richiesta, dovendosi estendere tale facoltà anche al difensore della persona offesa dal reato – in deroga al generale potere di sollecitazione riconosciuto dall’art. 394 c.p.p. – in quanto soggetto abilitato all’investigazione difensiva e, pertanto, suscettivo di trovarsi nell’identica situazione che necessita la rimozione del silenzio opposto dall’interpellato295.

Analoga integrazione interpretativa si pone in merito alle modalità operative, posto che il rinvio alle forme stabilite per il dibattimento contenuto nell’art. 401 comma 5 c.p.p. impone di legittimare alla conduzione dell’esame il soggetto richiedente – vale a dire il difensore – e quindi anche il legale della persona offesa, in deroga ai poteri generalmente riconosciutigli.

Non è detto, peraltro, che alla richiesta del difensore segua senz’altro l’ammissione dell’incidente, potendosi inserire quale elemento di disturbo un’eventuale precedente segretazione della fonte disposta dal pubblico ministero ex art. 391 bis comma 5 c.p.p. Tuttavia, pare ragionevole ritenere che in tal caso il differimento non operi ipso iure per la semplice esistenza del decreto di segretazione, ma richieda un vaglio giudiziale sui presupposti del provvedimento dopo che il pubblico ministero ne abbia rappresentato la sussistenza in sede di deduzioni a norma dell’art. 396 c.p.p.296. D’altra parte, nulla esclude che l’esigenza di segretazione emerga proprio a seguito della rivelazione della fonte veicolata dalla richiesta di incidente del difensore, potendo quindi il pubblico ministero chiedere al giudice il differimento pur non avendo in precedenza segretato la fonte297.

Nel complesso, la funzionalità peculiare che caratterizza lo strumento in questione induce a respingere paventati sospetti di incostituzionalità sotto il profilo della disparità di

294 Ricorda FRIGO, L’indagine difensiva da fonti dichiarative, cit., p. 229, che nella versione originaria la disposizione prevedeva genericamente la possibilità di ricorrere al “giudice”, senza evocare l’istituto dell’incidente probatorio, di per sé praticabile soltanto nel contesto predibattimentale, in cui, quindi, risulta compressa l’esigenza difensiva, in termini più ristretti di quelli che competono alle investigazioni del difensore.

295 Favorevole BERNARDI, Maggiori poteri agli avvocati nella legge in materia di indagini difensive (I). Le

attività di indagine, cit., p. 216; FRIGO, L’indagine difensiva da fonti dichiarative, cit., p. 233; TRIGGIANI, Le

investigazioni difensive, cit., 323.

296 Così FRIGO, L’indagine difensiva da fonti dichiarative, cit., p. 234.

trattamento, laddove la norma in questione non riconosce all’accusatore un accesso altrettanto liberalizzato alla procedura incidentale. Invero, la mancata previsione discende senz’altro dall’ontologica impossibilità di ravvisare in capo al pubblico ministero lo stesso presupposto di attivazione dell’incidente – vale a dire il diritto al silenzio opposto dall’interpellato – di tal che risulta evidente come manchi un suo effettivo bisogno di ricorrere allo strumento298. Peraltro, i timori si stemperano innanzi alla prevedibile incidenza statistica del meccanismo in parola, alquanto ridotta stante il pericolo che il difensore senz’altro fiuta nell’offerta “allettante” di cristallizzare il contributo dichiarativo di un testimone probabilmente ostile.

298 Di certo potrebbe avervi comunque interesse, ma sarebbe stato alquanto incongruo – per non dire anticostituzionale – prevedere un potere del pubblico ministero di compulsare unilateralmente la fonte e poi, una volta appurata l’entità del suo patrimonio conoscitivo, consentirgli di attivare l’incidente probatorio onde cristallizzare una prova di reità non soggetta a volatilizzazione. Contra, nel senso della ragionevolezza di una modifica che attribuisse al pubblico ministero l’analoga facoltà di accedere all’incidente probatorio nelle stesse condizioni nelle quali può oggi farlo il difensore, cfr. RUGGIERO, Compendio delle investigazioni

Sezione II

Forme reali

SOMMARIO: 1. Acquisizione di documentazione. – 2. Accesso ai luoghi. – 3. Rilievi ed accertamenti tecnici. –