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Attestando incontestabilmente la totale assenza di qualsivoglia potere coattivo del difensore nel procacciarsi il contributo conoscitivo della persona interpellata, la legge processuale ha previsto la preventiva formulazione di un composito catalogo di avvertimenti preliminari che a ragione sono stati assimilati allo statuto del consenso informato262 che legittima le forme dichiarative dell’attività di investigazione. Ed invero, per il combinato disposto dei commi 6 e 3 dell’art. 391 bis c.p.p., la rilevanza procedimentale del materiale così raccolto è senz’altro subordinato alla cautelativa conoscenza che il dichiarante abbia della qualità dell’inquirente e dello scopo del colloquio (lett. a); della natura informale o formale del contatto e delle relative modalità di svolgimento e di documentazione (lett. b); dell’obbligo di dichiarare il proprio coinvolgimento quale indagato o imputato nel medesimo procedimento, o in altro connesso o collegato (lett. c); della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione (lett.

d); del divieto di rivelare le domande formulate da pubblico ministero o polizia giudiziaria

e le risposte date in eventuale precedente audizione (lett. e); delle responsabilità penali conseguenti alla falsa dichiarazione (lett. f). Un reticolo intricato di informazioni263, dunque, che, se da un lato garantisce la tranquillità psicologica dell’interpellato, attualizzando accorgimenti di tutela ulteriore in relazione alla peculiare posizione eventualmente rivestita, dall’altro contribuisce a ufficializzare la sede investigativa di

relativa, così come si verifica allorché il soggetto, già indagato o imputato, non sia stato sentito dal difensore con le formalità prescritte dall’art. 391 bis comma 5 c.p.p., vale a dire ab initio con la necessaria presenza del suo difensore.

262 Così, MAGI, Le indagini difensive, cit., p. 50.

263 Cfr. CRISTIANI, Guida alle indagini difensive, cit., p. 109, il quale sottolinea che “se si vuol evitare che il

rischio che gli avvertimenti dovuti possano ridursi ad un rosario incomprensibile e sfuggente, occorre interpretarne, esporne e chiarirne il contenuto in forma elementare, senza nulla concedere all’intuitivo e al sottinteso”.

audizione responsabilizzando il dichiarante circa il rilevante ruolo che assume con le sue affermazioni264.

Per quanto attiene alla forma di enunciazione, in assenza di prescrizioni legislative che la impongano per iscritto, deve ritenersi valida ed efficace anche la loro formulazione soltanto orale, sottolineando come un eventuale onere formale sia da ricollegare unicamente all’esigenza di dimostrarne l’effettiva effettuazione, onde scongiurare i rischi della sanzione processuale di inutilizzabilità o della contestazione disciplinare derivanti dalla loro omissione265.

Certo è, sotto il profilo temporale, che quegli avvisi – quale che sia la forma prescelta per la loro esternazione – debbano giungere prima del compimento dell’atto266, essendo essi preliminari alla modulazione concreta del suo svolgimento in quanto suscettivi di attualizzare determinate prescrizioni modali anche con riferimento a ulteriori presenze consentite, vietate o obbligate durante l’effettuazione del colloquio.

Segnatamente, a tale ultima finalità è orientato l’avvertimento circa l’obbligo di esplicitare la qualità di indagato o imputato nello stesso procedimento o in altro connesso o collegato, derivando in capo al difensore – in ipotesi affermativa – il dovere di preavvisarne il difensore almeno ventiquattro ore prima del compimento dell’atto, sì da consentirne la presenza, prescritta come necessaria; tanto che, laddove l’interpellato ne fosse sprovvisto, ne è prevista la nomina di uno d’ufficio ad opera del giudice su richiesta dello stesso difensore che procede alle investigazioni (art. 391 bis comma 5 c.p.p.) 267.

264 Critico sul punto CRISTIANI, Guida alle indagini difensive, cit., p. 108, per il quale “se il legislatore (quod Deus avertat!) avesse voluto indurre la persona informata dei fatti a sottrarsi dal dovere di far giungere alla

Giustizia, tramite il difensore, le notizie a sua conoscenza, non avrebbe potuto essere più efficace”.

Sottolinea il rischio di creare, con tali e tanti avvisi, una sensazione di preconcetta diffidenza da parte del dichiarante anche PAOLOZZI, Fase prodromica della difesa ed efficacia degli elementi di prova, cit., p. 29.

265 Per un approfondimento circa la forma degli avvisi, con riferimento alle tre specie dichiarative di investigazioni, cfr. supra, rispettivamente, § 1, 2 e 3.

266 Cfr. art. 9 comma 7 delle Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive, approvate il 14 luglio 2001, con le modifiche apportate il 19 gennaio 2007, per cui gli avvertimenti previsti dalla legge e dalle norme deontologiche «devono comunque precedere l’atto». Sarebbe eccessivo, invece, richiederne la formulazione anticipata già con l’invito a colloquiare, per gli effetti controproducenti che potrebbero derivarne, potendo indurre l’interpellato, che sia da subito informato della facoltà di non riscontrare la convocazione, a sottrarsi all’audizione tout court. Rischio, eventualmente, superabile allorché nell’invito si indichino altresì gli sbocchi alternativi – e coattivi – di audizione condivisa o incidente probatorio attivabili in caso di rifiuto, esercitando una pressione sulla fonte che, tuttavia, la legge non richiede espressamente.

267 Circostanza che esclude, pertanto, la possibilità di compiere l’audizione in parola in sede di indagini difensive preventive, per la mancanza di un’autorità procedente cui inoltrare la relativa richiesta di nomina di un difensore d’ufficio. Anche se, a rigore, la stessa struttura dell’ipotesi considerata – presupponendo la contemporanea presenza del procedimento a carico del dichiarante e dell’assistito che sia co-indagato o indagato in procedimento connesso o collegato – pare escludere in radice la possibilità di configurare tale audizione in via preventiva, salvo intendere la qualifica del dichiarante come integrata anche…«per l’eventualità» che si integri, allorché si instauri il procedimento a carico del soggetto assistito dal difensore

Tuttavia, pare opportuno sottolineare la difficoltà pratica di assolvere all’obbligo dichiarativo imposto all’interpellato il quale, anche laddove il difensore investigante si prodigasse a illustrare il significato tecnico della dicitura normativa, potrebbe di fatto ignorare la propria posizione processuale e, pertanto, impedire l’attivazione dei meccanismi finalizzati all’intervento del suo stesso difensore, con imprevedibili conseguenze sulla sorte – utilizzabile o meno – dell’atto investigativo assunto senza la presenza di tale soggetto che la legge qualifica «necessaria».

All’operatività di una limitazione modale oggettiva è, invece, preordinato l’avviso di cui alla citata lett. e, da collegarsi in via preventiva al successivo divieto per il difensore di richiedere notizie sulle domande formulate o sulle risposte date alle persone già sentite dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero (art. 391 bis comma 4 c.p.p.)268, fermo restando che il divieto non copre le ipotesi in cui l’intervistato ripeta le medesime dichiarazioni, già rilasciate ai pubblici inquirenti, ma in forza di domande autonomamente poste dal difensore. Inspiegabilmente, di contro, non trova posto tra gli avvertimenti in parola quello concernente l’eventuale situazione di incompatibilità di cui alle lett. c e d dell’art. 197 c.p.p. in cui potrebbe trovarsi l’interpellato, di tal che pare opportuno che il difensore proceda comunque alla sua enunciazione onde consentire di paralizzare l’audizione – quanto meno formale – di colui che non potrà assumere l’ufficio di testimone269.

Sotto diverso profilo, si coglie una relazione tra l’avvertimento di cui alla lett. d – concernente la facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione – e quello di cui alla lett. f – relativo alla responsabilità penale conseguente alla falsa dichiarazione al difensore, nuova fattispecie criminosa punita dal neo introdotto art. 371 ter c.p. Sul punto, è plausibile ritenere che soltanto l’omissione del primo avvertimento impedisce in radice la successiva potenziale contestazione in termini di false dichiarazioni al difensore – che presuppone, quale elemento negativo della condotta, il non essersi «avvalso della facoltà di cui alla lett. d comma 3» dell’art. 391 bis c.p.p. (art. 371 ter c.p.) e, quindi, che il soggetto si trovasse nella possibilità di usufruirne grazie al preventivo avvertimento –; altrettanto non può dirsi, di contro, in ordine alla mancata rappresentazione delle eventuali

investigante.

268 Trattasi di previsione speculare all’identico divieto che opera, mutatis mutandis, per le informazioni assunte dal pubblico ministero ex art. 362 c.p.p. e, mercé l’apposito rinvio a quest’ultima disposizione incorporato nell’art. 351 c.p.p., per quelle assunte dalla polizia giudiziaria.

269 Adempimento prescritto espressamente dall’art. 9 comma 2 delle Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive, approvate il 14 luglio 2001, con le modifiche apportate il 19 gennaio 2007.

conseguenze penali della falsa dichiarazione, ininfluente sulla conoscibilità del precetto penale nei limiti dell’ignorantia legis inescusabile ed evitabile di cui all’art. 5 c.p.

Ad ogni modo, è stato sottolineato come il catalogo legale degli avvisi preliminari non costituisca certo un numerus clausus, potendo difatti rivelarsi utile procurarsi il legittimo affidamento del dichiarante arricchendo le avvertenze con opportune precisazioni270. Purché – è appena il caso di sottolinearlo – non si ritenga di potere per questa via integrare analogicamente le già nutrite ipotesi di informazioni preventive che, laddove omesse, inficiano l’utilizzabilità dell’atto.

Da ultimo, si segnala l’ulteriore limitazione modale allo svolgimento del colloquio, tanto informale, quanto formale, che non trova presupposto in preliminari avvertimenti ma nello status detentivo in cui versi la persona con cui conferire. In tale ipotesi, difatti, il difensore dovrà munirsi di specifica autorizzazione dell’autorità procedente contro l’interpellando – giudice per le indagini preliminari, prima dell’esercizio dell’azione penale; magistrato di sorveglianza, in fase esecutiva – rilasciata dopo aver sentito il parere del suo difensore e del pubblico ministero (art. 391 bis comma 7 c.p.p.).